Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Lo Stercorario” di Alfredo Biserni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Gli stercorari sono coleotteri scarabeidi.

Trascorrono l’esistenza a spingere palle di sterco che confezionano con le loro stesse zampette.

Oltre a maneggiare merda fin dalla nascita si costringono ad estenuanti scalate ogni volta che incontrano un ostacolo sulla loro strada.

Ammetterete che c’è qualcosa di mistico in tutto questo.

Non è poi così difficile comprendere il perché nell’antico Egitto questo indefesso animaletto fosse adorato come una divinità.

“Ma tutto questo che rapporto può avere con la vita di un qualsiasi essere umano?”

Probabilmente niente finchè le cose girano per il verso giusto e si è nella condizione mentale di affrontare qualsiasi imprevisto con la rilassatezza di un bovino al pascolo.

Si può addirittura sorridere alle sei del mattino.

Ma non è sempre festa.

E allora come la mettiamo quando da bovino al pascolo si diventa improvvisamente stercorari alle prese con la propria palla di merda da spingere avanti?

Nell’attesa, la speranza di poter diventare un giorno anche soltanto una larva di mosca può essere di qualche sollievo.

La parola d’ordine è tenere botta e per farlo, la prima cosa è imparare ad alimentare uno stato di vigile atonia con tutta la strumentazione che riuscite a mettere in campo.

Inerzia, apatia, accidia, invidia, egoismo, oro, incenso, mirra…va bene tutto.

Non siete nella condizione di essere troppo selettivi.

Non state correndo per vincere ma soltanto per arrivare, coltivando il discrimine che esiste tra un George Armnstrong Custer e un Toro Seduto.

Capite da soli quanto sia importante saper dosare le poche energie che vi sono rimaste evitando il più possibile maldestri tentativi di fughe solitarie.

Pazienza amici! Imparate dagli stercorari.

Perché spesso, troppo spesso, in quei momenti il nemico più subdolo da combattere si nasconde dentro il vostro cervellino.

È quella fretta di riscatto che spinge a slanci di protagonismo che in condizioni normali vi guardereste bene dal compiere.

Cose per le quali avete sempre mostrato una sana e ostile indifferenza, diventano improvvisamente lo stargate verso quella serenità che avete perso.

Ma le cose non sono così semplici, non esistono scorciatoie e, soprattutto, una cazzata rimane sempre una cazzata.

Perché le cazzate hanno realmente un carattere universalistico.

Risvegliano in tutti noi un senso di partecipazione sincero, se ne conoscessi il significato, mi verrebbe da dire panteistico.

Qualcosa che sicuramente qualcuno ha fatto prima di noi ed altrettanto sicuramente qualcun altro farà dopo.

Cose spesso apparentemente insignificanti che nascondono il germe della cazzata.

Tipo la prima che qualcuno vi ha taggato in una foto.

Ammettetelo che vi siete sentiti lusingati.

Ecco, le avvisaglie del disastro c’erano già tutte.

La cosa straordinaria è che non c’è nulla di subliminale, nulla di scritto troppo piccolo o d’ ingannevole al quale appellarsi a propria discolpa.

E’ tutto alla luce del sole, in balia del più assoluto libero arbitrio, fin dalla compilazione del profilo.

Rispondiamo senza battere ciglia a domande su religione, orientamento politico, filosofia di vita, interessi, preferenze sessuali, stato civile e di famiglia, con una dovizia di particolari neanche fosse il modulo di ammissione alla CIA.

Poi parte la corsa verso la popolarità.

Nel giro di qualche giorno la vostra bacheca si riempie di frasi sconnesse, foto, video di canzoni, commenti sulle notizie di cronaca e auguri di compleanno.

Tutte cose che mediamente non vi riguardano, ma che vi sentite in dovere di commentare o di condividere cliccando su “mi piace”.

Potreste tranquillamente evitare di farlo ma lo fate.

E attraverso il meccanismo un po’ mafioso “degli amici degli amici” vi procurate in breve qualche centinaia di nomi che ignoravate di conoscere.

