Premio Racconti nella Rete 2020 “Matera” di Pasqualina Lombardi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020Era un venerdì di fine settembre 2019 e la mattina presto, accompagnata da mio figlio andavo felice a prendere il pullman che mi avrebbe portato in vacanza per tre giorni a Matera. Avevo ricevuto l’invito da una mia amica; se così si può definire una persona che incontri per caso a un’altra gita e quei pochi momenti che ci stai insieme sono sufficienti per far nascere fra te e lei quella simpatia e anche quel rispetto unito a un certo apprezzamento (condiviso da ambedue le parti, altrimenti forse non funzionerebbe).
L’appuntamento era alle 6,00 in un ampio parcheggio di un super mercato a Lastra a Signa, e causa l’ora legale la luce del giorno ancora si faceva attendere. Quando si parte per una vacanza siamo sempre euforici e curiosi. E io lo ero molto. Sia perché avevo sentito parlare di questa città da diverse persone e poi ancor di più a causa di alcuni clienti del nostro ristorante che ormai da qualche anno organizzavano proprio con noi “il pranzo dei lucani in toscana” In occasione di questo ritrovo sempre piacevole e molto sentito da parte di tutti i partecipanti, gli organizzatori attaccavano poster e fotografie per rendere la serata piacevole ai commensali e per far apprezzare ancora di più quella terra ostile nei loro confronti (perché avevano dovuto lasciarla e cercarsi un lavoro in un altra città) ma non per questo non gli era rimasto nel cuore l’amore e la nostalgia per quell’aria e quelle case ammassate una accanto all’altra fra pietre e sassi, contornate dal niente.
Case, chiese, miseria, terra arida e tanta voglia di andare a cercare un posto dove poter vivere più decentemente. Ed eccoli qui, molte famiglie che si erano ritrovate a vivere nella cittadina di Empoli e paesi limitrofi. Allora perché non ritrovarsi almeno una volta all’anno per parlare, rivedersi e mangiare tutti insieme i sapori e le pietanze delle loro origini? Ed ecco che da Matera arrivavano deliziose soprassate, peperoni cruschi, baccalà, vino e di certo non poteva mancare il famoso e squisito pane, e tanto meno le bottiglie dell’amaro lucano! Matera poi quest’anno era la capitale della cultura! E questa notizia già si era confermata con piacere da qualche anno nei cuori speranzosi dei “lucani in toscana”.
Credo che sia stato proprio grazie a loro, alle loro parole e ai loro poster che già in me era nato il desiderio pi poter visitare questa città così particolare per la sua conosciuta miseria, in tutto il mondo; ma anche ber apprezzata e ammirata per le sue crude e rurali bellezze. Nella mia valigia, qualche maglia e un paio di scarpe per affrontare (se mai ci fossero state) le prime giornate di pioggia o di freddo. Ma l’abbigliamento della partenza di sicuro si basava molto sull’estivo; visto che un fine settembre caldo come questo ci faceva quasi pensare di essere ancora in piena estate. Le sbarre del supermercato erano abbassate, e come sempre succede in questi casi, cercavamo un gruppetto di persone che come me, sarebbero state ad aspettare il pullman.
