Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Resilienza” di Agnese Lucarelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Anna era appena giunta al portone.

Sentiva il cuore e la mente molto più pesante del borsone che portava sulla spalla. La macchina lasciata un po distante, la causa del fiato corto.

Era preoccupata e piena di tutti quei racconti e resoconti fatti dei colleghi durante il breathing, le riunioni giornaliere.

Ogni giorno alle 13 in punto, si incontravano tutte le figure professionali per parlare dei casi in carico. Quel mercoledì 25 maggio c’erano tutti: medici, infermieri, oss, caposala, psicologo. L’equipe al completo.

Che questo caso era complesso le fu chiaro sin da subito.

Adesso, davanti a quel portone, la sua angoscia per il non ancora conosciuto di persona e l’ autostima perennemente sotto i piedi la facevano arretrare.

Pensava: – Sarò in grado di mettere in gioco la mia capacità professionale, le mie competenze, rimanendo lucida ma umanamente autorevole? Sarò in grado di avere un adeguato distacco da non farmi fagocitare dalla situazione? –

La ragazza, era già in carico al servizio di Cure Palliative da alcuni giorni. Tre per l’esattezza. E per tre giorni era stato l’argomento principale. Così le avevano detto.

Lei, rientrata dalle ferie proprio quel giorno.

Ancora le rimbombavano nelle orecchie i commenti, i consigli, le prescrizioni…

…Sulla casa, sulla famiglia, sulla terapia…

– Ha funzionato il cortisone?-

– Per fortuna il dolore è controllato. –

– Allora cosa si fa? Si fa o non si fa l’antibiotico?-

– La mamma poverina! non accetta la situazione! –

– Ci credo! –

– La sorella più piccola la mattina è a scuola, non l’abbiamo ancora vista. Anche il babbo oggi non c’era, invece c’era la nonna che secondo me non ha capito ancora la situazione.

– Ieri non aveva mangiato niente. Oggi solo un po’ di gelato! E’ rallentata nei movimenti e deve essere accudita in tutto!

– La zia ha detto che è riuscita a portarla in bagno, ed è andata d’intestino finalmente! altrimenti stamattina dovevamo fare il clistere! Era in programma… Oltre a tutto il resto.

– Comunque c’è un problema con L’accesso venoso! Oggi pomeriggio devi andare a rimettere l’ago. Stamani non ci siamo riuscite e non abbiamo potuto fare la terapia. –

– Si perché mangia poco e beve poco…-

– L’hai già detto…-

– La mamma stamattina era molto contrariata perché non abbiamo fatto la terapia. Si ma non andare tardi! che deve fare il cortisone! E poi, stai attenta a cosa dici, a come lo dici, a come ti comporti. La mamma ti guarda sempre con due occhi!! –

– E’ vero! Osserva scrupolosamente tutto quello che si fa. Come un falchetto! –

– Avrà le sue ragioni! –

– Si ma non è mica colpa nostra se è una situazione di merda! –

– Ieri mentre si stava facendo il bagno a letto alla ragazza, abbiamo un po’ scherzato per alleggerire il momento, qualche battuta sciocca per smorzare la tensione. Siamo riuscite a far sorridere la mamma! E dopo ci ha accompagnato in cucina e ci ha offerto il caffè, ed allora si è un po’ lasciata andare e abbiamo parlato tanto. Ha voluto sapere cosa si deve aspettare da ora in poi. Cosa deve succedere…-

– Oggi abbiamo portato il dottor Lorini!, menomale che è potuto venire! Le ha spiegato come dovrebbe evolversi la situazione e a che cosa stiamo andando incontro… E’ stato penoso per la mamma! –

– Domani mattina ci torniamo, con il dottore che deve parlare anche con il babbo. –

– La terapia è scritta in cartella è tutta dettagliata non dovresti avere problemi. –

– Anna il mio telefono è sempre acceso. Se ci sono problemi chiamami! – Disse il dottor Lorini.

A questo punto prese la parola il dottor Sarti, lo psicologo. Era stato fino ad allora ad ascoltare e ad osservare, annotando sul suo solito quadernino.

