Premio Racconti nella Rete 2020 “La controra” di Alessia Pennino
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020Quel giorno Ginevra tornò a casa insoddisfatta. Aveva ancora un forte dubbio sul significato della doppia negazione nella frase “non mi sei indifferente”. La prof. di italiano l’aveva guardata con aria di sufficienza, con l’incertezza di chi non sa cosa dire, forse non aveva capito la domanda o più semplicemente la reputava troppo stupida per intuire un concetto così semplice. Il suo ex le aveva risposto così, quando lei aveva provato a sondare il suo grado di interesse. Quelle parole risuonavano dolci nella sua mente, ma qualcosa le sfuggiva. Quale significato recondito avrebbe dovuto cogliere? Quali altre parole, invece, l’avrebbero resa felice, pensava.
Finita la scuola, aveva firmato un contratto part-time con una libreria in cambio di un compenso esiguo. Era contenta di quel lavoro, avrebbe in questo modo unito l’utile al dilettevole, la passione per i libri e la necessità di rendersi autonoma economicamente e, se non del tutto, almeno si sarebbe potuta permettere una pacchetto di Camel light al giorno e un’uscita con le amiche, una settimana sì, l’altra no. Così quella mattina, aveva accettato volentieri l’invito di Francesca, vecchia conoscenza del liceo, che una settimana prima le aveva scritto una lunghissima lettera di riconciliazione, dopo due anni di silenzio, fra incomprensioni e logoranti dissapori, per chi sa quale scortesia o offesa subita. Piazza del Gesù non era molto distante, così, salutata la comitiva dei colleghi che si dirigeva alla pizzeria Da Michele per un pranzo offerto dal capo, Ginevra raggiunse caffè Novecento, il bar più alternativo di Napoli, luogo di incontri dei giovani genovesini* troppo annoiati dalle giornate afose di un’estate ormai alle porte. Francesca aveva l’aria un po’ tesa, nevrotica, di chi per troppi anni ha taciuto una verità scottante, amara, scomoda, eppure aveva ancora negli occhi la dolcezza di un tempo, quando era stata la confidente fedele dei suoi più intimi segreti.
<<Ti ho odiata, per tutti questi anni. Sei stata la mia nemica, nei miei sogni, nei miei pensieri, nelle mie conversazioni. Ma ora sono qui, perché io possa spiegarti.>>
Parlarono a lungo, senza freni inibitori, dei torti subiti e di quelli commessi, della gelosia che Francesca aveva provato nell’intimo della sua coscienza per la relazione occasionale che Ginevra aveva intrecciato con suo fratello, Roberto, anche lui genovesino e guida spirituale di Francesca. Il saluto più affettuoso che avesse mai ricevuto da un’amica si realizzò lì, sotto l’ombra di una guglia, al cospetto della Madonna, e fu la promessa di una seconda possibilità, di una nuova amicizia.
Napoli era bella nel silenzio della controra e le bugne del Gesù Nuovo accoglievano i pochi turisti rimasti per strada, quelli più audaci e refrattari al caldo. Convinta di avere un appuntamento con il capo, Ginevra si diresse verso lo show room, ma questa volta non tagliò per piazzetta Monteoliveto. Voleva godersi la passeggiata e ascoltare l’eco dei suoi passi nella città deserta. Si era fatto tardi e procedeva sempre più velocemente, avanzava spedita senza ostacoli, quando avvertì alle sue spalle una presenza.
<<Ci siamo già visti, vero?>>
Ginevra fece finta di nulla, probabilmente era il solito scocciatore, marpione, broccolo senza fascino, convinto del contrario. Lei fece cenno di non voler essere disturbata, con un gesto aristocratico di disappunto e il nasino all’insù.
<<Ci siamo già visti, no?”>>
Di nuovo. Era davvero convinto del contrario, pensò.
<<E dove ci saremmo visti?>> domandò con scetticismo all’uomo senza identità che si avvicinava alle sue spalle.
<<Ma come, tu non lavori in quella libreria in via Toledo?>>
<<Sì, ti ho forse venduto un libro?>>
Pensò che in fondo avesse una bella voce e che sarebbe stato scortese non rispondere ad un cliente. Lo guardò per la prima volta: era alto, slanciato, capelli scuri, occhi svegli e un sorriso disarmante.
<<No, ti ho visto in libreria stamattina, stavi sistemando gli scaffali, reparto autori classici. Mi piacciono i classici, ma preferisco i romanzi storici, mi consola conoscere già il finale. Da quanto tempo lavori lì?>>
<<Beh, da poco, in effetti sono circa due mesi, cercavo un lavoretto e mi è capitata quest’occasione, ma…>>
Non poteva credere che stesse conversando con tanta disinvoltura con uno sconosciuto che si spacciava per un cliente della libreria, che per di più si mostrava più interessato a discettare di romanzi storici che a chiederle il numero di cellulare. Ma presto lo avrebbe fatto, ne era sicura, altrimenti perché mai l’aveva importunata.
