Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Cartoline felici” di Marcello Manzoni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Ho sempre considerato il mio posto di lavoro come una condanna a vita ai lavori forzati. Sono stato giudicato colpevole con l’accusa di indolenza. Infatti, concluso il liceo ero privo di una qualsiasi ambizione e non riuscivo a concepire alcun progetto a lungo termine che prevedesse l’iscrizione ad un corso di laurea. La totale indecisione mi spinse ad affidarmi all’amorevole consiglio di mia madre: secondo lei l’università della strada sarebbe stata perfetta per un mentecatto come me. E così feci.

Come ho detto, odio il mio lavoro e soprattutto quella lillipuziana cella che mi ritrovo come ufficio. Ogni volta che striscio il badge avverto una stretta al cuore e di solito mi occorre una decina di secondi per uscire da quella condizione di morte apparente. Percorro poi mestamente quei pochi metri che mi separano dall’ufficio, il miglio verde lo chiamo, ma io ci vado volontariamente e nessun secondino mi porta un ultimo lauto banchetto.

Per carità avere un lavoro con i tempi che corrono è una fortuna, ne sono consapevole, ma essere il responsabile, nonché unico impiegato, del settore Missive funebri nella società Cartoline felici, mi spinge a considerare l’assegno di disoccupazione un’auspicabile eventualità.

Per vivere scrivo biglietti funebri su carta riciclata, invento quelle frasi di circostanza rivolte alle famiglie dei defunti. Sinceramente io stesso non spedirei le condoglianze sotto forma di cartolina e per giunta non mi è mai capitato di vedere in vendita uno dei biglietti da me scritto, forse ho semplicemente guardato negli autogrill sbagliati.

Ogni mese ricevo regolarmente il mio scandalosamente basso stipendio, quindi effettivamente qualcuno si avvale del mio lavoro. Di recente dai piani alti mi è stato riferito che uno dei miei biglietti ha riportato serenità a due vedove e a un Setter inglese particolarmente ricettivo.

In un altro caso, alcuni secondi dopo la lettura di una delle missive più vendute, ovvero Indovina chi non viene più a cena, si è verificato un collasso cardio respiratorio che si è concluso nel peggiore dei modi, almeno dal punto di vista del neovedovo, morto senza avere il tempo di rimuginare riguardo la perdita dell’amata.

Non mi prendo tutti i meriti, nonostante abbia apprezzato il cestino di pesche noci ricevuto in premio dalla direzione.

Le succose gratifiche non tolgono la mia attenzione dal fatto che l’intero settore Missive funebri sia costituito dalla mia scrivania abbandonata in una stanzetta anonima, ubicato nel sottoscala vicino al locale caldaie.

Gli unici contatti umani durante la giornata di lavoro sono dati dalle rumorose tubature a vista che incombono sopra la mia testa, che mi permettono di riscontrare quante volte i colleghi dei vari settori utilizzino i bagni. 

Persino durante l’ora d’aria che mi viene concessa a pranzo non ho mai avuto modo, né tantomeno voglia, di instaurare un rapporto con alcun collega.

Quando venni assunto non ero così cinico, non mi sono mai considerato un compagnone, ma di certo non avrei mai pensato che negli anni a seguire avrei evitato persino gli ascensori per non rischiare di dover colloquiare del clima o di baggianate varie.

Per anni il mio unico svago durante quell’ora di pausa è stato consumare il mio pranzo al sacco su una panchina e osservare come l’osteoporosi non impedisse a volenterosi anziani di giocare a bocce ai giardini pubblici.

Negli ultimi tempi, forse a causa del naturale ciclo della vita e della mancanza di nuovi appassionati al gioco delle bocce, vedo i pochi anziani rimasti dilapidare la pensione alle macchinette di video poker nel bar dei cinesi. Perso lo svago delle bocce mi sono messo a osservare le loro partite, ma non è durato molto, perché ad un certo punto gli anziani mi hanno intimato di allontanarmi. A detta loro porto sfiga.

Nelle regole aziendali non è concesso portare in ufficio oggetti personali che non siano strettamente necessari alle attività di lavoro. Quindi lo stile minimalista approntato nel mio ufficio renderebbe fiero un qualsiasi monaco di clausura e schiferebbe ai massimi livelli ogni altro essere umano provvisto dei cinque sensi. Sono pronto a scommettere su vista, olfatto e udito. Mi riserbo su tatto e gusto.

L’unica ardita scelta di pseudo arredamento che mi sono concesso per necessità è il calendario di suor Emerenziana.

Con il calendario di suor Emerenziana non si smette mai di imparare, infatti nella stessa pagina viene riportata la golosa ricetta degli scialatielli con la nduja e un trafiletto con la temeraria vita di San Nicodemo, spirato all’età di 90 anni per malocchio, stando a un qualificato dottore del 990 d.C.

