Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Una storia di pietre” di Diego Inghilleri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Per tre volte il semaforo all’incrocio era passato dal rosso al verde e poi ancora al rosso senza che la coda avanzasse di un metro. Una volta che mi muovo in anticipo, guarda che roba, recriminò Francesco osservando l’orologio digitale che dal cruscotto gli rimandava implacabile l’avvicinarsi dell’orario del suo appuntamento. Aveva ottenuto questo colloquio di lavoro all’ultimo momento, inaspettatamente ma con i migliori presupposti, e la tensione cresceva perché arrivare in ritardo non era un’opzione plausibile. Non contribuiva certo a ridurre l’ansia scorgere poco lontano sulla sinistra, ma apparentemente irraggiungibile, la via al numero 54 della quale avrebbe dovuto trovarsi di lì a dodici minuti (Adesso undici: ansia, ansia, ansia!), rigorosamente a senso unico con il cartello di divieto d’accesso in bella mostra anche se era una strada spaziosa che avrebbe consentito comodamente il transito nelle due direzioni (e colpì il volante per evitare di pigiare il clacson come se non ci fosse un domani). Sporse la testa dal finestrino per vedere meglio cosa bloccasse l’incrocio anche se era pressoché impossibile stabilirlo in quella confusione totale che ritenne insensatamente di limitare zittendo stizzito la radio e l’insopportabile pezzo trap che trasmetteva. Si guardò di nuovo attorno e decise che c’era una sola possibilità: imboccare in contromano la strada a senso unico e precipitarsi all’appuntamento con la vita. Mentre inseriva la freccia e accelerava sterzando sperimentò un vivido déjà vu.

Il piccolo Francesco stava rientrando da scuola come ogni giorno percorrendo la stradicciola che si snodava lungo i vigneti, protetti a monte da bassi contrafforti di roccia e da tigli il cui profilo conosceva a memoria. Procedeva saltellando e correndo per brevi tratti calciando una pietra grigiazzurra che aveva trovato sulla via e con la quale stava inscenando una partita di chissà quale torneo di calcio dove giocava nel ruolo di attaccante. Ad alta voce accompagnava le proprie prodezze con una telecronaca dal sapore epico, e il doppio sforzo sportivo, la cartella sulle spalle e il sole già caldo del mese di maggio lo facevano sudore copiosamente, senza che nulla potesse fermare quella storica rimonta. Un fagiano, disturbato da un cross radente, si alzò dai cespugli con un bagliore verde e ruggine e fece fuggire due merli nascosti poco oltre nei ciuffi d’erba lungo il fossato. Il prosieguo dell’azione si concretizzò in un dribbling tra gambe immaginarie e in un secondo lancio che mancò di un soffio la porta avversaria, rappresentata in quel tratto dai supporti del cartello di legno che indicava il nome del podere e il divieto d’accesso. La pietra carambolò sul palo sinistro, lo sbucciò all’esterno e venne catapultata lungo il sentiero laterale che scendeva nel bosco, insinuandosi tra i pioppi e i salici, smarginando i noccioli. Francesco esitò. La nonna gli aveva proibito di prendere quella strada, più lunga, accidentata e pericolosa, in quanto più avanti tagliava il pendio di una collina affacciandosi su di una scarpata di due o trecento metri a picco sulla gola scavata dal torrente che più a valle attraversava il paese. Ciononostante, l’eccitazione ebbe il sopravvento, in quanto l’aver fallito il pareggio spinse l’eroico attaccante a prendere la via del bosco lasciandosi alle spalle il cielo terso e le raccomandazioni della nonna in favore del tunnel di fronde intricate e ombrose. Ma si sa: una partita di calcio ha le sue regole, e non è finita finché non è finita.

Francesco accelerò di slancio pronto a infrangere non meno di quattro norme del codice stradale e altrettanto improvvisamente frenò quando un pedone attraversò la strada a pochi centimetri dal cofano della sua auto costringendolo a bloccarsi. Il vano portaoggetti si spalancò di colpo e ne saltò fuori, ruzzolando sotto il sedile, una pietra grigiazzurra che portava con sé da una vita (Nove minuti: sono fottuto!). Si piegò per raccoglierla scomparendo per un istante sotto il cruscotto.

L’eccitazione suscitata dalle insidie del bosco aveva trasformato la partita immaginaria di Francesco addirittura in una finale di calcio internazionale, un assalto alla coppa in trasferta. I pioppi che limitavano il passaggio erano la difesa pressante, l’ombra e i suoni che la abitavano la presenza oppressiva di un pubblico di parte avversa che inneggiava contro gli ospiti e che solo una prodezza poteva zittire definitivamente. Un ultimo calcio portò la pietra nuovamente in pieno sole sul margine del cornicione a picco sul torrente. Nonostante l’euforia, Francesco si arrestò di colpo. Calcolò la posizione della pietra e quella di un palo poco più avanti, eretto chissà a segnalare quale limite, e si preparò a scattare per colpire il pallone improvvisato in un rigore di fronte al quale lo stadio era in silenzio. “Stai attento a non cadere di sotto”, disse una voce alle sue spalle. Francesco trasalì e l’emozione non mutò quando riconobbe Lisa, una sua compagna di classe con la quale, da maschio e quindi per definizione, non scambiava quasi parola. Ma dentro la pancia qualcosa si attorcigliò e si sentì in dovere di rispondere mostrandosi superiore e sicuro: “Non c’è pericolo. Passo di qui tutti i giorni”. “Non è vero”, lo smentì la bambina con un sorriso complice; “tu non mi aspetti mai, ma io faccio sempre la stessa strada. E da qui tu non ci sei mai passato”. Seguì un lungo silenzio pieno di implicazioni. Francesco si avvicinò al ciglio sulla gola, raccolse la pietra rimandando il rigore ad altro tempo e accennò a proseguire il rientro a casa nascondendo l’imbarazzo dell’avere avuto una spettatrice per tutto il tragitto. “Non vieni?” chiese a Lisa voltandosi appena e rallentando il passo. Lei lo seguì e Francesco, dopo pochi passi, si mise dalla parte del cornicione invitandola senza parole a stare dalla parte più sicura degli alberi.

