Premio Racconti nella Rete 2019 “Il Bancomat” di Nicola Buoso
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Lui è Aurelio Dapontone, politico di professione, celibe, senza figli riconosciuti, cristiano praticante per ragioni di elettorato, diventato famoso per partecipazione assidua a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Lui soffriva di un disturbo tipico del suo ambiente, una malattia professionale, da cui non si guariva, e che, con il passare del tempo, finiva con assorbire l’intera personalità di chi ne soffriva, facendolo soggiacere ad essa, nota come “sindrome da egocentrismo”.
Successe che al mattino di un giorno di marzo, Aurelio si destò al suono della sveglia, non il solito e banale driin, driin, bensì la registrazione di uno scroscio di applausi alla prima dell’opera così da garantirgli un risveglio euforico.
Aurelio si alzò dal letto per andare nella stanza da bagno per svolgere quelle funzioni quotidiane comuni a ogni altro essere umano, stando ben attento, nel fare la barba, a non tagliarsi che poi non sarebbe stato più telegenico e completando con i soliti quattro gargarismi le operazioni giornaliere di restauro e cura.
Rimaneva però da sistemare la cosa più importante: ritrovare l’espressione “all’Aurelio Dapontone” che il sonno, come sempre, gli aveva nascosta.
Egli pertanto si rivolse verso lo specchio, osservando il suo viso e, in pochi secondi, questa ricomparve, lui, per riuscire ad ottenere quell’espressione ci aveva provato con fatica e grande dedizione per molto tempo, questa era: un poco severa, un attimo socievole, un pizzico austera e con un’apparenza appena accennata di sincerità che non stonava mai rassicurando.
Ecco, quella era l’espressione “all’Aurelio Dapontone”, che doveva mantenere durante tutta la giornata, facendolo sembrare al contempo interessante e intelligente, ma nelle giuste dosi, calcolate con esperienza, nella misura esatta che serviva per convincere la gente, perché, in politica, è sempre campagna elettorale e chiunque può essere un elettore.
Aurelio, continuando a guardarsi allo specchio iniziò il solito discorso, un piccolo comizio introspettivo, che teneva a voce alta con se stesso, per caricarsi psicologicamente, e le parole erano sempre le stesse, un mantra autocelebrativo di frasi ad effetto, la prima era: “io sono il più gran.. gran.. de… de…”.
Aurelio non riusciva però a dirla per intero, balbettava, e non era mai capitato prima, provò altre parole, altre frasi, ma il risultato non cambiava, anzi ogni volta balbettava di più, era sconvolto, agitato, bianco in volto, le mani tremavano e il sudore zampillava da ogni parte del corpo.
Aurelio era un deputato importante, eletto nella lista civica “o.p.i.p.e.p.i.l.”, ovvero “onesti per il progresso e per il lavoro”, ed era terrorizzato al pensiero che l’indomani doveva tenere un discorso in pubblico, leggendo la relazione alla proposta di legge per “la tutela del credito e della circolazione del denaro a mezzo dei bancomat”.
Il suo intervento sarebbe stato di grande impatto mediatico e ripreso dalle televisioni, lui non poteva balbettare, che impressione avrebbe dato se, leggendo, avesse tartagliato, incespicando tra una sillaba e l’altra?
Le conseguenze sarebbero state disastrose: perdita di autorità, espulso dal partito, rovinata una carriera politica ultra trentennale.
Lui, che era riuscito a farsi eleggere in parlamento sette volte consecutive, con altrettante, diverse e contrapposte forze politiche, che nell’ambiente era soprannominato la “cavalletta” per la sua capacità di saltare da uno schieramento politico a un altro, rimanendo ogni volta indenne, lui ora temeva il peggio, e già sentiva i commenti sarcastici: “hai sentito come parla l’onorevole oggi? sarà per questo che lo chiamano la cavalletta? guarda che ti sbagli, vorrai dire la cav…cav…valletta!”
Per non dire dei suoi avversari politici, che Aurelio considerava dei perditempo a pagamento, chissà le battute che si sarebbero inventati!
Non c’era tempo da perdere, corse dal dottore che gli diagnosticò una strana malattia, la “disfemia allucinatoria senile”, rarissima, solo dieci casi accertati al mondo, ma per fortuna la cura era nota, si dovevano prendere delle pillole speciali che, per fare effetto dovevano essere assunte solo dopo 14 ore da quando era comparso il disturbo e non oltre la mezzanotte del giorno stesso, la guarigione era immediata, altrimenti, la malattia sarebbe degenerata e il disgraziato che l’avesse contratta non sarebbe più guarito, il suo modo di parlare avrebbe provocato in chi l’ascoltava una irrefrenabile ilarità, e il malcapitato sarebbe caduto in depressione, vittima di ogni tipo di fobia, sarebbe finito ai margini della società e non era escluso il suicidio.
