Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Il comandante” di Alfredo Bertuzzi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Era una serata dolce e luminosa, piena di profumi e perfino l’acqua del porto odorava di mare. Solo qualche boccolo di nebbia, coricato sui frangiflutti, rivelava il progredire della stagione.

Eravamo seduti sul ponte e la cena volgeva al termine; l’ora tarda aveva già fatto scendere il silenzio all’intorno ed i lampioni della Darsena proiettavano più ombre che luci.

Sulla banchina prese corpo una figura che procedeva lentamente, guardandosi all’intorno.

Lorena seguì a lungo l’incerto deambulare dell’uomo, mormorando con voce che mi parve contenesse qualche risvolto lugubre:

” Il Comandante!”

Lo conoscevo di fama; era un personaggio leggendario, nella marineria e non solo; capitano di fregata in congedo, successivamente comandante di mercantili, rimorchiatori, navi da crociera. Incalzato dall’età, si era ritirato su quelle piccole motonavi che d’estate portano i turisti a spasso lungo la costa ed alla fine, già vecchio, ma ancora in forze, viveva su di una bella goletta, con cui sbarcava il lunario, facendosi ingaggiare per piccole crociere, però mai, assolutamente, per gite di pesca e questo mi faceva quasi tenerezza.

Colto da ispirazione mi alzai e lo raggiunsi sulla banchina:

” Comandante, ci farebbe l’onore di bere un calice con noi?”

L’uomo, un po’curvo, magro, il viso scavato dal tempo e dal sole, segnato dalle ansie e dalle cure terrene, mi fissò sorpreso. Ai tempi d’oro era stato più che conteso, si diceva anche dalle belle donne, ora probabilmente non interessava più nessuno.

La voce era profonda, leggermente rauca, ma più che per effetto del fumo e delle nebbie di mare, mi pareva fosse una conseguenza di prolungati silenzi.

” Con piacere signor… signor?”

Scattai sull’attenti, visto che sono sempre stato ligio alle formalità, anche quando non necessarie:

” Luciano Accorsi, nocchiero dell’Alexandra. Ai suoi ordini, Comandante”

L’uomo si concesse un sorriso stento e mi seguì lungo la passerella.

Giunto che fu alle draglie mormorò, non dimentico pure lui del cerimoniale:

” Chiedo il permesso di salire a bordo”

Continuando in quella contegnosa parodia, che ci divertiva e ci affascinava, risposi immediatamente:

” Permesso accordato”

Poi rivolto agli astanti, con tono secco:

” Il Comandante sale a bordo”

Ed i commensali, partecipi, si alzarono in piedi. Ponendo piede sul cassero, il Comandante salutò la bandiera e fece cenno agli astanti di sedere.

Lorena mi si accostò: era una bellezza autunnale, ancora quasi indenne dalla minuziosa usura del tempo, verso cui avevo sempre provato desiderio e con cui avrei voluto fermarmi, dopo una vita randagia, anche sentimentalmente; ma la donna aveva il carattere di un violinista magiaro, quindi a volte si dilungava in teneri adagi che però finivano sovente in infernali rapsodie. Mi limiterò a dire che tra noi correva una certa anisotropia ed il nostro rapporto restava ondulante. E così trascorrevamo il tempo in un presente statico, su di una soglia che mai riuscì a trasformarsi in stabilità e su cui io sostavo, ben sapendo che non l’avrebbe oltrepassata mai.

Dolcemente mi sussurrò all’orecchio con la sua voce un po’roca:

” Il Comandante è stato uno degli uomini più in vista della città, per censo, non per reddito, specialmente nel mondo femminile. Ora è vecchio e stanco e nessuno si interessa più di lui, ma correvano anche gustosi aneddoti sulle sue imprese. Pensa che fu per lunghi anni amante di una splendida ereditiera, che però si sposò con qualcun altro, i motivi di tale conversione non sono troppo noti, se non per supposizione e quando, molti anni dopo, si trattò di cresimare la figlia, la signora invitò anche il Comandante. Bene, la ragazza, che sicuramente era a conoscenza del precedente amore, domandò, con candore disarmante, come avesse fatto, la madre, a sposare il padre dopo aver conosciuto il Comandante”

Sorrisi; una prova di più che viviamo in un’epoca di ossessioni più che di passioni.

Aprii lo spumante che emise il suo compito sospiro, quindi riempii il calice del Comandante. L’uomo fissava senza parere le curve morbide, ma ben delineate di Lorena e lei manifestò un attimo di disagio, perché una donna avverte cosa un uomo stia guardando del suo corpo.

La notte scorreva placida nel silenzio, appena rotto dal dolce sciabordio dell’onda che moriva tra gli scafi all’ormeggio. Stavamo taciturni, a sorseggiare quel vino brioso, immersi nei nostri pensieri.

