Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Un’occasione” di Francesco Ribezzo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

La professoressa di francese aveva gli stessi occhi cerulei di sempre.
Il suo modo di fare così buffo, quasi patetico alle volte, quel pomeriggio aveva perso il tono pacato solito e rassicurante.  
In fondo lei non era poi così diversa dagli altri.       
Per quanto paresse riflettere e cercare delle risposte, sforzandosi di svelare un lato umano fragile, poco consono all’immagine stereotipata dell’insegnante, di chi deve sapere ciò che dice per avere fiducia ed essere seguita, non era capace di sottrarsi alle stesse bassezze e meschinità di ognuno.   
Il ragazzo continuava a parlare, consapevole del fatto ch’ella fosse indulgente verso le forme grammaticali non sempre corrette, della stima naturale che spinge chi è davanti ad ascoltare se le parole sembrano ragionate e profonde, anche quando non è davvero così.
La classica giornata grigia, quando tutto sembra andare storto.
Cielo cupo, troppe volte in un solo mese, quando già le temperature dovrebbero essere alte.      
In quel posto, nei corridoi, sembra che sfili la vita stessa.   
Ma non nella sua essenza più sincera e nuda bensì nella forma, tanto vituperata, delle occasioni e delle circostanze fortuite cui siamo abituati a dare un nome elegante, per mascherarne le crepe e smussarne gli spigoli.      
Si chiedeva come una simile situazione potesse parere tanto solida.
“Del resto, se son capace io di fingere così bene, perché gli altri non dovrebbero fare altrettanto. Se sono capace di sorridere bonariamente quando avrei piacere ad essere altrove e assieme a qualcun altro, nulla mi garantisce che lo stesso non valga per chi mi sorride di rimando, e mi saluta con gaiezza e tranquillità”.   
Aveva visto uno di quei film italiani così eleganti e ben girati. In una sola parola perfetto. Perché la prospettiva nei film è sempre perfetta: gli angoli, il colore, il pensare dei personaggi. L’opposto di ciò che accade nell’istante seguente a quello in cui apriamo gli occhi.
Da quel momento tutto sembra così fatiscente. Persino le parole più banali. Diceva bene quel filosofo tedesco: non possiamo dire esattamente ciò che intendiamo o perché non vogliamo davvero, o perché non ne siamo in grado; un limite invalicabile.          
Poteva allora comprendere il senso di quelle Occasioni che aveva letto.
Lì il tempo era solo un perpetuarsi delle medesime immagini, interrotto saltuariamente da qualche comparsa e dall’appalesarsi fortuito di una figura capace di levare il telo, e far vedere – intuire – che gli eventi e le situazioni esistono come sono per una ragione.
Una speranza.            
Alcune teorie fisiche, ricordava, spesso esaltano anche un minimo gesto. Così se lascio cadere un foglio di mano, per sbaglio, allora, qualcosa nell’universo è cambiato. Un’importanza essenziale, avversa ad ogni forma di relativismo.     
Si sente spesso che gli occhi non possono celare segreti.
Per questo cercava un po’ di verità in quelli su cui si posavano i suoi.
Troppe volte invano. 
Tranne una.    
Trovò quelli giusti ed erano chiari, vivi.      
Sembravano incasellarsi in un ordine irripetibile tutti gli attimi precedenti.
Rivide il volto di suo padre, sentì le mani di sua madre sul viso, e poi i capelli di chi era già stato, dimenticato.   
Quale fortuna poter pensare che, forse, in un momento decisivo, altri con la loro vita avevano permesso che quegli occhi fossero lì, davanti ai suoi, cerulei. 
Forse anche lui sarebbe stato un giorno lì, per qualcun altro.         
In un pensiero di uno come lui, in futuro.    
Ciò gli tolse il respiro.   

     

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