Mentre tastava sotto il sedile del passeggero sbuffando, Francesco pensò a cosa avrebbe detto Lisa quando, a sera, le avrebbe raccontato di essere arrivato in ritardo al colloquio. Probabilmente lo avrebbe baciato, e poi lasciato senza cena. Riuscì a estrarre la pietra con la punta delle dita e riemergendo da sotto il cruscotto si rese conto che dalla via a senso unico che era pronto a imboccare in contromano stava spuntando un’auto della polizia urbana che, non fosse stato per il pedone quasi investito poc’anzi, avrebbe incontrato muso a muso finendo la sua mattina con un verbale chilometrico e un addio definitivo all’appuntamento. E mentre cercava ancora disperatamente un’alternativa quanto meno improbabile, ecco che il pedone saliva su di un’auto in sosta poco più avanti e cercava di lasciare il parcheggio. Finirono con lo scambiarsi uno sguardo d’intesa che sostituì quello truce di poco prima e mentre l’uno si immetteva nel traffico, l’altro, Francesco, finalmente, parcheggiava (Quattro minuti, maledizione!).

La responsabile dell’ufficio personale dell’azienda, elegantissima e fino a quel momento distaccata e formale, si rilassa nella poltroncina e dà un po’ di respiro a Francesco, seduto a disagio in una sediola più bassa e decisamente scomoda. Quindi, la donna chiude la cartelletta che ha di fronte e la sposta di lato concedendo un sorriso al suo interlocutore. “Qui teniamo alla forma, signor Galbiati. Molto”. Francesco non osa muoversi in attesa del colpo di grazia. “E lei è arrivato qui in condizioni…” con un gesto fluido abbraccia la cravatta di traverso, il colletto slacciato, la giacca stazzonata, il viso ancora paonazzo e sudato, la tensione che si è portato dietro, l’affanno con cui è letteralmente ruzzolato all’interno dell’ufficio sullo scadere dell’orario dell’appuntamento. Francesco non sa cosa rispondere, temendo di peggiorare la situazione. Fa allora quello che Lisa gli consiglia sempre: smette di rimuginare e studia l’interlocutore. Nonostante la puntualizzazione la donna non pare critica. Francesco si sistema sulla sedia e sente una fitta al fianco sinistro. Infila la mano nella tasca della giacca e ci trova la pietra grigiazzurra che credeva di avere rimesso nel cassettino portaoggetti ma che nella concitazione ha verosimilmente infilato nel primo posto disponibile per liberarsi le mani. “Mi spieghi bene”, continua la donna sorridendogli, “e non mi venda la questione c’era traffico oppure non mi curo dell’esteriorità, sono fatto così.” Francesco capisce che la donna davanti a lui sa che ogni affermazione potrebbe essere vera, ma che comunque non le basta: al di là del proprio valore che spera di avere dimostrato curriculum e contenuti del colloquio alla mano comprende che la donna si aspetta qualcos’altro. “Mi dia una spiegazione più fantasiosa”, chiede infatti. “La fantasia le servirà, se lavorerà con noi”. Torna a sorridergli. Aspetta. Francesco rimette la mano in tasca, estrae la pietra grigiazzurra e la posa sulla scrivania sedendo in punta di sedia. “Non ci crederà”, inizia a raccontare, “tutto è cambiato con questa pietra”.

Loading

5 commenti »

  1. Bello questo invito a vedere oltre, ad avere coraggio. Lo fai con tante metafore o almeno io le ho lette così e lo fai molto bene. E’ un racconto “motivazionale” e leggerlo fa stare bene e da’ la carica. Cosa volere di più?

  2. Davvero un bel racconto sull’importanza della fantasia e sul non arrendersi mai. Del resto se continui a provarci prima o poi vieni premiato. Scritto molto bene, complimenti.

  3. Ringrazio Valeria e Monica perché ho cercato davvero di comunicare un certo ottimismo, quello che a volte non è facile tenersi accanto nel quotidiano. Grazie d’avermi letto!

  4. Una storia semplice ma con un significato profondo. Mi ha colpito il segno lasciato dai piccoli gesti del passato, che sembrano persi in ricordi lontani, ma che invece restano dentro e all’improvviso riaffiorano a dare un senso al presente e ad aprire le porte sul futuro. Molto bello! Complimenti davvero!

  5. Pensiero divergente, chiamasi. Un’iniezione di positività, un invito a vedere “oltre”. Originale anche questo racconto, come l’altro, sebbene il registro sia totalmente diverso.

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.