Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Racconti di quarantena: il metro di distanza” di Paola Monari

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020


Quel mercoledì mattina  si era vestita adeguatamente in base alla temperatura, aveva indossato i guanti di lattice, la mascherina, e così pronta, prese la borsa e uscì di casa. Si sentiva bene, altroché, per cui non prese l’ascensore come al solito, un po’ di moto le avrebbe sicuramente fatto bene e poi chissà quanti bacilli potevano annidarsi in quel piccolo loculo abitato anche per pochi secondi da innumerevoli persone; così prese le scale che la portarono fino all’androne del palazzo. ” Bene, nessun contatto, nessun contagio” pensò, per fortuna non aveva incontrato nessun altro condomino.

Uscì di casa, si guardò intorno, riprese fiato e contò: non c’era molta gente per strada, in effetti. Si diresse verso il negozio di alimentari più vicino a casa; era meglio non frequentare locali affollati come i supermercati, perennemente presi d’assalto da persone che toccavano indisturbate le confezioni disposte sui bancali. Cercò di camminare sul lato del marciapiede meno frequentato; salutò con un cenno della mano il fruttivendolo ed il farmacista, incontrati  lungo la strada,  senza però fermarsi, e guardandoli con aria circospetta. Si diceva che il virus potesse essere anche nell’aria: meglio non sfidare la sorte. Mentre camminava gli occhi cominciarono a bruciarle. Forse un moscerino le entrato  nell’occhio, ma perché lacrimavano entrambi?  La giornata non le pareva ventosa, forse era entrata della polvere o i pollini di stagione, accidenti non ci voleva. Dovette quindi fermarsi; le lacrime rigavano il viso e la mascherina, si stropicciò l’occhio senza successo. Con i guanti poi l’impresa era ancora più difficile, così tiro fuori il fazzoletto e si aiutò nelle manovre. Ora andava meglio, tutto risolto. Arrivò davanti al piccolo negozio, spinse la maniglia ed entrò.

Una signora, forse di origine pakistana, aveva disegnato sul pavimento le linee di demarcazione ad un metro dalla cassa e dai bancali. Venne quindi rifornita della piccola spesa che necessitava, rimanendo ferma e rigorosamente ad un metro di distanza dal bancone.  Aspettò con pazienza  che le venisse fatto il conto e pagò. Pagare senza un punto di appoggio per la borsa risultò un’impresa, costringendola quindi ad un  gioco di equilibrio. Dovette posizionarsi, a mo’ di fenicottero, su una gamba sola. L’altra, piegata, serviva da appoggio per la borsa.  Rovistò,  trovando il portafoglio solo all’ultimo, dopo aver incontrato il mazzo di chiavi di casa, il fazzoletto e il cellulare. Sempre provvista di guanti estrasse il denaro lo diede alla signora e uscì. Era andato tutto bene. Nessuno dei suoi conoscenti l’aveva vista. Tornò quindi a casa ripercorrendo a ritroso il percorso dell’andata ed evitando ancora una volta l’ascensore. Dicono che il virus rimanga sul metallo dei pulsanti o delle maniglie,  anche oltre mezz’ora. Il moto era la migliore cura, altro che le medicine e il riposo, razza di rammolliti! Al terzo piano dovette appoggiarsi, per via dell’affanno, alla ringhiera. Ripreso fiato, arrivò al proprio pianerottolo ed entrò in casa, mise a posto la spesa e assunse l’inutile terapia domiciliare. Il lunedì successivo uscì di nuovo, le scorte di cibo erano velocemente terminate.

Nel tragitto il telefono nella borsa prese a cantare. “Buongiorno Signora Micheli, la chiamo dal servizio di malattie infettive. Cattive notizie, il suo tampone, eseguito martedì scorso, è risultato positivo. Per cui prolunghiamo la sua quarantena. E’ confermato lei sia contagiosa”.  Riprese a camminare, tutte sciocchezze, stava bene, non aveva la tosse, come poteva essere malata?Invenzione della stampa e dei medici per terrorizzare la gente, e dei politici per ridurre la libertà del popolo ed aumentare il proprio potere. Arrivò  al negozio: ma con sorpresa lo trovò chiuso. Un cartello diceva: chiuso per malattia. Questi stranieri: ecco la fonte della malattia, mica io!

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1 commento »

  1. E’ un classico, spesso non ci accorgiamo che gli altri siamo noi. La responsabilità è sempre di qualcun altro. Un racconto di forte attualità, hai disegnato bene l’ingenuità e l’incoscienza del tuo personaggio. Brava

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