Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Deborah, con la acca” di Antonella Caputo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Deborah stasera non riesce a dormire, si gira e gira nel letto e non fa dormire neanche me. Fra poco arriva la cameretta nuova e io non vedo l’ora. È viola e verde. La mamma e papà hanno fatto un po’ di storie per questi colori, io la volevo viola perché viola è il colore di Violetta, ma Deborah dice che il viola è troppo da bambina, che tutte le bambine c’hanno la cameretta viola o rosa. Lei la voleva verde. Lei era irre. . . irre. . . movibile, e pure io. E così, alla fine, mamma e papà hanno detto viola e verde, e siete contente tutte e due. Però a me quel verde proprio non mi piace, sembra quello dei pisellini Findus, che mi fanno vomitare, ma sono dovuta stare zitta. Il letto è uno solo, grande, quasi come quello di mamma e papà, dormiremo insieme, e questo è bello, perché così ci possiamo abbracciare e Deborah non deve urlare troppo quando mi legge le favole il pomeriggio, che noi non vogliamo dormire d’estate e mamma e papà sì, e se ci sentono si arrabbiano. L’armadio ha i cassetti uno verde e due viola, il resto invece è tutto giallino, cioè, non proprio giallino, di legno, ma non so che colore è, quando ho disegnato la cameretta a scuola e ho cercato di spiegare alla maestra che colore era quello, mi ha detto di colorare con il giallo, ma senza premere troppo.

Io sono contenta che io e Deborah dormiamo insieme, non la voglio una cameretta solo mia come ce l’hanno Laura e Roberta che a scuola fanno dispetti a tutti, chi se ne frega, quelle sono smorfiose e basta. Stasera, però, Deborah non mi fa dormire. È eccitata. È da una settimana che implora mamma e papà, piange e grida, sbatte i piedi e dice che se stavolta non l’accontentano, lei smette di studiare, perché non è giusto, dice, che tutte le sue amiche possono uscire la sera, andare alle feste di compleanno con la macchina degli amici più grandi, fare tardi e lei non può mai fare niente. Neanche la Vespa le hanno comprato. Lei smette di studiare e di prendere tutti dieci, dice. Stasera, stavamo mangiando la frittata e l’insalata e Deborah ha ricominciato. Ha detto che lei alla festa di Marco vuole andare. Papà ha detto di nuovo no, la mamma ha detto se vuoi ti accompagniamo noi, Deborah ha urlato che non è più una bambina, che fra un anno ha diciotto anni, ha detto che lei vuole andarci con il suo fidanzato e le sue amiche, si è alzata da tavola e ha sbattuto la sedia a terra, la mamma l’ha seguita nella stanza, papà mi ha detto mangia e abbiamo mangiato noi due da soli. Io non avevo più voglia di mangiare, lui però mi guardava e io ho mangiato.

Deborah alla fine ha vinto lei. E domani andrà a questa festa di compleanno con la macchina dell’amico del suo ragazzo, e con il suo ragazzo, che si chiama Sergio, e con le sue amiche, Giada e Sara. Giada è la fidanzata di quello che guida la macchina. È per questo che stasera Deborah non riesce a dormire. Deborah, se vuoi ti leggo io una storia. No no, dice lei, dormiamo Miri, è tardi. E allora io mi alzo, disegno un cuore grande con il pennarello rosso, scrivo è per te Deborah, con la acca, non Debora, come quando voglio farla arrabbiare. Perché lei si chiama Deborah con la acca. L’anno scorso la mamma stava sempre attenta a come lo scrivevo e pure alla maestra dovevo dirlo che si scrive con la h. Perché c’è anche Debora che si scrive normale, senza h.

Deborah quando torna da scuola chiede alla mamma se la aiuta a farsi i ricci ai capelli. Sta ancora tanto eccitata, la pasta non la vuole, per fortuna che papà a pranzo non torna, e così può mangiare solo il petto di pollo. Chissà perché è tutta agitata per questa festa. Quando io vado a quelle dei miei compagni sì, mi diverto, però un po’ è come giocare alla ricreazione a scuola. Solo che puoi anche correre e non c’è la maestra che ti dice dovete giocare seduti per terra.

Quando finiamo di mangiare, la mamma mi mette a fare i compiti, Deborah dice che domani c’è assemblea e ha convinto la mamma che non c’è bisogno di studiare. È il terzo vestito che prova. Il primo è uno della mamma, di quando era giovane, Deborah dice che è figo con quelle paiette fosforescenti, però le sta un po’ stretto e la mamma dice che è troppo corto per lei, che è molto più alta della mamma. Poi ha provato il vestito che si è messa a Natale, ma non è convinta, dice che gliel’hanno già visto. E poi ha messo i jeans con gli strappi sulle ginocchia e una toppa a forma di linguaccia che le ha prestato la nostra cugina. La mamma le ha detto ma sei proprio sicura? Sì sì, questi vanno benissimo, guarda, sono perfetti, se li metto con la maglia nera Liu. . . Liu, non mi ricordo più cosa ha detto, vabè vuole dire quella nuova che le ha regalato Sergio l’altra domenica che era il suo compleanno, insomma ha detto, se me li metto con quella maglia e le scarpe alte con il cinturino, starò benissimo. E infatti sta benissimo. Ho battuto le mani e ho detto sì Deborah, vestiti così.

