Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Inquietudine d’amore” di Maddalena Frangioni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Marta fece un lungo giro in cerca di un posto. Non voleva sostare troppo vicino al palazzo dove Ennio abitava. Preferiva evitare gli sguardi curiosi degli inquilini per non sentirsi in obbligo di salutare. Era schiva, amava la sua libertà. La giornata era calda in quel fine luglio senza pioggia, arido e secco. Ennio non era riuscito a dormire quella notte, ma, quando aveva chiuso il libro, per paura di non svegliarsi in tempo aveva puntato la sveglia alle nove. Voleva avere il tempo di una doccia e di un caffè per essere pronto, appena Marta, l’amore della sua vita, fosse arrivata. Lui e Marta si conoscevano da sempre, erano cresciuti insieme, erano dello stesso paese, poi si erano persi di vista, ciascuno per la propria strada, ora quell’appuntamento, dopo tanti anni, era per lui l’appuntamento più importante della sua vita. Al telefono quando lei lo aveva chiamato, lui era così emozionato che aveva farfugliato parole incomprensibili prima di dire semplicemente: “Ti aspetto!” Alle nove e tre quarti Ennio se ne stava alla finestra in trepida attesa di vedere spuntare l’auto dell’amica. L’agitazione di Ennio, non più un ragazzo, ma un uomo d’età con una vita e una carriera alle spalle, potrebbe apparire ridicola se non avesse avuto un fondamento del tuto rispettabile. Sbaglia colui che si ferma all’esteriorità delle cose senza guardare oltre quel velo dell’apparenza. In ogni vita si può nascondere un segreto, una realtà insospettabile, sentimenti imprevedibili, perché la vita come l’animo delle persone sono complessi e spesso complicati. Ennio si affacciò al balcone e quando vide Marta attraversare la strada e venire verso il palazzo sentì un moto di gioia. Fece appena in tempo a salutarla con a mano, quando un sordo rumore, un grido lacerante, un urlo sguaiato lacerarono l’aria calda e silenziosa di quel mattino. Gridò ma nessuna voce uscì dalla gola. La testa confusa, le auto sotto casa ferme, impiegò un po’ a rendersi conto, poi fu rimbombo di sirene spiegate, di motori roboanti di capannelli di gente sul marciapiede. Ennio unico vero spettatore, il più interessato e coinvolto dal dramma che si stava consumando rimase impassibile gli occhi freddi e asciutti senza una lacrima. Quando più tardi, dopo che tutto quel caos si era spento pianse in silenzio, negli occhi quel tragico impatto, nella mente e nel cuore il film della sua storia d’amore. Per quell’amore aveva vissuto e per quell’amore la mente e il suo cuore non erano mai stati vuoti

Sei
La storia di quell’amore, scomparso all’improvviso in quella giornata estiva, era stata la più bella che avesse vissuto. Per contrastare il destino tanto avverso, decise di conservarla inalterata nel suo animo, per avere il tempo di sedimentare quel dolore che riteneva esclusivo. Ne aveva tutto il diritto, e come aveva difeso il suo amore da occhi e bocche indiscrete, ora voleva proteggere il suo dolore da commenti e parole di cordoglio dettate dall’abitudine di certi comportamenti sociali.

