Premio Racconti per Corti 2020 “Bonjour…” di Anna Rosa Perrone
Categoria: Premio Racconti per Corti 2020Tutto scorreva tranquillo, a quell’ora gli abitanti del paese erano già rincasati e dormivano sotto una leggera coltre di lana, il calendario scandiva la fine di ottobre ma le piogge e le temperature rigide tardavano ancora ad arrivare. Luigi Manna guardiano dello storico arsenale militare della città aveva preso servizio alle otto di sera. Dalla sua guardiola doveva sorvegliare i due cancelli di ingresso per impedire qualsiasi intrusione di persone non autorizzate: di fatto doveva solo guardare quei dannati cancelli e far passare le ore, era consapevole che nulla sarebbe accaduto, come sempre. Il turno notturno era quello che lui preferiva: di notte, Luigi, si rilassava come fosse sul divano di casa sua e dondolandosi sulla sedia, appoggiava pesantemente i piedi sul davanzale dello sportello di ingresso: finalmente nessuno poteva impedirgli di avere sogni.
Mentre era in questa fase di rilassamento una tensione improvvisa e fuori controllo gli fece perdere l’equilibrio tanto da cadere pesantemente sul pavimento.
Dopo l’iniziale smarrimento, si rimise in piedi aggrappandosi alla robusta teca di mogano nella quale erano riposte a fine orario tutte le chiavi dello stabilimento.
Ognuna aveva una lamina metallica incisa con il numero corrispondente all’Ufficio o all’ Officina ed era riposta nella bacheca in ordine progressivo. Le chiavi oscillando emisero un breve suono.
Luigi vide la sequenza numerica immediatamente interrotta dalla mancanza di una chiave e per un attimo l’immagine della lamina metallica n.2, come in un gioco, diventò dentro i suoi occhi sempre più grande.
Subito dopo si rimise nella consueta posizione: fra qualche ora sarebbe arrivato il suo sostituto e lui doveva essere pronto perché Gavino era il più rompiballe di tutti.
Le quattro ore, passarono in un baleno.
– Luigi, Luigi, svegliati!
Gavino Cossu, il suo collega è già lì, di fianco a lui.
Gli parlava ad alta voce dentro le orecchie, toccando con energia le sue spalle.
Luigi, si alzò dalla sedia, un po’ stralunato, cercando di minimizzare:
– Ho preso sonno per un attimo, e tu …puntualissimo oggi! rispose guardando l’orologio che segnava addirittura le sette e ventotto.
Gavino colse subito l’allusione ai suoi ritardi di qualche minuto, ma fece finta di nulla, decidendo di passare subito all’attacco.
– Hai già preparato il registro per il passaggio delle consegne?
– No, non ancora, del resto non sei appena arrivato?
Per chiudere la discussione, Luigi prese il registro e si preparò, anche quel giorno, a suggellare le due righe, trionfo della monotonia linguistica ministeriale: “controlli effettuati, niente da segnalare”, il tutto seguito dalla data, orario e firma.
Gavino, invece, continuò a mostrarsi irrequieto, come sempre non abbandonava il suo atteggiamento da “sceriffo di merda”, ancor prima di aver timbrato il cartellino d’ingresso.
– Cossu, per caso stanotte, hai guardato alla televisione qualche film da niente… e ti è rimasta l’agitazione?
Te l’ho detto tante volte, niente polizieschi, un consiglio per il tuo bene, guarda cartoni animati, è meglio!
– Posapià, ma… abbiamo visite allo stabilimento?
Luigi che tutti chiamavano Posapiano per la sua strepitosa “calma” mentale e di passo, lo aveva guardato e con noncuranza aveva aggiunto:
– La chiave, vuoi dire?
No… me ne sono accorto poco fa, Nocito deve essere uscito venerdì e sicuramente si è portato la chiave appresso.
– E tu, disse con tono secco il collega, non ti sei neanche preoccupato di controllare se Cosimo Zizzi te l’ha segnalato nel rapporto di fine turno!
– Veramente…
– Ma lo hai controllato o no?
– No, non l’ho controllato, rispose Luigi, non lo facciamo mai.
Se c’è qualcosa che non va, o qualche rottura di balle in vista, ci si avvisa a voce e Cosimo quando mi ha passato le consegne, te lo posso giurare, non mi ha detto nulla!
