Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti “Incontro ravvicinato” di Alberto Paradiso

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Niente di meglio che di una bella tazza di orzo sciolto nel latte di papaya e mandorle, dopo avere fatto tre saluti al sole, trentacinque Asana con la faccia di cane a testa in giù, e cinque serie di addominali. Non mi resta che lavare il piatto della cena di ieri sera e la giornata può iniziare.

Dunque vediamo, il pavimento l’ho lavato ieri, i vetri brillano di luce propria, e gli album delle mie fotografie con me dai 3 ai 45 anni li ho sistemati mentre finivo i pacchi di clinex. Bene, allora una bella doccia è quello che ci vuole, tra i vapori qualcosa mi verrà in mente.

Siamo al trentasettesimo giorno di quarantena, in teoria altri tre giorni e si potrà uscire, se no che quarantena è? Ma fior di scienziati, oltre a insegnarci a lavare bene le mani ci stanno dicendo che a casa è probabile che staremo ancora per molto.

L’acqua scende giù per le spalle e sento che mi sto pulendo non solo dal sudore prodotto dal lavare un piatto, ma anche da sostanze misteriose che così brutalmente ci hanno assalito. E mentre asciugo le ultime goccioline sulla schiena con l’asciugamano grigio perla, superstite di una parure regalato dalla zia Monica, ecco che mi viene un’idea brillantissima. Scendere a comperare 40 kg di terriccio e trapiantare le mangrovie del terrazzo che da un po’ di tempo sto trascurando.

Spengo il fon e sento sbatacchiare le ante dell’armadio che ho in camera da letto. Nutro seri dubbi che Sandokan, il mio gatto, abbia imparato ad aprirle e chiuderle. M’infilo la tuta blu con le strisce bianche laterali, fanno tanto sportivo, e una maglietta con paperino che ride e vado a controllare.

La scena che mi si presenta mi fa fare un salto quantico che dal salotto volo in cucina appendendomi poi alla scolapiatti, mentre dalla mia gola esce un urletto stile Alan Sorrenti che canta figli delle stelle.

Mi armo di mestolo d’acciaio e affronto chi, con una disinvoltura fuori dal comune, è seduto sulla mia poltrona a fiori preferita. – E tu che ci fai nel mio salotto? Anzi, prima dimmi chi sei? E ancora prima, come hai fatto a entrare?

  • –  Fai tu. Dunque, ti dicevo, eravamo su quello scaffale, io e la scatola intendo dal 2004. Quando ci hai scelti tutti i miei amici del supermercato abbiamo fatto la ola.
  • –  Ma i tuoi amici chi sono?
  • –  Be’, meglio iniziare dal principio. Il mio nome sarebbe PierCarloCamilloAugusto, ma voi avete fatto di tutt’erba un fascio e ci avete chiamato Covi 19, voi umani avete pure poca fantasia.
  • –  Sei un virus?
  • –  Sì, che c’è di male?
  • –  Come che c’è di male? Avete fato un casino planetario. Siete ovunque, infettate tutto, come che c’è di male?
  • –  Intanto noi non infettiamo proprio niente. La nostra natura ci impone solo di fare il più possibile, copie di noi stessi. E voi, negli ultimi anni ci state dando una gran mano.
  • –  Ma che stai dicendo?
  • –  Ma secondo te, a me fa piacere stare qui tra armadi orrendi, scusa, asfalto, aria irrespirabile, macchine, camion, aerei, navi giganti?
  • –  Non lo so…
  • –  No, te lo dico io. Fino a poco tempo fa vivevo benissimo dentro un bel pipistrello. Sai che spasso i voli notturni tra gli alberi? E la cosa più bella è che lui a noi si era abituato subito, ci ha capiti e a deciso gentilmente di ospitarci. Poi siete arrivati voi, voi umani intendo, e avete iniziato a deforestare, depredare, asfaltare tutto, e questi poveri animali, mammiferi come voi, hanno dovuto scappare dalle foreste primarie. E noi, con loro. Sai una cosa?
  • –  Calma, calma, calma, e quante domande, lasciami il tempo almeno di mettermi le cuffie ed entrare in cabina… Scusa sai, il riferimento culturale, una delle prime volte che sono capitato da queste parti alla sera davano alla tivù Rischiatutto, mi piaceva un sacco.
  • –  Da queste parti dove? A casa di chi? Chi sei? Chiamo la polizia?
  • –  Ma no, lascia stare, quelli sono impegnati a dare multe a chi si trova ancora nei prati a cuocere salsicce. Se ti siedi, con calma, ti racconto tutto. Chi sono, da dove vengo, come mi chiamo e tutto il resto, ma se rispondo giusto a tutte le domande, vinco qualcosa? Dai, scherzo, rilassati.
  • –  Ma ti sei messo pure i miei pantaloni, – gli dico. – e la mia camicia, e i tuoi vestiti? Sei mica entrato in casa nudo?
  • –  Tanto per cominciare, questi pantaloni a zampa d’elefante color marrone e lilla appartengono a un una persona dai gusti a dire poco discutibili…
  • –  Sono miei quei pantaloni, nelle feste anni 70 vanno benissimo, a parte che mi stringono un po’ in vita, per il resto…
  • –  E vogliamo parlare di questa camicia, – Dice l’ospitato mentre si tocca il colletto con le punte che arrivano fino alle spalle. – Bordeaux e gialla, ma chi l’ha fatta? un daltonico?
  • –  Quella camicia è bellissima, è lì, nell’armadio da almeno 25 anni.
  • –  E dargli una rinfrescata? All’abbigliamento dico…
  • –  Ma saranno fatti miei? Allora vuoi dirmi che sei, e che ci fai in casa mia?
  • –  Ok, ok, Ti ricordi ieri? Sei andato a fare la spesa e hai preso dallo scaffale quella scatoletta con i wurstel e i crauti sotto vuoto?
  • –  S’, li ho mangiati ieri sera, posso dire? Schifezza colossale.
  • –  Be’, io ero lì, aggrappato a quella scatola non so più da quanto tempo, nella speranza che qualcuno dai gusti culinari pessimi la scegliesse.
  • –  La vuoi smettere di criticare tutto? I vestiti non vanno bene, adesso anche quello che mangio?