La sua vita comune e lineare sul piano lavorativo, era stata complicata e niente affatto semplice sul piano dei sentimenti.
Avvocato divorzista, capace di sbrogliare matasse spesso intricate di rapporti difficili astiosi conflittuali tra coniugi in atto di lasciarsi, non era riuscito a sbrogliare il groviglio interiore dei suoi sentimenti portandolo a vivere una vita poco soddisfacente. Sposato per un brevissimo periodo, aveva messo fine al suo matrimonio ritenendolo poco confacente con i suoi ideali, convinto che, senza vero amore, un’unione non può durare.
Come altri si era sposato più per la suggestione del momento e per far contenta la madre, spaventata all’idea di quel figlio scapolo, che per reale convinzione. Ma dopo che il matrimonio era naufragato aveva ripreso la sua vita da scapolo e sebbene con difficoltà era tornato a caldeggiare certi sogni lontani.
Quel fallimento all’età dei cinquant’anni, al contrario di quanto si potrebbe pensare, non gli aveva procurato disagio, diversamente, senza volerlo, nel restituirgli del tempo, gli aveva permesso di avvicinarsi alla donna che conosceva da tempo, ma che non aveva mai frequentato.
A ben guardare la sua vita era come se fosse stata divisa in due. Il caso o il destino non gli erano stati davvero favorevoli nella prima parte dell’esistenza, nella fase in cui tutti crediamo che l’allegria e la felicità siano a portata di mano, facilmente raggiungibili, come fossero un tributo alla giovinezza, considerata l’età dell’amore.
Nessuna gioia in gioventù, trascorsa tra lo studio e il lavoro. Per anni solo, aveva rifiutato la possibilità di un legame, fino a quando aveva incontrato Sara, una collega in gamba con cui lavorava piacevolmente. Aveva tergiversato per un po’, perché sapeva che non era quella la donna che incarnava il suo desiderio d’amore. Dopo una breve storia, a sorpresa il matrimonio, durato il tempo di una stagione, di cui non amava parlare, attribuendosi ogni responsabilità.
Era stato quando era tornato a vivere solo che si era reso conto di tutto il tempo gettato, sprecato in una vita senza amore. Non era stata Sara a far precipitare quel legame, la colpa se così si può dire stava nella scarsa chiarezza del suo animo. Era stata una forzatura l’aver accettato quell’unione.
Si era consolato ritenendo che, forse senza quel percorso accidentato, non avrebbe saputo riconoscere e scoprire il vero sentimento d’ amore.
A cinquant’anni Ennio era un uomo solo, ma disposto e disponibile all’amore. Il lavoro sebbene importante non era più l’unico suo obiettivo di vita.
Quella sua maturata coscienza di sé si era incontrata felicemente con il caso, quel caso fortuito che talvolta ci sorprende e ci offre nuove possibilità. Ennio se ne era reso conto, quando aveva rivisto Marta, una vecchia amica. Era stata una grande opportunità cui non aveva voluto rinunciare
L’incontro, avvenuto alla cena dei vecchi compagni di classe, l’aveva talmente sorpreso da lasciarlo ammutolito. Le si era avvicinato con timidezza e aveva cominciato a parlare con lei, partendo dal ricordo di vecchi episodi di scuola curiosi.
Marta, la compagna di classe, l’amica degli anni giovanili, era la persona che non aveva mai dimenticato.

Il sentimento per lei, mai confessato, racchiudeva insieme all’amore per quella ragazzina, la giovinezza, che avrebbe desiderato vivere, senza musi lunghi e amarezze, talvolta molto pesanti tanto da renderlo schivo e solitario.
Il ricordo più fresco di lei risaliva a trent’anni prima, quando ancora era una ragazza e viveva al paese.
Erano stati due studenti di liceo e insieme avevano trascorso intere giornate sui libri. Entrambi desiderosi di iscriversi all’università con la prospettiva di un lavoro e di un futuro sicuro. Educati al dovere e all’impegno sentivano sulle loro spalle il peso della responsabilità di soddisfare e gratificare i genitori pronti a sacrificare loro stessi pur di far studiare i figli.
Figli del proprio tempo, di un tempo pieno di speranza e di fiducia per un rinnovato benessere dopo gli anni dell’ultima guerra, avevano cercato nello studio di dare il meglio di loro stessi, convinti del proprio ruolo di cittadini. Ennio aveva in mente, quando si erano preparati all’esame di maturità, le discussioni notturne con lei e con altri compagni sui problemi complessi, più grandi di loro, come la democrazia, la giustizia, i diritti, la pace. Erano stati come si dice “anni ruggenti” proprio per quel bisogno allora di far sentire il proprio “ruggito” schiacciato dalle convenzioni e dal pregiudizio propri del loro tempo.
Ennio ricordava l’entusiasmo di Marta e il suo desiderio di parlare in difesa soprattutto della condizione della donna, a suo parere, più difficile rispetto a quella dell’uomo, perché ritenuta inferiore.
Bastava osservare la vita quotidiana della famiglia per capire l’ingiustizia perpetrata verso la donna. Anche nella sua famiglia soltanto il fratello della mamma aveva avuto la possibilità di studiare, sua madre invece aveva dovuto rinunciare per occuparsi della casa. La differenza tra uomini e donne era evidente.
Ennio di fronte a certe argomentazioni di Marta rimaneva in silenzio, non sapeva cosa dire.

