Premio Racconti nella Rete 2019 “Pantafica” di Andrea Buccella
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Sono senza fiato, sto scappando avvolto dal buio del corridoio, solo una luce puntata su di me, le lacrime ghiacciano sul mio viso per colpa del vento gelido che entra probabilmente da una o più finestre aperte, continuo a correre voltandomi sporadicamente indietro per paura di scoprire la tua identità, ti sento ansimare dietro di me e malgrado i miei sforzi non riesco ad allungare la distanza fra me e te. Corro con tutta la forza che c’è in me nonostante i palpiti del cuore, ormai troppo veloci per distinguerli separatamente, cominciano a prendere a pugni il mio sterno dall’interno, sento tutto il sangue schizzare nelle mie vene alla velocità della luce, nonostante l’ansia cerca di calare sul mio cervello le sue acide braccia incandescenti per invitarlo ad arrendersi al torpore dell’evidenza.
Non è giusto!
Un bambino di quattro, cinque anni non dovrebbe mai conoscere queste emozioni, non dovrebbe mai essere presentato alla Signora Paura!
Continuo a correre, terrorizzato dal tuo respiro vivido sempre presente alle mie spalle.
Non riesco ad allontanarlo!
Lancio sguardi attorno per cercare nascondigli, porte, finestre, ma niente, nell’oscurità sfumata dal bagliore dell’occhio di bue che sembra seguire i miei spostamenti scorgo solo quadri con cornici scure di legno intarsiato che ritraggono volti indistinguibili se non per gli occhi che sembrano sbeffeggiare la mia fuga.
Il corridoio cambia… segue i miei passi in modo da non farmi arrivare alla fine.
Allungo le gambe a più non posso spalancando la bocca per incanalare più aria possibile nei polmoni.
Non posso fermarmi, non posso arrendermi.
Sono esausto, gli occhi sembrano voler schizzare dalle orbite, la pelle sembra bruciare ma continuo a correre… corro… immetto più ossigeno di quello che i polmoni possano contenere… non ho la forza di svuotarli… gli occhi cominciano a muoversi autonomamente, le pupille trasalgono come se volessero guardare dentro la mia testa… bianco… un bagliore che si trasforma in un puntino luminoso, come quello che si formava nello spegnere le prime tv a tubo catodico, solo che invece di cadere giù traccia una linea retta verso l’alto, l’infinito… e oltre!!!
Apro gli occhi di scatto, devo essere svenuto. Sono completamente zuppo di sudore e l’affanno è ancora presente. Quella dannata luce è ancora puntata su di me rendendomi impossibile vedere al di là dell’angolo in cui sono accovacciato con il viso nascosto fra le ginocchia, il tutto racchiuso in un abbraccio tremolante.
Tu sei qui.
Lo so, ti percepisco, o meglio, il brivido che accarezza come un rasoio la mia spina dorsale mi avvisa della tua presenza.
Ti alzi e mi osservi dall’alto…
Cosa vuoi? Perché non mi hai ucciso mentre ero svenuto? Perché vuoi godere del mio terrore? Perché stai giocando con la mia mente?
Ad ogni mia domanda scaturita dai pensieri ti avvicini poco a poco.
La mia faccia è una maschera di lacrime… cerco di urlarti contro… inutile… dalla mia bocca non esce il benché minimo suono…
E ti avvicini ancora un po’.
Il cuore batte ancora di più… all’impazzata, riprovo ad urlarti contro… ma è solo il mio pensiero a farlo…
VAI VIA, VAI VIA… LASCIAMI STARE, NON HO FATTO NIENTE!!!
E ti avvicini ancora di più.
NOOO, perché FAI COSì? SONO SOLO UN BAMBINO!!!
E ti avvicini un altro po’.
MAMMAAA AIUTOOO… MAMMAAA…
E ti avvicini sempre di più. È come se nella mia mente vedessi la tua visuale che da campo lungo si restringe poco a poco, ad ogni pensiero, in un primo piano del mio volto terrorizzato.
Devo cercare di calmarmi, devo regolarizzare il battito del mio cuore, devo provare a parlare, ad emettere suoni dalla mia bocca…
“…hhh…”
Niente!
Mi sei quasi addosso!
Devo stare calmo, devo respirare…
“…hhhmmmaaahhhh…”
Sei su di me!
Devo calmarmi!
“hhhmmmaaammmmmaahhh…”
Stai per uccidermi!
Devo respirare piano!
Chiudo gli occhi… un ultimo tentativo!
“mmmaaammmmmaaaAAAAAAAAAHHH…”
Apro gli occhi di soprassalto e la vedo… mia madre!
“Un altro brutto incubo?”
I suoi occhi dolci e belli come quelli di un angelo mi fanno capire che sono riuscito a sconfiggerti!!!
“Si mamma… c’era qualcuno che voleva uccidermi ed io non riuscivo a chiamarti… ma ora ho capito come fare, la prossima volta sarò preparato!” le dico soddisfatto.
Il suo sorriso illumina ed allo stesso tempo rasserena i miei occhi provati. Mi bacia sulla fronte e mi accarezza il viso.
“Beh è quasi mattina, fra poco ci saremmo dovuti alzare, che ne dici se ti preparo una super colazione?”
Contento salto subito in piedi, le prendo la mano e, sicuro di me stesso, l’accompagno in cucina.
“Adesso tocca a me proteggerti!!!”.
Nell’uscire dalla camera non faccio caso a mia madre che rivolge uno sguardo alla figura vestita di bianco in penombra accovacciata ai piedi del mio letto intenta a contare le setole di una scopa poggiata per terra.
Il disturbo della paralisi nel sonno è molto diffuso e in Abruzzo, i nostri avi, lo hanno giustificato creando la leggenda della “PANTAFICA”, una strega che ti paralizza per poi piano piano toglierti il respiro e la combattevano sfruttando il suo punto debole: la curiosità! Infatti erano soliti mettere ai piedi del letto dei bambini un sacchetto con della sabbia o una scopa in modo che la strega si fermasse a contare appunto i granelli di sabbia o le setole della scopa/ramazza.