– E tu ovviamente, puntualizzò Gavino, non hai notato, in quel momento, se le chiavi c’erano tutte! Il tuo culo di piombo e la schiena di legno hanno fatto il resto!
Ci metto la mano sul fuoco, quando ti sei accorto che ne mancava una, non ti sei preoccupato neanche di guardare se per caso fosse finita da qualche parte, magari qui dentro, o mi sbaglio?
Luigi constatò che Gavino voleva proprio fare lo stronzo come e più del solito.
Ora doveva per forza scarabocchiare qualcosa sull’accaduto, verificare dove fosse finita la “santissima chiave” e che l’Ufficio fosse chiuso per davvero, prima di potersene andare.
Luigi percorse il viale verso la Direzione del suo solito passo…
Il portone, dopo il giro di chiave e la pressione della sua mano, emise un breve cigolio, aprendosi verso il corridoio, completamente buio.
Luigi entrò nell’edificio e riattivò l’interruttore generale che si trovava proprio all’ingresso.
La luce si accese.
Con calma si avvicinò all’ufficio aperto dalla chiave numero 2, quello del suo vicedirettore Nocito
La porta era socchiusa.
Luigi spalancò la porta, entrò nella stanza: dentro l’Ufficio, il pavimento di graniglia tappezzato di documenti caduti alla rinfusa, la poltrona riversa su un lato, ma non prestò più di un’occhiata distratta.Stava preparandosi a uscire dall’ufficio quando …
Se un occhio indiscreto fosse stato presente in quell’attimo, avrebbe potuto vedere Posapiano girarsi lentamente e subito dopo, come fulminato da una scossa elettrica, schizzare fuori dall’edificio urlando e chiamando disperatamente aiuto.
Luigi percorse, nello spazio di un fiato, il tratto che lo separava dalla guardiola.
Gavino Cossu, sentendo le urla, uscì nel piazzale antistante, non credeva ai suoi occhi: Posapiano aveva le micce ai piedi e al culo!!
-Ru … ansima Luigi, l’ufficio… era aperto … e, c’è qualcosa, qualcosa dentro!
-Qualcosa? Come qualcosa?
-Si, per terra, immobile!
-Ma non farmi ridere …
-Gavino smettila, la vista ce l’ho buona, se ti dico …
-E va bene, c’è qualcosa, e di che natura sarebbe questa entità? Almeno glielo hai detto alto là prima di scappare?
-Non fare lo stronzo, mi vedi… sono letteralmente cagato dalla paura!
-Posapià, ma sei sicuro di essere sveglio?
-Ma come cazzo te lo devo dire…
La porta era accostata, nella serratura non penzolava nessuna chiave, sono entrato, tutto un casino per terra e dietro la scrivania mi è sembrato di scorgere il corpo di un uomo disteso per terra e decisamente morto.
– Luigi, calmati! Cerchiamo di ragionare …
-Oh Gavino, ma quale ragionamento!
Dobbiamo avvisare subito il Direttore e pensare a cosa dire.
Il mattino anticipava l’augurio di una buona giornata.
Costanzo Benci, mentre assaporava il caffè, in piedi di fronte alla finestra di cucina, scrutava dai vetri, il sole ancora timido, che riusciva a incunearsi fra i palazzi del suo condominio.
Eh sì … una lunga camminata in campagna era la cosa che più desiderava, quando non era al lavoro.
Il trillo del telefono, sempre più insistente, fece precipitare i suoi pensieri sul fondo di una tazzina ormai vuota.
-Pronto, chi parla?
Dopo qualche attimo sentì una voce roca rischiararsi e uscire dalla cornetta.
-Buongiorno Direttore, sono Gavino Cossu, il guardiano…
Chiamo dallo stabilimento, c’è un problema, un grosso problema…
Costanzo appoggiando la cornetta del telefono sperava di non essere sveglio…
Rimase immobile, desiderando di essere preda di un incubo, spaventato come dopo un risveglio nel quale la barriera della realtà tarda a frapporsi ad un orribile sogno.
Si fermò qualche attimo a riflettere.
