Premio Racconti nella Rete 2020 “Due madri” di Maria Nives Pasqualini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020Marius e Viki li hanno lasciati seduti su due sedie metalliche nella sala d’aspetto. Davanti a loro un tavolo con pennarelli e fogli, più in là una casetta di plastica gialla col tetto rosso, piena di giochi scompagnati. Marius arriva a stento a toccare il pavimento coi piedi, è seduto serio, le braccia incrociate. Viki è più piccola, dondola i piedi con le scarpette nuove, quelle con le lucine rosse che si accendono quando cammina. Ascoltano le voci concitate dietro la porta. Marius vorrebbe capire, ma le voci si parlano sopra. Viki piagnucola “Marius, chi vince? Chi vince secondo te?” “Non lo so, stai zitta.” Viki tace, continuando a tirare su col naso.
Ha quasi quattro anni e una maglietta blu con su disegnato un grande ombrello rosa e due stivali gialli, con la scritta “in caso di pioggia”. E le scarpe con le luci. Licia le ha messo i vestiti che ama di più, e anche se sembra già estate, le ha fatto la cioccolata calda per colazione. Pensava che fosse un giorno di festa, fino a un’ora prima: lei, Marius, Licia e Leo insieme a colazione.
Pensava che volessero farle una sorpresa e portarla a Gardaland. Invece li hanno portati lì, e allora si era ricordata che qualche giorno prima glielo avevano detto a lei e a Marius: andiamo a parlare con l’Assistente Sociale, e ci saranno anche i vostri genitori. Vogliono capire come state, se va tutto bene. Dobbiamo portare anche voi. Lei lo sapeva che a volte loro andavano a dire se stavano bene all’Assistente Sociale, che si chiama Alessia, ma da soli. Stavolta forse volevano vedere se era vero. Arrivati lì hanno visto che c’era anche la mamma Marina, che si era messa subito a piangere nascondendosi dietro la porta. Poi era arrivato anche il papà Tudor, col volto serio, arrabbiato. Viki non ricorda quando vivevano tutti insieme nell’altra casa, ma li conosce bene perché Marina va a trovarli tutti i venerdì pomeriggio: va a prenderla alla scuola materna vicino alla nuova casa.
Quando arrivano lei e Marius fanno merenda e dopo li porta al parco giochi vicino a dove abitano adesso. Poi ogni altra settimana il sabato, arriva Tudor e li porta a casa sua, mangiano insieme e poi guardano la tivù. Il papà ha un cane grande, dice che possono giocare con lui, Marius un po’ ci gioca, ma lei ha paura: Aku è più grande di lei e la guarda sempre serio con gli occhi cattivi. Non sorride mai. Viki vorrebbe telefonare a Licia per dirglielo ma Tudor non vuole, una volta che gliel’ha chiesto l’ha sgridata fortissimo. Aveva paura che la picchiasse. Aveva già alzato la mano. Lei si è spaventata, e anche se vorrebbe telefonare ancora a volte e le vengono i lucciconi agli occhi per la nostalgia, sta zitta e stringe la mano di Marius. Più tardi arriva la nonna, e il papà esce portandosi il cane. La nonna fa la cena, a volte la minestrina con le stelline che le piace tanto.
Guarda i cartoni con loro, seduta sul divano. Poi la aiuta a mettersi il pigiama e a lavarsi. E poi li mette nel lettone, vicini vicini così si fanno compagnia. Il papà lo rivedono la mattina dopo, sta dormendo anche lui dall’altra parte del letto. La nonna li fa alzare, prepara la colazione, sta con loro finché non si sveglia il papà che li riporta dai nuovi genitori subito dopo pranzo. Ma ora sembra che le cose stiano per cambiare. Marius ascolta: le due mamme piangono, ma Licia parla anche, dice che stanno sbagliando e che pagheranno i bambini.
