Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Sarà vero” di Pasqualina Moro

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Sarà vero? Mi sono già sbagliata una volta, perciò dovrei essere cauta, ma il desiderio di crederci è così forte che mi rifiuto di pensare. Inizio i preparativi e dopo un’ora credo di essere pronta. Mi guardo in giro, le luci sono spente, il gas l’ho chiuso, la radio non parla più. Ecco, è arrivato il momento. Dopo una breve esitazione chiudo la porta alle mie spalle con un sinistro cigolio che, prima, non le avevo mai sentito. Sono fuori.

La strada deserta sembra più larga del solito. Mi domando se sia meglio andare a piedi o con la macchina. Decido che all’interno dell’abitacolo mi sentirò più protetta, così m’infilo nella mia vecchia panda. Chissà se sarò ancora in grado di guidare mi chiedo, mentre il motore risponde con un sordo brontolio e si spegne subito. Nooo! Non puoi farmi questo. Il secondo, il terzo e il quarto tentativo confermano che la batteria è andata. A malincuore mi avvio a piedi lungo il marciapiede. Mi torna in mente il film “The day after” e ho la sgradevole sensazione di essere rimasta sola nella città deserta. Girato l’angolo, vedo con sollievo un signore che mi viene incontro. Anche lui mi ha notato e prima di incontrarci, attraversa la strada e prosegue sul marciapiede opposto. Sono sorpresa ma, devo dire la verità, anche un tantino sollevata.

Sono quasi arrivata in piazza Garibaldi quando una macchina della polizia mi viene incontro a passo d’uomo. Solo adesso mi accorgo di essere uscita senza guanti e mascherina. Nel tentativo estremo di passare inosservata tiro su il bavero della giacca e metto le mani in tasca. Non mi servirà a niente, ho anche scordato il foglio. Che stupida sono, l’ho lasciato sul tavolo della cucina. Fortunatamente alcuni giovani, che si materializzano vicino a me, attirano l’attenzione dei poliziotti. Camminano distanziati, ma questo non gli impedisce di parlarsi allegramente. Ridono, scherzano con le voci schermate dalle mascherine e contemporaneamente interagiscono con i cellulari. Mi appiattisco spalle al muro e li lascio passare. Sono giovani, loro. I miei passi sono lenti, il mio sguardo è incredulo. Arrivo alla fermata dell’autobus ma l’autista mi dice che sono salite già dieci persone, sa è per via del distanziamento, si scusa. Non fa niente, dico io, meglio se vado a piedi, mi farà bene il movimento e l’aria libera.

Il mio pensiero corre a tutti quelli che non ce l’hanno fatta. Come possiamo superare tutto questo. Quanta rabbia si aggiungerà allo sgomento per il dramma delle case di riposo. Avrà mai, questa rabbia, una risposta antalgica. Credo di sì, perché quando ci troviamo immersi nel dolore, scatta in noi una forza interiore che ci spinge più in là, ci porta a superare gli ostacoli più difficili. Il tempo sarà il nostro alleato, riuscirà a placare dolore e rabbia. Quello che mi domando è se riusciremo a fare tesoro dell’esperienza, se riusciremo a prenderci cura di noi stessi e degli altri.

Mi arriva da lontano una musica che sento sempre più nitida e mi costringe a tornare presente a me stessa. Allungo il braccio per spegnere la radiosveglia sul comodino. Vorrei rimettermi a dormire ma, come succede ormai da dieci anni, la “voce” mi accompagna in quelle che sono le mie attività giornaliere. A suo tempo mi è stata offerta l’opportunità di lavorare da casa, perciò ogni giorno ricevo la spesa e tutto ciò di cui ho bisogno, senza dover uscire. In questo modo evito il contagio dei virus e la violenza di bande armate che ormai girano per le strade indisturbate. Ogni due ore ricevo nuove indicazioni sui compiti che devo svolgere e su come occupare il mio tempo libero. Ricevo tutorial per fare al meglio ogni cosa. Tutto è perfettamente organizzato, il mio tempo è ottimizzato al massimo, con il minore sforzo ottengo i migliori risultati.

Dal resoconto che la “voce” mi fa ogni giorno, so che in milioni abbiamo scelto questa possibilità, il resto della popolazione ha finito per soccombere al virus oppure alla violenza. Ho fatto proprio bene ad accettare la proposta, in casa sono al sicuro, ho tutto ciò che mi serve e qualcun altro pensa per me. Già, in fin dei conti, cosa mi manca. Forse… se avessi una compagnia la mia vita sarebbe perfetta. Cerco di ricordare come sono andate le cose, mi sembra di non aver firmato nessun contratto. Credo che tutto si sia svolto sulla fiducia, almeno così mi sembra di ricordare. Provo una strana ma piacevole sensazione nel lasciare che i miei pensieri volino indietro nel tempo, a quando eravamo in tanti, vicini, a chiacchierare, ridere, litigare, fare pace, amarci, detestarci. Sarei curiosa di sapere se anche le mie amiche hanno accettato la proposta. Chissà se in questo momento stanno pensando a me o semplicemente seguono i consigli della “voce”, che a pensarci bene assomigliano più a degli ordini. Mi sento ripetere di continuo che sono in casa per mia scelta e che sono libera di fare ciò che voglio, ma allora, cosa ci faccio ancora qui, in questa prigione illuminata solamente da luce artificiale, con le finestre schermate per non far entrare il sole malato. Mi guardo intorno, spengo le luci, chiudo il gas e poi chiudo la porta alle mie spalle con un sinistro cigolio che mi sembra di aver già sentito. Sono fuori e mentre canto a squarciagola, una dopo l’altra si aprono tutte le porte.

La libertà non è star sopra un albero

Non è neanche il volo di un moscone

La libertà non è uno spazio libero

Libertà è partecipazione

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4 commenti »

  1. Un racconto lucido, acuto e coraggioso sui tempi che stiamo vivendo, sospeso (un po’ come noi tutti) tra il tentativo di sdrammatizzare e l’amaro disincanto di quando si va a tirare i conti: dove far pendere il piatto della bilancia? Libertà? Sicurezza? Alla fine la protagonista decide di ascoltare la sua voce interiore anziché la Voce orwelliana che ha il controllo di tanti, anzi di troppi… e di dar concretezza al Sogno. Bravissima Pasqualina, un’idea molto originale per un racconto che è un inno al libero arbitrio!!

  2. Grazie Patrizia per aver letto e commentato il mio racconto.

  3. In un day after epidemico, atomico o ecologico che sia, ognuno si ritrova disperso nella assoluta solitudine. Chi racconta si è salvato ma poi si rende conto che niente è rimasto della vita precedente e ora è disposto a rischiare pur di non perdere il rapporto con gli altri, per ritrovare la libertà di scegliere il proprio destino e condividerlo, per di non rimanere una monade che sopravvive. Un interrogativo e una scelta difficile che l’umanità si è spesso posto in condizioni di pericolo. Hai saputo approfondire le sensazioni e il dilemma che ci attraversano e ritrovare le motivazioni che caratterizzano soprattutto tanti giovani.

  4. Il racconto esprime con esatta semplicità le sensazioni che in questo momento siamo tutti costretti a provare, cioè a subire. La scrittura è realistica e non segue un procedimento artificioso, pertanto risulta armoniosa.

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