Racconti nella Rete 2009 “L’uomo di neve e la stufa di ghisa” di Simone Cossu
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009In un inverno freddissimo, su un ampio prato dimenticato sotto metri di neve, di fronte ad una bassa baita in legno scuro, nacque un morbido uomo di neve. Grosso, composto da una solida base ed un enorme testa sferica, con due bottoni per occhi e una pietra come naso, l’uomo guardava verso le montagne abbracciandole con due rami di abete come braccia, sempre spalancate e nodose. Era proprio bello nella sua postura amichevole, con il suo sorriso disegnato da un dito. Con quel freddo avrebbe vissuto anche diversi mesi. Viveva la sua staticità fiera, guardiano immobile nel silenzio dei cristalli scolpiti; appena cosciente prese subito a cuore la sua missione statuaria.
I raggi delle giornate di sole lo scalfivano poco e li affrontava con orgoglio, mentre le notti godeva della compagnia di luna e stelle, luci mai aggressive sulla sua candida pelle. Nei giorni, di tanto in tanto, cadevano nuovi fiocchi e cambiavano un pò la fisionomia dell’uomo di neve, dandogli una linea meno definita ma sempre di grande impatto. Mentre la sua forma iniziale ghiacciava, la neve fresca lo copriva di nuovi raffinati e bianchissimi vestiti che indossava come premio al lavoro ben svolto di creatura delle nevi.
Fuori alla baita il pupazzo non era solo. Non troppo distante, ma abbastanza da non creare danni, si ergeva immobile, sulla veranda di assi di legno, una stufa di ghisa grigio scuro, macchiata di nero dal carbone bruciato al suo interno. Era messa lì perché agli abitanti della casa piaceva stare all’esterno e godere del contrasto tra il rigido clima invernale e il tiepido tepore irradiato dalla vecchia stufa. Spesso un signore passava qualche ora a fumare una pipa osservando le montagne, mentre scoppiettava un fuocherello nella pancia di ghisa. Era quello l’unico rumore prodotto nelle giornate limpide, dall’aria gelida e ferma. Più che rumore si trattava di una musichetta piacevole per le orecchie ovattate dell’uomo di neve.
Viveva grazie alla bassa temperatura il guardiano bianco, però a quella distanza il lontano tepore non gli sembrava dannoso. Non intaccava il suo mantello e anzi gli procurava una densa curiosità a riguardo di quell’opposta creatura con cui passava meravigliose notti di freddo silenzio. La stufa non soffriva il caldo, anzi lo produceva, ma non soffriva nemmeno il gelo. Era nera, inossidabile, forte e longeva. Non poteva non pensare a lei con ammirazione l’uomo di neve, mentre la osservava di sbieco con il bottone sinistro. Non poteva scacciare l’idea che lei sarebbe rimasta anche quando il suo tempo sarebbe passato e si sarebbe riunito alla terra del prato, innaffiando i nuovi fiori di primavera.
Nel tempo l’ammirazione si trasformò in altro. La curiosità e la voglia di socializzare con la stufa crebbero nelle notti in cui era fredda, ma anche nei giorni in cui, accesa, produceva un pericoloso calore. Si scioglieva l’uomo di neve all’idea di poterla magari stringere e abbracciare, ben sapendo che il risultato era meno metaforico di quello a cui ora pensava. Ma con il passare dei giorni il pericolo perdeva di significato e il desiderio gli diede una nuova risolutezza. Non gli importava se le sue braccia avrebbero solo alimentato il fuoco della stufa, accelerando la sua sparizione, cancellandolo. Provava un desiderio che già da solo ardeva e prima della primavera sognava intensamente l’avventura di vivere qualche minuto stretto a lei.
Ma i problemi da superare non erano pochi. Bisognava spostarsi di quei pochi metri per poterla raggiungere. E se lui era una statua lei non era certo un fringuello libero di volare. Pesava molte volte più di lui. Possedeva tre solidi piedi che avevano leggermente scavato il legno su cui poggiava incastrandosi per bene come radici nella terra. Erano belli quei piedi ondulati, tre esse in ghisa saldate al corpo centrale. Quest’ultimo era un lungo cilindro inciso con disegni, aveva uno sportello sul davanti dotato di una maniglia tonda in ottone. Che stile, che raffinatezza. In testa completava il tutto un coperchio semi sferico con un perno, sempre in ottone, adatto all’eleganza della sua ambita compagna. Mentre di traverso la osservava rimuginava sulle soluzioni possibili prima dell’arrivo della stagione calda.
