Premio Racconti nella Rete 2020 “Goditi la vacanza!” di Laura Mercuri
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020L’uomo sedeva alla scrivania, e quando Luca aprì la porta si affrettò ad invitarlo a entrare.
«Dottor Calenti! Oh, finalmente è arrivato! Venga, venga!»
Il ragazzo vide davanti a sé gli almeno dieci passi che lo dividevano dalla poltroncina posta di fronte alla scrivania, sospirò silenziosamente e cominciò a camminare, con quello che sperava apparisse un sorriso di fiducia e sicurezza dipinto sulla faccia.
«Si è sistemato, in albergo? L’ha trovato di suo gradimento?»
«Certamente, è davvero splendido. Grazie mille».
«Eh, eh, non badiamo a spese per i nostri collaboratori migliori! E comunque è solo una soluzione temporanea, perché presto partirà: il Giappone l’attende!»
«Non vedo l’ora, dottore. Tengo moltissimo a questo progetto».
«E fa bene, fa bene. Ci sono solo alcuni dettagli da mettere a posto e via verso il paese del Sol Levante!»
Luca accentuò il sorriso, non sapendo che altro aggiungere. L’altro annuì ancora, come a se stesso, e poi lo congedò.
«Bene, Calenti, allora ci vediamo la prossima settimana!»
«Non c’è niente che posso fare per dare una mano con gli ultimi dettagli?» disse Luca, alzandosi.
«Per ora qui non può fare niente, ma una volta in Giappone sarà lei al timone della nave! Vada, vada, si goda la città, passeggi, faccia qualche regalo alla famiglia e stia tranquillo!»
«Ehi, ciao! Sei arrivato? Hai già visto il boss?»
«Sì, mi ha detto che manca davvero poco. Solo qualche dettaglio da sistemare, e parto».
«Bene! E dove alloggi?»
«In un fantastico albergo quattro stelle, in centro. Posso mangiare in camera, se voglio, andare alla spa che c’è nel seminterrato, usare la palestra, farmi portare i giornali tutte le mattine e anche la colazione a letto».
«Cavoli! Ti invidio! E devi andare in azienda, domani?»
«Macché, mi ha dato appuntamento alla prossima settimana».
«Quindi ti pagano per andartene in giro e goderti i servizi dell’hotel?»
«Esatto».
«Accidenti, vorrei essere al tuo posto!»
«Be’, in realtà io vorrei seguire il progetto, fare qualcosa, e invece sembra che fino a quando non sarò a Tokyo non potrò fare proprio niente».
«Allora vorrà dire che ti toccherà goderti la vacanza».
«Eh, hai ragione. Ci sentiamo presto, okay?»
«Certo! Sei stato veramente fortunato, lo sai?»
«Sì, lo so».
Luca chiuse la comunicazione, poggiò il cellulare sul comodino e si distese più comodamente, guardando il soffitto dove c’era, esattamente sopra di lui, un rosone di stucco finemente cesellato. Il sorriso che aveva su durante la telefonata era già sparito dalla sua faccia. “È solo che non sono abituato a essere pagato per non fare niente, tutto qui”, pensò. “Devo solo rilassarmi e godermi la vacanza, come dicono tutti”.
Si alzò dal letto, infilò di nuovo le scarpe e il giaccone e uscì dalla porta della sua suite.
«Oh, Calenti, venga, venga! L’aspettavo con ansia!»
«Dottore».
«Si sieda, si sieda. Tutto bene? Le piace la città?».
«Sì, certo. È molto bella».
«Bene, bene».
«Però, ecco, io speravo…»
«Mi dica, mi dica!»
«Speravo di poter fare qualcosa, contribuire…»
«Ah, ma lei è proprio uno stakanovista, eh?» rise l’altro. «Non stia a preoccuparsi, procede tutto a meraviglia, tra poco avrà tra le mani il suo biglietto aereo, e dovrà pensare solo a fare le valigie!»
«E non è possibile sapere, più o meno, tra quanto accadrà, questo?»
«Per ora no, ma sono solo questioni burocratiche, formalità… Guardi, faccia così: la prossima settimana lei chiama la mia segretaria personale, la signorina Giusti, e vedrà che per allora sarà tutto a posto!»
