Premio Racconti nella Rete 2020 “El Marsian” di Annibale Bertollo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020Oggigiorno si fa un gran parlare di ufo ,di extraterrestri, ma ben pochi sanno che uno dei più importanti avvistamenti di extraterrestri è avvenuto dalle nostre parti, ad Onara una frazione di Tombolo.
Correva l’anno 1959 e mia zia Clorinda, come tutte le Mattine si era alzata presto ed era andata ai confini della proprietà, vicino alla campagna dei Broi per dare da mangiare alle galline. Io ero ancora un bambinetto, ma ricordo come fosse adesso che la zia ritornò a casa tutta eccitata gridando “El marsian… el marsian…”, e andò trafelata a procurasi un carrettino per trasportare in casa l’estraterrestre.
Dopo pochi minuti fece ritorno sulla corte dei Broi con una strana creatura a bordo del carrettino.
Era un bipede, alto sì e no un metro e trenta centimetri, con degli enormi occhi che mi parevano sfaccettati come quelli delle libellule, ai lati della fronte vi erano due protuberanze che tutti subito interpretarono come antenne, la pelle era , come ogni marziano che si rispetti, verdastra e diafana, tanto che lasciava trasparire delle sottili venature violastre. La creatura indossava degli abiti quasi normali che tuttavia sembravano plastificati e rilucevano alla luce del mattino.
Zia Clorinda lo rinchiuse immediatamente in un piccolo locale esterno all’abitazione che tutti chiamavamo “ La stalèta del mascio”. Era un locale che nei tempi ancor precedenti serviva ad ospitare il maiale che quasi tutte le famiglie tenevano in casa in attesa del “ massolìn” l’uomo che passava di casa in casa per uccidere i maiali degli amici e dei conoscenti, tanto da farne quasi una professione od un secondo lavoro.
Mia zia Clorinda era un’affarista e voleva tener nascosto il ritrovamento dell’estraterrestre per ricavarne soldi a palate sfruttando le innumerevoli doti e virtù che sicuramente l’ospite sarebbe stato costretto a rivelare presto. Purtroppo la notizia si sparse rapidamente per tutto il parentado e a mezzogiorno arrivò a casa nostra un “masciaro” ( venditore e mediatore di maiali) che voleva acquistare la creatura pagando a mia zia Clorinda la somma di trenatamila lire. Non era poco a quei tempi se si pensa che con meno di un milione si poteva costruire facilmente una bella casa. Il terreno poi non era suddiviso in agricolo ed edificabile. Se uno aveva della terra poteva costruirci sopra, che diamine! Per questo le case costavano anche meno e per questo era difficile, a quei tempi, trovare chi volesse fare il consigliere comunale o l’assessore all’edilizia , c’era da lavorare e nessuno aveva tempo da perdere. Non come adesso che tutti, cani e porci, si mettono in fila per entrare in comune chissà perché. Ma questa è un’altra storia.
Mia zia Clorinda rifiutò categoricamente l’offerta del masciaro. “ Sé tantamilafranchi… Co sto marsian qua tuti siori diventemo. Altro che trentamilafranchi” disse sdegnata mia zia.
Il giorno seguente vicino alla staleta del mascio c’era una processione di curiosi venuti a vedere il marsian e tutti dicevano la loro opinione. “ Bisogna darghe da magnare” diceva Ugo Campagnon “ Proa trarghe raquanti radici”. Così tutti cercammo di portare allo strano essere qualcosa da mangiare Ettore menarosto gli portò persino delle ortiche asserendo che essendo differente da noi forse gli sarebbero piaciute. Ivo Talocco gli portò delle uova di tartaruga, La Olivetta mao voleva dargli un bicchierino di Nocino che aveva fatto con le sue mani e che aveva schifato per anni tutto il paese. Il Marsian si era appollaiato sopra un paletto di gaggia tra il piccolo finestrino della staletta ed un ripiano interno al locale e sembrava indifferente a tutte quelle attenzioni, guardava 0o sembrava guardare dritto davanti a sé incurante di tutti. Finalmente la Togna Marcolin detta “Subito” che era conosciuta per essere una formidabile cuoca gli portò una delle sue migliori specialità: trippe in umido, sulle quali aveva a lungo lavorato lavando perfettamente le interiora e cucinandole a fuoco lento come si faceva nei vecchi tempi, come andava fatto, e come si dovrebbe fare anche ora che non c’è più tempo. Effettivamente il piatto emanava un odorino che avrebbe fatto venire l’acquolina in bocca anche ad un morto, ma il marsian niente, rimaneva immobile a fissare un punto davanti a sé come se il caso non fosse suo. La Togna andò su tutte le furie:” Cossa voleo sto qua “ disse “ me lo so cavà dala boca par daghe a lu” e completamente sdegnata entrò nella staleta e colpì il marsian con una violenta pedata nelle parti basse. La creatura emise due o tre profondi stridii, ai confini tra il rumore acutissimo e le vibrazioni inudibili, poi più niente. La Togna era schifata e col marsian non volle avere più niente a che vedere. Amedeo Sfuriandolo detto Rènso disse che il problema non era tanto dargli da mangiare, ma riuscire a comunicare con lui, capire cosa vuole, di che cosa ha bisogno, da dove viene ed ottenere altre informazioni. Tutti convenirono, ma il problema rimaneva, la creatura non regiva a nulla. I bambini passavano ore davanti alla staleta facendo i più strani versi “ BUU gruu ignuu” niente da fare.
