Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2010 “Avenida Blasco Ibáñez, 50” di Marco Corona

Categoria: Premio Racconti per Corti 2010

Miguel si alzò a fatica dal letto per andare ad aprire, aveva un gran dolore di testa.

«Chi cazzo è a quest’ora?» si domandò senza avere la minima idea di che ora fosse, e di quale giorno.

A giudicare dal bordello che c’era, dovevano essere in parecchi lì fuori, tutti con la fissa di entrare. «Che ci troveranno in questa casa di merda” si chiese Miguel percorrendo il piccolo corridoietto che dalla stanza da letto portava all’ingresso.

«Aprite questa porta, sono Lina la portiera» sentì gridare dal pianerottolo quando era ormai a ridosso della porta.

Miguel odiava Lina la portiera e tutti i portieri del mondo, e gli facevano schifo i giornaletti porno che il signor Perez teneva nel suo bunker sopraelevato con vista sul campetto di basket di Avenida Blasco Ibáñez, 50.

«Ehi, Miguelito, giochiamo a basket che allo zio Alvaro piace fare canestro?»

Miguel ricordò il luccichio di quegli occhi piccoli e scuri che spuntavano dalla guardiola, sempre in movimento fino al giorno che il vulcanico amministratore annunciò l’avvento della modernità dei videocitofoni… ma che stesse tranquillo, Perez, gli avrebbe dato il turno di notte al deposito di roulotte. Di colpo due punti neri immobili, così simili a quelli color neon, immortalati su nastro dall’occhio fisso della telecamera a circuito chiuso del garage.

Ma nella casa di merda dove tutti volevano entrare non c’era il videocitofono e neppure il citofono, solo quella stronza di Lina la portiera, che adesso gracchiava di una pericolosa fuga di gas.

Miguel fece dietrofront e ciondolò verso la cucina. Trangugiò la birra sul tavolo, «Piscia di gatto», e sputò sul pavimento. Si stupì delle scarpe che aveva ai piedi, da basket, bianche con delle fantasie rosse, dei ghirigori davvero originali. Aprì il frigo e afferrò una San Miguel ghiacciata. Se la portò alla testa e, dopo un attimo di esitazione, cominciò a farla andare su e giù lentamente sulla tempia destra che pulsava all’impazzata e sembrava sul punto di esplodere. Diede un’occhiata in giro, niente telecomando, accese la piccola televisione incassata tra il frigo e la credenza e non fece in tempo a sedersi che schizzò fulmineo in piedi: eccolo il telecomando, tutto unto e sporco sotto il suo culo.

Valencia vs Bilbao interruppe il forsennato zapping. Padroni di casa in vantaggio per 32 a 19. Era un sacco di tempo che non vedeva una partita in tv e ancora più tempo che non ci giocava, a basket.

«Apra la porta, Miguel, qui è la polizia di Valencia» urlò con un bel timbro una voce maschile «Sono l’ispettore capo Vargas, apra immediatamente questa porta»

« Questa è una voce, a te apro volentieri» disse Miguel mentre il numero 16 infilava una bomba da tre. «Caro ispettore capo Vargas» mormorò Miguel «al primo time out ti apro questa cazzo di porta»

La partita si era fatta spigolosa, il solito orgoglio basco.

«Miguel, Vargas. Adesso entriamo. Sta’ calmo e non ti succederà niente». L’ispettore era passato a dargli del tu.

«Ok» biascicò Miguel sforzandosi di tenere aperti gli occhi. Il basket non gli piaceva proprio più.

Quando i poliziotti fecero irruzione, Miguel si era appena alzato dalla sedia. La porta cadde giù rovinosamente. Per lo spaventò mollò la bottiglia di birra ancora con il tappo, che rimbalzo intatta sul pavimento.

Miguel si girò verso l’ingresso, il braccio ancora teso per spegnere la tv.

Gli uomini della squadra speciale esplosero tre colpi da distanza ravvicinata: uno in fronte e due all’altezza del cuore. Tre su tre dalla lunetta.

Miguel Gonzales morì così, a 18 anni. Nudo, le scarpe da basket calzate ai piedi e un sudicio telecomando stretto in mano.

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