Niente di tutto questo. Solo una signora nelle vicinanze della rotonda, e una macchina parcheggiata accanto con un uomo dentro. Mi avvicino e chiedo se aspetta il pullman. Ha confermato, e mi sembra sollevata anche lei come me, che almeno eravamo in due ad aspettare. Poi anche il marito dalla macchina fa un sorriso e ci scambiamo le frasi tipiche” di dove sei’ “come mai sei da sola? “chissà a che ora arriverà” Mio figlio una volta accertato che quello era il punto giusto, mi saluta augurandomi buna vacanza e riparte per fare un servizio nella ditta di N.C.C. dove sta facendo la stagione. Noi passeggiamo su e giù con la valigia, poi il cellulare della signora suona ed è una sua amica che è già a bordo che l’ avverte che stanno per arrivare. Con soddisfazione dopo pochi minuti infatti lo vediamo arrivare. Saliamo. I seggiolini sono tutti occupati e dove ho visto gli unici posti liberi (forse un paio) ho provato a chiedere (è libero?” , ma non avendo ricevuto risposte gradite e ne tanto meno sorrisi di assenso, ho continuato ad andare avanti nello stretto corridoio. Intanto la signora che era salita con me si accomodava accanto a una sua amica che gli aveva lasciato il posto. Incerta sul da farsi, e tanto meno non essendomi informata che numero avevo di posto a sedere, lentamente passo dopo passo mi spostavo verso il fondo del pullman, sentendomi un po a disagio per questa situazione non molto brillante.
Quando dall’ultimo seggiolino in fondo, un volto amico e una voce gradita mi saluta” ciao Pasqualina vieni qui con noi” era l’amica conosciuta per pochi minuti all’altra gita, e nonché proprio lei che mi aveva invitata ad andare. Con vero piacere ho fatto lentamente altri passi fino all’ultimo seggiolino e ho dato un bacio Penelope (suo nome d’arte, come mi aveva raccontato in occasione del nostro primo incontro) Mi sono accomodata accanto a lei sulla sinistra dell’ampio seggiolino.
Alla destra c’era un signore in pantaloncini estivi, di una certa età come quasi tutti noi . Penelope me lo ha presentato e ci siamo scambiati un saluto. Dopo un “ti rivedo volentieri” e un “come stai?” mi si avvicina all’orecchio e mi dice” il tuo posto sarebbe quello” indicandomi un posto libero a metà corridoio. Io la guardo con l’intesa e la simpatia che senza sapere come, era ormai già consolidata fra noi “ posso stare qui con te? Passando ho già chiesto se era libero… ma non mi hanno degnato ne di uno sguardo e ne di una risposta” Ci siamo messe a ridere e Penelope ha scosso anche un po’ la testa. Poi io ho aggiunto che ero ben felice di stare lì in sua compagnia, e tra l’altro ho aggiunto che nel seggiolino in fondo di solito ci stanno i ragazzini giovani … invece stavolta era toccato a noi tre, molto adulti, però visto che andavamo in vacanza, potevamo permetterci anche il lusso di cercare di fare i ragazzi. Piano piano lei che faceva un po parte degli organizzatori, mi dava notizie degli altri viaggiatori. C’erano quelli che definiva “simpatici” e quelli che storceva un po la bocca ( ma tanto eravamo gli ultimi della fila e potevamo fare e dire ciò che volevamo, nessuno ci controllava) Penelope parlava e rideva; domandava notizie di dove eravamo arrivati a un signore seduto al primo seggiolino davanti a noi sulla sinistra ( dalla parte destra invece c’erano le scalette per scendere e salire).
