Premio Racconti nella Rete 2020 “Nadia e Andrea” di Giulia Naitza
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020“Ma ti è sembrato strano?” – fa una voce all’altro capo del telefonino.
Nadia tiene il cellulare tra l’orecchio e la spalla, torcendosi sul sedile per meglio parcheggiare l’auto. Dopo dieci anni si è finalmente decisa a cambiare macchina, e solo perché non c’era ormai più niente da fare, se no se la sarebbe tenuta a vita, tanto era l’affetto che provava.
“Ma che ne so, è strano da parecchio. Dice che è il lavoro, l’inverno, le solite cose. Però, non capisco, non è successo niente di eclatante negli ultimi tempi.
Comunque, sono certa gli passerà. Ti richiamo più tardi che sto parcheggiando. Sì, va bene, ciao.”
Senza l’intralcio del telefonino, in due manovre Nadia effettua un parcheggio da manuale.
Poi prende la borsa, chiude la macchina e si dirige verso un negozio.
Prima di aprire la porta, si blocca di scatto. Non è sicura di aver chiuso l’auto. Così, affonda la mano nella borsa nera, scansa il telefono, l’agenda e il portafoglio, e tira fuori la chiave.
Preme il pulsante: l’aveva già chiusa, ovvio. Quando mai si dimentica.
Fa scorrere le dita tra le camicie di seta appese in fila. Ne tasta il morbido tessuto e ne testa la qualità. Alcune sono state riposte male e lei, con pazienza, le riordina, anche se di lavoro fa la violoncellista e non la commessa.
Vuole a tutti i costi fare un regalo ad Andrea, un regalo inaspettato, per provare a ridurre la distanza che si è creata tra loro da alcuni mesi, deporre le armi e instaurare finalmente un dialogo sulla loro relazione.
Passa la mano sul colletto, per poi scendere sulla manica: immagina le braccia di Andrea avvolte da quel tessuto, poi il tipo di giacca che potrebbe abbinare, i pantaloni, ed infine le scarpe. Gli cuce addosso un look impeccabile.
Immagina di tornare a casa e consegnargli il regalo. Immagina Andrea che si illumina sorpreso, la ringrazia commosso e la abbraccia. La camicia è perfetta, lei è perfetta, si è trattato solo di un periodaccio, perché non riprendere da dove ci siamo persi? Perché non facciamo un figlio?
Nadia e Andrea stanno insieme da otto anni. Hanno superato la famosa crisi dei sette, nonostante Nadia senta ancora l’eco lontano di uno stridio, come se due violini non perfettamente accordati si ostinassero a suonare. Un orecchio poco fino non ci farebbe caso ma la sensibilità di Nadia è troppo acuta per non farle rizzare le antenne. Ha percepito un lieve disarmonia nel rapporto con Andrea e vuole incollare i pezzi prima ancora che questi si spacchino.
Si decide per una camicia blu. È vero, il prezzo è alto, ma è per il bene della coppia. E poi ad Andrea le camicie servono sempre, anche se da qualche mese insiste nel mettere solo semplici magliette sotto la giacca. Nadia pensa che la camicia si addica di più alla sua professione di architetto.
Mentre si mette in coda alla cassa, ripensa alla conversazione col terapeuta di qualche ora prima: avevano riflettuto sul concetto di idealizzazione e di quanto potesse essere pericoloso in una coppia.
Nadia aveva ridacchiato. Come se fosse possibile idealizzare una persona dopo otto anni di relazione.
“Si idealizza quando non si conosce” – aveva detto Nadia – “Andrea lo conosco fin troppo bene. Lo amo moltissimo, ma questo non vuol dire che lo abbia idealizzato.”
Il terapeuta aveva provocato Nadia con alcune domande mirate. Si può davvero conoscere una persona, quando non conosciamo così bene nemmeno noi stessi? Da dove viene questa sicurezza?
Nadia si era irritata, forse perché il terapeuta aveva fatto centro. E allora ecco che come una marea era tornato a galla il timore che per tutti questi anni Andrea avesse giocato una parte, mostrato un solo lato di sé e che quella spaccatura che Nadia percepiva era dovuta alla necessità di Andrea di intraprendere un altro cammino, da solo.
Il terapeuta aveva poi continuato ad incalzarla, chiedendole quali fossero, secondo lei, i motivi che avrebbero spinto Andrea ad allontanarsi. Le chiese di pensarci su, e poi di esporli parlando in terza persona: in questo modo avrebbe potuto distaccarsi dalla situazione e guardarla sotto un altro punto di vista. Non era la prima volta che utilizzavano questo espediente, eppure non risultava sempre semplice.
Nadia era stata in silenzio per qualche secondo, lo sguardo fisso sul bicchiere d’acqua davanti a lei.
Poi, senza staccare gli occhi, aveva detto:
“Nadia è stata la sua prima ed unica donna e all’età di 33 anni Andrea sente di essersi perso qualcosa. Vuole imparare a cavarsela da solo, a non avere sempre la vita risolta da Nadia e la sua mania di controllare tutto, vuole andare a letto con altre donne, conoscere i loro orgasmi e le forme dei loro corpi. È stufo di Nadia, della sua pelle che inizia a cedere, della sua fretta di avere un figlio e di quella sua insopportabile convinzione di sapere tutto.”
Nadia scuote la testa e cancella quegli orrendi sospetti. La possibilità che Andrea esca dalla sua vita le fa mancare la terra sotto i piedi.
Tornata in macchina, si sforza di sorridere. È un esercizio che le ha consigliato il terapeuta: il movimento delle labbra verso l’alto condiziona il nostro umore. Se sorridiamo, i nostri neurotrasmettitori lo percepiscono e partono con le endorfine, anche se in quel momento siamo tutto fuorché felici.
