Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2020 “Le sneakers rosse” di Nicola Buoso

Categoria: Premio Racconti per Corti 2020

In una città, in un giorno di marzo così luminoso e assolato da confondersi con uno estivo o con certi di settembre, alla fermata delle corriere, Iris, una ragazza di circa ventiquattro anni, sta aspettando da dieci minuti, quella delle 07.45, quando la sua attenzione è attirata dall’arrivo di Ezio, dell’età di poco più di ventotto anni, che, trafelato, termina la sua corsa fermandosi vicino a lei, anche lui deve prendere quella corriera.

I due non parlano, ma fuori campo si ascoltano le loro voci che commentano le loro azioni e le espressioni dei volti, dicendo quello che stanno pensando.

“Eccolo – pensa voltandosi appena verso di lui e stando attenta che non se ne accorga -, in ritardo, come al solito, di sicuro non avrà sentito la sveglia, sempre che ne usi una, chissà a che ora va a dormire, guarda che occhiaie, andrà a zonzo tutta la notte per la città, non voglio pensare cosa combina, e poi … ma quant’è trasandato, si sarà vestito mentre usciva di casa: la camicia è fuori dai pantaloni, una scarpa è slacciata, non si è abbottonato il giubbino, per non dire della barba, un pelo qua, un pelo là, e i capelli, ma dal barbiere ci va’ mai?”

“Eccola l’ottava meraviglia del mondo – pensa lui con fastidio, ancora ansante -, tutte le mattine è qui sempre prima di me, ferma nello stesso posto, in perfetto orario, la “precisina” si sveglierà alle quattro per il trucco e parrucco, mai un capello fuori posto, vestita in modo impeccabile … però quanto sono cattivo oggi, ma guardala invece, è così bella che nemmeno si trucca, non ne ha proprio bisogno, e poi lo sguardo, sembra così innocente, mica tanto però – si ripensa -, deve essere una di quelle che giudica gli altri, l’ho vista quando sono arrivato che si è girata appena, con circospezione, per osservarmi, anche se finge di ignorarmi la “precisina”, chissà cosa sta pensando di me.”

I due, in piedi, uno di fianco all’altra, dopo 15 minuti sono ancora lì ad aspettare.

Iris: “… ma quando arriva la corriera, ha già un ritardo di dodici minuti, non era mai successo, poi come lo spiego al lavoro, se mi va bene solo un rimprovero, altrimenti … non ci voglio pensare!”

Ezio: “… ma quando arriva la corriera, è in ritardo, ad averlo saputo prima, me la prendevo comoda, e invece ho fatto una corsa …ma poi, di cosa mi preoccupo, tanto in ufficio anche se arrivo tardi, nessuno se ne accorge, lì ognuno si fa i fatti suoi.”

Iris: “Oggi non c’è nessuno alla fermata, solo io e lui, di solito siamo almeno una dozzina, è molto strano.”

Ezio: “Oggi siamo solo io e la “precisina”, chissà dove sono finiti gli altri, non è che c’era uno sciopero e mi è sfuggita la notizia, accidenti, potevo rimanere a casa, a dormire, ho un sonno!”

Iris: “Eccola, è arrivata finalmente, ma perché non apre davanti, oggi si sale da dietro, questa giornata è ricca di sorprese.”

Salgono dall’entrata posteriore, prima lei e dopo lui, e si siedono nella penultima fila, ognuno nel posto lato finestrino, la corriera però rimane ferma.

Iris: “Perché non parte, è già in ritardo, quasi, quasi, vado dall’autista a chiedergli spiegazioni … ma forse non è il caso, non vorrei fare la figura di quella che disturba, e poi, non lo vedo, sarà sceso quando siamo saliti noi, ci sarà stato qualche problema.”

Ezio: “Non parte, meglio, così oggi lavorerò meno – guarda la ragazza – però, è proprio carina, ma è anche tanto antipatica – riflette un attimo -, non così tanto poi, anzi a pensarci bene solo un poco, magari una mattina, ci provo, la invito a uscire, vediamo cosa succede, sì ci provo, una di queste mattine lo faccio.”

Iris: “… ma cos’ha da fissarmi questo – notando le attenzioni di lui – non è che è un maniaco, e qui siamo solo noi due, almeno ci fosse l’autista, così lo chiamerei per difendermi, ma da cosa poi, guarda come mi sono ridotta a pensare, devo imparare a vedere meno film gialli alla sera, poi mi autosuggestiono, ma cosa vuoi che mi faccia di male, è bellino, e ha la faccia da buono, faccio fatica ad ammetterlo, però mi piace, se una di queste mattine mi chiedesse di uscire, chissà, forse gli direi di sì, forse – ci pensa un secondo -, ma sì che gli direi sì.”

Ezio: “E’ tutto molto strano: solo in due ad aspettare la corriera, che, fatto insolito, arriva in ritardo, poi non riparte e l’autista sparisce; meglio che pensi ad altro – si dice osservandole i piedi -, oggi è giovedì, quindi deve indossare delle sneakers rosse: bianche il lunedì, gialle il martedì, viola il mercoledì e blu il venerdì.”