Nicodemo. Nìcodemo. Nicodemò. Nick. Nike.

Decisamente non chiamerei mio figlio Nicodemo. Non ho niente contro i Nicodemo, non che ne abbia mai conosciuto uno, semplicemente lo trovo un nome impegnativo, ridondante. Già vedo mio figlio, Nicodemo, Nico per gli amici, preso di mira dal bullo della classe per via del suo nome così desueto.

Vai a piangere dalla mamma Ni-co-de-mo, urlerebbe il bullo maestro di spelling dopo l’ennesima smutandata.

Non voglio sentire piangere il piccolo Nico attraverso la porta del bagno, maledicendo l’odiato padre per avergli gravato la vita con un tale nome.

No! La mia vita lavorativa è già abbastanza frustrante, non ho certo bisogno di essere odiato anche all’interno delle mura di casa.

Fortunatamente non ho figli. Non ho nemmeno una compagna. Non è facile conoscere una ragazza nelle poche ore libere ogni giorno, soprattutto se non provo minimamente a creare le occasioni ideali.

La scorsa settimana ho ricevuto la chiamata di Erika dall’Albania. Questa ragazza, che immagino bellissima, voleva farmi cambiare operatore telefonico. Parlava piuttosto bene in italiano, con la sua voce suadente. Avrei voluto interromperla per chiederle dove avesse imparato così bene la lingua, ma non volevo rompere la magia. Continuava a spiegarmi i numerosi vantaggi di un cambio di gestore e io, rapito dal canto della sirena di Tirana, mi sono fatto convincere. Una volta sottoscritto il nuovo contratto ho atteso diligentemente che le formalità fossero concluse, così da avere la possibilità di deviare il discorso verso qualcosa di più privato: tipo quale fosse il suo piatto preferito, quale viaggio avrebbe voluto fare o magari se avesse mai considerato un trasferimento in Italia.

Eccitato ho esordito dicendo bene, è proprio un bel nome…

Non ho fatto in tempo a finire la frase che lei mi ha ringraziato e ha riagganciato il telefono.

Sono rimasto inebetito un paio di minuti con il telefono in mano. Forse avrei dovuto fare conversazione prima di stipulare il contratto.

Ora mi ritrovo con un abbonamento più costoso del precedente, ma ho sms illimitati, come se si usassero ancora.

In effetti la telefonata con Erika è ciò che negli ultimi tre anni si avvicina di più ad una relazione con una donna.

Il calendario, giusto. Quest’anno la scelta del calendario per il mio ufficio non ha risposto alle solite pulsioni sessuali dettate dalle formose curve della soubrette del momento, malgrado abbia sempre avuto un debole per le donne che sanno mettere mano in cucina e l’Emerenziana dovrebbe sapere il fatto suo.

Tra l’altro è il primo anno che non devo tenere sottochiave le dodici voluttuose pagine e sentirmi un laido maschilista.

Dopo aver visitato tre edicole ho scelto il suo calendario in quanto è il più grande in commercio, infatti il suo principale utilizzo non è tanto quello di cadenzare le giornate fino all’agognato weekend, quanto celare dietro le spesse pagine della suora un’enorme e maleodorante macchia di muffa che si staglia sulla parete a poco più di un metro dalla mia sedia, all’altezza della mia testa.

Senza contare che grazie ai consigli del godurioso paginone centrale il mio pollo alla cacciatora non è mai stato così buono, soprattutto da quando uso il pollo e non il pesce spada.

Prima di acquistare il calendario ho fatto notare al mio responsabile la mefitica macchia e lui fintamente dispiaciuto ha escluso la possibilità di far risanare la parete. Poi come colpito da una folgorazione, molto teatrale e patetica, si è inginocchiato in adorazione verso la muffa. Con un’esclamazione di giubilo ha giurato di riconoscere nella macchia il volto del nazzareno e il simbolo di Star Trek. Impossibile eliminare la muffa, ha ribadito con ancora più vigore il devoto coordinatore, anzi secondo lui dovrei gioire per il privilegio.

Non avrei mai detto che il mio responsabile fosse così credente, soprattutto perché nel momento in cui ha visto la muffa dilagante ha bestemmiato pesantemente. E neppure la sua passione per la fantascienza di Star Trek mi ha convinto, infatti uscendo dall’ufficio palesemente infastidito dall’esalazione, mi ha salutato dicendo “Che la forza sia con te”, facendo con la mano il saluto dei surfisti.

Sono episodi come questo che mi fanno sperare che la mia condanna a vita ai lavori forzati venga commutata in iniezione letale. Smetterei di soffrire e con un po’ di fortuna la mia dipartita favorirebbe le vendite del biglietto funebre Sei stato il miglior collega che abbia mai avuto. Dubito fortemente.

