Premio Racconti per Corti 2019 “Se bruciasse la città” di Gianni Luca Iaccarino
Categoria: Premio Racconti per Corti 2019Nello specchietto del trucco due occhi la guardano come se fossero quelli di un’altra donna. Una sconosciuta. Che però come lei ne ha viste tante. Sono occhi carichi di meraviglia per tutti questi anni che sono passati così, senza chiedere permesso. Poi lo specchietto si inclina a inquadrare labbra costellate di rughe. Ci passa sopra il rossetto. Uno, due strati di rosa per scacciare i cattivi pensieri. Infine le labbra si ripiegano e si strofinano l’una sull’altra, non perché ci credano davvero ma solo per abitudine.
“Ti fanno due taglietti qua e qua”, la punta del rossetto indica gli angoli della bocca, “e ti infilano dentro due protesi di silicone. I punti non si vedono nemmeno perché sono all’interno.”
La voce è roca, da fumatrice.
Anna, seduta sul bordo del letto, si spazzola i capelli e guarda la signora Maria che si sta tamponando il rossetto con un fazzoletto di carta. Ha una camicia da notte leggera che le arriva parecchio sopra alle ginocchia. La luce dei neon illumina la massa dei suoi capelli rossi, che stridono con il bianco sporco della stanza d’ospedale.
“Ho capito signora Maria. Ma non avete paura del dolore?”
“Con tutto il dolore che ho sentito così, per niente. È pure in anestesia locale…”
La signora Maria ripone i trucchi e lo specchietto in una borsa con l’immagine di Marylin Monroe, che sistema accanto alla pila di riviste di gossip sopra al tavolino. Si alza dalla sedia e si volta verso Anna.
“Ti senti bene? Stai bianca bianca?”
“Non vi preoccupate. È il caldo.”
“Sicuro? O devo chiamare l’infermiera?”, dice la signora Maria indicando il pulsante rosso che penzola sulla testata del suo letto, disposto accanto a quello della ragazza.
La ragazza sorride.
“Vieniti a sedere che ti aggiusto un po’ i capelli”.
La ragazza scende dal letto e prende posto sulla sedia.
“Li vogliamo legare? Così stai più fresca. Dai, che adesso viene il dottore e ci dà una bella notizia a tutte e due e domani ti passi un bel ferragosto in grazia di Dio. Te ne vai a mare e prendi un poco di colore. Che dici?”
Anna resta in silenzio.
“Mica stai pensando ancora a quel carabiniere? La nonna mia diceva sempre se una camicia non vuole stare con te, stracciala. Non lo pensare proprio. Vedi che si fa il giro del palazzo e da te ritorna. Tu ti fai venire i dolori di pancia? Mia nonna aveva ragione. Ora sta nella schiera delle Sante. Comunque la camicia la devi stracciare pure se vuole stare troppo con te. Dopo che morì mio marito, per qualche anno ho fatto l’amore con un pompiere. Era parecchio più giovane di me. Un pezzo di ragazzo: bruno, con gli occhi neri neri. Due spalle…Mi regalò il disco di Se bruciasse la città. All’epoca ci stavano ancora i dischi. Però mi dava la morte. Mi stava troppo addosso. A un certo punto mi mancava l’aria. Una volta per gelosia mi ha dato un morso sul naso. Mi fece uscire il sangue. E sai perché? Avevo sorriso a un giovane che mi aveva ceduto il posto sul tram. Mi disse che gli avevo mancato di rispetto. Non dovevo accettare. Eh sì, dovevo rimanere in piedi per quella faccia da scemo che teneva. Gesù! Mi regalò quel disco il pompiere. La conosci quella canzone?”
La signora Maria comincia a cantare.
“Se bruciasse la città, da te, da te, da te io correrei”
Poi dice: “Ma quando brucia la città? A volte ci vorrebbe proprio che fanno tutti quanti una bella fiamma, ma non si è mai visto. E poi chi te l’ha detto a te che non mi so salvare da sola?”, ma riesce appena a finire la frase che deve interrompersi perché, annunciandosi con due colpi veloci alla porta, è entrato il dottore.
“Signora, ci sono buone notizie. La dimettiamo. Domani mattina può tornare a casa. È il terzo ricovero in tre mesi, ma lei non ha assolutamente nulla”
“E i dolori alle gambe, alle mani, la pressione, i giramenti di testa?”, protesta la signora Maria.
“Io metterei la firma per arrivare a ottantadue anni con la sua salute. Nonostante il fumo. E poi, non è contenta di tornare a casa? Domani è ferragosto. Guardi come sta bene, col rossetto, la collana di perle. Vada a casa. Inviti i suoi nipoti a farle compagnia.”
“E io, dottore?”, chiede Anna.
“Purtroppo questa bella signorina sarà nostra ospite ancora per qualche giorno. I risultati dell’esame istologico non sono pronti. Molti medici sono in ferie. Mi dispiace, ma prima di dimetterti voglio essere sicuro.”
Nessuno parla. Si sente solo il rumore delle pale del ventilatore che rimescolano l’aria calda.
“Allora sapete tutto. Vi saluto. Buon ferragosto.”
Il dottore lascia la stanza.
