Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Abbi cura di…” di Liliana Mianulli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

«Chissà per quale dannato motivo non abbiano dato dei nomi a queste stradine!» pensò contrariata.

Camminò per 10 minuti, confusa e stordita dal tipico odore pungente e nauseante, prima di riconoscere il varco che conduceva a quella che definivano “la parte nuova”.
Separate solo da quel muro, l’una costruita almeno 200 anni prima e l’altra probabilmente negli anni 90, sebbene così diverse da un punto di vista architettonico, erano spaventosamente identiche per la capacità di trasmettere quelle emozioni di inquietudine e serenità allo stesso tempo. Un luogo fatto apposta per farti perdere, angosciare e prendere a sberle la coscienza.

Gli eccessi erano ovunque: il cattivo gusto e l’inutile sfarzo sembravano diventati di moda e dimostrativi di chissà quale status sociale, pensò sgomenta davanti a un angelo in pietra, in fuga dalle fiamme.
Camminò ancora per una manciata di metri, lungo il muro perimetrale, e si fermò all’angolo.
Poi, si avvicinò al torrione di marmo e toccò la fotografia in bianco e nero, con la delicatezza che si riserva al posto più profondo dell’anima.

La ritraeva all’età di circa trent’anni, bellissima, i capelli semi raccolti, gli occhi intensi, un rossetto scuro e la sua tipica espressione fiera. Aveva una grazia innata e le rughe sul viso, ai lati degli occhi e della bocca, la rendevano ancora più bella.

«Perdonami se non sono mai venuta» iniziò «Non sarei venuta neanche oggi, se non fosse stato per questa cosa.
Mi mette una tristezza talmente profonda questo posto che mi sembra di oltraggiare il tuo sorriso». Rimase assorta in quel silenzio surreale qualche istante, prima di prendere i fiori e sistemarli nel vasetto color ruggine.

«È così strano trovarti qui. Qui e non a casa. Eri tutto quello che avevo.
Tutto quello che avevo.» ribadì seria.

«Ho conservato il tuo scialle preferito e non l’ho mai lavato, sai? So che è stupido ma l’ho lasciato in un cassetto e quando mi sembra di toccare il fondo, lo prendo, me lo avvolgo attorno alle spalle e il tuo odore mi abbraccia. È successo tutto così velocemente che non ricordo quando ci sei finita qui» disse con un fil di voce guardandosi attorno.

«Continuano tutti a ripetermi che sono come te: il tuo stesso carattere, la tua caparbietà e il tuo stesso coraggio. Dicono.

Io, invece, non mi sono mai sentita così priva di coraggio, sola e senza forze come adesso! Mi guardo e non mi riconosco, mi sento lontana da quello che ero, da quello in cui credevo, da quello che tu mi hai insegnato, da tutto quello che avresti voluto per me e da tutto quello che avevamo immaginato.

Mi sento talmente satura da sentirmi esplodere e allo stesso tempo… vuota. Così vuota da sentirmi circondata dall’abisso, sfinita. E tu sai cosa intendo.

Tu l’avresti capito anche solo guardandomi.
Invece… Invece, adesso, sembra che nessuno sappia ascoltarmi.
Sembra che nessuno mi veda. Sembra che non ci sia più nulla da dire né da ascoltare e io non ho più neanche voglia di parlare e farmi capire ma ho solo voglia di piangere. Solo piangere.
Io, il coraggio di guardarti in questa scatola, non ce l’ho mai avuto e non ce l’ho neanche adesso!» sussurrò.

«L’ho portata. È il momento giusto.» disse strofinando il dorso della mano sul viso per asciugare le lacrime che le avevano inondato e arrossato gli occhi.
Si sedette sul gradino sotto, di spalle alla foto, estrasse una lettera ingiallita dalla borsa di cuoio, la aprì con le mani tremanti e iniziò a leggere.

«Mia adorata bambina, il momento è arrivato.
Quante volte ho scritto questa lettera e quante volte l’ho strappata, convinta che nessuna parola, seppure ben scelta, avrebbe potuto racchiudere l’amore che provo per te.
Ma se sei arrivata a desiderare di leggere queste righe è perché hai bisogno di me più che mai e farò il possibile affinché tu possa sentirmi ancora più vicina di quanto già non sia.