Adesso Deborah è tutta truccata e pronta per uscire. Ha i capelli arrotolati, non sembra più lei, la mamma è stata bravissima ad arricciarglieli con il ferro che le ha prestato Sara. E ha promesso che glielo compra. Ha gli occhi tutti blu e le ciglia lunghe che la mamma ha detto forse hai esagerato. È bellissima Deborah. Papà l’ha guardata serio, sembrava pure un po’ arrabbiato e ha detto occhio, mi raccomando, con quella voce sua più vociona ancora.

Il telefono ha fatto la pernacchia che vuol dire che le è arrivato un messaggio e Deborah ha detto vado. Aspetta Deborah, salutami, le ho detto io. E lei è tornata, mi ha preso in braccio, mi ha fatto fare la giravolta che con i tacchi che aveva io ho avuto paura e ho gridato, ma è stato bello.

La cosa bella di quando Deborah non c’è è che papà prende le pizze. Deborah è intollerante al lievito e perciò non mangiamo mai la pizza quando c’è lei. E lei mangia un pane, un pane. . . che c’ha due zeta, è un nome strano, non lo ricordo mai, non ha il lievito insomma. Quando Deborah non c’è papà chiama Il prontopizza e ci fa portare le pizze, io la prendo sempre con il prosciutto cotto e le patatine. Vorrei i würstel al posto del prosciutto ma mamma e papà dicono che sono schifosi, fatti con le ossa macinate. Però sono buoni.

Invece la cosa brutta è che quando Deborah non c’è io ho paura e non riesco ad addormentarmi. Allora chiamo la mamma. Lei si mette nel letto con me e mi dice dormi e mi accarezza. Io faccio solo finta di dormire. E quando lei torna di là non ho più il coraggio di chiamarla perché aspetta che io dormo per vedere i film dei grandi. Quando Deborah non c’è io penso a quando lei era quanto me e diceva sempre a mamma e papà che voleva una sorellina, l’aveva pure chiesta a Babbo Natale e alla Befana, ma nessuno gliela portava. La mamma diceva che era la cicogna a decidere dove lasciare i bambini e Deborah tutte le sere recitava le preghierine alla cicogna. E finalmente la cicogna l’ha ascoltata. Quando sono arrivata Deborah ha scritto un diario e ogni giorno raccontava che mangiavo tanto, che piangevo perché avevo i doloretti alla pancia, poi lei voleva tenermi in braccio e non voleva più andare a scuola per stare con me. Io mi diverto tanto a leggere le cose che scriveva. Deborah è la mia sorellona del cuore e io, adesso, mi sento triste a stare nel letto senza di lei. E allora, sai che faccio? Vado a dormire nel suo letto, così mi sembra di stare con lei, mi abbraccio al suo cuscino e aspetto che torna. Quando Deborah tornerà dormirà nel mio letto, come le altre volte. Non vedo l’ora che arriva la cameretta nuova e così staremo sempre nello stesso letto.

Ho sentito la mamma gridare stanotte. Parlava al telefono, credo, e chiamava papà. E piangeva. Papà pure ha parlato al telefono e urlava no no, non è possibile, che state dicendo. E piangevano tutti e due. Io mi sono chiusa stretta come i gatti, mi sono abbracciata le ginocchia e ho aspettato. Non voglio che mamma e papà si preoccupano anche per me. Deborah ancora non torna.

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23 commenti »

  1. Carissima Antonella, dopo Letizia ci fai conoscere Deborah, vista con gli occhi della sua sorellina, Deborah che si affaccia irre…movibile alla vita, Deborah che non torna. Mi ha stretto il cuore, le immagini e le sensazioni sono così vive: vorrei abbracciarla io ora Miri, chissà per quanto non riuscirà a dormire. Molto bello, complimenti.

  2. eh – bello! Linguaggio che entra proprio lì, dove parlano loro, che spesso non ascoltiamo abbastanza – brava!

  3. Antonella, arrivato alla fine vorrei tanto abbracciare la dolce bambina che con quel suo linguaggio ci racconta Deborah e i suoi confronti coi genitori, in quel periodo critico della vita che ognuno di noi ha avuto.
    Bello.

  4. E non torna. Quando ci sono i fratelli è come se fossero sempre a disposizione, appena sono usciti non ci sono più, ma èun gioco. io pensavo sempre che dopo il bacio della buona notte mio padre e mai madre si trasformassero in grandi, facessero le cose che non potevano fare con me. bastava passare sotto l’architarve della porta e diventavano altri. Adesso anche Deborah l’ha fatto.

  5. Che bello ritrovare qui Antonella con i suoi personaggi femminili, diversi ogni volta, ma sempre coraggiosi, fragili, impetuosi, emozionati, pensierosi, determinati, e soprattutto sempre pieni e traboccanti di vita, nonostante il dolore che bussa alla porta. E che bella scrittura, che si immedesima e al tempo stesso accarezza e protegge le sue creature. Brava brava brava, come sempre.

