Premio Racconti nella Rete 2020 “L’ Artista” di Dante Zucchi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020La ragazza arrivò al piccolo paese sul lago verso le dieci e mezza.
“Dov’è la chiesa?” chiese abbassando il finestrino dell’auto alla prima persona che incontrò, un uomo anziano, un po’ curvo, viso bruciato dal sole che la guardò curioso per un attimo prima di rispondere
“Avanti sulla strada del lago e poi alla prima a sinistra”
La ragazza ringraziò e seguendo quella breve indicazione arrivò alla chiesa, si guardò intorno e si diresse a quella che sembrava una canonica lì vicino.
Suonò
“Il parroco?” chiese ad una donna che le aprì
“In chiesa a quest’ora con alcuni ragazzi” rispose la donna che la guardò seria
La ragazza ringraziò ed entrò in chiesa.
Il parroco stava con alcuni ragazzi al centro della chiesa. Lo vide e si diresse direttamente verso di lui e quando gli fu vicino
“Solo un minuto, le devo chiedere una cosa” e dopo una breve pausa aggiunse “Volevo sapere dove posso trovare Bryan”
Il parroco la guardò incuriosito e non rispose, mentre i ragazzi intorno a lui borbottavano e guardavano la bella ragazza nera, alta, con due jeans attillati, una maglietta rosa con una stampa sopra: una grossa aquila nera e la scritta Black Hawks
“Ma tu sei la cantante dei Black Hawks?” le chiese quello che sembrava il più vecchio dei ragazzi
Lei lo guardò, gli sorrise
“Sì, conosci Bryan?”
Il ragazzo guardò i compagni, il parroco e si grattò la nuca
“Qui non c’è nessun Bryan” rispose dopo un lungo sospiro “ma tu parli di Bryan? Bryan quello che era del vostro gruppo?”
“Sì” rispose la ragazza “quel Bryan” e dopo essersi guardata in giro “a Roma ho sentito dei ragazzi suonare una musica che m’ha ricordato lui, Bryan e m’hanno detto che l’hanno imparata qua da voi durante una gita, una domenica in chiesa”
“Può darsi, abbiamo introdotto nuove musiche da due mesi a questa parte” rispose il parroco “ma le musiche si assomigliano e non è detto che ..”
“Quella musica, no, padre. Quella musica la può scrivere solo Bryan ed io non l’ho mai sentita né cantata. Io lo conosco Bryan, siamo stati insieme due anni e quella è la sua musica, la riconoscerei in mezzo a mille altre, glielo assicuro”
Il parroco guardò l’orologio
“Tra un quarto d’ora incomincia la messa e chi ha scritto le nuove musiche sarà qui” e poi sentendo muoversi qualcuno alle sue spalle si voltò e vide un gruppo di ragazzi entrare per la porta posteriore della chiesa
“Rocco sarà qui con voi?” chiese
“Certo” rispose una delle ragazze “abbiamo provato tutto ieri pomeriggio il nuovo canto, non può mancare”
“Ecco! Basta aspettare, ma non credo che …” stava per dire il parroco quando s’interruppe vedendo la ragazza piangere “ha bisogno di qualcosa?” chiese e prendendola per un braccio la fece sedere
“Cosa c’è?”
La ragazza scosse il capo
“Rocco, certo!” disse “voi lo conoscete con il suo nome vero”
“Che cavolo vuoi dire?!” intervenne il ragazzo di prima “vuoi dire che Rocco è Bryan dei Black Hawks?”
Ma la ragazza non rispose e fissò lo sguardo dietro alle spalle del ragazzo che si voltò a guardare Rocco impietrito che fissava a sua volta la ragazza. Dopo una lunga pausa in cui i due ragazzi continuavano a fissarsi in silenzio, la ragazza improvvisamente si alzò e corse ad abbracciare Rocco che rispose all’abbraccio stringendola a sé baciandola a lungo.
“La gente sta per entrare” disse loro il parroco avvicinandosi e abbracciandoli entrambi
“Ti aspetto dopo la messa!” disse lei andando a sedersi in fondo alla chiesa cercando di evitare lo sguardo dei fedeli che già avevano riempito in parte la chiesa e si chiedevano l’un l’altro chi fosse quella ragazza nera che aveva abbracciato e baciato Rocco, lì in chiesa.
Per il sabato sera successivo era stato montato un palco enorme rispetto agli spazi permessi dalla piccola piazza sul lago ed una folla straripante invadeva strade e vicoli di quel piccolo paese di montagna richiamata dalla notizia del concerto di quel gruppo rock così famoso negli anni passati e poi passato un po’ in secondo piano dopo il ritiro del suo più prestigioso componente, quel Bryan che certe voci diffusasi durante la settimana dava per rientrato nel gruppo.