Sai piccola mia, la parte più difficile della vita è quella in cui ti rendi conto che sei arrivata alla fine e non puoi più fare nulla: sei costretta a guardarti dentro e a perdonarti, a lasciare andare e ad accogliere.
Ci si può ignorare per tutta la vita ma, sai, si arriva sempre a quel punto e non si ha scelta.

Fino a quel momento, figlia mia, fa’ tutto quello che è in tuo potere fare per vivere appieno, per sentirti appagata, serena.
Non lasciarti abbattere dalle difficoltà: anche quelle fanno parte della vita ed è la voglia di vivere quella che oggi ti porta qui, da me, a leggere questa lettera.
È il modo che la tua anima ha di dirti che devi ritrovare la forza per reagire!

Quanto sono stata fortunata ad averti!
Curiosa, sensibile e acuta.
Non hai mai preso le sconfitte come battute d’arresto ma sempre stimolo per far meglio anche quando tutto sembrava andare contro i piani, anche quando ti sentivi diversa, strana, sbagliata.

Ti ho vista lottare per i tuoi ideali e cercare le tue verità.
Ti ho vista tante volte aver paura e non è stato semplice educarti all’ audacia senza intromettermi nel tuo cammino e senza condizionare il tuo carattere.
Sono orgogliosa di te per la ragazza che sei e la donna che diventerai!
Non aver paura di perderti figlia mia: nel buio, nelle tempeste, all’ inferno.

La vita è meravigliosa anche per questo, perché scopriamo solo nei momenti di disperazione chi siamo davvero e qual è il nostro scopo ed è solo allora che torna il sole.
Quel sole che coloravamo insieme di entusiasmo quando il mondo degli adulti era per me, che ero sola, duro e faticoso.

Sai tutto quello che ho dovuto affrontare ma quello che non sai è che non ho mai mollato per te, perché meritavi una vita fatta di sorrisi e serenità e, a modo mio certo, ma ho fatto il possibile per essere all’ altezza del compito e ho cercato di darti l’amore nel modo in cui mi avevano insegnato o, se non altro, in quello che ritenevo giusto.
Ho sbagliato tante volte, alcune senza neanche accorgermene, altre, lo ammetto, senza avere il coraggio di chiederti scusa.
Ma il mio unico desiderio era vederti felice e tutto quello che ho fatto aveva questo scopo. Solo questo: vederti felice.

Non aver paura di riscrivere la tua vita se senti che le decisioni che stai vivendo non ti appartengono più.
Se il posto in cui sei non ti dà gioia, va’ altrove.
Se i vestiti che indossi ti stanno troppo stretti o troppo larghi, cambiali.
Se ti sembra di essere sempre allo stesso punto vuol dire che è così ed è arrivato il momento di cambiare.


Immagina di essere ancora quella bambina che, testarda, restava sveglia per ascoltare la fine della fiaba anche se le palpebre erano stanche.
Resta sveglia, riscrivi il finale!
Immagina di essere ancora quella bambina che cadeva e con le ginocchia sbucciate e sanguinanti, tornava a giocare.
Brucerà, alcune volte il dolore sarà atroce, altre così forte da toglierti il respiro ma tu, bambina mia, torna a giocare!

Cerca la dolcezza nelle piccole cose, ringrazia per tutte le cose belle che puoi raccontare e creane di nuove.
Se ti senti confusa e non sai cosa fare, ascoltati: il tuo corpo ti dirà se stai facendo la cosa giusta. Non metterlo a tacere! Non ignorarlo!


Non lasciarti condizionare dai giudizi e dalla cattiveria e circondati solo di persone che sappiano tirar fuori il meglio di te e non la tua parte peggiore, che sappiano sfiorare le tue fragilità e ti offrano il braccio nei momenti difficili.
E se non dovesse esserci nessuno attorno a te, non fermarti comunque. Va’ avanti.
Le troverai quando saprai riconoscerle.