Gente che non riconoscete neanche radiografando le foto delle loro vacanze, delle feste di compleanno dei loro figli e delle serate in discoteca.

Gente che non conoscete e che non conoscerete mai.

È questa l’evoluzione geniale di un’idea banale.

A ognuno di voi sarà capitato almeno una volta nella vita di partecipare a un pranzo per la comunione di un parente.

Ristorante fuori mano, tavolate imbandite e un sacco di parenti.

L’immagine complessiva del frastuono causato dal chiacchiericcio di fondo è di sincera convivialità.

Ma è soltanto un’apparenza.

Se poteste lentamente passare in rassegna ogni singolo invitato e isolarne la rispettiva quota di partecipazione al discorso del vicino, scoprireste che non c’è alcuna connessione.

Ognuna parla per i cazzi suoi, ignorando fraternamente il proprio interlocutore.

Ognuno parla per se e spesso di se, e la cosa straordinaria è che il risultato finale è perfettamente armonico e consolatorio.

I Social sono esattamente la stessa cosa.

Chiunque diventi ricco creando valore da materiali di scarto gode della mia ammirazione.

Per questo stimo il giovane Zuckerberg e Maria de Filippi di una stima che trascende l’invidia per la montagna di soldi che hanno guadagnato.

Il problema è che può rivelarsi una tentazione davanti alla quale non riuscirete a resistere.

Siete soli, la vostra ex compagna se n’è andata da qualche mese e state ciabattando per casa con un pigiama scompagnato di flanella.

Ormai la metamorfosi è compiuta. Siete stercorari, fatevene una ragione.

Adesso la priorità diventa resistere e limitare il danno e la cosa migliore sarebbe interrompere all’istante qualsiasi rapporto con il portatile.

Ma ovviamente non lo farete.

Le cazzate non si possono prevenire ma soltanto raccontare.

Quindi, per prima cosa comincerete a esaminare la situazione di tutte le amiche della vostra lista.

Vi accorgerete presto che non c’è molto da fare.

Per lo più conoscenze d’infanzia, colleghe di lavoro, ex compagne di scuola e una certa quantità di signore attempate alle quali per qualche oscuro motivo avete chiesto o concesso l’amicizia.

La supervisione della vostra ex non poteva avervi lasciato molto di più.

Con qualche sforzo d’ immaginazione riuscirete forse a mandare qualche messaggio, rigorosamente privato, a due o tre inconsapevoli vittime.

Qualcosa di interlocutorio del tipo…”ciao come va? E’ da un po’ che non ci sentiamo” e il massimo che riceverete sarà una risposta di cortesia.

Troppo poco perfino per voi.

A quel punto sarete costretti a scandagliare gli ultimi vent’anni della vostra vita alla ricerca di tutte le ragazze che vi hanno lasciato qualche ricordo.

E quando dico tutte intendo dire proprio tutte.

E quindi, tutte quelle con cui avete avuto una storia che abbia superato le ventiquattr’ore, le sveltine di una sera, quelle a cui l’avete chiesta, quelle che ve la volevano dare, le fidanzatine delle medie, le amicizie delle vacanze al mare da ragazzino ecc…

E’ un esercizio della memoria di proporzioni epiche, perché non è sufficiente ricordarsi il nome di battesimo.

I cognomi. Servono i cognomi.

Questo vi costringerà a ripescare dalla scatola da scarpe nella quale conservate tutta la corrispondenza della vostra vita, lettere, letterine, cartoline fino ai pizzini, alla ricerca di qualche indizio.

Prima però dovrete ricordarvi dove cazzo l’avete nascosta la suddetta scatola da scarpe.

Ma non è finita, perché se ai nomi più prossimi alla memoria riuscirete ad associare con una certa facilità anche un volto, per quelli più lontani la gara si farà durissima.

Dovrete improvvisarvi veri e propri esperti di fisiognomica per isolare qualche particolare familiare in decine di omonime.

Con qualche nottata di lavoro sarete riusciti a scovare un certo numero di obiettivi e non vi resterà che gettare l’amo.