Era chiaro che l’unica speranza di vivere un momento insieme era di raggiungerla, di trovare la forza di spostare il suo corpo, di strisciare attraverso la neve poco a poco, sfruttando qualche folata di vento e i nuovi fiocchi neve, farsi trasportare contro i limiti imposti dalla sua natura. Il sogno non è più sogno quando tanta testardaggine lo trasforma in progetto. Ogni giorno l’uomo di neve non pensava ad altro e dismise il suo ruolo immobile per tendere in direzione dell’amata. Ogni notte si spostava di un piccolo millimetro, scivolando pianissimo, il ghiaccio della base percorreva il manto nevoso, lasciandosi spingere da una folata di vento o dall’impatto di una palla di neve lanciata da un bambino della casa mentre giocava. Ogni giorno, impercettibilmente, compiva un passetto nella direzione voluta e resisteva eroico contro le forze che lo spingevano lontano.
Non doveva farsi notare dai padroni della baita, non doveva invadere il passaggio. Attirare l’attenzione dei bambini poteva indurli a spostarlo lontano, per loro era questione di poco, mentre per lui ogni millimetro era una conquista. Non cambiò la direzione del suo sguardo se non di pochi gradi per vedere un pò meglio la sua meta. Serviva per rifornire le energie. E dopo settimane di sforzi gli sembrò che anche lei fosse strisciata di qualche millimetro verso di lui. Se ne accorse notando dei piccoli solchi nelle assi del pavimento lasciati nella sua direzione, una traccia della corrispondenza di intenti, un segno che gli diede nuova forza. Ogni giorno sapeva di essere vicino un pò di più perché il calore di lei, quando veniva accesa, iniziava a scioglierlo. Ma questo non lo scoraggiava, anzi. Aveva infatti anche scoperto la tristezza della stufa ogni qual volta gli si avvicinavano gli uomini per attivare il combustibile. Ormai lei sapeva che lo avrebbe ferito con il suo calore ora che la distanza diminuiva. Si preoccupava quindi per lui. Una volta riuscì anche ad opporsi e a non accendersi ostruendo il piccolo comignolo e costringendo gli uomini a pulirla tutta per bene. In un certo senso si stava facendo bella per il suo imminente arrivo.
L’inverno era quasi sul finire e il clima cambiava. Non faceva più quel freddo gelido e la stufa veniva accesa di meno. La distanza oramai era poca, ma bisognava dare una accelerazione finale per evitare guasti dell’ultimo momento. Poteva succedere di tutto. La stufa poteva essere riposta in cantina, gli esseri umani potevano decidere di pulire tutta la neve di fronte, poteva arrivare un caldo violento e distruggere il loro lungo sogno. Era l’ora di agire. L’uomo di neve, seppure aveva perso un bottone, fortunatamente il destro che non gli serviva a guardare la stufa, aveva assunto uno sguardo risoluto. Se così si può dire. La prossima notte avrebbe tentato il grande salto.
Il mattino del 6 marzo, uscendo dalla porta della baita in cui aveva passato tutto l’inverno con la famiglia, Philippe si stiracchiò tutti i muscoli e inspirò forte l’aria fresca ma non più ghiacciata del mattino. Gli piaceva svegliarsi respirando a pieni polmoni l’ossigeno della montagna. Presto sarebbero tornati in città, appena lui avesse completato il lavoro di pittura per cui aveva deciso di isolarsi. Gli era piaciuto tanto quel soggiorno, non si era ancora stancato e gli dispiaceva un pò abbandonare tanta pace.
