Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Passaggi” di Davide Rubini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

In biglietteria Miran si incanta di fronte all’orario degli autobus diretti in Italia. A Jelena ha detto che sarebbe stato via due o tre giorni e  si accorge di avere tempo per sé. Nessuno lo aspetta, nessuno saprebbe dove si trova se decidesse di andare in un posto a caso. Si accorge di non averlo mai fatto, di non essere mai stato da qualche parte solo per il gusto di farlo. All’improvviso si ritrova la testa piena di domande. Dove potrebbe fermarsi a dormire? E se non gli capitasse di incontrare nessuno con cui fare due chiacchiere? E se si dovesse perdere? Forse è già tardi. Fosse stato ancora giorno, magari… prova a dirsi che prendersi del tempo potrebbe aiutarlo a capire cosa serve fare con Jelena, come tornare a sentirla sua e ormai saranno tre minuti che guarda oltre la parete dove sta appesa la tavola degli orari.

  L’autobusna postaja è un edificio basso fin troppo grande per il numero di pullman che vi transitano. Dentro ci sono una dozzina di negozi, ma a quell’ora sono tutti chiusi. Non c’è nemmeno un bar per comprarsi un panino al prosciutto. Miran quasi salta quando una voce lo sorprende alle spalle.

  • Serve aiuto? – chiede.

Quando Miran si gira vede una ragazza più o meno della sua età. È carina, nulla a che vedere con la bellezza di lama di Jelena, ma carina. Lo sguardo di Miran si pianta sulle sue labbra. Indifeso farfuglia qualcosa che suona così.

  • Lubiana, devo andare a Lubiana.
  • Hai il biglietto? – chiede lei.
  • No, devo farlo – risponde lui con addosso la sensazione che qualcun altro abbia deciso al suo posto cosa farà quella sera.
  • Ti devi sbrigare allora, l’autobus parte tra sette minuti. Anche io vado lì. Tu prendi il biglietto. Io vado fuori e se arriva il pullman dico all’autista di aspettarti.
  • Sei gentile – dice Miran che avrà usato la parola gentile si e no tre volte in vita sua.
  • Sbrigati – dice lei e gli dà una specie di spinta sul braccio.

Tutto va velocissimo e dieci minuti più tardi Miran sta sistemando il suo borsone nella cappelliera sopra il suo sedile e senza che lei glielo chieda prende anche quello della ragazza.

  • Anche tu sei gentile – dice lei mentre allunga una mano per presentarsi – Kira.
  • Come? – Miran è ancora confuso dalla rapidità con cui è successo tutto.
  • Kira, come la regista ucraina – chiarisce lei.
  • Miran, piacere – risponde mentre le fa segno di prendere posto vicino al finestrino pensando che lei possa preferirlo.
  • Come Miran Bouchakian, l’attore di Sons of Sassoun
  • Eh? – ma chi sei tu, pensa Miran, l’enciclopedia del cinema?  – no, Miran come mio nonno.

Kira ride e fa ballare le sue labbra rosse e dice:

  • Ti dispiace sederti tu affianco al finestrino? Ho un po’ paura, metti che l’autobus si ribalta, non voglio essere la prima a schiantarmi sull’asfalto.

Ora Miran e Kira ridono insieme. Sono due ragazzi di diciotto o diciannove anni che si sono incontrati per caso. Non sanno nulla l’uno dell’altra, se non quello che l’istinto suggerisce loro e Miran non ha più paura di andare in un posto senza un particolare motivo. Si dimentica di tutto, del Vecchio, di Simone e di Mattia. Si dimentica di Jelena, della roba, del fatto che ancora non sa dove dormirà quella notte. Kira racconta di studiare all’Accademia del teatro, della radio, del cinema e della televisione di Lubiana. Viene da Ranca, un villaggio ad appena venti minuti in macchina a nord di Maribor, ma praticamente in mezzo al nulla. È cresciuta lì con il padre che le faceva guardare un sacco di film in bianco e nero quando era bambina.