Lo chiamava per cognome, come per cognome chiamava un altro simpatico personaggio che presentandomelo da lontano come tutti gli altri mi aveva detto che faceva il commercialista. Io e Penelope parlavamo in sintonia, mentre il passeggero sulla destra, molto alto e robusto se ne stava in silenzio a causa di un mal di stomaco dovuto ai sobbalzamenti del pullman nel prendere delle buche a velocità sostenuta. Poi l’organizzatore ha preso il microfono e ci ha avvertito che la prima fermata sarebbe stata a un certo autogrill, a un tot di km ma noi non saremmo potuti scendere; quella era solo una sosta per cambio autista. La sosta per la colazione e il bisogno dei bagni sarebbe avvenuta a un’altra area di servizio. L’aria incominciava a schiarirsi e il giorno stava sconfiggendo la notte. Il viaggio per Matera sfrecciava nella strada giusta. L’arrivo era previsto per le 15,00 15,30
Boschi di nocciole e castagne ci affiancavano verso l’ora di pranzo prima di raggiungere l’area di servizio nella vallata di Avellino, dove il nostro autista riteneva opportuno fermarsi per la seconda sosta e quindi per il pranzo. Poi partenza. Destinazione Matera, senza altre soste; solo in caso di necessità impellente. Durante il viaggio Penelope aveva scherzato e ci aveva fatto ridere con delle battute simpatiche fra lei e gli altri passeggeri. Si capiva benissimo che si conoscevano da tanto tempo e che erano in buonissimi rapporti. Naturalmente durante il viaggio si era impegnata a sussurrarmi negli orecchi varie informazioni per aiutarmi a conoscerli. Approfittando del fatto che a turno molti venivano a scambiare delle chiacchiere con lei, appena si giravano per tornare al loro posto; lei col suo modo naturale e spigliato di chi si può permettere di dare le giuste informazioni mi bisbigliava i suoi pareri. Non ci ho messo molto neppure io a interagire con gli ali altri passeggeri, e il viaggio procedeva veramente nel migliore dei modi. Anche il signore alla destra, dopo la sosta del pranzo aveva ripreso più partecipazione, e diceva di sentirsi molto meglio. Colline , campagna, campi coltivati ci sfrecciavano accanto. Poi lentamente tutto si è appiattito e una campagna spoglia e brulla, ci offriva il suo pacato e piatto saluto. Immense pianure a dismisura, con delicate colline appena inclinate all’orizzonte, si aprivano al nostro passaggio , con il loro silenzio e il loro immobile colore chiaro. Terra, argilla, sabbia ? Un infinito mare di terra chiara continuava a spalancarsi in silenzio al nostro passaggio. Le pochissime e piccole casine adagiate con delicatezza sui leggeri e spogli pendii, sembravano essere messe lì solo per poter creare un presepe enorme e bizzarro in quella terra dove non esisteva fonte di vita e tanto meno qualche albero o altra cultura. Poi dopo un’interminabile spazio aperto che sfociava nel niente, partendo dai lati della strada a vista d’occhio sia sulla destra che sulla sinistra, abbiamo iniziato a vedere; non alberi come ci saremmo aspettati di vedere, ma pale, tantissime pale eoliche. Da quel terreno spoglio senza un verde sul suo suolo, spuntavano in massa tante pale eoliche. E ancora per chilometri e chilometri ci hanno ornato il passaggio con il loro freddo acciaio e le loro lente braccia spalancate che giravano lentamente. Enormi girasoli d’acciaio o alberi di disegnati da con rami freddi e spogli disegnati da bambini ?Non saprei come definirli.
Malgrado la frastornata meraviglia di trovarli in quelle spoglie terre dove regnava il niente; almeno quelle ci facevano pensare che allora qualche essere umano aveva calpestato e lavorato quei luoghi per mettercele. Solo di rado, si iniziava a vedere dei pezzi di campi coltivati a pomodori. Dove persone trattori e enormi casse di plastica ci riportavano alla realtà. Poi lentamente qualche casa con qualche albero e anche un piccolo vigneto surreale nelle vicinanze. Surreale; perché ti viene da chiederti come fa quel piccolo vigneto a sopravvivere, in quello stesso terreno che per tutta la lunghissima strada che hai percorso tagliandolo in due, lo hai visto spoglio e ancora spoglio nella sua piena e arida nudità. E il pullman silenzioso scorreva nell’immensa pianura , e noi continuavamo a scherzare e dire le nostre impressioni. Tutto compreso però questa terra che ci ricordato molto la nostra maremma ci ha mostrato la sua bellezza asciutta e assolata, deliziandoci la vista con i suoi paesini arroccati e brulli, sempre adagiati in alto come se un artista li avesse messi lì per completare il bizzarro e enorme presepe. La voce dell’autista ci ha interrotto dalle nostre ricerche visive rivolte appunto a scoprire casine e casette nel pulito della campagna e ci ha avvertito che mancava mezz’ora al nostro primo traguardo. Altamura, ci aspettava con una guida che ci avrebbe presentato le bellezze di questa austera cittadina.
