Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Lana” di Davide Desantis (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Lana corse con tutte le energie che aveva in corpo.

Col fiato sempre più corto e gli occhi sgranati, continuò a correre evitando gli ostacoli della foresta immersa nel buio, incurante dei rovi che la ferivano. Si fermò dopo aver messo quella che le pareva una ragionevole distanza da quella casa nella valle. Con il cuore che le batteva furioso nel petto, cercò di riprendere fiato fra un colpo di tosse e l’altro, quasi senza riuscire a deglutire la propria saliva.

Si voltò indietro scrutando le ombre della notte, i sensi all’erta. Latrati.

Il suono la raggiunse chiaro, vicino, troppo vicino, e un brivido le corse lungo tutto il corpo.

I cani. Hanno sguinzagliato i cani? Ma perché? Che gli ho fatto di male?

Ricominciò a correre addentrandosi nel folto della selva, risalendo il pendio che saliva verso Monte Alto. Nonostante le fitte che le laceravano il petto continuò ad avanzare, decisa a seminare i suoi assalitori. Piccole gocce di sangue le zampillavano da una ferita alla spalla, cadendo sul terreno.

Raggiunse un torrente che scorreva placido verso valle e sena esitazioni si immerse nell’acqua ghiacciata e poco profonda. Si sollevò quasi subito, rabbrividendo nell’aria fredda e in preda all’affanno. Si voltò per esaminare la ferita. Riuscì a malapena a vederla, ma non sembrava grave.

Udì i latrati, ora molto più lontani.

Ignorando il freddo che le penetrava fin dentro le ossa, risalì il torrente avanzando passo dopo passo fra le pietre viscide del suo greto. Arrivò alla base di una parete da cui il torrente si gettava avvolgendo ogni rumore nello scrosciare dell’acqua contro le rocce. Raggiunse la riva e si asciugò come poté, ma l’unico modo per scaldarsi era continuare a muoversi.

Si inoltrò nella foresta con tutti i sensi all’erta. Non udiva più i latrati, ma la paura che portava con sé faticava a scemare. E aveva fame. Vagava da settimane senza una meta precisa e si era nutrita solamente di bacche e degli animaletti che di tanto in tanto si ingegnava a catturare.

Da quando Rey era scomparso, tutto era andato storto.

Lana provò una fitta al cuore che nulla aveva a che fare col dolore fisico.

Rey. Il suo Rey. Quell’estate aveva lasciato la sua famiglia per partire con lui, piena di sogni e di speranze per il futuro. Erano due giovani esploratori alla ricerca di una casa dove metter su famiglia. Ora era rimasta sola in un luogo sconosciuto.

Dopo tanto vagare, quella bella costruzione in fondo alla valle le era sembrata così invitante, con i campi coltivati tutt’intorno e recinti colmi d’animali. Voleva solamente qualcosa da mangiare. Nascosta al limitare del bosco aveva osservato tutto il giorno le attività del luogo, valutando i rischi di un contatto diretto. Quegli uomini non sembravano come le avevano sempre raccontato. Erano pochi e non apparivano pericolosi. Li aveva visti accudire gli animali con benevolenza. Eppure, quando al calar del sole si fece coraggio e uscì dalla foresta, si scatenò il putiferio. Grida, cani che abbaiavano e tendevano le catene a cui erano legati. Una donna scappò urlando cose incomprensibili e quasi inciampò sui gradini d’ingresso della casa prima di scomparire al suo interno.

Lei ebbe paura, così tanta paura da bloccarsi nel mezzo del campo che stava attraversando, nonostante quei miseri cespugli dagli strani frutti rossi non le offrissero alcuna protezione. Solo il boato che udì poco dopo la scosse. Il boato e il dolore alla spalla. Gli uomini avevano una magia in grado di ferire da lontano. Proprio come un tempo l’aveva ammonita sua madre.

Sua madre… Lana ricordava ancora quanto si rattristò alla notizia della sua partenza. Anche suo padre ne fu triste, ma con sua madre aveva un rapporto speciale. La sua famiglia le mancava fin dal primo giorno, ma finché era con Rey poteva sopportare tutto. Ora era tutto diverso.

Aveva pensato molte volte di tornare alla sua terra d’origine, ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Non era sicura di poter affrontare il viaggio da sola e, soprattutto, cosa sarebbe successo se Rey fosse tornato e non l’avesse più trovata?

Raggiunse una piccola grotta nel mezzo di una pietraia e vi si infilò. Ricordò come l’avesse esplorata insieme a Rey quando giunsero a Monte Alto per la prima volta. Sospirò stendendosi a terra, imponendosi di riposare nonostante il freddo e la scomodità del terreno pietroso sotto di sé.

Rey amore mio, dove sei finito?

Lana ebbe un sonno inquieto e si svegliò spesso durante la notte.

Con la mente tornò al giorno in cui Rey non aveva fatto ritorno alla loro nuova casa, tre lune prima.