Per me, la felicità è stata sentirti dentro, stringerti tra le braccia e scoprire i tuoi occhi nei miei. È stata la tranquillità della nostra casa, delle nostre risate e delle nostre confidenze. Felicità è stata discutere con te e arrivare a un compromesso e capire che l’amore è l’unica strada e che nessuna gioia ha un senso se non attraversi e non ti lasci attraversare.

Felicità è sapere che stai leggendo questa lettera e che ne comprenderai il significato perché qualunque cosa accada la tua unica salvezza sarà il modo in cui l’affronterai.
E io so che sei in grado di affrontare questa tempesta.

Perché non sei sola. Io sono con te.
Sono dentro di te e ti terrò la mano quando perderai l’equilibrio, ti accarezzerò la fronte quando piangerai nel buio, canterò con te a squarciagola in macchina, quando non potrà sentirci nessun’altro.
Ti guarderò da un posto privilegiato che è quello che hai dentro.

Amore mio, sono in te, ogni istante, in ogni tormento, in ogni debolezza, in ogni successo o sconfitta e in ogni lacrima o risata.
Sarò sempre al tuo fianco perché ti ho dato la parte migliore di me e sono certa che non è andata perduta.

Lascia che veda il mondo ancora attraverso i tuoi bellissimi occhi allegri, fammi sorridere ancora attraverso il tuo sorriso, fammi vivere ancora attraverso te e fallo come avrei fatto io: senza paura di sbagliare, senza paura di fallire, senza paura di piangere.
Ma poi correggi i tuoi errori, cambia i tuoi obiettivi, asciuga le lacrime e sfodera il tuo sorriso più bello e vivi, vivi come non hai mai fatto.

Piccola mia, la vita è meravigliosa e devi darle la possibilità di farti sorprendere ed emozionare.

Vivi per noi due.
Vivi per quelli che non possono più farlo e avrebbero tanto voluto.
Vivi per quelli che verranno perché in te trovino la forza per il futuro.


Non sono andata via.
Non aver paura bambina mia: l’amore è magia.
Anche se non si vede, c’è.

Ti voglio bene,
Mamma»

Le lacrime iniziarono a scendere senza freni e quel posto che tanto detestava, le sembrò un giardino meraviglioso nel quale aveva ricevuto l’abbraccio più intenso di tutta la sua esistenza.
Si accovacciò sulle gambe, come faceva da bambina, e si lasciò coccolare da quell’ abbraccio.
La sentiva dentro, accanto, ovunque.
Adesso sapeva che cosa le avrebbe detto sua madre se fosse stata lì, in carne e ossa.
Riprese fiato e si asciugò il viso.

«Ah signora! Ha trovato la tomba da sola!» esclamò un uomo di mezza statura con i capelli ricci, spiaccicati sulla fronte, andandole incontro con degli arnesi tra le mani.
«Signora va tutto bene?» chiese vedendola così provata.
«Sì, ora sì, grazie.» gli sorrise e poi aggiunse «Ecco. Questa è la nuova frase.» disse porgendogli un bigliettino.
«Vandali! Come si fa a profanare una tomba per rubare le lettere non lo so davvero! In che mondo viviamo!»
«Sa, la prima non piaceva granché neanche a me. E, forse, non sarebbe piaciuta neanche a lei» disse indicando la tomba.
«Abbi cura di…» iniziò quello, leggendo il biglietto e iniziando a mettere in fila sul gradino le lettere di bronzo.
«Abbi cura di te. Abbi cura di me.» continuò lei, aiutandolo a comporre la frase.
«Siamo la nostra storia. Siamo il sangue che ci scorre nelle vene. E siamo anche tutto quello che decidiamo di cambiare.» disse guardando quello sconosciuto con un ritrovato ottimismo.
Poi si girò verso sua madre e disse: «Sono ancora viva mamma. E tornerò a sorridere anche per te.»

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2 commenti »

  1. Liliana, un bellissimo inno alla vita. Brava

  2. Grazie Pasqualina! 🙂

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