Iris: “Mi sta guardando i piedi ora, d’altronde i miei sono belli – pensa con civetteria –, mica come certe che non dovrebbero farli vedere in pubblico tanto sono grossi e brutti, scommetto che ha notato che abbino il colore delle sneakers ai giorni della settimana, e se lo ha fatto, vuol dire che l’ho colpito: buon segno!

Mamma hai torto, non rimango zitella, ci sono ancora delle speranze, anche se è vero che i miei fidanzati hanno la data di scadenza: quattro mesi e poi li getto nella differenziata!”

Ezio: “Ho indovinato, rosse!

E’ una originale, non lo si può negare, con lei non ci si annoia di certo, magari mi sistemo, con me le fidanzate hanno la data di scadenza: quattro mesi e poi finiscono nell’umido, ogni volta fanno di quei pianti!”

Spazientita Iris si alza e va verso il posto dell’autista, lui, la segue incuriosito, rimanendo entrambi stupiti da quello che trovano sul suo sedile: una mascherina chirurgica e un paio di guanti di lattice.

Per qualche secondo la scena diventa buia, si cambia ambiente, ora ci troviamo in una comune stanza di un ospedale, dentro c’è un letto, sotto le lenzuola sdraiato c’è Ezio che dorme, a un metro da lui, in piedi, c’è Iris, è un’infermiera, indossa una mascherina professionale di quelle che non consentono di riconoscere il volto e dei guanti in lattice: i due parlano.

“Dove sono?” – le chiede svegliandosi -.

“Stia tranquillo e riposi, si trova in ospedale, è stato dieci giorni in terapia intensiva, il reparto dove presto servizio, ma ora è fuori pericolo, per questo è qui, comunque per precauzione uso la mascherina, ricorda qualcosa?”

”No, cosa mi è successo?”

”Lei ha avuto il Coronavirus, stava andando al lavoro ed è svenuto in corriera, pensi che invece io non la prendo più già da un mese, per comodità uso l’auto, ormai, vista l’emergenza sono quasi sempre qui.”

“Accidenti…allora mi è andata bene – dice guardandola come se la conoscesse -, qualcosa però ricordo, ho fatto un sogno, lo stesso più volte, era bello, molto bello, pensi che lì, incontravo la donna della mia vita.”

“Mi dispiace per lei allora, quella donna è rimasta nel suo sogno, e chissà quanto è deluso ora!” – gli dice scherzosamente andando verso la porta, per uscire dalla stanza -.

“Non è così, penso di sapere chi è, esiste per davvero, e sono sicuro di ritrovarla – le guarda le scarpe, sono delle sneakers rosse -, oggi è giovedì – dice sicuro -.”

“Come fa a saperlo?

Dopo quello che le è successo, dovrebbe aver perso la cognizione del tempo, ha tirato a indovinare?”

“No, è che ogni giorno ha il suo colore, oggi è il rosso, è quello del giovedì.”

“Lei ha proprio ragione, oggi è giovedì e il suo colore è il rosso – ed esce -.”

Nel corridoio c’è solo lei, si toglie la mascherina e i guanti e mentre cammina, fra sé e sé dice: “Rosso, il colore dell’amore, e dopo che ci saremo sposati gli rivelerò che, mentre era intubato, io di notte ero lì, seduta su una sedia che lo vegliavo, e, tutte le volte che mi addormentavo per la stanchezza, sono sicura che facevamo lo stesso sogno, e lì ci incontravamo, e poi gli confesserò che quando l’hanno portato in ospedale l’ho riconosciuto: il ragazzo disordinato e ritardatario, che prendeva la mia stessa corriera, quello bellino e con la faccia da buono, che fingevo di ignorare.

Mamma, non rimarrò zitella!”

Iris lancia alle sue spalle la mascherina e i guanti e se ne va via, ridendo.

Prima dei titoli di coda, si legge la frase: “Dedicato a chi non si arrende, a chi ha coraggio, a chi alla mattina si sveglia e ha la forza per non voltarsi dall’altra parte, sono loro che fanno girare il mondo, e danno un senso al voler vivere: l’unica certezza è la vita, nonostante tutto, lei va avanti, lei continua!”

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4 commenti »

  1. Una bella fiaba moderna la tua. Anziché per le scarpette di cristallo, la tua eroina viene riconosciuta grazie alle sneakers. Complimenti.

  2. A Roberto Contini

    Grazie per il tuo commento: originale e particolare.

  3. Ho seguito con interesse i pensieri dei due protagonisti, scanditi dalle voci fuori campo che si alternano, avvicinandoli sempre di più, come in un percorso inesorabile. Molto potente il dettaglio delle sneakers rosse, un’idea molto cinematografica. Le ho viste, leggendolo, emergere con forza dal bianco e nero della pagina.

  4. A AngelaDellaRossa

    Grazie per il commento ricco di particolari, che ha colto senz’altro diverse caratteristiche del racconto.

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