Premio Racconti nella Rete 2020 “La tombola di Natale” di Marinella Giuni
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020«Don, quest’anno non voglio vederla seduta a tavola con quella tonaca frusta, è ora che anche lei dia una sistemata al suo armadio, insomma che diventi un po’ più à la page» esclama l’ Armida.
Don Tarcisio dà un’occhiata alla sua immagine allo specchio, sì la tonaca è un po’ lisa ma non così messa male come sostiene la pia Armida: anzi stava davvero esagerando perché, sì che l’abito talare aveva una ventina d’anni,– nel corso dei quali il Don lo aveva fatto restringere od allargare a secondo della dieta cui era sottoposto – però tutto sommato non si vedeva proprio così sciamannato.
«Armida, non perdiamo tempo in queste quisquilie: abbiamo ben altro a cui pensare. Tra poco è Natale e dobbiamo ancora scrivere il menu!»
Il dardeggio avrebbe potuto continuare all’infinito. Lui, però, era troppo pratico e desideroso di assicurarsi buon cibo. Il menu era da approntare seduta stante, senza dar voce ad altre chiacchiere vane.
«Allora io come primo voglio i ravioli del plin!» esordisce .
«Eh no »replica lei «avevamo detto che avremmo fatto un pranzo tradizionale. E così sarà. Voglio voglio e voglio.. .Don, l’erba voglio non cresce neanche nel giardino del Re. Niente ravioli del plin, farò i cannelloni ripieni».
“Come negli ultimi venticinque anni”.
Era dunque iniziata la loro singolare Via Crucis che aveva, come stazioni ipermercati, supermercati, mercati e negozi della zona. Fast food, slow food, antichi sapori. Tutto andava bene, purché fosse da mangiare. O da cucinare.
La spesa era da sempre il momento magico del Don e della sua Perpetua.
Al pranzo di Natale sarebbero intervenuti, come al solito, lontani cugini del Don che si facevano vivi– per l’appunto – solo a Natale.
«E che gli pigliasse un accidente se portano qualcosa! Tutti gli anni arrivano a mani vuote. Cosa ci vuole a fare un presentino? Con tutto quello che mangiano e bevono a sbafo, come minimo dovrebbero pensarci e portare almeno un tornagusto» sbotta l’Armida.
«Un tornagusto? il Don è stupefatto -Armida, ma come parla oggi?Ha ingoiato lo Zingarelli ah ah! –
«Dia retta me, quelli han trovato l’America! Perché a lei basta mangiare, basta trovare qualche cosa nel piatto e tutte le sue preoccupazioni svaniscono. Mica come me, povera Armida, che devo pensare a comprare e cucinare. E poi arrivano quei quattro gaglioffi dei suoi cugini che mangiano finché non gli va di traverso».
L’Armida non ne può proprio più ma siccome sta arrivando Natale vuol provare ad essere più buona.
E tenendo in mano la lista della spesa, appoggiata col suo dolce peso al carrello, comincia il percorso seguita dal Don che già ha adocchiato lo scaffale dei vini: poteva tranquillamente lavarsi le mani per tutto il resto.
L’Armida non avrebbe mollato la presa, riguardo al menu. Almeno per i vini però, lui poteva e voleva dire la sua.
«Questa Bonarda dell’Oltrepò sarebbe perfetta per il primo» sentenzia il Don e non visto fa scivolare la bottiglia nel carrello della spesa.
La Bonarda è la sua debolezza, gli ricorda la vendemmia al paese quando era piccolo e suo papà gli lasciava mangiare qualche grappolo. Qualcuno dolce, qualcuno muzzo. Ed era sempre una festa!
Tra ricordi e spese, il carrello si era ben presto riempito. Anche quest’anno il Don e la pia donna avrebbero fatto bella figura al cospetto dei cugini!
E venne Natale, tavola imbandita, Bonarda in bella vista e qualcosa di nuovo nell’abito del Don. L’Armida aveva sgranato gli occhi, incredula.
Il Don aveva obbedito ed aveva rinnovato la tonaca; il suo discutibile gusto aveva colpito. Nel bel mezzo del collarino ecclesiastico faceva spicco un bel fiocco rosso.
L’Armida con ampi gesti cercò di farglielo togliere ma il Don, sorridente, le disse: «Su Armida è Natale, non sia adirata per una simile zaccherella!»
Sempre pronto a lasciare andare, a guardare avanti, a pensare al giorno dopo. Già..il giorno dopo!
Il pomeriggio di Santo Stefano c’è un gran daffare nella saletta dell’Oratorio di Sant’Antonio. Ogni anno il Don e le sue pie donne organizzano la tombola.
Le ricerche dei premi durano qualche mese, in genere si utilizza ciò che è avanzato dalla Pesca di beneficenza o – come nelle migliori tradizioni – si riciclano i regali sgraditi ricevuti a Natale.
Poiché nelle edizioni precedenti era capitato che il vincitore ritrovasse un oggetto che aveva appena regalato, con conseguenti musi lunghi ed imbarazzo, si era deciso che ciascuno si sarebbe portato a casa i pacchetti per aprirli più tardi nel rassicurante ambiente domestico.
E chi s’è visto s’è visto: perché, almeno nelle feste, di musi lunghi il Don non ne voleva vedere.
Una cartella, 80 centesimi.
Giusto per riuscire ad alleggerire un po’ il portafoglio, sempre pieno di monetine.
L’Armida prende subito 10 cartelle ed investe i suoi 8 euro.
Il Don, che estrae i tombolini, tiene per sé una buona parte di tabellone ma vuole scucire solo gli 80 centesimi, perché lui ha anche il lavoro di estrarre e dire i numeri ad alta voce.
