Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “La sciarpa di lana” di Graziella Ravera

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

E’ un venerdì pomeriggio. Nel piccolo appartamento Elena sta stirando la sua divisa da infermiera. Le sue tre figlie, Elsa di undici anni,  Martina di otto anni e Giulia di quattro come al solito fanno un gran chiasso e un gran disordine. Elsa sta cercando di studiare la lezione di storia, Martina sta facendo un disegno e Giulia sta guardando i cartoni animati alla televisione. Elena è già stanca prima ancora di prepararsi per fare il turno di notte. Ci sono gli zaini delle bambine da preparare, in questo fine settimana tocca al suo ex marito occuparsi di loro. Bisogna finire i compiti in tempo, sa già che con il papà i compiti non si fanno mai. Non è che la cosa la faccia arrabbiare, in fondo passano poco tempo con lui, solo un fine settimana ogni due, è normale che cerchino di fare qualcosa di più divertente che non scrivere e studiare.

Suona il telefono, Elena risponde, è Giorgio, il suo ex: a causa di uno sciopero non ha potuto tornare a casa,  si trova a seicento chilometri di distanza, impossibile venire a prendere le bambine.  Elena non sa come fare, si trova veramente in difficoltà. Sua madre è a letto con l’influenza, sua sorella, che fa l’insegnante, è in gita con la scolaresca. Sa di non poter chiedere un ennesimo cambio di turno alla caposala perché sono sotto di personale e due colleghe sono in malattia. Elsa capisce che c’è qualcosa che non va, da quando suo padre se n’è andato con un’altra donna tocca a lei aiutare la mamma e le sorelle più piccole.

Elena cerca disperatamente una soluzione, scorre la rubrica telefonica, pensa e ripensa, poi chiede alle bambine di fare silenzio e spiega cosa ha intenzione di fare.

“Bambine, papà non può venire a prendervi, nonna e zia non ci sono, ho deciso di chiedere ospitalità per stanotte alla zia Caterina”.

Si alza un gran coro di proteste. “Oh no, zia Caterina no! E’ noiosa! E’ antipatica! E’ vecchia! E’ musona! Ha la casa lucida che non si può sporcare! Ha tutto che non si tocca, che si rompe, che non si può usare per giocare! Mangia solo minestra e verdura bollita! Fa le prediche!”.

Elsa propone di restare a casa da sole, penserà a tutto lei. Elena la abbraccia, ma le spiega che non si può fare, con i tempi che corrono ci sono mille pericoli per le bambine, niente da fare, ora telefona a zia Caterina.

“Pronto, zia Caterina? Sono Elena. Avrei bisogno di un immenso favore da te. Potrei lasciarti le bambine per stanotte? Porto qualcosa per cena….  Oh no, non voglio offenderti, so benissimo che sei ancora in grado di preparare da mangiare, non volevo solo creare tanto disturbo….  Sì, hanno già finito i compiti, staranno buone, certo, si portano il pigiama e lo spazzolino da denti, e certo anche le ciabatte per stare in casa….  Grazie, grazie infinite, arriviamo verso le sette”.

Giulia scoppia in singhiozzi: “Non voglio andare dalla vecchia zia, voglio maaaaaaamma!”. Martina grida con toni acutissimi, quasi isterici: “Lo sai che non ha la televisione? L’ha detto nonna, per zia Caterina alla televisione ci sono solo cose brutte e allora l’ha regalata a qualcuno. E non ha neanche internet! Mamma, ti prego, ti prego, ti prego, non voglio andarci”.

Elsa, come sempre, è la più ragionevole. “Anche a me non piace per niente andare da zia Caterina, pazienza, è solo per una volta. Mettiamoci qualche giocattolo e qualche libro nello zaino”. 

La strada per arrivare alla casa di zia Caterina non è lunga, quindici minuti appena. La casa è signorile, nel centro storico., è grande. Elena suona il campanello, la zia Caterina, rigida e impettita, fa entrare le bambine, Elena ringrazia ripetutamente: “Vengo a prenderle domani mattina verso le otto”. Zia Caterina disapprova: “Vieni alle undici, è meglio se vai a dormire qualche ora dopo il turno di notte, altrimenti rischi di addormentarti alla guida”.