Appena riprese coscienza dallo stordimento da sonno, si accorse che quella notte doveva aver nevicato e pure tanto! Si doveva essere trattato di una breve ma intensa tormenta. Infatti tutto lo spazio davanti casa era coperto da un fresco e nuovo manto di neve appena caduta e il vento, non c’era altra spiegazione, aveva lanciato quello che restava dell’uomo di neve costruito dai suoi figli contro la stufa di ghisa sulla veranda. La scena era piuttosto buffa alla prima vista: tutto il corpo era appoggiato al cilindro della stufa e la testa, davvero troppo grossa, era un pò rotolata e si era inclinata in avanti, appoggiandosi sul coperchio semisferico della stufa. I due rami di abete, per la spinta, si stavano per staccare ed erano ora intorno al corpo della stufa. Questa era ancora tiepida, visto che la sera prima l’aveva accesa per riflettere guardando i picchi di montagna e lasciandola poi spegnere piano piano da sola, tutta la notte. L’uomo di neve le si scioglieva inesorabilmente sopra. Per un attimo li fissò. Non era più buffo. Sembrava quasi un abbraccio. Memorizzò la scena poi buttò un’altra occhiata verso le montagne.
Alla fine si stiracchiò di nuovo e tornò in casa per preparare la colazione con una sensazione strana nelle ossa, un pò melanconica, un pò felice.
questa sorta di favola che hai scritto è molto delicata e mi ha ricordato la semplicità toccante delle favole di oscar wilde,in bocca al lupo.
francesca
Mamma mia che confronto e che complimento! 🙂 Si esagera!!!! 🙂 Ti prego compensa con qualche critica! C’è qualche periodo che non va? qualche parte noiosa? Qualche parte contorta? Cosa posso migliorare? Oppure vado direttamente alla adelphi per farmi pubblicare!?! 😀
Grazie
S
oddio, se conosci quelli dell’adelphi ti conviene correre,anzi porta anche me!dunque un pochino di editing andrebbe fatto sul linguaggio usato che secondo me deve decidere che registro vuole usare, cioè a chi è rivolta questa favola?se è per adulti vanno bene alcuni termini ma poi è troppo semplice in altri, se è per un pubblico più piccolo bisogna semplificare ancora di più.Es.:”dismise il suo ruolo immobile” “una traccia della corrispondenza di intenti”, non credo che un lettore molto giovane comprenda appieno questo linguaggio.Inoltre, personalmente sarei curiosa di sapere qualcosa sugli autori materiali del progetto pupazzo:i bambini di questo Philippe, li nomini ma non ci racconti nulla di loro…eppure senza di essi non ci sarebbe stata la tua storia, o no?
salutissimi,ora aspetto che tu legga il mio,di tutt’altro genere…
francesca
Ora sì!!! 🙂 Allora ti rispondo per punti. Spero di esserne capace…
1) Quelli dell’adelphi non li conosco, purtroppo era solo una battuta… :-p So bene che l’avevi capito, ma meglio sottolinearlo! 🙂
2) Il problema del target in effetti non me lo sono posto per niente. E pensadoci ora che me lo dici, non è rivolta ai bambini, ma diciamo ad un pubblico adulto. Dove poi è troppo semplice non lo riesco a capire. Nel senso che le parole le ho soppesate 643486 volte… E’ probabile che si tratti di limiti miei su cui devo crescere. Ci rifletto, magari ne esce una versione 2.0. 🙂
3) I bambini… Per me nella storia “non esistono”. Mi spiego. La storia si basa tutta su una ottimistica visione che neppure mi appartiene: un risultato impossibile si può! Basta uno stimolo forte e una giusta valutazione dei tempi. Il pupazzo arriva il 6 marzo dalla stufa. L’uso di philippe è strumentale a cambiare il punto di vista per raccontare il successo. I bambini, diciamo così, non mi servono. Sono serviti solo a dar vita all’uomo di neve. E in alcune fasi ad aiutarlo a spostarsi… Tutto surreale quindi. Sarà l’effetto Obama! 🙂 🙂 Insomma io racconto dell’amore impossibile tre un pupazzo di neve ed una stufa, il mondo del mio racconto in realtà si ferma a loro due.
4) il tuo racconto l’ho letto stamattina. E’ così crudo. Mi ha lasciato un amaro in bocca. Pensavo di tornarci sopra più a freddo per scriverti qualcosa nel tu spazio. Ho bisogno di digerirlo.
un abbraccio e grazie
S
Ciao Simone,
Una sorta di allegoria sull’impossibile che rendiamo possibile, anche a costo di… una favola leggera e insieme forte.