Ricordò di averne seguito le tracce sempre più disperata fino a raggiungere una pozza di sangue rappreso e nulla più. Non un’orma, non un indizio o un odore distinguibile oltre al puzzo degli uomini e il lungo sentiero nero che attraversava la foresta.

Si era rifiutata di pensare che fosse morto, che fosse stato ucciso. Lo avrebbe capito. Lo avrebbe saputo. Era stato catturato e lei l’avrebbe ritrovato, anche se non sapeva come. Senza mai fermarsi, aveva percorso il sentiero per tutta la notte fino a raggiungere un grande abitato ai piedi delle montagne. Tanti, tantissimi uomini vivevano in quel luogo e lei in quella confusione non aveva più sentito alcuna traccia del suo amato.

Non ebbe la forza di addentrarsi in quel tumulto. Non dopo tutti i racconti e le raccomandazioni di sua madre e suo padre. Pericolosi, dicevano sempre. Dopo una lunga indecisione, tornò nella foresta. Passò giorni in preda al dubbio, domandandosi se non avesse dovuto osare di più, ma oggi aveva provato sulla sua pelle la malvagità degli uomini.

Non le rimaneva altro che la speranza del suo ritorno, ma si sentiva così sola…

Passarono cinque cicli lunari dalla notte in cui Lana sfuggì ai cani e ai loro padroni.

La neve venne e se ne andò senza che lei si avvicinasse più alla fattoria nella valle, ingegnandosi nella cattura di piccoli animali per sfamarsi. Una volta riuscì persino a cacciare un cinghiale e quello le fornì da mangiare per molto tempo. Ripercorse spesso il nero sentiero che portava al grande abitato degli uomini, ma non uscì mai dalla linea della vegetazione, né mai trovò segni della presenza di Rey.

Temprata dalla solitudine e dall’inverno, si sentiva in grado di sopravvivere a qualsiasi cosa. Anche al suo cuore spezzato. La decisione era presa. Avrebbe fatto ritorno dalla sua famiglia e sarebbe partita quel giorno stesso, con il sole alto nel cielo e il verde che cominciava a riprendere possesso del paesaggio.

Si lasciò indietro il suo rifugio senza guardarsi indietro. Un tempo l’aveva chiamato casa, ma ora non era altro che un mero riparo contro le intemperie e non ne aveva nostalgia.

Avviatasi in direzione del sole nascente, sentì in lontananza il rombo molesto dei trasporti degli uomini, ma non vi diede peso. Si aggiravano in quelle zone da tutto l’inverno ma, dopo il suo unico e terribile incontro con loro, li aveva evitati con cura ed era certa che non sapessero della sua presenza.

Continuò ad allontanarsi cercando di lasciarsi il passato alle spalle, tuttavia il passato tornò a irrompere nel suo presente all’improvviso.

Non è possibile.

I suoi sensi le stavano giocando un brutto scherzo, non c’era altra spiegazione, ma lei non ascoltò i suoi pensieri razionali e tornò sui suoi passi più veloce che poteva. Si rendeva conto di dirigersi dritta verso gli uomini e le loro voci, ma non le importava.

Rey Rey Rey!

Mentre correva, sentì il rombo ripartire e allontanarsi rapido come era giunto, ma l’odore era ancora lì e lei continuò ad ampliare le falcate in preda all’euforia.

Sbucò nella piccola radura sul crinale della montagna come un cinghiale in carica, ma quando lo vide si fermò bruscamente, fissandolo. Lui era lì.

Le apparì diverso. Era ben nutrito, ma una profonda cicatrice gli tagliava il pelo salendo dalla zampa destra fino al petto. Odorava di uomo e al collo portava uno strano laccio nero, ma quello era Rey.

Il suo Rey.

I due lupi si corsero incontro a vicenda incrociandosi a metà strada, saltando e rotolandosi a terra, leccandosi e uggiolando di felicità. Corsero e si rincorsero come fossero tornati cuccioli. Il cuore di Lana batteva all’impazzata e si sentiva riempire d’un calore che non sentiva da troppe lune. Non aveva idea di cosa fosse accaduto, ma ci sarebbe stato tempo per spiegare.

La loro vita insieme aveva di nuovo inizio.

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5 commenti »

  1. Che bel racconto! Scritto benissimo e dal finale davvero insapettato. Uno spunto di riflessione originale sull’umanità. Potrebbe essere uno spunto interessante per un romanzo;) Complimenti!

  2. Grazie mille! Ho cercato di creare una storia allo stesso leggera ma con allo stesso tempo degli spunti su cui riflettere, oltre che raccontare una piccola favola moderna incentrata su un animale che adoro

  3. Una bella favola, di quelle che, arrivati al finale, viene voglia di rileggere per riconsiderare il punto di vista. Bravo!

  4. Grazie mille!

  5. Bello l’effetto di straniamento che si crea e accurato lo scandaglio psicologico. Complimenti!

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