Era ancora un ragazzo e quel mondo femminile non lo conosceva. Era naturale per lui vedere sua madre occuparsi della casa, del figlio e del marito.
Sarebbero dovuti passare molti anni prima di arrivare a avere delle idee personali in proposito.
Ammirava Marta, anche se non capiva quel suo modo di “lottare con le parole”, come lei diceva, quando voleva affermare le proprie idee contro chi la pensava diversamente da lei.
Era la sua determinazione, era il suo senso di giustizia a incantarlo.
Dietro seguiva il sentimento che aumentava di pari passo alla crescita di entrambi. Dall’infanzia all’adolescenza fino alla giovinezza Ennio, senza quasi rendersene conto, aveva coltivato quel primo germoglio d’amore, che era sbocciato fino a coinvolgerlo completamente.
Nel momento in cui era stato pronto a rivelarsi e a mostrare la verità del suo animo l’aveva perduta. Lei, non era più accanto a lui.

Sette
Finiti gli studi la vita li aveva allontanati. Ennio aveva preso la laurea in giurisprudenza e, dopo anni di praticantato aveva messo su lo studio di avvocato. Aveva passato giornate a studiare e a imparare tutti i segreti di quella antica professione forense per riuscire a diventare un bravo avvocato. Aveva scoperto come dalla conoscenza delle leggi, comprese le postille, i richiami, le modifiche e le aggiunte possa dipendere l’andamento più o meno positivo di una causa. Ennio aveva scelto di specializzarsi nel diritto di famiglia, in particolare in quella branca tanto controversa e difficile quale il divorzio. La legge sul divorzio, sebbene fosse entrata in vigore quando si era laureato, risentiva di molta ostilità e era ancora poco chiara sulle norme che regolano la separazione tra i coniugi. La parte più spinosa che la coppia doveva affrontare era quella dei figli e del loro affidamento. Ennio, sebbene non fosse sposato, né avesse figli, ugualmente si era sentito spinto a occuparsi proprio delle problematiche familiari, perché considerava la famiglia il tassello, primo, insostituibile su cui si fonda una società. Un bravo avvocato nel mettere fine alle diatribe tra i coniugi poteva dare il proprio contributo, riportando, in parte, quella serenità spezzata dalle contestazioni.
Forse in questa sua scelta Ennio si era ricordato di Marta e della sua difesa della donna, perché spesso erano i mariti a essere presi di mira nella sua arringa di avvocato difensore a favore delle mogli, spesso la parte più debole anche sul piano economico.
Il suo studio, sebbene si trovasse nel piccolo centro in cui era cresciuto, era diventato famoso in tutta la provincia per le tante e diverse cause affrontate con successo. Erano per lo più le donne che suonavano alla porta in cerca di consigli e di cause da affidargli per una buona riuscita. Per arrivare a tanto successo, aveva lavorato sodo e soprattutto si era buttato in modo quasi forsennato tra le carte, quando aveva perduto la speranza di stare vicino a Marta, che aveva lasciato il paese, per trasferirsi in un’altra città, dove era andata a vivere dopo il matrimonio.