«Dottor Calenti! Mi scusi!»
Luca, richiamato mentre si avviava agli ascensori, si avvicinò al bancone del concierge.
«Dottore, mi perdoni se la disturbo, ma sono costretto a comunicarle che abbiamo dovuto cambiarle stanza. C’è stata una perdita nel bagno, e abbiamo subito chiamato la manutenzione, ma ci vorrà un po’ a sistemare tutto, così ci siamo permessi di spostare le sue cose, che ritroverà tutte in ordine nella stanza 326».
«Ah, capisco. È a un altro piano, vero?»
«Sì, appena sotto all’altro. Speriamo che si trovi comunque a suo agio», rispose l’altro, tendendogli una chiave magnetica.
«Ne sono sicuro», disse Luca, perplesso.
«Ancora niente?»
«Macché. Devo chiamare la sua segretaria, la prossima settimana».
«Ma sono già passati tre mesi!»
«Lo so. Lui sembra tranquillissimo, dice che sono solo questioni burocratiche».
«Allora sarà così. Del resto che interesse avrebbero a pagarti e mantenerti dentro quel mega albergo inutilmente?»
«Certo, infatti. È quello che mi sto ripetendo da settimane».
Luca, in accappatoio e ciabattine, scese con l’ascensore fino al seminterrato, e si diresse all’ingresso della spa. Inserì la sua tessera magnetica nell’apposito sensore, ma invece della solita luce verde, che precedeva l’aprirsi della doppia porta a vetri, si accese una luce rossa. Sul display davanti ai suoi occhi comparve la scritta “Accesso negato”. Stupito, suonò il campanello che serviva a chiamare uno degli inservienti, che arrivò in una manciata di secondi.
«Mi dispiace, signore, ma gli ospiti delle stanze del terzo piano non hanno diritto alla spa», gli spiegò questo, sorridendo come se gli dispiacesse.
«Ah, ho capito», replicò Luca, arrossendo.
Ringraziò l’altro e si voltò di nuovo verso gli ascensori, sentendosi un ladro colto in flagrante.
«Mi scusi, signorina, ma io vorrei parlare direttamente con il dottor Sandri».
«Ho capito, ma non è possibile. Il dottore è in riunione, e non so quanto potrà durare, forse anche fino a notte».
«Mi perdoni, ma è assurdo che io non possa ancora partire! Sono qui da sei mesi! E senza fare niente!»
«Be’, dovrebbe essere contento», rispose l’altra, con una risatina, «non sono in tanti a venire pagati per starsene senza fare niente, in un albergo di lusso!»
«Sì, capisco che lei possa vederla in questo modo, ma io le assicuro che invece vorrei poter fare qualcosa, eccome. Vorrei lavorare, e soprattutto vorrei partire».
«Questo non dipende da me né dal dottor Sandri. Ci sono problemi burocratici da risolvere, ancora. Deve avere pazienza».
Luca salutò e chiuse, tanto che altro avrebbe potuto dire? Stava lì a vegetare da sei mesi, ma lamentarsi sembrava ridicolo, e avrebbe anche potuto mettere in pericolo la sua leadership a capo della squadra che sarebbe partita per il Giappone. No, decise, si sarebbe messo buono e tranquillo e avrebbe aspettato, nel suo angolo, che era comunque un angolo molto confortevole, anche senza spa, e senza servizio in camera, e senza giornali la mattina.
Poteva sempre andare al cinema, dopotutto.
«Certo comincia a sembrare un racconto dell’assurdo, Luca».
«La penso come te».
«Cioè, stai ancora lì senza fare niente! Va be’ che vivi nel lusso, però ormai la tua permanenza lì rasenta il ridicolo».
«Be’, sì, l’albergo è lussuoso, certo, però non sto più nella stessa stanza di quando sono arrivato. Prima mi hanno fatto scendere al piano di sotto per un guasto all’impianto idraulico, e sono andato al terzo, poi si è rotto anche l’impianto elettrico e mi hanno fatto scendere ancora, al secondo piano. Poi è stata la volta della cameriera che ha rovesciato la candeggina sulla moquette, almeno così mi hanno detto, e sono stato spostato di nuovo, al primo piano».
«Quindi ora la tua stanza com’è?»
