Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2010 “Vitiligine” di Stefania Fontanelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

Cominciò a parlare dandogli le spalle. Maria stava lavando i piatti della cena, poche cose, perché i due bambini erano andati in vacanza dai nonni. Lo informò che i figli avevano telefonato quel pomeriggio, inebriati dalla libertà delle loro giornate senza obblighi ed eccitati dall’arrivo del cugino. Quindi si girò lentamente, passandosi le mani bagnate sul grembiule. Aveva la bocca semi aperta come se stesse esitando a proseguire il discorso. Lo guardò dritto in faccia con un’espressione che non contemplava alcuna indulgenza.

“Piero”, disse Maria solenne e Piero sentendo scandire il suo nome, intuì che non avrebbe avuto scampo, che quella notte sarebbe stata lunga.

Voglio sapere se mi stai raccontando delle balle. Questa volta voglio saperlo sul serio” aggiunse e il tono della voce si era fatto più acuto, mentre tutto il resto della persona si manteneva calmo. Una calma innaturale, che la rigidità delle spalle incurvate, il collo incassato e la stoffa umida stretta fra le dita negavano. Maria esitò di nuovo e Piero ebbe il tempo di riacquistare la padronanza di sé. Era un uomo in muta che raggiunta l’età di mezzo aveva cominciato a cambiare pelle. La sua epidermide squamava e sbiancava. I medici, più d’uno era stato consultato al riguardo, avevano diagnosticato una vitiligine autoimmune “normale reazione allo stress per un uomo impegnato a dare il meglio su più fronti” avevano sentenziato, aggiungendo con una nota di compiacimento “come tutti noi, del resto”.

Può darsi che la scienza medica avesse fatto centro. Di fatto il corpo di Piero sbiancava e squamava, nello sforzo di richiamare la sua attenzione, di risvegliare la sua mente che faticava a prendere atto del cambiamento.

Invischiati nell’aria appiccicosa e ferma della notte estiva, Piero e Maria si fronteggiavano nella cucina della loro casa. Il silenzio della campagna, nelle stanze rese ampie dall’assenza dei figli, era increspato dal ronzio di una zanzara, rotto dalle gocce d’acqua che si frangevano sulla pietra dell’acquaio. Non facevano l’amore da mesi. Anche se lei non avrebbe saputo individuare un evento preciso che li avesse fatti allontanare. Quasi senza rendersene conto erano scivolati nel solco della distanza e vi avevano trovato rifugio. Durante l’anno, prima che la fine della scuola li sorprendesse, era stato facile non porsi domande. Semplicemente ne era mancato il tempo. Da quando erano nati i figli, si erano abituati a quelle giornate fitte d’impegni, tanto compresse nei ritmi, da straripare dalla notte al giorno e dall’imbrunire all’alba. Volevano farci stare dentro tutto: i bambini, il lavoro, gli amici. Prima che i figli nascessero avevano adottato un cane e si erano trasferiti in campagna, anche se questa scelta li aveva costretti a pendolare avanti e indietro dalla città. Lui si era speso di più sul lavoro e negli anni era diventato responsabile delle vendite di una grande azienda informatica, lei si era concentrata di più sulla famiglia, ma non aveva rinunciato al suo impiego. Per anni avevano corso senza mai rallentare il passo, orgogliosi delle loro scelte. Il tempo per fare l’amore l’avevano sempre trovato. A ben pensarci, rifletté Maria, forse avevano cominciato ad allontanarsi quando le prime chiazze albine avevano fatto la loro comparsa sulle mani abbronzate di Piero, un’estate fa. Le aveva scoperte lei quelle macchie, guardandole con curiosità, ma anche con simpatia. Lui, invece, si era mostrato imbarazzato dalla novità, cominciando a perdere, poco alla volta, quel suo modo di fare disinvolto ed accattivante che l’aveva conquistata. Sì, a ben pensarci, Piero si era, via via, fatto più sfuggente, più chiuso, più apatico. Continuava ad andare in ufficio e molto spesso si assentava per qualche giorno di seguito, col pretesto di una trasferta. Ecco, un’altra cosa che non avrebbe saputo spiegare, perché avesse perso la fiducia nel suo compagno, perché avesse cominciato a dubitare di lui. Un pensiero insidioso, che le si era annidato nella mente in un momento di distrazione o in sogno magari, ma che da quando ne aveva preso coscienza non l’aveva più mollata diventando sempre più ossessivo. Fino a convincerla che Piero avesse un’altra donna, che la tradisse. Gli indizi c’erano ed erano tutti contro di lui. Sempre più assente in famiglia anche quando era presente, svagato e stanco, preoccupato solo per le sua pelle sbiancata, insofferente con i figli. Con lei parlava sempre meno, solo comunicazioni di servizio “chi fa la spesa, chi va a prendere i bimbi a scuola, chi paga l’assicurazione dell’auto”. Ci aveva provato ad incalzarlo con qualche domanda trabocchetto, ma lui niente riusciva sempre a svicolare. E poi non facevano più l’amore. Da mesi, forse dall’estate scorsa.

Piero, non ce la faccio più, devo sapere” tirò il fiato e si guardò attorno smarrita, poi riprese con decisione “dimmi chi è, dimmelo, è una tua collega?”.

Piero la fissò a lungo, inebetito, come se le parole di Maria non lo avessero raggiunto o non fosse in grado di comprenderle. Poi la sua faccia si contrasse, i lineamenti si deformarono e il silenzio fu rotto da una risata acuta, stridula, scomposta che alla donna sembrò eterna.

La mia collega” smozzicò tra i singulti “ non ho più colleghi, né maschi e né femmine”. Maria lo fissava senza capire. “Sono mesi mesi che fingo di avere un lavoro che non ho più e che giro a vuoto cercando di trovarne un altro”.

La donna lo guardava impietrita, incapace di reagire.

Non fosse stato abbastanza, mi sono pure ammalato. Lo vedi anche tu che le chiazze si allargano sempre e ne compaiono di nuove in ogni parte del corpo. Non credo a quello che mi dicono i medici. Penso che le disgrazie vengono sempre in compagnia e che finirò male”. Si mise in bocca una sigaretta, accese e uscì nella corte. L’aria era ancora ferma, opprimente e martellata dal frinire delle cicale. Maria si tolse il grembiule, lo appese al gancio di fianco all’acquaio e lo raggiunse fuori.

 

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