Otto
Marta si era laureata in lettere e aveva intrapreso la carriera di docente. Aveva fatto il Concorso e, dopo tanto studio, era riuscita a avere un posto. Nella scuola il meccanismo dell’assunzione era alquanto perverso e Marta lo aveva scoperto sulla propria pelle. All’amministrazione non interessavano i diritti dei singoli, né tanto meno i problemi. La macchina burocratica destinava a caso le scuole e le cattedre, senza valutare vicinanza o lontananza con i luoghi di residenza. I docenti, per lo più donne, causa anche i bassi stipendi, per una politica miope che considerava l’insegnamento più “cosa da donne”, causa di un esasperato maschilismo, si trovavano sballottati di qua o di là, spesso costrette a rinunciare alla propria vita familiare, lontane dal marito e peggio lontane dai figli. Marta un tempo piena di entusiasmo si era trovata a fare i conti con quella vita raminga incerta e difficile. Costretta a dividersi tra gli alunni, il marito e la figlia, si era sentita depressa e delusa. La città in cui era andata a abitare che all’inizio le era sembrata affascinante e bellissima rispetto al paese, le era diventata estranea, non potendola vivere con serenità, sempre di corsa, senza poter far passeggiate e godersi i momenti di relax.
Il matrimonio frantumato e stritolato dalla frenesia della vita cittadina, era l’effetto più tragico di quella vita assurda. Marta, nei momenti di maggiore tensione, sognava il paese e la tranquillità di certe giornate stanche e noiose. Era in quei momenti di esasperazione che ricordava i vecchi amici e le tornava in mente Ennio, l’amico caro di gioventù che non vedeva da tanti anni.
Ricordava con piacere il biglietto di auguri di Ennio nel complimentarsi con lei per la laurea. Non aveva fatto in tempo a salutarla. Era accaduto tutto di fretta, la laurea, il matrimonio, il trasferimento. Ennio aveva saputo dopo, dopo che tutto era già accaduto e la parola fine sembrava precludere ogni possibilità di un rapporto tra loro.
Il silenzio e la lontananza lasciavano in sospeso il dialogo, le occhiate e le risa di qualche battuta cadevano ora nel vuoto.

Otto
Ennio pur a distanza aveva cercato ogni tanto di informarsi di sapere. Al suo studio arrivavano alcune volte notizie di compaesani tornati dalla città, uomini o donne in pensione tornate alla casa dei genitori come per riprendersi la vita lasciata da giovani e stare vicini ai parenti. In qualche caso si trattava anche di mogli abbandonate dai mariti, tornate a casa, perché impossibilitate a stare da sole in città. Erano i volti del fallimento, volti delusi e privi di speranza in cerca delle proprie radici e della propria identità.
Gli veniva spontaneo di volersi occupare di queste mogli tradite dalla vita per aiutarle a difendersi da certi mariti arroganti.
Qualche volta gli era venuto in mente che chissà, tra quelle donne, che ritornavano dai genitori, potesse un giorno trovarsi anche Marta. Aveva saputo dei dissapori del so matrimonio, poi però si augurava che non accadesse mai, perché non avrebbe sopportato di vederla soffrire.
Era soltanto un pensiero in parte anche una speranza.
L’aveva incontrata un giorno al paese e le era sembrata distratta e pensierosa. Gli era dispiaciuto notare sul volto di lei un velo di malinconia, ma non aveva detto niente per timidezza e imbarazzo. Poi aveva poi cercato di stare lontano per non soffrire.
Alla fine si era convinto che doveva lasciarla in pace, in fondo lui non le aveva mai detto nulla e lei non poteva immaginare che lui non avesse mai smesso di pensare a lei.
La vita era continuata e a quarantacinque anni la solitudine cominciava a pesargli e sentiva il bisogno di una sua vita e di una casa che non fosse quella dei genitori. La madre con la quale Ennio viveva era preoccupata per lui, il lavoro da solo non poteva renderlo felice e, come diceva lei, un uomo ha bisogno di una donna non fosse che per tenere in ordine la casa.
Aveva sepolto i ricordi cercando di vivere come un uomo qualunque in attesa di qualche evento che lo distogliesse dai suoi pensieri più amari.