Le bambine provano una grande soggezione entrando in quella casa così grande, con grandi mobili scuri, con la padrona con il viso scuro, con il vestito scuro. La zia Caterina le accompagna in quella che sarà la loro camera da letto, è tutto talmente pulito, talmente ordinato. “Posate qui la vostra roba, il bagno è qui accanto, andate a lavarvi le mani, la cena è pronta”. Le bambine in bagno bisbigliano tra di loro, sono decisamente infelici. Si siedono a tavola in silenzio, la zia posa due vassoi in centro tavola. Non è minestra, non sono verdure bollite, ci sono patate con un delizioso profumo di rosmarino, e delle palline di carne morbide e dorate. Durante la cena nessuno parla. Elsa ha molta fame, raccoglie il coraggio e chiede timidamente se può servirsi ancora, è tutto così buono. Allora anche le altre due chiedono il bis, alla fine della cena i vassoi sono vuoti. La zia Caterina si alza per sparecchiare, Elsa si offre di aiutare ma la zia ha paura che rompa qualcosa. Elsa non si perde d’animo: “Sono abituata a sparecchiare, a casa aiuto sempre mamma” e fa avanti e indietro con la zia, che smette di opporsi. Rincuorata dalla piccola vittoria Elsa chiede il permesso di poter mettere qualche giocattolo sul tavolo. Martina e Giulia giocano con le loro bambole, Elsa legge l’ultimo libro che le ha regalato la mamma. La zia Caterina si siede sul sofà e prende il cestino da lavoro, sta sferruzzando una sciarpa, è molto bella, peccato che sia di colore grigio. Elsa posa il libro e guarda affascinata il movimento della lana sui ferri: i fili si incrociano e formano una trama regolare di punti tutti uguali, tutti in fila. La zia Caterina è concentrata sul suo lavoro, c’è un gran silenzio, Elsa ha paura di interromperlo, però quel gioco di fili è troppo bello.  “E’ difficile lavorare a maglia? Mi piacerebbe tanto imparare”. La zia Caterina sembra molto seccata, poi prende un gomitolo e due ferri dal suo cestino e fa vedere ad Elsa come si fa. Elsa comincia piano piano a intrecciare le maglie sul ferro, una, due, tre, quattro, capisce il meccanismo e vede crescere dal nulla una minuscola sciarpa tra le sue mani. Va proprio bene per la bambola, è della misura giusta. Zia Caterina sorveglia il lavoro della nipote, aiuta a risolvere qualche piccolo intoppo, le maglie corrono sui ferri, e con le maglie, come d’incanto, le parole. Zia Caterina, dopo tanto tanto tempo, ritrova le parole, parole su un passato lasciato dietro le spalle. Faceva la fotografa con il suo compagno, l’unico amore della sua vita, giravano il mondo, immortalavano attori, re e principesse.  Ha fotografato il matrimonio di un principe e una principessa che lasciavano la chiesa a bordo di una carrozza tirata da sei cavalli bianchi. Martina e Giulia smettono di giocare, si avvicinano, tutte e tre ascoltano la zia a bocca aperta. “Una principessa vera? Una carrozza vera? Dei cavalli veri?”.  Zia Caterina descrive il vestito della sposa con il lunghissimo strascico, e la chiesa piena di fiori bianchi.

La piccola Giulia ora sbadiglia, zia Caterina manda le bambine a dormire. Elsa chiede di restare ancora un attimo per finire la sciarpa per la bambola, non sa come chiudere il lavoro sfilando i fili di lana dai ferri. Zia Caterina le insegna, ora la sciarpa è finita. Elsa la prova sulla bambola, sta molto bene.  Peccato per quel colore grigio.

Elsa si alza per andare a letto, vorrebbe chiedere una cosa alla zia, ma non osa.

Zia Caterina senza alzare gli occhi dal suo lavoro a maglia dice:” Mi ha lasciata, se n’è andato con un’altra donna, come ha fatto tuo padre”.

Elsa fa qualche passo verso la camera, poi torna indietro e butta le braccia al collo di zia Caterina. Con le lacrime agli occhi sussurra: “Mi manca tanto”. Zia Caterina bisbiglia: “Come ti capisco!.

Al mattino Elena arriva puntuale a prendere le bambine, sa già cosa aspettarsi, lamentele, capricci, pianti a non finire.

Zia Caterina apre la porta, le bambine sono già pronte, vispe e allegre, ognuna con lo zaino sulle spalle, ognuna impaziente di raccontare alla mamma le storie della zia Caterina. Elsa ha una bambola in mano, avvolta in una sciarpa di lana grigia. “Guarda mamma, l’ho fatta io, mi ha insegnato la zia Caterina”.

Elena guarda la zia, poi guarda le bambine, sono tutte sorridenti. Elena comincia con i ringraziamenti. Zia Caterina la interrompe. “Se ti capita di aver bisogno di aiuto con le bambine portale pure quando vuoi”.

Le bambine salgono in macchina, zia Caterina rimane sulla porta e agita la mano in segno di saluto. Rimane sul vano della porta a guardare il cielo, poi si avvia verso la merceria a comprare dei gomitoli nuovi: servono colori più vivaci, basta con le tonalità di grigio.

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7 commenti »

  1. Delizioso , intimo , dolce amaro racconto , che vedrei benissimo per un corto, ma anche come racconto per bambini, se non fosse per il sapore sottile della disperazione di un amore perduto, ricordato solo dalle foto fanè. Carino, carino, carino.

  2. Grazie di cuore.

  3. Nel tempo dei telefonini evviva zia Caterina. Complimenti per la storia e per come è scritta

  4. Bello, molto dolce. Con i bambini anche il dolore diventa più sopportabile.

  5. Delicato frammento della vita quotidiana di una donna, Elena e delle sue bimbe. Sofferenza pennellata con grazia, il pianto trattenuto. La bimba più grande che esprime il dolore con il pianto davanti alla zia tanto temuta e subito amata. Mi è piaciuto molto.

  6. Racconto che racchiude in sé, con tenerezza e malinconia, la forza delle donne di tutte le età, oltre ad altre tematiche educative importanti e sottovalutate nell’epoca delle famiglie “disgregate”.

  7. Racconto delicato, intriso di dolcezza, nostalgia e tenerezza. Ho amato zia Caterina sin dalle prime battute… Bravissima Graziella!

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