Ti prende, si fa seguire, il tono è quello giusto.
Qualche piccola osservazione – non secondo le scuole di scrittura o altro ma secondo il mio,personalissimo, gusto-
Attenzione ad innamorarti delle belle frasi scolpite ( all’inizio è inevitabile caderci tutti).
Il racconto, per me, avrebbe guadagnato parecchio se fosse sato più breve. questo tipo di racconto risulta più efficace in un numero condensato di pagine. Avrei rispettato tutti i passaggi – magari soffermandomi di più sulla corrispondenza amorosa della stufa, bella l’idea che tenti di venirgli incontro- ed avrei usato meno parole e più stringate per arrivare al cuore del racconto.
Un affettuoso saluto da Imma
Ciao Imma e grazie! Io a dire il vero non ho capito bene cosa intendi per frasi scoplite. Forse ti riferisci a qualche espressione un pò stucchevole come “Viveva la sua staticità fiera, guardiano immobile nel silenzio dei cristalli scolpiti;” oppure “Non poteva scacciare l’idea che lei sarebbe rimasta anche quando il suo tempo sarebbe passato e si sarebbe riunito alla terra del prato, innaffiando i nuovi fiori di primavera.” Ecc…
Insomma quando dal tono favolistico sono passato ad espressioni per me più forti per interrompere il racconto e infilarci delle immagini ben chiare nel mio cervello. Cmq il tuo è il secondo invito ad una ricerca di maggiore semplicità espressiva che ricevo… Ci rifletto davvero… Come ho già detto è possibile che io scriva una versione rivista di questo stesso racconto. Mi diverte l’idea…. Se il mio cervello non si oppone lo faccio, ma nel mio organismo c’è troppa democrazia, non decido nulla io, fanno assemblee gli organi e poi mi danno ordini. 🙂
buona notte
S
Frettolosamente, per ora, ho letto sia il racconto sia alcuni commenti, finalmente non banali, anche se non necessariamente da condividere. Apprezzo un tema tradizionalmente rivolto ai bambini, proposto in realtà ai grandi. Trovo divertente e surreale l’accostamento di un tema di pura fantasia con un linguaggio letterario e impostato. Il finale è giusto, rapido e accennato. Me lo rileggerò. Sul tema esiste una letteratura soprattutto per bambini, tra cui “L’omino di neve”, che è stato anche meravigliosamente musicato. Il tema dell’effimero. Nel tuo profilo su facebook ho giusto intravisto una foto con la neve. C’è feeling. Troverò delle critiche da fare, ma non so dove. E’ un racconto che ho letto di un fiato, sapendo già il finale, naturalmente, il chè mi da una senazione strana. Alla prossima lettura che farò quanto prima
Ciao Simone, non ho nessuna critica da fare, anzi. Ho trovato il tuo racconto delicato ma incisivo allo stesso tempo. La forza dell’amore può superare tutto anche le differenze più impensabili: è questo che ho colto. Le barriere, le diversità non sono ostacoli insormontabili, ma sfide da superare con la volontà e il cuore. Il mio racconto “Strike” che spero tu voglia leggere ,è invece il racconto di…. Lascio a te scoprirlo. Complimenti. Annamaria
che tenera questa storia! lo ammetto, mi ha un po’ commossa. Una dolce favola, e non importa, secondo me, quale sia il target, mi pare che arrivi al cuore il messaggio ed è questo che conta.
Il mio target invece sono proprio i bambini. Mi piacerebbe una tua opinione sulla mia storia.
Intanto in bocca al lupo,
Elisabetta
Ciao Simone,sono contenta che tu abbia vinto,il tuo racconto mi piace ed è stato il primo che ho commentato.Credo che per quelli della sezione bambini abbiano fatto ottime scelte,non posso dire lo stesso degli altri- e non perchè non ci sia il mio…-di cui solo pochi mi sembrano meritevoli come scrittura e temi affrontati.
A te un caro saluto e buon divertimento a Lucca!!
Ciao Simone,complimenti il tuo racconto è molto interessante. Si legge d’un fiato.Alla fine si sente lo sgocciolio del pupazzo nell’incavo della stufa di ghisa.Rimbomba una eco d’amore.