Nove
Era accaduto un giorno, dopo un’udienza in tribunale, che Ennio si era fermato a parlare più del solito con Sara, una collega che conosceva e stimava nel suo lavoro. Avevano cominciato a frequentarsi e a uscire insieme la sera. Coetanei, ciascuno con un percorso di vita piuttosto complicato, si erano trovati bene nel confidare oltre i timori e le ansie proprie della loro professione, anche certi segreti privati che da tempo tenevano chiusi nel proprio animo. Ennio trovava la compagnia di Sara piacevole. Era ancora una donna piacente nonostante non fosse più giovanissima, il corpo snello e leggero la rendevano molto giovanile. Curata nell’aspetto e ricercata nell’abbigliamento, Sara era una donna concreta e abbastanza spiritosa.
Impegnata nel lavoro cui dedicava molto tempo cercava di applicare in modo scrupoloso la legge, per evitare, diceva, possibili arbitri e giudizi parziali. La linea difensiva che lei adottava nel difendere i clienti nelle cause civili, riguardanti piccoli fatti, era la più lineare e oggettiva possibile. Più che il suo assistito, contava la legge. Su questo punto le loro idee divergevano, lui, contrariamente a lei, applicava la legge con più liberalità e autonomia. La legge era il punto di riferimento, ma non doveva essere un punto morto, bensì una risorsa per il cliente di ritornare a avere fiducia in se stesso e nelle istituzioni. Unire il sentimento alla legge per renderla più umana e più viva era il segreto del suo successo di avvocato. Quando tra loro ne parlavano non riuscivano a trovare un giusto accordo, rimanendo ciascuno sulle proprie posizioni. Lasciavano perdere e chiudevano l’argomento. Era questa testardaggine e un certo conformismo di lei che lui non riusciva a accettare. Non doveva però esagerare, erano così adulti, non avrebbero potuto cambiare.
Dopo alcuni mesi dalla prima uscita serale insieme, una sera Sara l’aveva invitato dai suoi a cena, il padre voleva conoscerlo, Non erano più ragazzini e non ci sarebbe stato bisogno, ma le convenzioni
nei piccoli centri sono spesso vincolanti, così Ennio aveva accettato. E, dopo lo scambio di saluti tra le rispettive famiglie, fu fissata la data delle nozze.

Dieci
Un giorno di maggio Ennio e Sara si erano uniti in matrimonio davanti al sindaco e dopo una festa con pochi amici e conoscenti era iniziata per Ennio una nuova fase di vita che sperava fosse la migliore possibile.
Il viaggio di nozze in Brasile della durata di 15 giorni era stato per entrambi il primo volo di distacco dalla famiglia di origine e dal paese. Avrebbe dovuto essere un momento di intenso piacere, purtroppo, sebbene interessante, non aveva soddisfatto del tutto l’animo di Ennio ché, proprio in quell’occasione erano emerse le tante divergenze che lo separavano da Sara.
Fu allora che Ennio capì che il matrimonio da solo non era servito a superare o far tacere l’animo irrequieto di chi non è innamorato. E lui, sebbene nutrisse un certo affetto per Sara, non l’amava.
Per non deludere e tirarsi addosso critiche ingiuste Ennio prese tempo. La vita matrimoniale s’incanalò nella routine quotidiana, lavoro e casa, casa e lavoro. Le giornate sempre uguali scorrevano con sufficiente tranquillità, ma Ennio, sebbene fosse un uomo discreto e razionale non era sincero con se stesso e a stento riusciva a trattenere una certa inquietudine.
Nessuna responsabilità di Sara se non quella di non comprendere certi stati d’animo d’insofferenza di lui nell’assolvere agli obblighi di relazioni sociali, come capita normalmente tra coppie sposate,
C’era voluto tutto il suo coraggio per parlarle e rivelarle che tanta irrequietezza non dipendeva da lei, né dalle cose intorno, anche se da sempre riservato poco amante della mondanità, ma dalla sua imperfezione come marito e da quel legame che aveva accettato con leggerezza, senza valutare la responsabilità di quell’unione.
Provava affetto per lei e avrebbe potuto continuare a trarre da quel matrimonio tutti vantaggi almeno quelli pratici, ma non poteva continuare a mentire a se stesso.

Dopo cinque anni di rinvii e incertezze decise. Avrebbe chiesto la separazione e avviato la richiesta di divorzio presso un collega, per stabilire consensualmente le cose, evitando lacerazioni e ripicche inutili.