«Bella, ma molto più piccola. L’armadio non ha le ante a specchio, e già dal passaggio al secondo piano non ho più un salottino».
«Comunque lo stipendio continuano ad accreditartelo, no?»
«Veramente quello di questo mese non è ancora arrivato, ho chiamato l’ufficio paghe e mi hanno detto che c’è stato un intoppo, niente di che, solo un banale errore, ma che avrebbero rimediato entro due settimane, comunque non fa niente. Ho un sacco di soldi, in banca, ho speso pochissimo, da quando sono qui».
«Vedrai che si risolverà tutto, e scommetto che partirai entro il mese prossimo!»
«Sì, certo, ne sono convinto anch’io. Allora ciao».
«Buongiorno, dottor Calenti. Esce a fare una passeggiata?»
«Mm».
«Mi scusi se le faccio perdere tempo, ma volevo dirle che, purtroppo, siamo costretti a chiederle di spostarsi ancora».
«Di nuovo?»
«Eh… Vede, uno dei nostri clienti affezionati, un avvocato che sceglie di essere nostro ospite da più di trent’anni, sta per arrivare in città, e ha, per la stanza che al momento occupa lei, un affetto particolare. Lui occupa sempre quella stanza, sempre, ed è nostra premura fargliela sempre trovare disponibile. Capisco il disagio che le arrechiamo, ma le garantisco che stasera, al suo ritorno, troverà tutte le sue cose nella nuova stanza, qui al piano terra».
«Al piano terra?»
«Sì… Domani inizia un congresso, e abbiamo tutte le altre stanze già prenotate».
«Capisco».
«E, purtroppo, sono davvero spiacente, ma da domani non potrà più usufruire del ristorante. I congressisti lo occuperanno per intero, a pranzo e a cena, e così…»
Luca guardò il concierge, che aveva ancora sulla faccia il sorriso inossidabile che inalberava in ogni momento, qualunque cosa stesse dicendo, e si chiese se per caso l’altro non lo stesse prendendo in giro. Poi si convinse di essere sull’orlo della paranoia, e rispose che sì, certo, non c’era problema: avrebbe mangiato altrove.
«Che significa che non posso più partire?!»
«Dottor Calenti, la prego di mantenere la calma».
«Sono qui da un anno. Un anno! Un anno a non fare niente, ad aspettare! E ora lei mi dice che non parto più? Che il progetto è annullato?!»
«Non è dipeso da noi, mi creda».
«Ma io le credo, dottor Sandri, però si metta nei miei panni: che faccio, adesso?»
L’altro si strinse nelle spalle.
«Purtroppo non so che dirle. Il suo status di collaboratore della nostra azienda era legato al progetto Giappone, cancellato il progetto…».
«…cancellato pure io, giusto?»
«La veda così: si è riposato, ha avuto tanto tempo per pensare. Mandi curriculum, sono certo che non sarà un problema trovare un altro impiego, per un ingegnere del suo talento».
«Ho perso un anno, dottor Sandri. Un anno della mia vita! Buttato!»
«Lei è proprio come tutti i giovani, troppo impaziente! Poteva far tesoro di quest’anno, di questo tempo libero, per fare corsi, migliorare la sua formazione. Se non l’ha fatto non è certo un mio problema, mi consenta!»
Luca salì stancamente i gradini di accesso all’albergo. Davanti al bancone, presidiato dal concierge, trovò le sue valigie.
«Buonasera, dottor Calenti. Spero che la cameriera non abbia dimenticato nulla di suo, nella stanza. In caso, gliela manderemo a qualsiasi indirizzo vorrà. Può scriverlo qui, se lo desidera».
«No, grazie. Sono sicuro che non avrà dimenticato nulla».
«È stato un piacere averla come nostro ospite. Saremo lieti di rivederla, se tornerà in città».
Luca non rispose. Afferrò il trolley, si mise la borsa sulla spalla, e uscì dalle porte automatiche.
Magari sarebbe riuscito a prendere l’ultimo treno.
Laura, il tuo racconto mi ha coinvolto fino a farmi venire l’ansia. Ho pensato che alla fine gli avrebbero chiesto di restituire lo stipendio e pagarsi di tasca propria l’albergo quattro stelle.