Sono le ore 17, è il momento di spegnere il computer. Mi dilungo leggendo sul calendario la ricetta del mese prossimo, Spaetzle al formaggio di montagna ed erbe aromatiche, così concedo un po’ di vantaggio ai miei colleghi a strisciare il badge. Sono proprio un asociale da manuale.

Giunto in strada mi faccio cullare dal ritmato suono dei clacson di coloro che spazientiti vogliono tornare a casa il prima possibile. Una placida brezza mi carezza il viso. La carburazione oltremodo grassa di un furgoncino lascia sul posto una nube nera di smog, la quale mi fa rinsavire di colpo.

Un paio di lunghe inspirazioni al pungente smog, abbandono lo sguardo vacuo e mi dirigo al bar dei cinesi. Con un po’ di fortuna trovo un posto libero al video poker e stasera si sbanca.

Loading

13 commenti »

  1. Dai!, veramente divertente, mi è piaciuto moltissimo. Complimenti, davvero bravo.

  2. Ci sono tutti gli ingredienti di una lettura godibile. La filosofia di un simpatico perdente che riesce a sdrammatizzare la morte in ogni suo aspetto sia letterale e fisico che spirituale.
    Piaciuto tantissimo! Davvero davvero bravo!

  3. Complimenti Marcello! Divertente, sarcastico e molto ben scritto!

  4. Marcello,

    che bravo che sei, sul serio.

    Grandissima e talentuosissima dimestichezza con la penna: registro iper brillante, vocabolario vasto, satira appuntita.

    Il tutto al servizio di un messaggio recondito ben intelligibile, che sviscera le contraddizioni e il torpore del lavoratore medio, che si lascia annegare nella propria nullafacenza e nella propria ignazia senza preoccuparsi di muovere un dito.

    Ho apprezzato infinitamente i richiami cinematografici collocati qua e là con gran sapienza (“il miglio verde”; il sottoscala fantozziano, che mai come in questo contesto appare di perfetta cittadinanza; Star Trek).

    Mi è sembrato di leggere una versione di Bartleby lo scrivano rivistata da Stefano Benni.

    E chi conosce la mia ammirazione verso lo scrittore bolognese, sa che non potrei farti complimento migliore.

    Un grandissimo in bocca al lupo per il concorso.

  5. Ovviamente era “ignavia” 🙂

  6. Vi ringrazio molto per i commenti. A prescindere da come andrà il concorso, essendo un neofita, trovo che sia davvero interessante avere l’opportunità di far leggere i propri scritti e avere feedback continui. Piano piano cercherò di leggerne il più possibile.

  7. Molto ben scritto e con delle brillanti trovate. Quando si usa l’ironia come chiave di lettura di una situazione, si offre al lettore una via di uscita, salvandolo da un imbarazzante transfer nel protagonista. Il sospetto però rimane e ci si volta a guardarsi indietro: si ride, ma con un retrogusto all’amaretto. Complimenti Marcello.

  8. Molto bello, mi piace l’ironia che rende il racconto piacevole, nonostante la deprimente situazione. Complimenti.

  9. Molto fluido, il lettore è trascinato in un apparente giorno qualunque, colmo di riflessioni e pensieri sottili che aprono un nuova prospettiva: quella della inquietudine che a volte pesa sulla nostra esistenza.Arriva lo stato d’animo del protagonista.
    Complimenti

  10. Finalmente un racconto che son riuscito a leggere fino in fondo. Divertente, trascinante, ben scritto e senza fronzoli di troppo. Mi è piaciuto!
    Suggerirei al protagonista di diversificare l’attività scrivendo anche cartoline d’amore, per ritardare un pochino l’assegno di disoccupazione.

  11. Caro Marcello, sei riuscito nel difficile compito di portare alla riflessione e alla presa di coscienza di una condizione sociale comune a molti in modo assolutamente originale: attraverso il sorriso (amaro) e non attraverso la lacrima. Io prediligo di gran lunga il tuo genere. Grazie per questo bel racconto. In bocca al lupo!

  12. Ciao Marcello, che il racconto sia ben scritto te lo hanno già scritto in tanti. è così. Leggendolo più di una volta mi sono però chiesto che la stessa storia invece di essere guardata potesse essere vissuta e quindi raccontata mentre succede arrivando ad un risultato meno didascalico. Intendimi, quello che voglio dire è che scritto con un altro registro e un’altra angolatura questo bel racconto potrebbe dare molto di più. Bravissimo comunque.

  13. E’ molto molto divertente e non ti perdi nel finale, parte importantissima in tutti i racconti ma in questo genere ancora di più. Bravo… mi hai anche dato uno spunto per il lavoro della mia seconda vita..

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.