Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Correre” di Carlo Speranza

Categoria: In Concorso, Premio Racconti nella Rete 2019

Una sera di metà dicembre, nel centro di La Coruña, Melanie Vogt salutava per sempre gli altri amici Erasmus della città.Figli del ventunesimo secolo, i sei ragazzi avevano vissuto fianco a fianco la quotidianità di quel semestre di scambio culturale, e da loro ci si sarebbe aspettati più di un addio. Messaggi, chiamate, forse anche l’occasione di incontrarsi di nuovo in futuro. Quel piccolo ingranaggio che con leggerezza avevano costruito sarebbe sopravvissuto alla distanza. Tuttavia, Melanie rappresentava un’eccezione. Lo sapeva lei come tutti gli altri. Mentre ad uno ad uno la abbracciavano promettendosi di restare in contatto, tacitamente restava il rammarico di non essersi conosciuti abbastanza. Di quella ragazza tedesca si sapeva ben poco. Veniva dal sud della Germania, ma nessuno ricordava esattamente la città. Aveva una sorella – Melanie ne aveva annunciato la visita una sera, quasi per caso – ma non si poteva affermare con certezza che non avesse altri fratelli. Tra tutte le domande che ci si poteva porre sulla sua vita, nessuna avrebbe avuto una risposta certa.
Bohdan Syrotiuk, il ragazzo ucraino che abitava al piano di sotto, al di fuori delle uscite di gruppo la incontrava solo sulle scale e, quando accadeva, la conversazione tra i due si risolveva in un rapido scambio di battute, che ronzavano attorno a banalità. Se lei era evasiva, lui diceva di aver fretta, in ritardo per qualche impegno. Se lei gli sorrideva, lui pensava che lo facesse per pura educazione: la ragazza era di due anni più grande e per questo motivo Bohdan era convinto che tra loro non potesse nascere nulla di serio. Ad ogni modo, se Bohdan, nei rari attimi in cui si trovavano soli sulla rampa di scale, tirava fuori un argomento interessante, notava che Melanie accelerava il passo. O che lui rallentava il suo. E questo, fin dal primo momento, fu sufficiente perché il rapporto con lei finisse per inaridire. Se, durante le sere in cui si ritrovavano al Breen’s Tavern, Melanie e Bohdan inizialmente prendevano in considerazione l’idea di tornare a casa insieme, presto Bohdan iniziò a restare al pub mezz’ora in più, cosicché, alle prime ore del mattino, Melanie attraversava le fredde strade della città da sola, con le braccia incrociate e quel suo sguardo perennemente intimorito. Che a Bohdan appariva invece superbo, borioso, altezzoso. Evasivo.
La prima volta che Luca incrociòquello sguardo, quegli occhi quasi spaventati, sul punto di dire “vorrei potermi fidare di qualcuno, qui”, fu ad una festa di metà settimana organizzata dall’Erasmus Social Network. Camminando nella stessa direzione inRúa San Andrés, Luca tentava di elaborare nella sua mente una parola adatta a rompere quel silenzio che Melanie sembrava disposta a mantenere. Erano le tre del mattino, la strada era insolitamente deserta e prima che Luca riuscisse a decidersi su cosa dire, rimasero ad ascoltare i loro passi per diversi minuti. Come quella notte agli inizi di settembre, anche il loro ultimo incontro prima della definitiva partenza di Melanie si risolse in una serie di silenzi, spesso imbarazzanti, alternati a inutili discorsi sulle giornate trascorse in Spagna, sugli esami e sugli amici. Luca avrebbe voluto parlare di loro e di nient’altro, ma la conversazione sembrava destinata a non deviare da quei discorsi di circostanza.
Probabilmente, a partire dalla sera del loro primo incontro, per il resto della vita non si sarebbero scambiati più di un rapido sguardo se il giorno successivo Luca non l’avesse chiamata per sbaglio, dopo aver trovato il suo numero nella chat di gruppo degli studenti stranieri.Causandogli quasi un attacco cardiaco, lei aveva risposto alla chiamata, domandando timidamente chi fosse e lui, con la voce meno ridicola possibile, le aveva spiegato l’equivoco. E così, quando si rividero ad una festa, Luca sentì l’obbligo andarle a parlare. – Come va? – chiese lui. – Tutto bene, tu? – Tutto bene anch’io. E poi il silenzio. Mentre con un sorriso facevano vagare gli occhi sulla folla circostante, lui ristabilì la linea di dialogo chiedendole se fosse venuta da sola o con amici. Lei gli presentò la sua compagnia e trascorsero la serata insieme. Gli amici di Melanie – Bohdan, Karolina, Paolo, Merle ed Emre – quella sera divennero anche amici di Luca e per quanto riguarda loro due, continuarono a definirsi amici finché non ci fu più motivo di mentire. Da allora Luca divenne membro ufficiale della compagnia e uscì con loro ogni volta che poté, sperando che cinque mesi sarebbero bastati per approfondire il loro rapporto.