Ruppi il silenzio:

” Su di lei, Comandante, circola un’aneddotica piuttosto vasta”

L’uomo crollò con compostezza il capo:

” Vede Comandante… “

Lo interruppi con garbo:

” La prego, mi chiami Luciano. Qui c’è un unico Comandante, lei!”

L’uomo mi rivolse un sorriso che questa volta dilagò anche nello sguardo:

” Vede Luciano, essere vecchi significa aver dato il tempo di costruire aneddoti su di noi. Però non posso negare che buona parte di quelle dicerie, siano effettivamente fondate sulla realtà”

Il firmamento sopra di noi pareva desolato nel suo nitore:

” Le chiedo troppo, Comandante, di raccontarci quello che lei ritenga essere stato l’evento più significativo della sua vita?”

L’uomo mi fissò un attimo, forse stupito da una richiesta che dovette sembrargli inusuale.

Parlò con voce incerta:

” Risale a molti anni fa… “

Tacque un attimo poi si rinfrancò:

” Ero stato ingaggiato da una compagnia brasiliana per far navigare una nave da crociera di media stazza lungo la costa, facendo la spola tra un porto e l’altro, risalendo per qualche tratto, quando il programma lo prevedeva, uno degli imponenti fiumi che sfociano nell’Oceano”

Il Comandante tacque, forse i suoi occhi tornavano agli illimitati orizzonti e alle spiagge deserte della costa, che si spingeva a perdita d’occhio, interrotta da smisurati estuari, sotto tramonti porpora e oro, in cui l’aria stessa trasmetteva una malinconia inconsolabile:

” Una sera entrammo in un porto non previsto dal programma, spinti dal tempo che andava facendosi severo, mentre il vento già incoronava l’onda di spume. Attraccammo ad una banchina scalcinata, a ridosso di vecchi magazzini e ci disponemmo ad aspettare il ritorno del tempo buono. A notte fonda il marconista venne a svegliarmi; la compagnia di navigazione mi ordinava di imbarcare due passeggeri che sarebbero arrivata a breve. E così fu, un uomo e una donna, elegante e con tratto aristocratico lui, selvaggia, misteriosa terribilmente esotica lei, vestita di abiti raffinati, il maquillage senza una sbavatura, ma a cui avrebbe donato di più un perizoma sui lombi dal profilo aristocratico e una fascia attorno al seno impertinente”

Il Comandante sospirò:

” Aveva un profumo spumeggiante, di vento che spira da una cascata, di alcova e di fiori misteriosi. Il suo viso poi era fatto di sole nel sorriso e di ombre negli occhi. Li feci accompagnare nella loro cabina ove si ritirarono. La notte fu tempestosa, tuoni, fulmini, vento furioso, quindi una pioggia pesante, dritta, che colpiva con violenza il ponte traendone un frastuono infernale. La mattina, come se nulla fosse, il sole sorse limpido all’orizzonte, così riprendemmo la navigazione “

Alla Darsena il silenzio si era fatto assoluto, perfino il mare dormiva nella notte quieta, quasi si fosse assopito al racconto del Comandante:

” Le luci della costa brillavano ancora all’orizzonte, quando udii un timido   bussare alla porta della mia cabina. Era la passeggera, bella della bellezza che si raggiunge alle soglie della maturità, il labbro tumido tremante d’ansia, che scopriva i denti bianchi, appena dischiusi. Si infilò rapida tra il battente semiaperto e serrò ansimando la porta alle sue spalle. Freneticamente mi supplicò di nasconderla, per salvarla dall’orribile destino che l’attendeva”

Il Comandante ristette un attimo, quindi si guardò intorno, come smarrito ed io approfittai per riempirgli il calice, ma lui parve non accorgersene. Sicuramente innanzi ai suoi occhi c’era la bella passeggera dalla pelle olivastra, invitante e liscia, addossata alla parte della cabina.

La sua voce si levò quasi monocorde:

” A tutta prima pensai ad un’invasata, di quelle che hanno sempre vivo il desiderio di piacere e che facesse ricorso ad una teatralità scontata, ma lei si affrettò a raccontare una storia dai contorni drammatici. In pratica, l’uomo azzimato ed elegante che l’accompagnava, l’aveva comprata in qualche sordido luogo della costa da genitori snaturati, ma sovente la fame spinge a gesti contro natura e la portava là dove avrebbe potuto impunemente trarre profitto dal proprio investimento. E mi supplicava, piangeva, mi si stringeva spasmodicamente contro ed io restavo lì immoto, inebriato dal suo profumo e dal calore del suo contatto, lottando contro un desiderio imperioso che mi sorgeva dentro. Quando mi stampò sulle labbra un bacio ardente, la decisione sorse immediata. La chiusi nella mia cabina e salii frettolosamente in plancia, ordinando all’ufficiale di guardia di invertire la rotta, adducendo un ordine della Compagnia”

Una carezza di vento passò lieve sul ponte e gli astanti si strinsero nelle giacche, ma fu solo un attimo, quasi la frescura delle notti tropicali fosse arrivata fino a noi.