Strade strette, con macchine parcheggiate da ambo i lati. E il nostro autista che si accingeva ad entrarci. Noi in silenzio e col fiato sospeso aspettavamo che ci dicesse “non ci passo, non so come fare, se non vengono i vigili a far spostare le macchine” Invece sembrava ristringersi anche il pullman, e girava, e si accingeva a entrare in un’altra strada stretta come quella di prima. Finché arrivati a destinazione l’organizzatore ci ha informati che la guida ci avrebbe presi e portati per un paio di ore a visitare la città e per finire in bellezza, in un panificio per farci degustare le specialità del luogo. Penelope è rimasta nel pullman perché camminare molto le procura dolore alle gambe! Le ho promesso che via via che vedevamo monumenti o altro le avrei inviato delle foto con WhatsApp. Ha gradito molto.
Matera mi è piaciuta. Ma mi ha lasciato dentro anche tanta tristezza. La città si è dimostrata all’altezza del merito che gli hanno conferito. Ma la sua storia, e la sua gente, non fanno parte di una commedia inventata. Quella miseria impregnava davvero i corpi e forse anche le anime. Animali e persone nello stesso spazio ricavato nei sassi, sembra storia del medio evo; invece è lì presente, puoi anche provare a immaginare (credo senza riuscirci, perché qualsiasi essere umano si rifiuta di crederci) come vivevano, come mangiavano, come si vestivano, come non potevano curare i bambini, assistendo passivamente alla loro fine, e anche a una parte di madre e padre che muore per sempre con loro. Quindi da una parte c’è una Matera che oggi è capace di badare a se stessa e alla valanga di turisti che arrivano da tutte le parti del mondo. Il suo aspetto è come il corpo di una bella donna senza trucco. Una donna dalla carnagione chiara, con degli ornamenti che le sbucano fra i capelli. Il suo vestito è serio ma elegante. I suoi gioielli custoditi all’interno fra gli archi del suo corpo, sono capaci di meravigliarti e di stupirti. Guide diplomate, sapori genuini, visioni e panorami senza tempo, come senza tempo è la sua storia nel bene e nel male. Si desidero tornare, per finire di visitare ciò che magari per ragioni di tempo non sono riuscita a vedere e ne a capire.
Desidero tornare, per stare vicino col pensiero e con l’anima a chi lottava con onore e sofferenza incollata sul corpo per cercare di vivere con decorosa compostezza la loro vita. Non c’è niente che possiamo fare, oltre a questo; venire via da Matera con l’animo colmo di rispetto e onore per chi l’ha vissuta quando i sassi erano solo e semplicemente il loro tetto, la loro casa e la stalla per tenere al sicuro i loro animali; indispensabili alla sopravvivenza. Io da semplice scribacchina non ho potuto fare a meno di dedicargli dei miei versi, naturalmente col pensiero rivolto a tutte le stelle che uscendo come lucciole dai sassi, se ne volavano in cielo.
Tornerò a matera, in loro onore.
(un mio omaggio)
LE CORONE
Oggi onorata
sfoggi
l’assegnata corona
meritata
Sconfitte son le spine
che con degrado infame
hanno trafitto
le anime e la storia
Vivi Matera
e al sole chiedi
di porgere
un granello di calore
a quelle stelle
che
dalla ostile miseria
di quel tempo
erano segregate
in una grotta
Onore a te Matera
e alla brillante volta
del tuo cielo
Mi piace il senso di “quotidianità” che il racconto trasmette, il crescendo preciso del viaggio, che inizia nel parcheggio di un supermercato e raggiunge il vissuto e le tradizioni di una terra fragile e fiera.
Brava!