– Ma voi, come vi sentite di fronte a quella mamma? Nell’immaginario collettivo una mamma non può e non deve sopravvivere ad un figlio. Viviamo questo come fosse una cosa contro natura. Ed è molto radicato dentro l’essere umano. Cosa suscita in voi? In voi persone, prima che professionisti sanitari? Quali sentimenti tira fuori il toccare con mano questa morte giovane? E il dolore di quella mamma?

Era sceso il silenzio.

Ognuno con il suo groppo alla gola, ognuno con il pensiero ai propri figli, alla propria vita.

Nessuno disse niente.

Anna non aveva ancora parlato, da quando era iniziato il breathing un’ora prima.

Altri pazienti erano in carico al servizio ma furono appena menzionati, tanta era l’emozione che questa famiglia scaturiva, dentro l’animo dell’intero gruppo.

Eppure di morenti ne avevano accompagnati tanti e di tutte le età. E tanti familiari erano stati accuditi, istruiti,sorretti e supportati, da loro, operatori sanitari.

Loro,testimoni ordinari: della tenerezza di fronte alla fragilità umana, della speranza scaturita dalla ineluttabilità della vita, della forza interiore sprigionata nella quotidianità della malattia.

Anna, quel pomeriggio, prima di avviarsi per le assistenze domiciliari aveva bisogno di chiarirsi un attimo le idee. Si fece un caffè alla macchinetta e si sedette un attimo.

Toccava con mano tutti i giorni che il morire è l’inevitabile. E’ naturale come il nascere.

D’altra parte anche alla scuola elementare insegnano la naturalità degli esseri viventi, che nascono, crescono, si riproducono e poi muoiono!

Si ricordava bene quando per il compito di scienze aveva aiutato le sue bambine, tanti anni prima.

Ma quanto è difficile comprendere e accettare, pensava.

Tuttavia la sofferenza che vedeva non le provoca assuefazione, non si era abituata al dolore e allo strazio degli altri, anzi, in qualche modo l’aveva cambiata nel profondo.

Rimuginava:

– Non mi hanno spiegato: lei come sta? E’ rallentata hanno detto, ma riesce a parlare? A comunicare? E’ lucida? Cosa sa’ della sua malattia? E’ consapevole? La sorella, sarà stata preparata…? C’è qualcuno che sostiene l’intera famiglia?

Tanti pensieri e tanti interrogativi affioravano incontrollati mentre si avvicinava alla macchina di servizio. Mise in moto, partì e non accese la radio.

Lungo la strada guidò con prudenza ma con velocità sostenuta, quasi non vedesse l’ora di arrivare. E durante il tragitto pregò, non lo faceva da tanto tempo.

Arrivata, fece due giri dell’isolato per trovare parcheggio e lo trovò un po’ distante.

– menomale! – pensò – Ho ancora qualche minuto per decidere cosa dire… e come comportarmi…-

Prese la borsa da lavoro nel bagagliaio, che aveva accuratamente preparato prima di partire, la mise in spalla e si incamminò verso la casa.

Al portone la invase un senso di fragilità, i tanti pensieri la resero incerta, ma fece un bel respiro e suonò il campanello. Ad aprire all’istante fu un sorriso appena accennato e molto tirato. La stava aspettando.

Si presentò porgendole la mano.

– Buonasera signora, piacere sono Anna. Non ci conosciamo ancora, sono rientrata oggi dalle ferie, i colleghi mi hanno spiegato….- Poi si zitti – Il nervoso mi fa parlare a sproposito – pensò entrando nell’ ingresso.

Sorridendo e guardandola negli occhi… – Come sta andando? Lei signora come si sente?

– Abbastanza bene. Rispose con le lacrime agli occhi.

La signora accompagnò l’infermiera in camera della figlia, dove tutto era già un ospedale, l’asta per la flebo accanto al letto, le flebo e i medicinali sul cassettone…e sul comodino, la bottiglietta dell’acqua con il tappo forato per farci passare la cannuccia, come quando non c’è più la forza per bere al bicchiere.

Anna si avvicinò al letto, salutò con una carezza quel volto gonfio di cortisone e di sofferenza. Quel giovane corpo sprofondato in un ultimo letto.