Mi accorgo di iniziare ad ascoltarlo con interesse, è lì, seduto davanti a me, vestito anni 70 che mi sta raccontando una storia. E la cosa più incredibile è che non m’interessa più da dove viene, chi è e che cosa fa, lo ascolto e basta. – No dimmi. – Lo invito a riprendere il discorso.

  • –  Noi siamo qui, su questo pianeta da 3 miliardi di anni, e di cose personalmente ne ho viste parecchie. Voi siete apparsi sì e no da 200.ooo anni, e dite a noi che abbiamo fatto casino?
  • –  Be’, non saprei, non volevo dire che…
  • –  Noi siamo sopravvissuti a 5 estinzioni di massa, e siamo ancora qui. Be’ vuoi che ti dica una cosa? Alcune sono state uno spettacolo. Hai presenti i dinosauri?
  • –  Sì, certo.
  • –  Ecco, quello è stato un asteroide, 65 milioni di anni fa, un botto pazzesco? Polvere d tutte le parti, ma mica per due settimane, millenni… E a dire il vero, anche le altre non sono state niente male, ma tutte per catastrofi naturali, glaciazioni, impatti extraterrestri, ma la sesta? Hai idea chi la sta organizzando?
  • –  Veramente io…
  • –  Voi, la state organizzando voi. State distruggendo tutto, estraete petrolio, gas, e chissà cosa altro ancora e meno male che vi siete chiamati Homo Sapiens, pensa un po’ se eravate Homo Ignorantus…
  • –  Non saprei, potevi avvertirmi che arrivavi, mi documentavo un po’ meglio su you tube, non so cosa dirti.
  • –  Credo, caro ragazzo ci sia ormai poco da dire, Io tra un po’ me ne andrò, e voi tutti tornerete a uscire, fare jogging andare in pizzeria, a fare rapine, tutto come prima.
  • –  Io veramente le rapine non le faccio.
  • –  Di rapine ce n’è di tanti tipi.
  • –  Rubare le ore e non sfruttarle, non è una rapina alla tua vita? Non goderti l’aria buona, non è questa una rapina ai tuoi polmoni?
  • –  Sì, ma non lo faccio con il passamontagna…
  • –  Fa niente…
  • –  Quando io, e tutti i miei fratelli ce ne andremo, vorremmo lasciare in mondo migliore, tutto qui.
  • –  Sì, sì… un mondo migliore, sì certo… Un mondo migliore… Un mon…E proprio in quel momento alzo la testa verso l’orologio della cucina e mi accorgo che è già mezzogiorno, devo essermi addormentato sul tappetino dopo l’ultima posizione del guerriero. Accidenti che sogno, ma tu pensa, chiaccherare con un virus in salotto vestito da Tony Manero.

Mi riprendo dal torpore e dopo avere dato i croccantini a Sandokan, vado a mettermi una tuta pulita. Entro in camera da letto e mi accorgo che l’anta

dell’armadio è aperta, e una gruccia vuota è sul letto. Mi accorgo che è quella della camicia e dei pantaloni che dall’armadio sono spariti. Un miagolio mi avverte che in lavanderia la luce è accesa, l’oblò della lavatrice è aperto, dalla sua bocca una camicia dalle punte improbabili penzola abbracciando dei pantaloni a zampa d’elefante.

Aziono il lavaggio “tessuti di cotone”, metto il detersivo nella vaschetta, la chiudo e spengo la luce.
Ecco tra poco arriveranno le 18.00, è tutto il giorno che aspetto questo momento. Preparo la trombetta, la raganella, e due coperchi per le pentole e via, tutti in balcone, questa sera si canta azzurro.

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1 commento »

  1. È costruito assai bene ed è il più simpatico del nuovo filone letterario che mi sia capitato di leggere.
    Denota qua e là una certa frettolosità nella stesura (“Hai presenti i dinosauri?”).
    Sarebbe un peccato non rivederlo con più attenzione e inserirlo nuovamente: si può fare con poco sforzo.
    Poi, riprendi pure con altri 35 Asana e magari salta fuori altra roba buona come questa.

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