Capiva solo una cosa, doveva andare allo stabilimento, eppure di fretta, per verificare cosa avessero combinato quella mattina e doveva prepararsi a parare i glutei…
Non doveva emergere nessuna negligenza o peggio.
– “Dunque Direttore mi riassuma i fatti”.
Il maresciallo dei Carabinieri Michele Fancello, seduto nella sala di rappresentanza dello stabilimento, quartiere generale delle indagini, scandiva sistematicamente una sequela di domande, in attesa dell’arrivo del magistrato e della polizia scientifica.
Nella stanza illuminata dai faretti della controsoffittatura, come in una bella giornata di sole estivo, l’appuntato Quartu seduto di fianco a lui, dietro un monumentale e severo tavolo, ascoltava e verbalizzava, battendo con forza i tasti di un computer portatile, neanche stesse utilizzando una vecchia macchina da scrivere Olivetti.
Sulle pareti della stanza, di un bianco tendente all’avorio, erano appese, incorniciate, le foto storiche dello stabilimento e addirittura una risalente all’ultimo re d’Italia nel giorno dell’inaugurazione.
– A che ora è stato avvisato del ritrovamento del corpo senza vita del Comandante Nocito?
– da chi?
-Quante persone erano presenti all’interno della struttura?
– A che ora ha constatato personalmente l’accaduto?
– Ha toccato involontariamente qualcosa nella stanza? E ancora: cosa sa dirmi del Comandante Nocito?
La domanda ogni tanto faceva da ritornello alla sua testimonianza giurata.
-Senta per quanto riguarda il povero Nocito, è stato trasferito qui da due anni, rispose il Direttore, fissando con sguardo incerto gli occhi del maresciallo.
La mia conoscenza di servizio, è molto parziale, relativa esclusivamente al nostro rapporto di lavoro.
Stamattina contestualmente ho denunciato l’accaduto al Ministero e attendo disposizioni dettagliate su come procedere fintanto che verrà nominata la Commissione interna sull’incidente, ovviamente sono a vostra completa disposizione, come dovuto, per quanto riguarda le vostre indagini.
Ecco sia davvero a disposizione dicendo tutto quello che può essere utile!
Costanzo aveva stretto le labbra, in un malcelato motto di stizza, e aveva subito aggiunto:
– Alle volte, creava qualche problema, ma minuscole cose…
– Ad esempio? lo incalzò il Commissario alzando la voce
-Ma…, Aveva reso l’organizzazione dei permessi d’ingresso e uscita delle Ditte che lavorano in appalto nello stabilimento un po’, come dire, contorta, applicando cavillosamente alcune norme del regolamento militare che, peraltro, non sono applicate da nessuna parte. Sa, i guardiani, erano quelli più in difficoltà nell’ applicazione di quelle regole…, ma appunto fesserie.
-E con i dipendenti in generale come erano i rapporti?
-Ma, cordiali e molto formali, come richiede il ruolo rispose Costanzo Benci mostrando
una contrattura delle mandibole
Era una persona per così dire…un po’ rigida, per il resto un ottimo elemento, sempre ligio agli orari.
– Ecco bene, mi dica, Nocito aveva l’abitudine trattenersi oltre l’orario?
-Ma di solito no, comunque quando ci siamo salutati, venerdì alle 13.00, non mi ha prospettato alcuna necessità, ritengo si tratti di un tragico incidente.
-Beh, caro direttore, al momento noi non siamo proprio in grado di escludere nulla!
Costanzo Benci a quelle parole non riuscì a celare il suo sconforto deglutendo rumorosamente la poca saliva rimastagli in bocca.
Stia tranquillo, capiamo la situazione, l’importanza dell’immagine dello stabilimento, la necessità di evitare che le chiacchere nel paese generino facili e pericolose congetture. Con la giornata di domani cercheremo di effettuare tutti i rilievi e delimitare solo l’ufficio del Comandante Nocito.
Non possiamo certo dare una mano a chi approfitta di ogni situazione per tentare di smantellare tutto ciò che è targato “Difesa e Sicurezza Nazionale”.
Ne sappiamo qualcosa anche noi dell’Arma!
I processi sommari sulla carta stampata di questi tempi non sono lesinati a nessuno!
Il Direttore prese finalmente fiato, rincuorato da queste ultime parole che rivelavano per la prima volta un comune interesse.