  6. Ebbene sì, sono tornata Marco caro! Grazie per le tue belle parole e grazie anche agli altri.
    Sono stata molto assente quest’anno e me ne scuso, ma ho avuto un’invernata impegnativa. Cercherò di recuperare quanto più possibile ????

  7. Scrivi indubbiamente molto bene e anche questa storia ne è la prova. Ma che tristezza. Mi ha fatto entrare in ansia, quell’ansia che conoscono molto bene i genitori che hanno figli che vogliono spiccare il volo. Un ansia che non finisce mai neppure quando crescono.

  8. Bellissimo, raccontato esattamente come lo racconterebbe una bambina. Complimenti davvero!

  9. Hai ragione Monica, che tristezza. Mi dispiace, ma è proprio quello che il racconto voleva e doveva: trasmettere tutta la tristezza del mondo. Del resto, quale altro sentimento provare dinanzi a una situazione simile, se ne siamo, come per fortuna in questo caso, solo spettatori? Grazie del tuo commento, gentilissima 🙂

  10. Noooooo… come ci sono rimasta male… stavo pensando al rapporto tra le due, alla meraviglia, a quanto mi dispiaccia non avere una sorella e, sbam, una musata mi ha rotto il naso. Brava, Antonella. Anche questa musata è quel che cerco nella scrittura. confermata l’opinione che ho di te!

  11. Bentornata Antonella con la “forza” dei tuoi racconti, brava come sempre.

  12. Un doloroso balzo nella realtà, il confronto con i mostri che non ci fanno dormire facendoci sentire impotenti…ricordandoci che SIAMO impotenti. Mia sorella lo ha letto e mi ha detto che mi sarebbe piaciuto: i “brava” quindi sono due.

  13. Ringrazio i miei ultimi lettori che ancora non ho ringraziato. Onorata della vostra attenzione e delle belle parole che avete avuto per il mio racconto 🙂

  14. Il fatto è che fino alla fine non sapevo dove saresti andata a parare. E poi è arrivata la pugnalata! Un dolore lancinante, lungo e terribile che ancora non mi lascia…Se l’obiettivo era quello ci sei riuscita in pieno: la dolcezza del racconto prima del finale, la routine di una famiglia come tante, un grande amore tra sorelle…tutto questo ha reso quel finale dolorosisimo.

  15. Grazie Deborah! L’obiettivo era proprio quello (purtroppo).

  16. Difficile non farsi prendere da questa scrittura essenziale, perfetta per una bimba. Belli questo amore/bisogno e questa telecamera puntata sul mondo che sono gli occhi dei piccoli.

  17. Un racconto che ti prende e ti stritola, grazie anche alla voce narrante. Hai reso benissimo il punto di vista della bambina, pare quasi di sentirla parlare. Quello che dice arriva dritto dritto al cuore, intenerisce e commuove, e apre una porta su due mondi femminili: quello di Miri e quello di Deborah. Tutto ciò che la sorella maggiore non dice, la minore in qualche modo lo vede e ce lo descrive, e per tutto quello che la piccola prova, la grande è sempre lì presente. Almeno fino alla conclusione, dove è proprio ciò che non viene detto che stringe il cuore. Brava, bellissimo! In bocca al lupo anche a te!

  18. Brava Antonella! Sei riuscita a farmi tornare indietro nel tempo a ad immedesimarsi nella protagonista : le prime uscite, il volersi sentire grandi ed indipendenti, le discussioni con mamma e papà.. Molto bello come hai descritto Debora vista dagli occhi della sua sorellina. Si il finale è un colpo al cuore, ho pianto sul serio, non me lo aspettavo ma io sono positiva e voglio pensare che alla fine non sia morta ma che abbia avuto solo un brutto incidente e che alla fine dopo qualche mese riuscirà a tornare a casa e a dormire di nuovo insieme alla sua sorellina 🙂 Congratulazioni sinceri!

  19. Grazie a voi:
    Vrocco
    Carola
    Valentina.
    Commossa.

  20. Che bello rileggerti Antonella con una storia, quest’anno, tanto dolce e tanto struggente. Anch’io come Valentina, come te mi lasci credere, non voglio pensare che la storia sia finita e, invece, che la notte sia ancora molto lunga e porti con sé alla fine, magari con la luce del giorno, Deborah, con l’acca.
    Ho letto da qualche parte che lavori con i bambini. Si sente, sai?
    In Bocca al Lupo!

  21. Ciao Antonella, ben trovata… che meraviglia! Un racconto che stringe il cuore, con tratti riconoscibili e per questo davvero tanto empatici. Bellissimo!

  22. Grazie anche a voi, Simona e Katia!

  23. Una storia molto commovente che ti rimane dentro per il suo essere così candidamente vera e dolorosa – tanto da non poterci lasciare indifferenti-, e che si lega alle nostre emozioni oltre il tempo della lettura. Complimenti davvero Antonella!

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