Ecco, in quell’istante si sentì le spalle alleggerirsi. Come per incanto l’angoscia accumulata nel petto si affievolì, e quel nodo alla gola si sciolse.

C’era da fare. Il resto venne da sé. La mente, il sapere e il cuore guidarono le mani…

Quel pomeriggio Anna fece il suo lavoro. O meglio, quello che seppe fare umanamente e professionalmente in quella circostanza. Sorridendo, somministrò la terapia, controllò tutti i parametri, sistemò il letto, posizionò i cuscini per darle una posizione più confortevole…. Spiegò intanto che faceva e preparò i farmaci da fare qualora ce ne fosse bisogno. Poi sempre sorridendo si accomiatò da lei dandole un bacio sulla fronte.

Non c’era niente per cui sorridere, ma la compassione quando non puoi piangere ti lascia sulle labbra un sorriso commosso di partecipazione al dolore dell’altro.

Con la mamma passarono in cucina e lì, rispiegò di nuovo quello che c’era da fare, in caso di difficoltà respiratoria, in caso di agitazione o di dolore….

– Non devi avere dubbi, state facendo la cosa giusta. Siete genitori coraggiosi a tenerla a casa, a non farla ricoverare, a farla morire nel suo letto.…-

Non avevano voluto ordinare il letto articolato e il materassino antidecubito, e ormai non ce n’era più bisogno.

– Ma il dottor Lorini lo posso contattare se avessi bisogno? Chiese la mamma.

– Il dottore è reperibile… potete chiamare se avete bisogno, e Il 118 è già allertato e conoscono il caso…

L’infermiera riconobbe quello sguardo, rassegnato e consapevole, osservato sul volto di tanti, nel momento in cui si salutarono.

La mamma tornò in fretta al capezzale della figlia e Anna uscì in strada, una volta uscita, sentì l’aria che si era fatta più fresca e la respirò a pieni polmoni.

Come avrebbe potuto non immedesimarsi?

Patrizia, cinquantadue anni, la sua età. Greta, venticinque, l’età di sua figlia.

Tornò con calma verso la macchina, cercando di ricacciare le lacrime che avevano iniziato a rigarle il volto e si rese conto improvvisamente che aveva una canzone in testa. Si ora ricordava! L’ aveva sentita alla radio quella mattina, e quelle parole le risuonavano ora nella mente.

A lei piaceva molto sentire la musica a volume alto mentre guidava, cantare e ballettare, e questo faceva tanto ridere le sue bambine, quando erano piccole.

Con quelle parole in testa… … and you let her go… and you let her go…

arrivò alla macchina.

E la lasci andare…. Lasciarla andare …

Lasciare andare l’angoscia, il dolore per arricchirsi di altri sentimenti…

Era pronta per ripartire. Verso un altro paziente un’altra famiglia e un’altra casa.

Mise in moto, e la radio si accese, alzò il volume e si mise a cantare.

…Una vita in vacanza, una vecchia che balla….

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3 commenti »

  1. Ciao, Agnese.Un mese fa è morta una mia ex, carissima, dolcissima , bravissima allieva.27anni.È morta di leucemia in un hospice, qui, nella mia città.Un dolore grandissimo.Serve che ti dica come il tuo racconto, così compito e delicato , e pieno di voglia di vita nonostante la morte , mi abbia colpito? Mi sono spesso chiesta cosa abbiano pensato e subito i genitori, mamma in particolare , della cara mia allieva. Sei arrivata tu, che col tuo bel poetico racconto hai dato forma al turbinio dei miei pensieri. A volte, una carezza e una canzone son più forti di cento medicine. Brava e grazie .

  2. Ho letto subito il tuo racconto colpita dal titolo, perché è un tema che vorrei trattare in un libro per più motivi. Sappi che mi è capitato di far parte di queste équipe, anche se con ruolo non infermieristico, perché svolgo altra professione. Però i sentimenti di chi ha a che fare con questi dolori sono gli stessi, nonostante la resilienza… Bello, brava.

  3. Mi hai ricordato una persona magnifica che non c’è più e tutto il rincorrersi di emozioni che la sua perdita ha portato. Grazie.

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