Col passare delle settimane, Melanie e Luca si ritrovarono a parlare spesso e, mentre le distanze tra di loro si riducevano sempre di più, ogni tanto si sorprendevano l’un l’altro a guardarsi di nascosto. Durante la Serata Film a casa di Merle e Karolina, Ritorno al Futuro volgeva quasi al termine mentre Luca, sul divano con gli altri, cercando di non perdere il terreno faticosamente conquistato, aveva tenuto per più d’un’ora la mano scomodamente appoggiata vicino a quella di Melanie. Tuttavia, le settimane continuavano a scorrere. Ottobre diventava novembre e anche novembre avrebbe presto ceduto il posto al mese successivo. Luca sentiva la clessidra svuotarsi ma non immaginava quanto fosse realmente limitato il tempo a sua disposizione. Tutti, a parte lui, sapevano che Melanie avrebbe lasciato la Spagna a metà dicembre anziché a febbraio. Nonostante lui avesse trascorso ogni sera al suo fianco, seduto a un tavolo o passeggiando per la città, non aveva mai saputo che Melanie fosse anche fidanzata. Il suo ragazzo, tedesco anche lui, la amava e aspettava con ansia il suo ritorno in Germania. Fu informato di tutto ciò da Karolina, un pomeriggio di inizio dicembre in cui andarono a correre sul lungomare. Quando seppe della partenza anticipata, sentì i polmoni accartocciarsi e rimanere senza fiato. Continuò a correre al suo fianco, fingendo che la notizia non lo avesse toccato più di tanto, ma il silenzio cresceva inesorabile e così, accortosi che Karolina lo stava studiando con la coda dell’occhio, sentì di dover dire qualcosa.
– Amo quella ragazza.
– Lo so. Le stai sempre appiccicato.
– E che devo fare ora?
– Non lo so, sinceramente non credo che ci sia molto da fare…
– Secondo te è troppo tardi?
– Il fatto è che lei ha un ragazzo…
– Cosa?
Luca si rese conto della nota acuta raggiunta dalla sua ultima esclamazione. Adesso aveva davvero bisogno di fermarsi.
– Scusa ma… Per tutti questi mesi di cosa avete parlato?
– Non lo so…
– Siete stati sempre incollati, voi due. Di cosa avevate da confabulare tanto allora?
– Non lo so. Parlavamo di cose…
– Quali cose?
Luca si costrinse a rivolgere lo sguardo dentro di sé, alla ricerca del Fascicolo Melanie.
– Stupidaggini. Ma ti garantisco che ci ho provato. A parlare d’altro, c’ho provato.
– Non voglio sembrare cattiva, scusami, ma sarebbe bastato fare le domande giuste. Tu non gliel’hai mai chiesto.
– Su Facebook non aveva foto con nessun ragazzo.
– Perché oltre a essere fidanzata è anche intelligente.
– Possiamo fermarci?
– Va bene.
Karolina iniziò lo stretching, accennando un sorriso a Luca. Lui, esibendo un’espressione idiota, si era voltato verso l’oceano.
– Hai ancora due mesi da vivere qui in Spagna. Investili in qualcosa che conta davvero.
– Pensavo di averlo fatto…
Karolina gli accarezzò una spalla.
– Ci vediamo stasera a cena. Grazie per la corsa. – Poi, in lontananza, scandì le parole “due mesi” mentre attraversava la strada.
Quella sera, Melanie si sedette al suo fianco e Luca cercò di comportarsi come sempre. Notò che Karolina lo osservava. A un certo punto, Melanie poggiò il telefono sul tavolo. Come sfondo dello schermo c’era una foto di lei che baciava un ragazzo biondo, poco più alto di lei. Per baciarlo, aveva dovuto sollevare il viso.
– Ho saputo che riparti tra poco. Come mai?
Melanie fu colta da un profondo imbarazzo per una domanda così innocua e Luca, sentendosi un cretino, ascoltò soltantometà del suo racconto. Avrebbe voluto trovarsi dall’altra parte del tavolo a ridere con Bohdan e Paolo per qualcosa che era appena capitato alle loro spalle. In quel preciso istante, però, Luca aveva un ruolo da interpretare, lo stesso che aveva sostenuto negli ultimi due mesi: l’amicone di Melanie. Mentre la ragazza gli spiegava che doveva tornare in patria per consegnare la tesi scritta in Spagna, lui si stava domandando di quale tesi stesse parlando.
Nei giorni a venire, con l’abilità di un chirurgo, Luca iniziò a dissezionare il suo corpo e a disporre i pezzi sul tavolo operatorio, deciso ad esaminarli a uno a uno. Ciò nonostante, ogni volta che capiva di avvicinarsi all’origine del problema un senso di nausea lo costringeva a voltarsi dall’altra parte e a interrompere il lavoro. Negli ultimi dieci giorni rimasti prima della sua partenza, Melanie smise di trovare Luca al suo fianco e tuttavia non cercò mai di avvicinarsi a lui. Se lei era a sinistra, Luca si trovava all’estrema destra e quando i loro sguardi si incrociavano, quello di Luca era il primo a staccarsi e a posarsi altrove. Come Bohdan, pensava Melanie.
       Tre giorni alla fine, tra le luci alienanti della discoteca, Luca baciò una ragazza e quando le loro labbra si separarono vide, tra la folla, che Melanie lo stava guardando, seria, ferma in mezzo alla pista; e a quel punto fu lei la prima a distogliere lo sguardo. No, è anche peggio.

Karolina e Luca corsero qualche chilometro in più rispetto al solito, un pomeriggio di sole di gennaio. Si fermarono come sempre davanti alla spiaggia. Avevano conversato per tutta la durata della corsa e ora veniva il momento della riflessione. Karolina stirava i muscoli contro la ringhiera mentre Luca, guardando l’oceano, era assorto nella risoluzione di un mistero fino ad allora inesplicabile. Le sue pupille viaggiavano da un’onda all’altra fino all’orizzonte.
– A cosa stai pensando?
– Questo è il rumore dell’oceano. ? così forte che dobbiamo alzare la voce per parlare.
– In genere è la prima cosa che si nota venendo qui.
– L’avevo notata anch’io, ma poi l’ho dimenticata. Ho vissuto nel silenzio per così tanto tempo.

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