Un’ultima cosa, ma… non ha proprio idea del motivo per cui il Comandante Nocito, si trovasse ancora nel suo ufficio?
Il maresciallo Michele Fancello, nella solitudine della sua camera da letto, cercava di prender sonno.
Si era tolto gli abiti coricandosi completamente nudo, pensando che il fresco delle lenzuola avrebbe lenito la stanchezza e il sonno lo avrebbe ristorato, traghettandolo al giorno seguente.
Morfeo, per contro, mostrava rifiuto a quella naturale congiunzione e il letto, vittima di quei continui tentativi, presentava tutti i segni del supplizio.
Ancora non poteva dirsi tranquillo…
Sebbene fosse riuscito, in una settimana di lavoro matto e compulsivo, a interrogare quasi tutti i dipendenti c’era ancora molto da fare.
Questo pensiero fisso continuava ad angosciarlo perché su questa storia non aveva ancora maturato un’idea precisa e, nonostante le tante ripetute testimonianze, non poteva certo dire di avere un quadro più chiaro della situazione.
Nulla era certo ad eccezione del fatto che Nocito fosse morto fra il venerdì e il sabato.
Quella storia ai suoi occhi appariva connotata dall’aggettivo “troppo”, scritto a caratteri cubitali e pure in grassetto.
Troppa inefficienza nel sistema di sorveglianza dello stabilimento, troppe persone, per non dire tutti, che non avevano notato Nocito uscire dallo stabilimento o prolungare il suo orario di lavoro dentro l’ufficio, come se ognuno in quel luogo pensasse solo agli affari propri.
Nonostante i “buonanima” e i “povero Nocito”, sentito pronunciare, con il tono grave richiesto dalla circostanza dalle labbra di tutti i testimoni, man mano che le deposizioni si erano accumulate sul suo tavolo, ben aveva capito che il Vice era proprio il caratteristico “capo” che per sentire il peso dei suoi gradi doveva fare lo stronzo almeno una volta al giorno.
Ma qualcuno poteva aver maturato, per semplici schermaglie quotidiane, un rancore tale da arrivare a troncargli l‘osso del collo?
La telefonata era arrivata di buon mattino, Quartu sollevando la cornetta aveva sentito la voce del Procuratore che chiedeva urgentemente di parlare con il Maresciallo Fancello.
-Pronto, buongiorno Procuratore ci sono novità? disse Fancello con la voce infiacchita da una notte insonne, ah capisco, bene…finalmente l’esito dell’autopsia e delle analisi della scientifica sono concluse, bene, bene, disse fra sé, guardando perplesso la cornetta del telefono prima di riporla sull’apparecchio.
Quartu dalla sua scrivania lo fissava, pensando che il Maresciallo avrebbe subito chiarito con lui tutti i dettagli della telefonata.
Michele Fancello invece, in piedi, fissava un punto indefinito della stanza, continuando a rimanere muto, immerso in mille pensieri.
E allora? chiese Quartu con impazienza, altri interrogatori in vista o sbaracchiamo?
Dentro la guardiola Luigi stava seduto su una sedia inclinata all’indietro.
Attraverso quel vetro, cercava di catturare i raggi di un tiepido sole autunnale, ripensando alle cose accadute molti, molti mesi prima…
La morte di Nocito, le indagini, l’archiviazione del caso dopo gli interrogatori di tutti i dipendenti dello stabilimento, interminabili e inutili.
Più di qualcuno, ma se lo teneva per sé, ancora non aveva capito esattamente la dinamica della disgrazia, fra questi Gavino Cossu che continuava a pensare che fosse impossibile che Nocito si fosse messo in piedi, sopra la sua sedia dirigenziale, a cinque razze e cinque rotelle e fosse caduto in modo così rovinoso da troncarsi l’osso del collo. L’autopsia però non aveva trovato alcun segno inequivocabile di violenza sul corpo dell’Ufficiale e l’esame autoptico aveva invece evidenziato nello stomaco dell’ufficiale la presenza di abbondanti molecole di Levosulpiride.
Si era così scoperto che Nocito era solito assumere quel farmaco, più di una volta al giorno, per lenire le fastidiose vertigini di cui soffriva da qualche tempo.
