Premio Racconti nella Rete 2020 “Piove” di Silvana Giuliano
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020In una stanza fatiscente quattro ragazze dormono profondamente. Ore 8:00, la sveglia suona.
Una di loro allunga la mano e la spegne, cercando di guadagnare ancora qualche minuto di sonno. Nel dormiveglia le sembra di aver sentito un rumore. Sgrana gli occhi. Con le mani si solleva di scatto nella penombra della stanza. Le altre dormono ancora, non vale la pena di allarmarle se non è sicura.
Quelle che sento battere sulla finestra sono forse gocce?
Si alza in silenzio, i passi timidi.
Sto sognando?
Ha quasi paura di aprire la finestra temendo sia stata la sua immaginazione. Poi la prepotenza di un tuono spazza via ogni dubbio.
Piove.
Ora le gocce diventano più forti e sicure, come delle manine dispettose che colpiscono i battenti di legno. I colpi riecheggiano nella stanza, anche un’altra ragazza si è tirata su dal letto. Le due si guardano e ridono. Corrono verso la finestra. La prima con un gesto sicuro apre le pesanti ante in frassino verso l’esterno, allunga le mani attraverso le sbarre. Confermato, piove. Guarda il cielo zeppo di nuvoloni scuri e le sembra lo spettacolo più bello del mondo. Allunga le braccia oltre le inferriate, si bagna le mani sotto una pioggia sicura che ha tutta l’aria di voler diventare un temporale. L’altra ragazza fa lo stesso. Le due si guardano, esitano… e poi scoppiano a ridere, una risata liberatoria, colma delle loro speranze spezzate. Con le mani bagnate si schizzano a vicenda, come due bambine che giocano. Le altre ragazze vengono svegliate da questo fermento e le raggiungono alla finestra. Tutte e quattro si accalcano, fanno a gara per allungare le braccia verso l’esterno e farsi colpire attraverso le sbarre dalla pioggia che picchia forte.
Sono entusiaste, nella stanzetta malandata l’atmosfera è quella di una grande festa. Corrono fuori al cortile, tutte e quattro ancora in pigiama. Iniziano a cantare e ballare, sembrano quattro topolini neri. I piedi nelle infradito ormai sono coperti di fango, i vestiti zuppi gli restano appiccicati addosso. Domani avranno il raffreddore o la febbre, ma ora non c’è spazio per nulla che possa di intaccare quest’attimo di felicità. Le quattro ragazze si abbracciano formando un cerchio, intonano una canzone del loro Paese, saltano e ballano all’unisono, le treccine zuppe si scontrano ad ogni salto.
GIORNO SUCCESSIVO
In una stanza fatiscente quattro ragazze dormono profondamente. Ore 8:00, la sveglia suona. Una di loro allunga la mano e la spegne, cercando di guadagnare ancora qualche minuto di sonno. Dopo qualche minuto si alza nel silenzio della penombra. Si avvia verso la finestra.
Ogni passo brucia di cocente delusione. Apre le pesanti ante in frassino.
C’è il sole.
In un’atmosfera che non ha niente dell’euforia del giorno precedente, raccoglie le sue cose e va a fare la doccia. Le altre ragazze, svegliate dai rumori, si alzano altrettanto silenziosamente, i volti opachi, a turno prendono le loro cose, fanno la doccia e si vestono. Neanche una parola, non un buongiorno o un sorriso, solo silenzio.
I loro volti riflettono il dolore che brucia dentro. Ma è un dolore che conoscono e contro cui non possono niente.
Ora sistemano la stanza, tutto sempre in rigoroso silenzio, i movimenti sincronizzati e sicuri di chi da troppo tempo fa quella vita.
Ricordano quattro militari in partenza per una missione da cui non sanno se torneranno.
E il loro cordoglio ricorda ciò che provano le loro famiglie, ignare del loro destino.
E i loro silenzi risuonano nella stanza, sapendo che le loro stesse ferite verranno riaperte ancora e ancora. Le quattro ragazze escono di casa. Da quando hanno aperto gli occhi nessuna di loro ha proferito parola. Camminano una davanti all’altra lungo la strada sterrata sommersa di sterpaglia. Scansano i rifiuti di cui il sentiero è intriso. In fondo c’è la strada, e là comincerà la loro guerra.
Amina prende posizione, si siede su una sedia in plastica bianca nel posto assegnatole.
Le altre fanno lo stesso, una a 50 metri dall’altra.
E tutte restano lì, in attesa del via vai dei clienti che sta per iniziare.
Oggi c’è il sole, la giornata può cominciare.
Un racconto molto bello, ammantato di tristezza fino alla scoperta, nelle ultime righe, dell’amara verità. Brava, molto brava.
Vita dura per Amina e le sue compagne, per fortuna ogni tanto un giorno di pioggia lava via la sporcizia e lo squallore. Bello e scritto bene.
Grazie tante. Apprezzo molto i Vostri commenti.
Pochi aggettivi misurati per disegnare un’atmosfera triste. Amaro, molto bello. In bocca al lupo.