Ci vogliono due o tre giorni per calmarli quando tornano a casa dopo i fine settimana che passano con Tudor. E Viki torna a fare la pipì a letto e a volere il ciuccio di giorno e di notte. Anche Viki ascolta adesso, ma capisce le cose a pezzi e si mette a piangere a dirotto “Marius non la faccio più la pipì a letto, lo prometto, sono grande, diglielo tu. E non voglio più neanche il ciuccio, ora vado a dirlo alla mamma.” Scivola giù dalla sedia, Marius la prende per mano “Stai qui Viki, non possiamo entrare adesso. Glielo dici dopo, dai colora un po’” Le mette in mano due pennarelli, uno rosa e uno verde. “Fai la farfalla” Viki lo guarda “Colori anche tu con me?” “No, fammi ascoltare” “Allora faccio il sole” “Va bene, fai quello che vuoi” Viki trova il giallo, che però è quasi scarico. Di nuovo le viene da piangere, e riprende a tirare su col naso. Farà il sole rosso, quel pennarello va. Di là si sente la voce di Tudor: come sempre sembra un tuono più che una voce, pensa che forse anche Leo e Licia hanno paura, perché stanno zitti. Dice che ha fatto tutto quello che gli hanno chiesto.
Ha una casa. Un lavoro. Non ha più cercato Marina, l’ha lasciata stare a fare la puttana con chi voleva. I figli sono suoi, e se li vogliono loro, bene, che se li facciano. Quando non c’è lui c’è sua madre, i bambini non sono mai da soli. Durante la settimana a portarli a scuola ci andrà lui, e a prenderli sua mamma. Punto. Si sente la voce di Alessia, parla piano, non si capisce. Di nuovo lui: può venirli a trovare il venerdì pomeriggio come fa adesso. Basta che vada via prima che io torni, non me la voglio vedere attorno. Lei certo non li può tenere: ha una camera a casa dei suoi, che sono stufi marci dei suoi casini, e non lavora. Non può portarli a scuola lei, no: io parto alle 7.30 e li porto prima, aprono alle 7.30 per quelli che lavorano. Ancora Alessia. E Tudor: “Alla fine dell’anno scolastico? Ma che cazzo…. E va bene, mi tocca fare sempre come dite voi. Siamo ad aprile. Alla fine della scuola vengono da me.” Licia dice che avevano prenotato un appartamento al mare per luglio, Viki finisce il 30 di giugno, e il mare le farebbe tanto bene.Tudor tira una bestemmia, e dice che ai suoi figli ci pensa lui, mare, montagna, casa. Ma ci pensa lui. Si alzano molte voci, non si capisce più. Alessia esce e si avvicina ai bambini: “Come va? Tra poco abbiamo finito, non preoccupatevi” Anche Tudor esce e si avvicina a lei, a pochi centimetri dal suo viso.
La fissa: “Io lo so dove abiti, tu e i tuoi figli”. Alessia lo guarda con gli occhi spalancati. Tornano dentro. Marius a questo punto ha capito come andrà a finire. Si avvicina a Viki che piagnucola piano, e colora con lei. “Viki, non devi avere paura. Noi restiamo insieme, ci penso io a te.” Viki è seduta dietro, davanti le due donne, le sue due madri: Marina e Licia. Marina l’ha sentita la sera prima: “Allora mi accompagni tu? Domani è il primo giorno in cui la famiglia può andarlo a trovare, ma è lontano…. Sai che io a guidare… e l’autostrada poi mi fa paura. Riesci a venire?” Licia dice di sì, erano già d’accordo, viene di sicuro. E ora sono per strada. Licia guida, parlando con sua mamma: “Marius a che ora ci aspetta?” “Non lo so di preciso. L’ingresso è dalle 12, poi parliamo con gli operatori, poi stiamo con lui” “La strada è lunga, speriamo di arrivare per tempo, di non trovare casini per strada. Poi stasera partiamo quando partiamo, non c’è problema”. Aggiunge: “Anche a me non piace molto guidare in autostrada, ti ricordi quando sono stata male, ho dovuto farla per molti anni, è stata dura.” Marina tace, cerca di aiutare con il navigatore, guardando la strada. Viki le ascolta e intanto ricorda quando alla fine della scuola sono tornati davvero a casa di Tudor. Marina ha continuato a vederli il venerdì pomeriggio, ma è riuscita a trovare il coraggio di rispondere alle telefonate di Licia, che voleva sapere come stavano e che faceva avere loro piccoli regalini, penne colorate, gomme a forma di animale… piccole cose che sapeva che li avrebbero fatti contenti.