Ettore Baù cominciò persino ad insultare ed a sputare ripetutamente e con veemenza addosso al marsian, finchè Menego Baiocco che all’epoca lavorava come manovale di muratore si avventò sul povero Baù investendolo di pugni e sberle. Dopo la terza Katana ben assestata sul capocollo il Baù perse i sensi e Menego fu costretto a spiegare a tutti che, dopo aver ben osservato per qualche secondo la scena , era sicuro di aver capito finalmente chi lo aveva colpito per anni dalla galleria alla platea con liquidi organici di vario genere tutte le volte che era andato al cinema dal prete la domenica pomeriggio. “ Sono anni e anni e anni che lo inseguo” diceva Menego, ed alla fine tutti concordarono che aveva ragione. Verso sera arrivò Oscar Morapolo detto “ El foresto” perché nessuno riusciva a capire cosa dicesse. Oscar era stato per alcuni anni a lavorare in miniera in Belgio in compagnia con suo cugino Sergio Barbacan che era sordo muto dalla nascita, Oscar aveva inventato uno strano linguaggio ricco di suoni gutturali, movimenti bruschi e mitragliate di sillabe che nessuno aveva mai compreso. Non appena Oscar si mise a parlare con il marsian, magicamente questi si alzò e si avvicinò alla porta dell staleta. Era successo una sorta di miracolo, ma il problema sussisteva: Come farsi spiegare da Oscar cosa aveva capito? Si poteva tentare col muto, ma non era molto più semplice.
Oscar sparava mitragliate di sillabe a destra e a manca, diventava paonazzo per lo sforzo, si contorceva e poi cadeva a terra esausto senza che nessuno avesse capito alcunché.
Il giorno successivo venne anche don Barison, che aveva una mano per benedire ed una per maledire se non si pagavano le decime. Il prete guardò il marsian e lo benedisse in latino “ Deo sanatore me ne intendo, Domine meo festina “ borbottò il prete ed asperse incenso nella staleta. Il marsian squittì due tre volte.
La situazione nei giorni successivi peggiorò ulteriormente. Il marsian sembrava un attore di un film di Antonioni sull’incomunicabilità. Apatia totale. Solo una volta in seguito alla fugace apparizione della Luigina Bea Gnoca, l’extraterrestre sembrò reagire emettendo dal basso ventre una specie di escrescenza filamentosa che ognuno interpretò a suo modo. Bepo sardea che era un uomo pratico disse “ Bisogna fargli fare rassa prima che muoia, altrimenti adio bisi!”
Tutti pensarono alla Bempia Sluadrona, la mandarono a chiamare e le dissero: “ Dai fai qualcosa salvaci: Ci è capitata una fortuna tra le mani e non sappiamo approffitarne, con l’esperienza che hai saprai bene cosa inventare” Lei si dimostrò riluttante e quasi schifata : “ Per chi mi avete preso. Se no c’è sentimento io non mo ci metto” Questa frase fece andare su tutte le furie il daziaro che profetizzò “ Verrà il tempo delle vacche magre e allora vedrete… Cosa sono tutte queste svenevolezze?”
Mia zia Clorinda era così delusa che era decisa a richiamare il masciaro per farsi dare almeno le trntamila lire prima che il marsian morisse.
Il problema tuttavia si risolse da solo perché il giorno seguente quando Clorinda si recò di buon mattino in staleta per controllare il suo ospite, trovò il locale completamente vuoto. Il marsian era scomparso smaterializato volatilizzato senza lasciare traccia.
Ancora adesso quando chiedo spiegazioni ai testimoni della vicenda ottengo le risposte più strane e più diverse: Mio nonno Annibale “ Il marsian era un Tasso”. Ettore Bacalà “ era una pantegana con incollata una libellula sul dorso” Medeo Magnaortighe.” El marsian gera quatro cani” Miro Canastreo “ Tanti schei podevimo ciapare… tasi…tasi…” Don Carlo Moradò “ Non è successo nulla.. nulla… fantasie… fantasie… un brutto sogno…” Circolo culturale Bepi Sgombro : E’ incredibile, avevamo un’occasione per aumentare le nostre conoscenze sull’universo ed abbiamo pensato solamente ai soldi. Non abbiamo fatto niente per comprendere questo meraviglioso essere” Circolo culturale Toni Ramandolo” E’ incredibile questa creatura aveva la grande occasione per contattarci, gli abbiamo dato tutto, ci siamo fatti in quattro ma lui e non ha fatto niente per farsi capire. Siamo scandalizzati.”
Io tuttavia penso che una cosa sola sia certa: “ Quelli sì, quelli di una volta erano i veri marsiani, non quelli di adesso, non ci sono più i marsiani di una volta. Quelli di ora sono solo inventati per riempire le pagine dei quotidiani locali d’estate quando non c’è niente da dire.
A me il racconto è piaciuto molto e mi ha fatto ridere. I nomi dei personagi, che forse trovano analogie nella memoria, in quella di determinati luoghi, sono bellissimi.
Mi ha fatto venire in mente, per il genere di comicità, un film che si intitola ” Un’anguilla da 300 milioni” con uno strepitoso Lino Tofolo, di Samperi ( sono andato a cercare perchè la regia non me la ricordavo). Il film ha anche un finale significativo, sottolinenando l’importanza dell’amicizia.
Complimenti.