Cosicché tolto l’impossibile… il caso era stato definitivamente archiviato, sul fascicolo apposto il termine “incidente”, facendo tutti contenti.
Il Ministero per aver dimostrato la sua chiara trasparenza.
La Procura per aver confermato efficienza nella soluzione del caso.
Il Maresciallo Fancello che proprio per aver condotto l’inchiesta in modo “misurato” e senza mettere in evidenza zone oscure, era riuscito ad ottenere la promozione.
Il direttore, ormai in pensione da qualche mese, senza alcuna ombra sulla carriera, che finalmente era riuscito a piagarsi i piedi lungo il sentiero di Santiago di Compostela come aveva promesso a sé stesso se fosse uscito indenne da quella brutta storia.
Il paese che aveva avuto nuovamente la conferma di poter continuare la sua vita tranquilla e sicura abbracciato al suo amato storico stabilimento militare e agli alza e ammaina bandiera che risuonavano in tutte le strade, scandendo i ritmi della sua vita.
Certo sul campo erano caduti Posapiano e Cosimo ma in fondo si trattava solo di ammaccature che non avevano sconvolto le loro vite.
La morte di Nocito , le indagini…
Dopo la chiusura del fascicolo da parte della procura, in seguito all’esito dell’autopsia e delle analisi della scientifica anche la relazione ministeriale aveva dichiarato Nocito “morto in servizio e per causa di servizio” che tanto aveva rallegrato i suoi eredi per il lauto indennizzo.
Luigi e Cosimo invece si erano visti piombare sulla testa una sospensione di sei mesi per negligenza grave: Cosimo Zizzi non si era reso conto che Nocito fosse ancora dentro l’Ufficio nel momento in cui aveva chiuso il portone principale, né tanto meno della chiave mancante nella teca.
Luigi Manna, subentrandogli nel turno, pure.
Di più, Manna si era fatto sorprendere, durante le ore di servizio, addormentato da Gavino Cossu ed aveva mostrato resistenza alle sollecitazioni del collega che lo invitava ad effettuare il controllo.
Luigi cercava in quel primo mattino, di catturare con lo sguardo i raggi di un tiepido sole autunnale, le sue labbra increspate in un sorriso vagamente ironico.
Si … Luigi sapeva di aver avuto ragione, tutto era andato nel migliore dei modi.
Era riuscito a scivolare dentro “l’impresa”, con passo leggero, superando gli ostacoli, senza eccessive complicazioni, perché lo sguardo degli altri si era posato su di lui come di fronte ad uno schermo televisivo, nel quale il modesto, incapace Luigi replicava sempre la stessa storia, seguendo quella che tutti ritenevano la sua natura.
Era bastato comportarsi come diretto da quegli sguardi, marginale nella vicenda, distratto e innocuo.
Che gusto invece fregare tutti, Gavino e soprattutto il Direttore che ancora si stava cagando nella divisa!
Quella notte…
Nocito si presenta, alle due da solo e a piedi all’ingresso.
Crede di trovarlo addormentato…
Si avvicina alla guardiola e picchiettando con forza le dita sul vetro gli grida “Bonjour”.
Ride lo stronzo, in modo offensivo e tagliente, vedendolo sobbalzare sulla sedia e cadere…
Gli ordina, come se fosse la cosa più naturale del mondo, la consegna della chiave del portone della Direzione che già quella dell’Ufficio l’ha in tasca.
Luigi si attarda nel trovare la chiave e Nocito inizia a prenderlo in giro e poi a disprezzarlo:
Signor Manna ma la sta stampando la chiave? Piano, faccia piano che io tanto aspetto, già ma lei è Posapiano…
Nocito incomincia le sue solite petulanti discussioni, mentre lui cerca disperatamente di controllare la “forza oscura” che sente impossessarsi di lui, tanto da averne un mancamento…
Il vicedirettore non percepisce nulla, gli urla in modo categorico di dargli le chiavi perché ha dimenticato la borsa in ufficio.
Per un attimo, prima di consegnare la chiave, l’immagine del direttore Costanzo Benci che mai aveva preso posizione in sua difesa neanche quando quelle scenate avvenivano in sua presenza.
Era solo lui, Posapiano, quello in grado di mettere fine alla persecuzione, ne era consapevole.