Un po’ più avanti, quando aveva potuto avere un’auto, li portava qualche volta a trovarli, passavano il pomeriggio insieme, stavano bene. Il patto era la segretezza assoluta su tutto. Era stata bravissima, come Marius. Non le era mai sfuggito nulla. Poi Marina aveva trovato lavoro, e aveva potuto avere una casa sua. Loro erano ancora più grandi, tipo lei sei o sette anni… e allora andavano da lei ogni altra settimana. Il sabato sera lo trascorrevano sempre con gli altri genitori. Alcune volte erano anche rimasti a dormire da loro. Marina e Licia avevano imparato a conoscersi e a volersi molto bene. A volte Licia faceva un po’ da mamma anche a Marina, la confortava, la consigliava, la appoggiava. Nel tempo lei aveva saputo tutto della sua vita, dei suoi uomini, dei suoi sbagli, di quello che era successo e di quello che stava succedendo. Anche Tudor pian piano si era ammorbidito rinunciando al possesso assoluto su Marina, i bambini restavano con lui e lei era molto rispettosa delle regole imposte. Aveva cominciato a frequentare altre donne, addirittura quando usciva durante la settimana le portava i bambini per cena, e dopo potevano dormire lì. Gli anni erano passati, mentre le cose sembravano mettersi a posto. Tudor è scomparso dalla loro vita due anni fa, tornando in Romania con la nuova moglie, lasciandoli finalmente liberi del tutto dalla paura, e permettendo a Marina di occuparsi completamente dei loro figli. Si fermano per un caffè, e per riposarsi.
Viki pensa a Marius, lui ha pagato più di tutti. Lei ora ha 17 anni, e si è salvata grazie a lui. Era piccolo, solo tre anni più di lei, ma ha mantenuto la sua promessa, l’ha aiutata sempre. Come un fratello molto più grande: a casa, a scuola, con Tudor, con gli altri bambini. Quando sono tornati a vivere con Tudor Marius ha compiuto all’improvviso 15 anni, e l’ha fatto per lei. Si allontana di qualche passo dall’auto, non vuole che la vedano piangere.
Vorrei saperne di più di Marius, di quello che ha fatto e di dove questo lo ha condotto. Ma, come dice uno molto bravo a scrivere canzoni, basta intuire, che è anche troppo. Il racconto è molto bello, fra fragilità e protezione, legami vecchi e nuovi, separazioni e vicinanze. Molto coinvolgente, merito della scrittura, delle immagini e dei dialoghi.
Concordo con Marco, il racconto è veramente bello. Sarebbe piaciuto anche a me qualche informazione in più su Marius, ma questo non toglie niente alla bellezza del racconto, anzi…
Grazie per i vostri commmenti, e per le belle parole. Come dice Marco Floridia Marius viene lasciato all’intuizione del lettore. Nel racconto viene suggerito che è in una Comunità.
La bellezza del racconto è proprio in quel che possiamo immaginare. Brava Nives! Un omaggio ai troppi Marius, e Viki, che da bambini hanno pagato e pagano gli errori degli adulti.
Che sorpresa Nives, venire a leggere il tuo racconto e trovare scenari da me conosciuti. Credo che tu abbia descritto molto bene quelli che sono i legami, legami che in queste situazioni si creano, rafforzano, ma anche legami che in queste situazioni si dissolvono, perché deboli, inesistenti. Il punto di vista dei bambini crea empatia: siamo anche noi lì seduti e tendiamo l’orecchio. La vedo sai, la mia collega Alessia, che replica con calma a Tudor, perché lo sa che loro sono lì fuori e non bisogna far percepire tensione.
Poi il tempo vola, perché funziona proprio così: succedono tante cose, in fretta, si vorrebbe rimediare a tanto, ma poi ci si contenta di aver fatto il possibile. E non sempre “tutto è bene ciò che finisce bene”, ma spesso “è bene se si riesce almeno in parte”. E l’altra parte, chissà: il mio bicchiere mezzo pieno mi fa sperare anche per Marius.
Complimenti!
Grazie Luca, e grazie Silvia. Il fatto che tu conosca queste storie per professione, e trovi la mia credibile, mi rende felice.