“Ma come, mi dimette?”. La signora Maria vorrebbe mettersi a piangere, ma è troppo arrabbiata. “Tu lo sai, Anna. Come faccio adesso, dove vado? Il mio palazzo è pericolante. Sono sette anni che è pericolante e non cade. Se ne sono andati tutti. Ci sto solo io. All’ultimo piano: un forno crematorio. E senza ascensore. Se mi viene qualcosa, mi trovano dopo un mese là sopra. Madonna mia bella, deve passare tanti guai il dottore! Telefono ai miei nipoti. Anna, in dieci giorni che sto qua hai visto le mie figlie? Eh sì, io poi ho fatto tutto questo cinema per farmi ricoverare e quello mi dimette il giorno di ferragosto? Le mie figlie: si sono offese perché ho venduto due appartamenti e a loro non ho dato niente. E cosa gli dovevo dare? I soldi li ho fatti col commercio che mi sono inventata io. Dove stavano loro, quando la gente non mi restituiva i soldi e dovevo andare a bussare di persona alle porte di quei morti di fame, quando mi dicevano che loro gli interessi non li potevano pagare e allora dovevo mandare qualcuno per andare a riscuotere con le cattive maniere? Dove stavano quando mi minacciavano? Quando ho preso le mazzate. Non avranno niente da me finché campo”.
Si avvicina al comodino del suo letto. Apre lo sportello e ne estrae un sacchetto di velluto nero.
“Sono costretta a portarmi i gioielli appresso. Sai quanto ci mettono quelle tre a scavarmi dentro casa e a rubarsi le cose mie? Tutta colpa di mio marito. Sapeva solo mettermi incinta. E poi a ventotto anni è morto. Così. Dalla sera alla mattina. E meno male che due volte non gli ho detto niente e non li ho fatti nascere proprio. Ma chi sa, forse ho ucciso i buoni e ho tenuto i cattivi”.
“Signora non dite così. Calmatevi adesso”.
“Ma come faccio a calmarmi?”
La signora Maria si lascia cadere sul letto. Una sostanza lattiginosa si è formata agli angoli della bocca. Il respiro è affannato. Anna si precipita all’esterno della stanza gridando: “Aiutatemi, la signora si sente male!”. Nel corridoio non c’è anima viva. Quando rientra in stanza la signora Maria stringe nella mano il dispositivo dell’emergenza. Strizza l’occhio ad Anna e con il pollice schiaccia il pulsante rosso.
Che personaggio! Mette in ombra e in secondo piano tutti gli altri con la forza, il carattere e la capacità di arrangiarsi. Belli i dialoghi e un finale perfetto. Bravo Gianluca!
Grazie Marco! Scritto da te mi conforta. Dopo Io li odio i treni ho avuto la fortuna di leggere il tuo romanzo e mi sono appossionato alle vicende del dottor Demassi e dell’umanità varia ed eventuale che lo circonda. La tua scrittura è capace di creare personaggi, situazioni e scene vivide. Una scrittura sicura, tutt’altro che nei limiti della norma. Una storia che si legge facile dall’inizio fino ai titoli di coda accompagnati da una splendida canzone di Battisti che, tra l’altro, non conoscevo. Grazie ancora.
Troppo buono Gianluca! Grazie e un grandissimo in bocca al lupo!
Grazie Gianluca, la signora Maria e se bruciasse la città mi ha portato a sentire bene la sua solitudine, e come comunque la sua battaglia vince tutto, e decide lei dove restare, dove c’è la vita sincera, dando valore a tutto quel che ha vissuto
Molto carino, scorrevolissimo, fa sentire a casa. Quante volte ho sentito discorsi del genere! L’ho letto d’un fiato e mi sono sentita nel salotto di casa, attorniata dai parenti!
Gianni, questo racconto tiene compagnia! E mette allegria dalla voglia di vivere che vi scorre dentro. @BarbaraBertaniscrittrice
Che bel racconto! Finisce con un sorriso grazie alla trovata della signora Maria. Fino a un momento prima mi aveva un poco disturbato con quel suo sparlare delle figlie, del marito morto, non so perché, ma ho provato questo. In verità, il tuo racconto suscita tanti sentimenti, dall’inizio alla fine, e questo è positivo. E poi è scritto bene, con precisione, e affronta problemi seri come quello della solitudine degli anziani, specie nei periodi estivi, e quello della sicurezza degli edifici, sempre più pericolanti un po’ ovunque, purtroppo. All’inizio, mi è piaciuta pure la figura di Anna; ho pensato che fosse lei la protagonista, finché non è apparsa la voce saggia dell’ottantaduenne. L’ho letto con l’accento napoletano che tra l’altro mi è congeniale, poiché mi sono ricordata della tua “finestra sul cortile” – nei tuoi scritti non mancano mai carabinieri, nonni, e situazioni che rinviano alla famiglia. Bene. Complimenti!
Caspita! Una vera cattivona che dava i soldi a strozzo ti sei inventato! Bellissimo racconto. Grazie per quella specie di sostanza corrosiva che ti mangi ogni mattina a colazione e che poi travasi nei tuoi personaggi: è ottima e se ti avanza me la prenderei anch’io volentieri. Fammi sapere ,-))