Undici
Sara sebbene a conoscenza di qualche segreto recondito dell’animo del marito era rimasta sorpresa. A cinquant’anni era difficile accettare una tale situazione, l’idea di un futuro insicuro la destabilizzava.
Per una donna una separazione e un divorzio a quell’età significava la fine di una vita serena. Avrebbe voluto reagire dirgli che l’aveva tradita e che, nell’esporla al disagio della solitudine, si comportava da egoista. Non riusciva a credere a tanto egocentrismo che lo portava a negare le persone vicine pur di salvaguardare se stesso. Sola disse che pur essendo lui ancora vivo si sarebbe sentita come una vedova, nell’aver perduto non tanto il suo affetto, perché capiva che non c’era mai stato, quanto la sicurezza e l’orgoglio di donna e di moglie.
Ennio non reagì a nessuna dimostrazione di rabbia di lei. Era consapevole delle difficoltà in cui l’aveva messa. Sentiva dentro un leggero rimorso e gli dispiaceva. Tuttavia a cinquant’anni non poteva continuare così. Le augurava ogni bene e la rassicurava che non le avrebbe mai fatto mancare il proprio affetto, ma l’amore era un’altra cosa. Avrebbe conservato i buoni ricordi di quegli anni con lei perché era stata tutto sommato una buona moglie.
Lei aveva preso atto tra lacrime di rabbia e di amarezza senza ripicche, le proteste non sarebbero servite a cambiare le cose. E del resto lui, avvocato divorzista, sapeva bene come muoversi e avrebbe parato qualunque mossa anche la meno corretta di lei.
Non rimase che aspettare con calma la sentenza e quando un giorno d’inverno arrivò, Ennio lasciò l’appartamento grande del centro nel bel palazzo vicino allo studio e si trasferì in periferia nel quartiere dove abitava prima del matrimonio.
Da quel giorno tranne qualche telefonata di saluti reciproci non s’incontrarono più.

Del matrimonio un vago ricordo, della vita in comune qualche inutile suppellettile.
Ennio dopo soltanto un anno tornò alla sua vita da scapolo.
Di Sara si seppe molto più tardi che aveva trovato uno, un collega un avvocato di qualche anno più vecchio.
Ennio sperò che fosse l’uomo giusto per lei. Glielo doveva. Non avrebbe mai dovuto sposarsi e soprattutto non avrebbe mai dovuto pensare che il matrimonio potesse mettere fine all’inquietudine profonda dell’animo.
Sentiva nonostante tutto di amare ancora Marta e di non averla mai dimenticata.

Dodici
Nel tempo ritrovato delle lunghe serate da solo in casa ripensò a quella vecchia storia d’amore, o meglio a quel sentimento tumultuoso e forte degli anni giovanili, che gli aveva lasciato tracce indelebili nel cuore.
Ricordava perfettamente lo sforzo, dopo che lei, sposata, aveva lasciato il paese, per ritrovare un po’ di equilibro, e come rassegnato si era concentrato nel lavoro, nell’attività forense, in quella branca del diritto familiare, in cui era diventato molto bravo, tanto da essere ricercato da molti.
Un giorno, quando ormai credeva impossibile sperare di innamorarsi, forti emozioni erano tornate a affacciarsi nel suo animo, come risvegliate da un lungo torpore. Era stata proprio lei, Marta, la ragazza di quel sogno rimasto sospeso, che l’aveva chiamato per seguirla nel procedimento del suo divorzio. Era stata consigliata da un’amica, ritenendo Ennio il migliore avvocato della zona.
Quando gli aveva chiesto al telefono un appuntamento per spiegare e raccontare, lui l’aveva subito riconosciuta, la sua voce, pacata e dolce le era giunta agli orecchi familiare come un tempo. L’idea che potesse fidarsi di lui, lo aveva fatto sentire importante, risvegliando in lui antichi ricordi. Ricordava i primi battiti del cuore quando le stava vicino e quanto gli fosse sempre piaciuto parlare con lei, anche se non gliel’aveva mai detto, per timidezza. I grandi occhi scuri di lei fissi sul suo volto lo entusiasmavano.
Il ricordo perdeva lucidità e un’indistinta nebbia offuscava il tempo che era seguito a quegli anni di studio insieme.
La vita li aveva allontanati e il silenzio li aveva separati.
Quella voce nel telefono che chiedeva un appuntamento aveva messo fine ai ricordi gettando un ponte tra loro di un possibile ritrovato dialogo.