  • Ecco perché… – spiega.
  • Perché cosa? – Miran fatica a starle dietro, ma non gli importa di sembrare scemo. Sa che Kira non lo giudica.
  • Perché il cinema, il mio nome e tutto il resto…

Miran adora ascoltarla. Macina parole a raffica. Dallo zaino che si porta dietro tira fuori una rivista fotografica con immagini di posti lontani e di ognuno di quei posti sa qualcosa. Potrebbe stare lì imbambolato a sentirla parlare per ore e per questo quando lei dice “e tu?” è uno schianto. Miran finisce con il muso contro il muro del racconto della sua vita.

  • Io cosa? – ci prova a schivare quella domanda, anche se sa che lei non mollerà l’osso. Guarda le cifre rosse dell’orologio digitale che sta sopra la testa dell’autista. Ha meno di mezz’ora prima dell’arrivo. Dopo sarà libero di sparire e di non raccontare quello che ora gli viene così difficile da dire.
  • Studi? Lavori? – chiede Kira.
  • Vendo droga – le parole gli escono senza controllo e ormai è troppo tardi per tornare indietro, ma Miran ci prova lo stesso – scherzo.
  • No, tu non scherzi. Eri troppo serio quando lo hai detto.
  • No, aspetta, davvero, l’ho detto così per dire.
  • Guarda che non mi scandalizzo. Ne hai con te?

Miran conosce quel modo di interessarsi alla sua vita, è lo stesso con cui si è avvicinato Simone, lo stesso con cui Mattia gli è entrato dentro, giorno dopo giorno. Kira è come loro, si fida di quello che vede, non ha bisogno di pregiudizi, né di paure.

  • No, non sono un pazzo – dice Miran.
  • Immaginavo. E quindi? – lo imbecca Kira.
  • Quindi cosa? – svia Miran.
  • Vendi roba e poi? – affonda lei.

Venticinque minuti, pensa Miran, e parte. Racconta dei suoi amici, di cosa hanno messo in piedi, di come vada tutto a meraviglia e mentre racconta gli sembra di essere il protagonista di un film. Quando l’autista annuncia l’arrivo è solo all’inizio.

  • Bello – dice lei mentre recupera il borsone dalla cappelliera – ho viaggiato con il narcotrafficante più gentile dell’universo. Immagino non ti possa chiedere il numero del cellulare per non rischiare di finire nell’elenco dei sospetti nel caso in cui ti dovessero arrestare.
  • Un rischio troppo alto – dice Miran – non lo correrei se fossi in te.
  • E se non ti dovessi mai più incontrare? – chiede lei.

Facci un film – risponde Miran, mentre pensa che dal suo racconto ha tirato fuori Jelena e che vorrebbe davvero darglielo il suo numero. Kira è veloce però. Gli dà un bacio sulla guancia e scivola via di corsa. Ad aspettarla davanti ai tre gradini dell’autobus c’è un ragazzo. È alto e ha la faccia pulita. A lui il bacio lo dà sulla bocca. Quando Miran è in strada, lei è già lontana. Cammina al fianco del ragazzo, lo tiene per mano e sembra che saltelli invece di camminare.        

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4 commenti »

  1. Quello di Miran, un ragazzo che veste panni scomodi, è un viaggio alla ricerca di sé stesso. La redenzione è lì, a pochi passi. Un racconto scorrevole, ben scritto, che ho letto con piacere.

  2. Naturale e scorrevole, una storia di ragazzi manipolati dalla vita. Chi ha più fortuna e chi meno. Una istantanea contemporanea che ispira comprensione ed empatia. Bravo

  3. Mi piace, secco e asciutto come i protagonisti. Senza retorica e giudizio, con un soffio di leggerezza giovanile

  4. La salvezza è lì, a un passo. Un’altra vita. Cosa ci sarà dopo Lubjana? Un racconto per un’età che ha in sé tutte le promesse… Mi pace molto. Visivamente ben reso, da farci un corto.

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