Ma tutto ciò era accaduto davvero o era frutto di un suo delirio nel quale cercava di trovare soddisfazione ai mille soprusi subiti?
La verità quella sbandierata dalla cronaca o il “sogno” di avere, almeno per una volta nella vita, messo in scacco il suo universo?
Gavino come lui aveva previsto, aveva denunciato la sua negligenza, dichiarando di averlo trovato profondamente addormentato in guardiola, il ritrovamento del cadavere avvenuto solo dopo il suo l’arrivo, perché la sua insistenza aveva costretto Luigi ad andare in Direzione.
Luigi ricordava ancora compiaciuto la sua corsa sfrenata, le grida di aiuto disperate lungo il viale, il balbettare confuso e tremante, lo stupore di Gavino, la cantilena di fronte al cadavere, tanto da impedire a Gavino di pensare, di rientrare velocemente fra i suoi razionali cardini mentali…
E il Direttore che non desiderava altro che mettere un coperchio alla storia, perché ad indagare seriamente qualche magagna dentro gli armadi dello stabilimento la si sarebbe trovata.
Si, ne aveva fatto di strada con il suo passo leggero…
Pensava
la verità è estranea a tutte le cornici
per capire
bisogna saper guardare,
i movimenti repentini,
senza contorni
della polvere …
e sulle sue labbra
un insolito sorriso fioriva …
pensando che
la immagine più nitida
è sempre
quella
meno vera.
Bentornata Anna Rosa! Ho letto molto volentieri il tuo nuovo racconto. Ambientazione e personaggi molto ricchi di particolari, sarebbe bello veder tradotto il tutto in un corto, anche solo per leggere sul volto di un intraprendente attore il sorrisetto finale e soddisfatto di Posapiano ;).
Mi associo al bentornata! Un’altra bella storia fra autorità e burocrazia, grette ambizioni e ritagli di potere. E un impiegato che sonnecchia come “un borghese piccolo piccolo”. Bellissima e un po’ gattopardesca la chiosa finale. Brava!
C’è molta della peggiore Italia in questo soggetto: pigrizia, furbizia, prepotenza e altro ancora, ma sempre in negativo. E non vedo luci di speranza. Lo trovo scritto con efficacia, è abbastanza semplice da girare anche se forse, per essere realizzato in un solo giorno come si tende a fare nel concorso, c’è troppo materiale e troppe necessità, tipo le diverse location necessarie. Ma queste considerazioni nulla tolgono all’amarezza ironica della storia, che riporta a Tomasi di Lampedusa, è vero, e, secondo me, anche un poco a Sciascia. Chi sa perché tutta Sicilia (e io sono di Palermo). In bocca al lupo!
Grazie a Silvia, Marco e Ugo per i commenti che mi hanno davvero riempito il cuore.
Cara Anna Rosa, non so se il tuo racconto possa essere realizzato come corto. In ogni caso te lo auguro perchè è ben scritto, affronti tematiche interessanti e il finale… una vera sorpresa.
Ingegnoso e piacevole, si legge bene. Mi piace.
Ambientazione e personaggi riccamente descritti, concordo appieno col commento di Silvia Schiavo.
Trovo che sia un racconto di buon livello e assai ben costruito, ma nasconde, qua e là, qualche piccola sbavatura e un intervento di editing lo renderebbe ancora migliore.
Anche un più accorto utilizzo della spaziatura interlineare accrescerebbe leggibilità e comprensione nei cambi di registri fra i diversi personaggi.
Ho trovato qualche incongruenza. Perché, ad esempio, concludere con quel “ne aveva fatto di strada con il suo passo leggero…” (espressione squisita, per carità!), se alla fin fine “Dentro la guardiola Luigi stava seduto su una sedia inclinata all’indietro” esattamente come prima?
Forse forse, anche quel “Bonjour” (che poi origina il titolo), proposto come saluto di Nocito, potrebbe sembrare un po’ calato a forza, un po’ fiacco rispetto a tutto il resto… o forse no…
Spero che tu non me ne voglia se ho riferito senza infingimenti le mie impressioni di lettura, ma credo che ne valeva la pena, perché la trama mi è piaciuta davvero e il tessuto narrativo complessivo rivela ottime doti di creatività e di scrittura.