Aurelio decise che sarebbe andato nella farmacia di turno dopo le ore 20:00, così ci sarebbe stato solo il farmacista, e lui avrebbe parlato lentamente e lo stretto necessario, giunto davanti all’ingresso trovò un cartello che lo innervosì, c’era scritto “pos guasto, pagamento solo in contanti”.
Le medicine erano molto costose e di contanti appresso lui ne aveva pochi, decise perciò di andare al bancomat, e per fortuna lì vicino c’era quello della sua banca, lo raggiunse, aprì la porta con la tessera ed entrò nella stanza dove c’era il bancomat, doveva far presto, erano già le ore 21:00.
Inserì la carta e una voce artificiale e gentile gli disse: “digiti il suo codice pin e legga ad alta voce la frase di benvenuto”.
Aurelio rimase di stucco, ma che diavolo era quella, ma capì subito, gliene aveva già parlato il direttore, quella era una macchina di nuova generazione, che, alla prima operazione con essa, doveva essere letta ad alta voce una frase di benvenuto, così Elsa, questo era il nome del bancomat, memorizzava la voce, e, dalla volta successiva sarebbe stato sufficiente parlarci per fare le operazioni, senza più bisogno della tessera.
Sul display apparve la frase: “le trote a Trapani trottano felici come fossero alici fra trottole e tritoni, ripeti la frase e diventeremo amici”.
“Le trote a Tra..tra..pani tro..tro..ttano fe..fe.. – balbettò Aurelio -“
“La frase non è corretta – l’interruppe Elsa – inizi da capo, prego!”
Aurelio però non riusciva mai a completare la frase, e così Elsa lo interrompeva, chiedendogli di dirla correttamente, fino a quando, all’ottavo tentativo, avvilito e incattivito, diede un pugno sullo schermo e questa volta, senza alcun balbettio, disse: “ora mi hai stancato, donnaccia che non sei altro, il codice pin l’ho inserito, fammi fare il prelievo o ti rompo!”
“Frase non corretta, atteggiamento non previsto, sistema di preallarme azionato, si prega di pronunciare la frase altrimenti si darà l’allarme” – disse Elsa -.
“Forse non mi sono spiegato bene – continuò infuriato Aurelio – tu non sai chi … chi, sono io, al…trimenti spu..pu..teresti subito i miei soldi, io sono un o..o..norevole e tu solo un amma..ma..sso di ferraglia e circuiti”.
Elsa, in silenzio, stava analizzando le sue parole con un programma per comprendere il linguaggio umano, e dedusse che forse non si era spiegata bene, quell’uomo parlava in modo strano, magari se anche lei si adattava al suo modo di esprimersi ogni cosa si sarebbe risolta, così disse: “Signore l’aiuto, ripeta con me: le tro..tro..te a Tra..tra..pani trottano fe..fe..lici come fossero alici fra trottole e tritoni, ri..ri..peti la frase e diventeremo a..a..mici”.
Il viso di Aurelio diventò rosso fuoco, la vista gli si annebbiò, la rabbia era fuori controllo, si sentiva preso in giro, lui, il sette volte onorevole, e poi, da una macchina!
Non ci pensò due volte, si levò una scarpa e iniziò a picchiare Elsa che, a sua volta fece scattare l’allarme, e un quarto d’ora dopo Aurelio si ritrovò ammanettato in mezzo a due gendarmi che mentre lo portavano via, uno disse all’altro: “non c’è più la sicurezza di un tempo, per fortuna che domani verrà presentata una legge per la tutela dei bancomat, il politico che lo farà è uno importante, si chiama … aspetta che mi venga a mente, A..a..”.
“Aurelio Dapontone” sospirò sconsolato l’arrestato.
“Sì, proprio lui, almeno una cosa giusta l’ha detta stasera!” – gli disse la guardia.
Un racconto inserito in extremis, che si è meritato la vittoria! Bravo Nicola: simpatico, originale, ma anche spunto per alcune riflessioni. Mi piace questo scenario che hai immaginato e il dialogo tra Elsa e Aurelio è un crescendo che risucchia il lettore, fino alla frase finale che abbatte lo sconsolato Aurelio e noi con lui!
Aurelio, Elsa e naturalmente io, ti ringraziamo per il tuo commento.