Lentamente il gruppo prese posto sul palco e da ultimo la stupenda cantante di colore in una corta gonna e body di pelle nera, capelli raccolti sulla nuca e un trucco decisamente pesante di un forte blu elettrico e arancione. Dopo alcuni pezzi più o meno famosi del gruppo che strapparono applausi e fischi a lungo, le luci si spensero per poi riaccendersi con un occhio di bue su di una chitarra appoggiata ad un trespolo. Dopo alcuni minuti in cui la folla lentamente si calmò, si alzò la voce della ragazza ed anche quel poco brusio che rimaneva scomparve del tutto
“Spero che questi primi pezzi abbiano scaldato un po’ l’atmosfera, ma prima di andare avanti vi voglio raccontare una storia che in parte molti sapranno già, perchè tempo fa ha occupato pagine e pagine di riviste specializzate e non solo. Uno dei componenti del gruppo, l’artista, come molti critici l’avevano definito, un bel mattino se ne andò via senza avvisare, senza dire niente a nessuno. Bryan, come molti sanno non era solo l’anima del gruppo ma era l’uomo a cui mi sentivo legata non solo professionalmente, ma anche sentimentalmente e svegliandomi quel mattino e non trovandolo al mio fianco fu per me un colpo, un colpo che mi ferì nel profondo soprattutto perché io come donna avevo fallito, non avevo capito il mio uomo, non mi ero accorta di niente. I successi, le tournè, i dischi venduti, i soldout ad ogni concerto mi avevano annebbiato la mente e non m’accorgevo che lì di fianco a me un uomo, il mio uomo soffriva, soffriva in silenzio” una pausa, una lunga pausa accompagnata da alcuni singhiozzi trattenuti e poi la voce continuò “solo una telefonata quella sera che mi diceva -scusami ma sono stanco, ho bisogno di silenzio- e poi più niente per giorni. Di tanto in tanto una telefonata, un avviso fino a quindici giorni fa. Passeggiavo tranquillamente per Roma quando vidi un cartellone che avvisava di una gara di gruppi musicali in una chiesa. Non so il perché, ma vi entrai, non sono religiosa e la musica sacra non mi ha mai interessato, ma entrai in quella chiesa istintivamente, meravigliandomi io stessa di quello che stavo facendo. Assistii per un po’ a quelle musiche fino a che un gruppo intonò una musica strana sul Padre Nostro, l’ascoltai e rabbrividii, non era possibile, quella era la sua musica, non poteva essere diversamente, l’avrei riconosciuta fra mille e immaginai di cantarla io stessa, era giusta per me, era stata fatta pensando alla mia voce, alla mia intonazione, ai miei ritmi vocali. Non potevo crederci e chiesi a quei ragazzi chi l’aveva scritta e loro mi risposero che l’avevano imparata alcuni mesi prima durante una gita qui sul lago a centinaia di chilometri di distanza. La domenica successiva venni qua ed entrai nella vostra chiesa. Lui era lì, Bryan era lì e ascoltai tutta la Messa dal primo canto all’ultimo. Piansi come mai avevo pianto, ma non di dolore, ma di gioia e ringraziai Dio per quel giorno che entrai in quella chiesa, quella piccola chiesa di Roma, ma grande nel mio cuore. Non chiesi spiegazioni a Bryan, volli sapere solamente se era disposto a ritornare “abbiamo una vita perchè tu mi dica quello che pensi di dirmi” gli dissi “e se non vuoi dirmi niente, non dirmi niente. Per me importante è che adesso sei qui e vuoi rimanere, tutto il resto non importa” e lui mi disse di sì e così stasera spero che se la senta di salire sopra un palco dopo un anno e mezzo di assenza. Qui c’è la sua chitarra, qui ci sono i suoi amici, qui c’è la mia voce. Qui c’è tutto quello che lui, spero, desideri” e dopo una pausa “questo concerto non entrava nel calendario fissato all’inizio di stagione e il nostro impresario non voleva inserirlo. Quando io gli ho detto che avevo intenzione di farlo comunque e in tutti i modi e per di più ad offerta libera, il cui ricavato sarebbe andato alla vostra chiesa per finanziare un pulmino per i ragazzi della polisportiva, mi ha detto che mi avrebbe fatto causa e sapete cosa io gli ho detto “Vaffanculo, noi siamo grandi, noi siamo i Black Hawks e tu non sei niente” e dopo che le luci si accesero su tutto il palco, la ragazza lanciò un urlo fortissimo e cominciò a saltare sul palco a braccia alzate battendo le mani sul ritmo di una delle musiche più famose del gruppo, mentre accompagnato da applausi e fischi l’uomo che tutti lì sul lago conoscevano come Rocco salì sul palco e presa la chitarra cominciò a suonare
“Adesso” gridò la ragazza con le lacrime agli occhi “nessuno più ci ferma. Adesso possiamo sfidare il mondo”
L’amore non è quello delle parole e delle promesse, l’amore è quello dei fatti, dei momenti insieme e solo quando lo perdiamo ci accorgiamo quanti esso ci manchi e allora cerchiamo di ritrovarlo e quando ci va bene non ce ne frega niente di tutto il resto “noi siamo grandi, tutto il resto a fanculo”