Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2010 “Mille e non più mille” di Roberto Cavenaghi

Categoria: Premio Racconti per Corti 2010

La Chiesa è gremita, l’incenso fa molto fumo e brucia gli occhi e la gola, il coro stona, e la vecchia che raccoglie le offerte è particolarmente insistente. O tutto questo sembra a Lorenzo, 40 anni, impeccabile nel suo elegantissimo completo grigio. Un rapido controllo al portafoglio. Una banconota da 50.000 lire, una da 1.000 e qualche spicciolo. 50.000 lire sono troppe… qualcuno però pare abbia osato tanto… ma sono banconote che mettono i parroci per fare capire ai fedeli che i tempi sono cambiati. Vada per 1.000 lire.

…O 50.000? Un dubbio. Quello che temeva! Nel cestino, ci è finita la banconota sbagliata! Cerca la vecchia con lo sguardo. Irraggiungibile! Meglio aspettare la fine, e parlare con il parroco.

 

La Messa è finita, la Chiesa si svuota rumorosamente, Lorenzo procede controcorrente a fatica verso la sacrestia. I chierichetti scendono dall’altare festanti con il pandoro che il parroco ha appena regalato loro. Lorenzo entra timidamente in sacrestia, e con un misto di impaccio e vergogna spiega al prete l’accaduto. Don Armando lo invita a presentarsi più tardi in canonica quando avrà sistemato le offerte.

Fuori di Chiesa è tutto uno scambiarsi di auguri, bere e mangiare in compagnia. Eccetto per Lorenzo, solo e preoccupato per i suoi soldi.

E’ presto? Avrà fatto? Avrà contato i soldi? Entra in canonica. Spiega di nuovo l’accaduto al parroco. Perché credergli? La discussione si fa accesa. Si passa alle citazioni evangeliche (è Lorenzo a iniziare, sperando di ottenere chissà che cosa). In ogni caso, seppure non praticante (fatta eccezione per la Messa della Vigilia), se la cava bene. Chiedere per ottenere, cruna e cammello, poveri e ricchi. “Io non sono ricco; riesco a mettere via giusto qualcosa a fine mese”, Lorenzo abbandona i testi sacri. Non così Don Armando: “Stolto questa notte stessa ti verrà chiesta la vita, e quello che hai preparato di chi sarà?”. Fine della discussione.

 

Lorenzo però non ha alcuna intenzione di darsi per vinto. Pensa a che cosa può fare. Una cabina del telefono! Idea! Annota il numero di telefono del parroco, scritto su una targa sopra il campanello della canonica

La piazza è vuota. La perpetua lascia la canonica. La luce della camera da letto si spegne. Un paio di squilli, Don Armando risponde. Lorenzo non parla. Fa sentire solo il respiro. Riattacca.

La luce si spegne di nuovo. Questa volta però il telefono si “mangia” la moneta. Qualche pugno. Niente da fare. Gli resta solo una banconota da 1.000 lire, e degli spiccioli che l’apparecchio non accetta. Per fortuna il bar in piazza è ancora aperto.

 

E’ deserto, la giovane e bella cameriera, Irene, scarica la lavastoviglie, e l’anziano proprietario dietro il banco conta l’incasso della giornata. Di cambiare le 1.000 lire però, non se ne parla nemmeno. Lorenzo deve consumare qualcosa. Breve discussione, poi si arrende. Ottenuta l’ordinazione, il barista scherza anche, gli abbuona il servizio al tavolo, ma gli dà il resto in monete che il telefono non accetta. Prende l’incasso e se ne va (giornataccia iniziata di buon mattino).

 

“Ammazzacaffè? Offre la casa!” con queste parole Irene si rivolge a Lorenzo. Rifiuta. Segue poi una serie di domande anche un po’ impertinenti. Scopre quindi che chi le sta davanti è un impiegatuccio senza nessun vizio (e qualità), che non ha mai timbrato un giorno in ritardo (e di questo se ne vanta) e che dovrà lavorare anche a Natale (c’è un lavoro da consegnare), come accade ad ogni festa, quando occorre, perché è l’unico fra i colleghi a non avere famiglia. All’inizio Lorenzo è un po’ diffidente, e se ne sta sulle sue, poi trova la conversazione e la ragazza divertenti. Ma non le dice chi è il destinatario della telefonata, che Irene cerca di scoprire in modo scherzoso.

Se glielo dicesse, le monete gliele darebbe lei. Ne ha, e molte; gliele fa comparire da dietro le orecchie, dalla giacca, da dovunque. Entrambi senza compagnia, avrebbero potuto passare la notte insieme. Così la pensa Irene. Glielo propone. Stupito da tanta intraprendenza e interesse nei suoi confronti, Lorenzo è anche disposto ad accettare, però: “Mettiamo le cose in chiaro. Diciamo che è tutta notte che coi soldi ho un rapporto infelice. Per cui sappi che non ti posso pagare”.

Respiro profondo. Con calma, Irene lo invita ad andarsene.

 

Per strada rimugina sull’accaduto, e cerca di convincersi di avere fatto bene. Svolta l’angolo. Neanche il tempo di accorgersi, e si trova spalle al muro con un coltello puntato alla gola.

Né orologio, né catenina, né bancomat, né nient’altro. Il rapinatore, un giovane dal volto scoperto, vuole solo soldi. Che Lorenzo non ha. “Non sono mica una banca”. Questa è la risposta che gli avevano dato, prima il parroco, poi il barista. Se l’aveva trovata molto stupida rivolta a lui, perché riutilizzarla?

 

Non passa un secondo fra la smorfia di disgusto del rapinatore per la risposta, e il fendente che taglia la gola a Lorenzo. Cerca di fermare il sangue con la mano. Ma il taglio è profondo. Si accascia al suolo, e muore dopo pochi secondi di agonia.

 

 

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1 commento »

  1. Ritmo serrato e piacevoli fotogrammi che s’aprono tra una riga e l’altra, anche se ho trovato l’intreccio della trama un poco impacciato.
    Il finale noir penalizza forse troppo il povero Lorenzo.
    Bella gara, ribadisco anche qui 🙂
    “La scatola di cartone” la puoi aprire qui di seguito se hai qualche minuto prezioso a disposizione:
    http://www.raccontinellarete.it/?p=4010

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