Da qui in avanti il solco che separa un comportamento mediamente dignitoso dalla più patetica ridicolaggine diventerà un sottile filo di ragnatela.

Confine sul quale, vorrei ricordarvi, avete danzato già con quel …”ciao come va? E’ da un po’ che non ci sentiamo”.

In effetti, non c’era molto da dire dopo circa un paio di decenni.

Neppure Shakespeare ne uscirebbe bene.

Opterete per uno standard “Ciao….ti ricordi di me?” riempiendo il vuoto con i nomi delle sventurate.

Deciderete di aggiungere un tocco di artefatta complicità arrotandoli alla maniera dei ragazzini.

E quindi Elisa diventerà Ely, Federica Fede, Gabriella Gabry e così via.

Ma quelle, ormai, sono diventate a tutti gli effetti delle sconosciute.

Oggi potrebbero essere qualunque cosa:

la maestra dei vostri figli, la cassiera del supermercato, l’assistente del vostro dentista, la dottoressa che vi farà la colonscopia.

Ancora privi della loro amicizia non avete scoperto molto sbirciando nei loro profili e soprattutto non sapete nulla o quasi della loro attuale situazione sentimentale.

Ma questo non vi turberà, sicuri come siete di avere scritto la cosa giusta per solleticare la loro curiosità femminile.

Non vi resterà che attendere le notifiche di conferma.

E la cosa forse più allucinante è che le notifiche arriveranno.

Non certo a frotte come vi sareste aspettato, ma certamente quattro o cinque si faranno vive con un bel “certo che mi ricordo! È passata una vita. Come stai?”

E voi sull’onda di un ritrovato entusiasmo non riuscirete a intuire che quel “certo che mi ricordo” nasconde una giberna piena zeppa di minacciosi presagi.

Il dubbio non vi sfiora neanche.

Siete sicuri, come tutti gli uomini, di avere lasciato un ricordo indelebile nella memoria di qualunque essere di genere opposto abbia incrociato la vostra esistenza.

Con l’autorità conferitavi dalla nuova amicizia andrete subito a ispezionarne l’attualità.

Informazioni personali, foto e grado di partecipazione alla community.

In definitiva non è che cercate l’impossibile.

Una coetanea che dimostri almeno una decina di anni di meno,appena ridiventata single e che per qualche oscuro motivo non abbia mai smesso di pensarvi..

Scoprirete che le vostre amiche ritrovate sono sposatissime, piene di figli, traboccanti di amici e soprattutto dimostrano esattamente l’età che hanno.

Quelle foto di loro abbracciate ai rispettivi partner in montagna, al mare, ai compleanni dei figli e in tutte le feste comandate vi convinceranno di essere l’unico essere umano nato negli anni settanta a non avere qualcuno con cui condividere l’esistenza.

Siete il cadavere che aspettavano appostate sulla riva del fiume.

A questo punto potreste finirla qui, anche perché il più l’avete fatto.

Ma non lo farete.

Quell’universo di nomi e faccine che scorre sullo schermo del vostro computer è una riserva di caccia troppo invitante.

Vi organizzerete seguendo metodo e criteri matematici.

Per prima cosa passerete in rassegna l’elenco delle “persone che potresti conoscere”, ovvero quasi tutti sconosciuti con i quali condividete soltanto qualche amico virtuale.

Userete come criterio di scelta foto, età ed eventualmente stato civile.

Con il passare dei giorni la speranza di beccare la persona giusta si farà sempre più flebile e comincerete a provare un leggero fastidio nei confronti del vostro incolpevole computer.

Non opponete resistenza.

Quel fastidio sarà la vostra ancora di salvezza.

Nutritelo e prendetevi cura di lui fino a che sarà così forte da costringervi a smetterla di perdere tempo con quella caccia al tesoro e ad uscire per prendere una boccata d’aria.

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1 commento »

  1. Mi e’piaciuto perche’e’ accattivante e simpatico. Un guizzo di novita’.

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