Premio Racconti nella Rete 2020 “Chi è pazzo?” di Annibale Bertollo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020Appuntamento con mio padre
Chi può dire, il giorno d’oggi di non avere mai oltrepassato quell’invisibile linea che separa la normalità dalla pazzia?
Bisogna stare molto attenti.
Solo perché me ne andavo correndo ventre a terra, da casa mia alla piazza del mio paese( Cittadella) e dalla piazza a casa, gridando a squarciagola: – Patroclooo…Patrocloo…-saltellando con un berrettino a girandola in testa, alcuni colleghi medici hanno osato definirmi –Un po’ strano-.
Dove siamo arrivati? Dove è arrivata la perfidia della gente?
Così per colpa delle malelingue ho dovuto affrontare una terapia psicoanalitica col famoso dottor Quadrangolo di Padova. Dopo alcune sedute mi sono reso conto che tutta la terapia di Quadrangolo definita come “Rinforzo positivo dell’ego, dell’io, del sé e del noi” consisteva solamente nel ripetere ogni 15-20 minuti circa l’esortazione “Dai…Dai…Dai che ce la fai. Ish…Ush…Dai.”
Ad ogni modo, dopo circa tre anni di questa terapia, quando cominciavo a sentirmi un pò meglio, ricevetti una telefonata da parte di un collega che mi fece regredire e precipitare in un mare d’angoscia.
Si trattava del dottor Fianchetto, mio collega e rivale dai tempi della laurea, che, dopo molto tempo che non ci vedevamo né sentivamo, improvvisamente mi telefonò per dirmi che doveva assolutamente incontrarmi per rendermi note certe cose che mi riguardavano.
Cose di cui tutti i colleghi ed anche i superiori stavano parlando e che mi riguardavano.
- Di che si tratta?- chiesi preoccupato.
- Beh, sai, niente di grave, certe cose è meglio non affrontarle per telefono, sai com’è, la politica…-.
- Dimmi almeno l’oggetto del contendere- replicai.
- Niente di serio, le solite cose che si dicono, c’incontreremo e ne parleremo.-.
- Quando c’incontriamo? Vuoi che venga subito io a casa tua? Ho proprio la macchina pronta sotto casa- dissi io sempre più preoccupato, con le tempie che pulsavano e due stille di sudore freddo che mi scendevano dalla fronte.
- Oggi e domani sono impegnato, ma in futuro c’incontreremo senz’altro. Scusami, ora non ho più tempo, devo riattaccare.-.
Cominciai subito a tremare: di che cosa poteva trattarsi? Cosa avevo mai combinato?
Da quel momento tutti gli accadimenti, tutti i piccoli fatti della giornata acquistarono misteriosi arcani e sinistri significati.
Andare al lavoro era diventato un incubo. Mentre facevo il giro degli ammalati in ospedale, se mi giravo improvvisamente, vedevo 30 o 40 colleghi in camice bianco che mi facevano le linguacce. Anche i pazienti bisbigliavano e ridevano di me.
-E’ un mona- mi pareva di sentire mentre passavo vicino ai letti dei malati.
Per fortuna il dottor Paolin, un collega buonissimo, mi rivolse un cortese saluto e mi rassicurò dicendo che andava tutto bene, poi però, a tradimento, mi tirò una mela verde in faccia, o così mi parve. Ogni cosa, ogni particolare sembrava minaccioso e mi lanciava strani messaggi, l’universo intero si stava inclinando e pendeva paurosamente nel vuoto. Cercai rifugio richiedendo una terapia d’urto a base di elettroshock, ma fui pesantemente redarguito dai verdi e dagli ambientalisti. -Sprecare così tanta energia elettrica solo per modificare il corso dei miei pensieri? Ma dico? Quanto ero egoista? E poi non pensavo all’inquinamento che ne sarebbe derivato?
Mi ritirai in me stesso in preda ai sensi di colpa, poi decisi di tentare di autosomministrarmi la terapia collegando due elettrodi alla dinamo della mia bicicletta. Purtroppo, appena la terapia cominciava ad essere attiva (cominciavano a sfrigolarmi le tempie ed i pensieri si arrestavano) ero invariabilmente colto da crampi simultaneamente ai due polpacci e dovevo desistere da pedalare. Pensai allora a quale potesse essere la causa di tutti i miei problemi e ci arrivai: Il rapporto difficile con mio padre. Mio padre purtroppo era morto da alcuni anni, ma, la figura paterna interiorizzata nella mia mente continuava a darmi problemi. Dovevo assolutamente riappacificarmi col mio vecchio, ma come fare? Mio padre mi era già venuto trovare in sogno per due o tre volte soltanto per dirmi che nell’aldilà non c’era niente ( solo vermi) e per esortarmi a passare il resto della mia vita a raccogliere e collezionare i tappi delle birre e delle gazzose perché, conoscendomi, sapeva che non avrei potuto fare di meglio. Alla mia richiesta di darmi almeno i numeri del lotto rispondeva dandomi, ridacchiando, dei numeri superiori al 90 che io non giocai mai ma che, mi dissero, erano misteriosamente usciti nell’incredulità generale. Tuttavia, malgrado questi precedenti incontri, il problema rimaneva: come fare ad incontrarlo di nuovo? Mica potevo obbligarlo ad apparirmi in sogno quando volevo io. Decisi allora di essere io ad apparire in sogno a lui. Detto fatto, quella notte stessa apparsi in un suo sogno. Appena entrai trovai mio padre intento a leggere un libro di teologia dogmatica con l’espressione seccata di sempre. Mi vide, mi guardò senza simpatia. Ma, questa volta, prima che potesse parlare, mi gettai in ginocchio ai suoi piedi e dissi: – Perdonami papà, dobbiamo assolutamente riappacificarci. Finalmente ho capito che tutti i rimproveri che mi muovevi erano giusti. Quando dicevi che la società mi avrebbe tagliato le gambe avevi ragione. Volevi fortificarmi quando dicevi che ero un goffo imbranato e non volevi assolutamente che frequentassi il gentil sesso, salvo poi farmene una colpa. Ora finalmente ho capito. Mi perdoni papà?-.
Mio padre mi guardò in modo strano e poi mi disse solennemente: – Ti taglierò i cosiddetti.- Mi slanciai verso di lui e lo abbracciai.
-Sapevo di poter contare su di te- dissi commosso. Rimanemmo abbracciati per alcuni minuti poi decidemmo di comune accordo che in futuro avremmo passato molto più del nostro tempo libero a lavorare, uno da una parte e l’altro dall’altra.
Quando mio padre si risvegliò ero guarito.
Graffiante e spiritoso. Ho apprezzato il taglio ironico sui concetti freudiani.
Un racconto che entra piano piano dalla testa e scende poi nelle profondità dell’anima, alla ricerca di un equilibrio nascosto tra le pieghe della vita vissuta. Ho apprezzato molto alcuni passaggi ad esempio quando parli di “ autosomministrarmi la terapia collegando due elettrodi alla dinamo della mia bicicletta.” E comunque in generale tutta la storia che esce dalla banalità, fa riflettere e diverte. Piaciuto assai.