Nadia sorride ma il riflesso nello specchietto le rimanda un’immagine grottesca.
Rientrata a casa, trova Andrea chino sulla scrivania del salotto, con gli occhiali sul naso, concentrato a lavorare sul progetto di un palazzo che gli dà non poche rogne, tanto che non si accorge della presenza di lei.
Nadia vorrebbe avvicinarsi da dietro e mordergli l’orecchio. Era un gioco che facevano spesso i primi anni: Andrea scoppiava a ridere ed incassava la testa nelle spalle. Aveva i lobi così sensibili. Ma era una tortura dolcissima.
D’un tratto Andrea si gira di scatto.
Lei gli si avvicina con la busta, poi gliela porge con un sorriso. Andrea si volta, prende la busta e fissa Nadia sorpreso.
“Cos’è?” fa alzando le sopracciglia.
“Niente, solo un regalo. Aprilo, dai”. Nadia è raggiante.
“Ma perché?” chiede Andrea, sospettoso. Ha paura di essersi dimenticato una data importante.
“E dai Andre, aprilo! È solo un regalo!”. Alza il tono della voce in modo quasi impercettibile.
Andrea tira fuori la camicia e la guarda.
“Nad, ti sarà costata un casino, non dovevi. Davvero.” è imbarazzato e si sente in colpa perché anche lui ha percepito quella stonatura nel loro violino, ma continua a fare finta di niente.
“Perché non la provi? Dai, ti aiuto!” Nadia continua a emanare gioia inspiegabilmente, come se quella camicia fosse stata creata apposta da un mago per sciogliere il nero grumo d’incertezza nel petto di Andrea e far tornare le cose come prima.
Andrea si toglie il maglione con un gesto rapido che gli scompiglia i capelli. Un ciuffo gli rimane dritto e lo fa assomigliare a un bambino incapace di pettinarsi senza l’aiuto della madre.
Fa per infilare il braccio destro ma già all’altezza della spalla sente che gli stringe.
Prova comunque ad infilare anche il sinistro. Le maniche gli arrivano ben sopra i polsi e sulla schiena la camicia è talmente tesa che con un movimento potrebbe squarciarla.
“Nad, mi sa che è un po’ piccola.” accenna Andrea sottovoce.
“Sciocchezze” – risponde secca lei, riprendendo contatto con la realtà. “Adesso la sistemiamo e vedrai che ti starà una meraviglia.”
Andrea si lascia vestire come un bambino prima di andare a scuola, o uno spaventapasseri privo di vita. Guarda Nadia che gradualmente si irrigidisce mentre tira le maniche della camicia per farle arrivare ai polsi.
“Nad, dai, lascia stare, non vedi che non mi sta?”
“E che cazzo, Andre, vuoi star fermo un attimo? Se non mi fai provare per forza che non ti sta!”
Andrea la fissa immobile e la lascia fare, mentre gli occhi di Nadia si fanno acquosi.
Chiude i bottoni con le mani tremanti e ad ogni asola rinuncia ad Andrea.
La camicia è piccola, non gli sta.
Anche Nadia si sente piccola, e non sa dove stare. Scoppia in un pianto disperato e si accascia a terra tenendosi alle braccia di Andrea, strette nella morbida seta.
Adesso anche Andrea ha capito. Si china per sostenere Nadia e sente qualcosa strapparsi.
Che bello, complimenti!
Bella la storia e magistrale il tono con cui è raccontata.
Grazie Giusi, lo apprezzo molto!
Complimenti Giulia, mi piace molto il tuo modo di scrivere. Entrare dentro il tuo racconto è stato facile e coinvolgente subito dopo le prime righe.
La storia raccontata è originale e forse ci si aspetterebbe un finale diverso ma è proprio il finale a renderla speciale. Brava.
Uno spaccato di vita ben scritto, avvisaglie di crisi coniugale rese molto bene. Mi piace l’estremo tentativo di Nadia che non si vuole arrendere all’inevitabile, reso benissimo con il non voler accettare che la camicia è chiaramente piccola. Brava Giulia.
Complimenti Giulia! Mi è piaciuto molto tutto il racconto, ma in particolare il finale: una camicia costosa, ma stretta ed è inutile abbottonarla ed ignorare il fatto che stringa, l’unico risultato è che si strappa. La scena è metafora dei mille sentimenti dei protagonisti. Mi ha fatto anche pensare che Giulia non ha indovinato la taglia, perché ormai non lo conosce più… Hai inoltre una scrittura piacevole e scorrevole!
Grazie Paolo, Pasqualina e Silvia. Sono contenta che oltre alla storia in sé abbiate notato diversi dettagli che speravo aiutassero a rendere più profondo il racconto.
Bella l’idea e bella la scrittura. Pieno di anticipazioni e segnali: la macchina che avrebbe voluto tenere per sempre, le camicie nel negozio da riordinare, i tentativi di tenere insieme una relazione ormai troppo stretta, fino allo strappo finale. Brava!
Lo strappo finale è la metafora perfetta di questo amore finito. Bello.
Ciao Giulia, lo trovo un bel racconto nel suo tentativo (riuscito, e non è facile) di sintetizzare la fine di un amore avvalendosi di pochi elementi. Quello della camicia è un espediente davvero azzeccato a mio parere. Bello anche il tuo modo di scrivere, lucido, diretto. Nel finale, con quello strappo, io credo che non avresti potuto riuscire meglio. Felice di gareggiare con te, in bocca al lupo!
Grazie Luca e grazie Valentina!
Raccontare la consapevolezza della fine di un amore attraverso una camicia. Bella idea. Racconto che si legge d’un fiato grazie a una scrittura agile e piacevole. Complimenti.