Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Deposizione a sua discolpa” di Dario Alessandro Pagli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Abbiate adesso la compiacenza di ascoltare la mia versione della storia e mettetevi nei panni di uno che si trovi per giorni a essere sbattuto in prima pagina. Scalzare il posto con gran fatica conquistato da guerre, calamità naturali e scandali politici, non lo nego, sulle prime mi ha assai eccitato. La notorietà, però, è un frutto che va addentato appena colto giacché a sapere di marcio ci mette pochissimo tempo.
L’ho scoperto a mie spese, cari signori, e, se quel dolce sapore che la fama improvvisa lascia in bocca non si fosse tramutato tutto in un botto in fiele, certo non sarei qui a tentare di convincervi che io di male non ho fatto alcunché. So bene di illudermi, ma una frangia di speranza mi resta ancora appesa in testa e la voglio strappare tutta pur di non lasciare nulla di intentato.
Quel vecchietto un po’ ingobbito, pallido pallido, con gli occhioni brillanti e lacrimosi di un cane bastonato, voi domandate che male aveva fatto?
Ebbene, la risposta è presto data ma so già che non smuoverà di un centimetro la vostra caparbietà: nessuno, nessun male aveva fatto. E’ stata una disgrazia, un terribile rimescolio di casualità che hanno fatto calare su di lui la falce della grande livellatrice.
Troppo semplice dite? Lo so, le soluzioni semplici ai problemi complessi non vi vanno mai giù perché la sete di malvagità, specialmente se compiuta da altri, non si placa certo al primo sorso. Non ci si può fermare al primo tempo della partita. Solo, cari signori, che la partita con quel vecchietto che, vi dirò, mi era pure simpatico, era già bella che chiusa prima ancora che io mi avvicinassi a lui.
Lo avete ben osservato, quando ancora eravate in tempo? Io sì e ho visto le gambe tremanti trascinare stancamente quel corpo ciondolante lungo i muri ingialliti dalla luce floscia del tramonto. Quando io mi sono avvicinato a lui, attratto credo proprio dalla tenera bonarietà che illuminava il suo sguardo, era già avviato verso il camposanto: disgrazia ha voluto che io sia stato l’ultimo a incontrarlo e quindi, per l’ovvietà che due più due fa quattro, la colpa della sua dipartita è solo mia. Eh, no, cari signori miei: due più due, che lo crediate o no, può fare anche cinque, sedici o centocinquanta. Nella matematica voi confidate troppo e i vostri occhi vedono solo equazioni, ma poi forzate i calcoli per far tornare i risultati a somiglianza del vostro pensiero.
Di mezzo, alla fine, ci vanno i poveretti come me, costretto qui a difendermi senza uno straccio di avvocato.
E il figlio di quel notaio di cui nemmeno ricordo il nome, il più in vista della città? Volete sapere se è mia la responsabilità anche della sua sorte? Un microscopico decennio di vita sulle spalle, un frammento minimo di eternità sconvolto, voi sostenete, dal mio piombare nella sua dolciastra quotidianità?
Ricredetevi, vi dico: io non gli ho torto un capello e se fosse per me se ne potrebbe ancora andare in giro con quel suo musino da putto di Raffaello a dispensare parolette desuete per la sua età, colte al paterno desco notarile con gran meraviglia delle grasse signore borghesi che ora vegliano come prefiche al suo capezzale.
Il mio parlare è cinico, questa sola la vostra replica?
Allora quei vostri sguardi arcigni dovranno rimanervi scolpiti in fronte ancora a lungo, perché sono pronto a parlare allo stesso modo di tutti gli altri casi che, secondo le vostre sommarie accuse, sarebbero a me imputabili.
Ne avete contati sei ma siete fuori strada. Potete star certi che sono molti, molti di più. La suocera del sarto, sua figlia e il cugino, che famiglia disgraziata! La povera suor Cesira, superiora del convento delle poverelle di Monte Cucuzzolo e sorella del sindaco – tutti hanno un santo in paradiso – e poi, orrore, lo stesso sindaco e la sua buona moglie.
Questo mio parlare è una confessione, gridate adesso?
La vostra ferrea moralità vi impone di stare a debita distanza dalla feccia?
O avete timore?
Sì, nei vostri occhi adesso c’è la paura, lo leggo e questo avvantaggia me che inutilmente tento di difendermi.
Ma sarò sempre io, microscopico virus, a prendere voi e mai avverrà il contrario.
E se rimarrete lì, inerti e arroccati sulle vostre certezze dai piedi d’argilla, dovrete solo attendere il vostro turno.

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6 commenti »

  1. A cinque righe dalla fine, avevo già intenzione di commentare con una sfilza di esclamativi di perplessità. Poi mi hai sorpreso, mi è piaciuto, l’ho pure riletto con gusto e ho capito tutto. È originale ed è scritto mooolto, mooolto bene. Titolo perfetto, bravo!

  2. Che il pubblico Ministero possa riuscire presto a inchiodarlo alle sue responsabilità e a somministrargli il fielo letale, per evitare che continui a scorrazzare impunito. A conti fatti, merita il benservito, senza attenuanti generiche e inutili appelli alla “clemenza della corte”, ovviamente…

  3. Grazie Leonardo, è nato all’inizio di questo periodo così difficile. Ancora non si sapeva cosa sarebbe accaduto ma già se ne intuiva la portata. Non sapendo immaginare questo essere che ha rimescolato le carte della normalità, ho provato a dargli voce.

  4. Ma sai che sono senza parole? Caspita! Bravo!

  5. Bellissimo complimenti non ci sono altre parole

  6. Grazie Doriana, sono felice che ti sia piaciuto!

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