<<Anch’io ho lavorato in una libreria, quando vivevo a Milano, è una città che offre molte possibilità a chi non ha ancora chiaro cosa vuole fare nella vita.>>
<<E ora l’hai capito?>>
<<Cosa?>>
<<Cosa vuoi fare nella vita.>>
<<Certo. Sei di queste parti?>>
<<No, non proprio. Sono di Soccavo.>>
Perché mentire sul proprio indirizzo, pensò fra sé. Di sicuro questo l’avrebbe protetta dalle cattive intenzioni di quell’uomo così affascinante, che ancora non si degnava di chiederle il numero.
<<E tu di dove sei?>>
<<Del Vomero, quindi siamo vicini.>>
Tirò un sospiro di sollievo. Era contenta di aver mentito, almeno non aveva dovuto dire che in realtà veniva dalla periferia, e si sa quanti pregiudizi hanno i chiattilli* del Vomero, ma in generale, quelli che abitano in centro, nei confronti di chi viene dalla periferia. C’è una sorta di discriminazione, non sempre dichiarata, ma evidente nello sguardo di superiorità di chi la periferia non l’ha mai vista. Al Genovesi, liceo frequentato dai figli comunisti della vecchia e ricca borghesia napoletana, certi atteggiamenti erano dissimulati da un’atmosfera generale di liberalità e anticonformismo. Eppure anche Francesca, di Posillipo, l’aveva giudicata per lo stesso motivo. In fondo non aveva mentito del tutto, aveva vissuto a Soccavo fino alla quinta elementare, a casa dei nonni, e poi Soccavo non era nemmeno un quartiere tanto centrale.
<<Io vado da questa parte, tu prosegui?>>
<<Io ho un appuntamento con il direttore, devo proseguire.>>
<<Allora ci si vede, buon lavoro!>>
Non poteva crederci. Ginevra aveva solo una speranza che quella conversazione non finisse lì; non aveva nemmeno avuto il tempo di chiarire che non era sua intenzione mentire, ma aveva agito di istinto, e ora era pronta a svelare la sua vera identità, il suo vero indirizzo, tutta se stessa.
<<Non mi chiedi nemmeno il numero di telefono ?>>
<<Perché me lo daresti?>>
<<Mah, non so, tu provaci.>>
<<Mi daresti il tuo numero di telefono?>>
<<Sì, potrei, hai dove segnare?>>
<<Tranquilla, ho una memoria da elefante!>>
Si era fatto tardi, avrebbe di sicuro trovato la libreria chiusa. Stava per tornarsene a casa, nella sua vera casa, quando il direttore da lontano la chiamò. Ginevra pensò frettolosamente ad una scusa, un motivo valido per cui avesse fatto tardi, ma la testa le scoppiava; il sole ancora alto e il groviglio di emozioni, l’incontro con la sua vecchia compagna di scuola e poi con quello sconosciuto, l’avevano stordita.
<<Ma dove te ne vai tutta sola soletta?>>
<<Sono desolata, direttore, non ho scuse per il mio ritardo, ho pensato che a quest’ora ormai eravate chiusi da un pezzo…>>
<<Di che parli, Ginevra? Non avevi il turno di mattina?>>
<<Sì, ma lei mi aveva chiesto di passare di pomeriggio per definire la mia posizione…>>
<<Oh sì, hai ragione, ma l’appuntamento è fissato per domani, ricordi?>>
Dopo dodici anni, Ginevra avrebbe sorriso ricordando le coincidenze di quella giornata e quella sensazione di felicità che provò quando, tornata a casa, si sdraiò sul letto ancora febbricitante e alzò lo sguardo verso il soffitto. Dopo poco il suo telefono squillò. Tutto sommato quello sconosciuto non le era stato indifferente.
*Genovesino: nel gergo dei giovani napoletani sono gli studenti del Liceo Genovesi di Napoli.
*Chiattillo: nel gergo napoletano un modo per indicare una persona che fa uso dei suoi soldi per ostentarli.
“Broccolo senza fascino, convinto del contrario” Fantastico! Pieno di momenti interessanti e guizzi divertenti.
Parti con l’ex, poi parli di un’amica e infine di una nuova conoscenza. Forse, se posso permettermi, risulta un po’ dispersivo, senza un focus.
Ma è una scrittura che si legge volentieri.
Stile fresco e scorrevole, immagini belle descritte con acutezza. Brava l’autrice!
Ti ringrazio Clarice, anche la tua è una scrittura piacevole e creativa. Bellissimo il tuo racconto “Forse un falco”, letto tutto d’un fiato!
Grazie Anna Maria, felice che ti sia piaciuto. L’intenzione era quella di descrivere una giornata particolare, ricca di imprevisti. Ma accetto volentieri la tua osservazione. 🙂