Solo il Comandante parve non accorgersene, immerso com’era nella sua introspezione.

Lontano, sul mare buio, la luce solitaria di un natante che si dirigeva lentamente al porto:

” Appena toccata terra, radunai un po’di bagaglio e sbarcammo, allontanandoci rapidamente dalla nave. Non sapevo dove mi sarei diretto, quel che contava in quel momento era porre la maggior distanza tra noi e il suo lenone.

Dopo molto peregrinare trovammo rifugio in un paese poco lontano dalla costa, a cui si giungeva per un’unica strada che lì finiva. Era una località sperduta, da morte civile, ma ritenevo che offrisse garanzie di anonimato, poiché in quei luoghi nessuno chiede chi sei”

La notte avanzava col suo passo di velluto e le stelle si muovevano impassibili nel grande quadrante del cielo, mentre attorno il sonno pesava su tutte le cose. Io ed i miei ospiti eravamo ben attenti alle parole sussurrate dal Comandante e ci pareva di respirare la polvere che copriva le strade di quella desolata provincia brasiliana:

” Col tempo cominciai a cogliere segni di insofferenza nello sguardo e nei gesti di Gabriela. Quella vita non era per lei, ma dovevo ancora studiare come uscire dal paese non visto, poiché davo per scontato che il suo accompagnatore non si sarebbe rassegnato facilmente alla scomparsa di lei. Nel frattempo vivevamo una passione torrida e irrefrenabile, ospiti della catapecchia che si fregiava del pomposo e usurpato titolo di Albergo. Ma dipanata la sensualità, sedata la passione, vedevo sempre l’irrequietezza negli occhi di Gabriela. Non credevo sognasse altre avventure, solamente che le pesasse vivere in quella località sperduta, mentre, con ogni probabilità, si era prefigurata una vita ben più mondana e agiata, fatta di locali, feste, divertimenti.  Così diventava sempre più spesso lamentosa e malinconica e fui quasi costretto a prendere in considerazione il ritorno in Italia. Sia chiaro, nulla formalmente me lo impediva, ma temevo qualche trappola agli aeroporti, ai luoghi d’imbarco, tesa da un uomo che immaginavo ancora sulle tracce di lei, intesa solamente come fonte di reddito. Così, un bel giorno, mi decisi a salire scopertamente sull’aereo per l’Italia, con scalo a Lisbona e successiva coincidenza per Roma. Nella capitale portoghese Gabriela si allontanò per ingannare l’attesa al bar, però io preferii restare nell’atrio passeggeri a bada dei bagagli”

Il Comandante fissò con sguardo sognante il cielo che andava impercettibilmente

sbiadendo, quasi l’alito fresco che si era levato dal mare fosse apportatore di luce. Tutti gli occhi erano fissi su di lui, tanto il racconto ci avvinceva e che già immaginavamo finisse romanticamente tra le rovine eterne di Roma.

Il Comandante si schiarì la voce da quel nodo che forse non era solo nostalgia:

” Non l’ho rivista mai più e quando andai ad aprire i suoi bagagli, in cerca di qualche indizio, certo, l’avrei inseguita in capo al mondo, constatai che erano vuoti”

Il sole si levò silenzioso dal mare ed in un attimo l’aria smarrì la frescura della notte. La luce riflessa sull’acqua tremolava al brivido dell’onda ed il cielo si colorava rapidamente.

Con passo stanco, forse ancora frastornato dal ricordo di quel passato doloroso e tuttavia dolce di gioventù, accennando un saluto, il Comandante sbarcò.

       

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2 commenti »

  1. Profumo di mare e di ricordi: un vecchio Capitano con tante storie da raccontare. Mi è piaciuto “ ascoltare” il suo segreto, lasciandomi cullare dalle onde.

  2. Una delizia di racconto, cesellato con pregevolissimo uso del linguaggio più nobile e “pensato”, pescando accuratamente ogni parola da un nutrito cesto terminologico di cui l’autore mostra di disporre con indubbia padronanza. Un risultato di minuziosi accostamenti che si fa apprezzare per il gusto e la ricercatezza estetica, quasi fosse un mosaico magico, ricostruito per divina ispirazione. Sublime!

    E dopo tanta, spocchiosa critica da letterato un po’ “parruccone”, a cui mi sono vergognosamente abbandonato, voglio dirti semplicemente che mi è piaciuto molto; ho passato un paio d’ore abbondanti di godimento.
    Ho preso appunti incontrando “qualche boccolo di nebbia coricato sui frangiflutti”, quando lo spumante aperto “emise il suo compito sospiro”, quando “la notte avanzava col suo passo di velluto”, e tante altre volte. Ma ho inarcato un sopracciglio per i “due passeggeri che sarebbero arrivata a breve” (^_^)
    Un racconto matrioska.
    Complimenti, anche per quel paio di punti-e-virgola: vederne in giro ogni tanto, dà sempre un po’ di gioia!

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