«Troppo taccagno» aveva sentenziato l’Armida togliendogli il tabellone. Ed aveva girato il compito al chierichetto Pierluigi, che non ne voleva sapere.
Ma che dopo aver causato un mezzo incendio, durante la Messa, ed essere sfuggito alle pene che le pie donne volevano infliggergli doveva comunque scontare un castigo, sia pure minimo.
E così di malavoglia aveva presso il sacchetto ed aveva cominciato.
«Novantanove» e subito il Don gli aveva tirato uno scappellotto, gentile ma giusto.
“Sedici, Ventiquattro, Trentadue, Quaranta” proclama Pierluigi.
«Piano» esclamano in coro tutte le beghine «Non abbiamo capito, l’Erminia è un po’ sorda e in più sta facendo merenda”.
«”Cosa .. trenta?” chiede l’Erminia
« Non fare il tuo solito quarantotto, stai tranquilla. Il trenta non è uscito. Pierluigi ripeti i numeri che sono usciti” chiedono le donne che, pure loro, non è che siano proprio sempre sul pezzo.
«Che numeri?» risponde quello sveglione del chierichetto « io li ho detti ma poi li ho messi nel sacchetto. Cosa dovevo fare?»
Altro scappellotto, severo ma giusto.
Una volta spiegato l’abc della tombola, il gioco riprende. O meglio, inizia. Ed inizia anche la più lunga composizione in rima, che la storia dell’Oratorio conosca.
«Ventotto, diciotto, due .. la Maria Pia è grassa come il bue» recita Pierluigi ridendo a crepapelle.
«Quattordici, diciassette, venti .. l’Angelina è senza denti»
«Dodici, uno, trentotto ..l’Erminia si ingozza col biscotto»
« L’Erminia si ingozza col biscotto, l’Erminia .. il biscotto” sottolinea il chierichetto indicando la pia donna.
«Avuma capì!» rispondono in coro le beghine.
Ma il rantolo dell’Erminia arriva a sottolineare che si sta ingozzando davvero. Stavolta la vena poetica del Pierluigi non c’entra.
Effettuata brutalmente la manovra antisoffocamento ed espulso il pezzo di frollino, la tombola riprende ritmata dai colpi di tosse dell’Erminia.
«Ambo!» urla l’Armida e ritira il suo pacchetto, tutto infiocchettato.
Lo tocca, ne segue i contorni, lo schiaccia, lo spreme. Ma niente. Il Don è irremovibile. Non vuole grane.
Il pacchetto non si deve aprire.
«Tre.. la Peppina fa il caffè»
Le pie donne sono già in confusione. Il Pierluigi, avvinto dal sacro zelo, ha impresso alla tombola un ritmo fantasmagorico. E loro, un po’ sorde e un po’ cieche, faticano a tenere il passo.
Così fantasmagorico che gli sono caduti un paio di tombolini. Ma che fa? Non può darlo a vedere e di certo non intende avviare la ricerca sotto il tavolo.
Gambe grassocce, gambette magre, gambe glabre e gambe pelose, pantofole, piedi appoggiati direttamente sul parquet. Chi avrebbe osato addentrarsi in quella selva odorosa?
Tanto più che otto e ottantotto erano saldamente schiacciati, senza scampo, sotto i piedoni dell’Armida!
Pierluigi si fa il segno della croce invocando che qualcuno faccia presto tombola: al campetto lo aspettano gli amici.
Ha il suo regalo natalizio da sfoggiare, la maglia di CR7, nuova di zecca!
Brava Marinella, si percepisce molto bene l’atmosfera popolare di un Natale all’antica. Un Natale di anziani. L’unico giovane coscritto non vede l’ora di defilarsi. Bel disegnati tutti i personaggi.
Grazie. Sono personaggi che si ritrovano ancora e che mi sono cari!
racconto molto carino, scorrevole e piacevole il dialogo tra il don e la sua perpetua. Brava!
Grazie! La vita in provincia è ricca di questi aneddoti!
Una storia che ha il gusto buono delle cose semplici, delle atmosfere perdute. È una lettura piacevole, lineare e divertente. Mi è piaciuta molto. Complimenti!
Originale e vivace. Davvero gradevole, complimenti 🙂
Grazie! E’ un genere che mi piace molto. E pensate che la maggior parte degli spunti sono veri!!
Ci vorrebbe don Camillo per rinvigorire questa parrocchia di campagna, tanto arcaica quanto ancora paradossalmente vera, tra abitudini secolari e aspetto trascurato, però attenta alla buona tavola e al buon vino. Pierluigi, quando scappi? Un quadretto ambientale dipinto con acume e ironia.
Pierluigi l’ha fatta grossa, durante la Messa, quando ha sostituito un ‘collega’ chierichetto. E adesso paga la sua marachella! Grazie a tutti, davvero.
Simpatico e divertente, piacevolissima lettura.
Grazie, mi fa piacere il vostro apprezzamento!
Una gradevole lettura che ha in sé tutto il sapore delle semplici realtà di campagna. Uno spaccato che sa di autentico, dove i dialoghi, ben articolati, accompagnano, creando un piacevole effetto, la narrazione. Brava!
Grazie!
E’ un racconto molto spiritoso, mi ha ricordato un po’ i romanzi di Don Camillo!
In effetti nelle piccole comunità si ritrovano ancora situazioni di questo tipo. Grazie!
molto divertente!
Grazie! È un quadretto nostrano!
Bello. Anzi, bello bello. Anzi, bello bello bello!
Ma che bello questo commento! Grazie grazie grazie 🙂