Parte seconda

Era cominciata così, nel modo più banale possibile, attraverso un incontro, che potremmo definire di normale routine di lavoro, tra l’avvocato e la sua cliente, la storia tra Marta e Ennio. A distanza di quindici anni erano soltanto un uomo e una donna, nulla o quasi nulla era rimasto del loro essere di adolescenti, incantati e nello stesso tempo titubanti di fronte anche al più piccolo segnale d’amore. Solo il ricordo di quel passato insicuro e alquanto contorto affiorava alle loro coscienze, sottolineando la loro pregressa conoscenza. Ma nessuno dei due in quel momento voleva prenderne atto, forse per paura di contaminazione col passato. Desideravano ciascuno a suo modo ripartire da capo, come due persone che s’incontrano per la prima volta.

Quando Marta suonò il campanello del suo studio di avvocato per una consulenza sul divorzio, Ennio la salutò con grande distacco, non riuscendo tuttavia a nascondere la sorpresa, molto piacevole, di rivederla, visto che, da anni, era andata a abitare lontano.
Appena aveva aperto la porta l’aveva accolta con gentilezza trattenendo a fatica il fiato. Con timidezza, come fosse un ragazzino, aveva aspettato che lei parlasse per prima, non sapendo lui come iniziare.
Marta era rimasta meravigliata dall’ordine e dal calore di quello studio. Non era come avrebbe pensato, freddo e caotico. La scrivania era ordinata e i tanti fogli, raccolti in cartellette di diverso colore, erano appoggiati sui ripiani, alle spalle del tavolo da lavoro. Una grande libreria riempiva la stanza facendo bella mostra di sé. I volumi ben allineati erano perfetti nel loro ordine. In quello studio nulla era lasciato al caso, anche il tappeto persiano su cui si trovavano le due poltroncine rosse per i clienti era perfettamente intonato con l’arredo in legno di noce e risaltava sul bianco candido delle pareti, su cui si ammiravano due grandi stampe raffiguranti la città di Firenze, con il Duomo e la Chiesa di Santa Croce.

Ennio era conosciuto tra i colleghi come l’avvocato col pallino dell’arte. Lui stesso ne era lusingato e spesso a chi cercava di criticarlo rispondeva con decisione che se non avesse fatto Legge senza dubbio avrebbe seguito corsi all’Accademia di Belle Arti tanto l’arte gli era congeniale. Da sempre frequentava mostre e studi di pittori in cerca di qualche dipinto originale e bello per lui, anche se non famoso.
Lo studio era la sua vera casa a cui dava tutte le cure, l’attenzione e l’amore che di solito ciascuno dà alla propria abitazione. Trascorreva la maggior parte del tempo tra quei muri, la casa di periferia, dove abitava da più di dieci anni, dopo la fine di un matrimonio durato soltanto due anni.
Se avesse potuto sarebbe rimasto a dormire nello studio, così confortevole. Ma non era possibile visto il disordine che si sarebbe creato.
Amava quello studio posto in un bel palazzo del centro lungo la via principale del paese. Arrivava presto la mattina, non tanto per la fretta di iniziare il lavoro, quanto per restare un po’ tranquillo a respirare e a godere del piacere che quella stanza infondeva nel suo animo. Si metteva comodo e chiudeva per un po’ gli occhi come per dimenticare gli impegni e lasciarsi andare un momento al suo sogno, ogni giorno lo stesso sogno, il sogno di una possibile felicità. Era giovane, quando grazie al lavoro era riuscito, dopo anni di gavetta, a aprire lo studio, sulla cui porta risaltava la targa con le iniziali del suo nome. All’inizio la stanza era spoglia e i mobili piuttosto modesti. Poi, con tanto lavoro, i soldi non erano mancati e aveva trasformato quei muri bianchi e scialbi in un vero studio accogliente, arredato con cura. I clienti, per lo più donne, e ciò sorprendeva anche lui, dal momento che le donne nella sua vita si contavano appena su una mano, apprezzavano l’ordine della stanza e trovavano davvero piacevole sedersi nella poltrona rossa davanti alla scrivania in mezzo a tanti libri. Inoltre piaceva loro quell’aria in po’ imbarazzata dell’uomo che, mentre era tanto scaltro nel suo lavoro di avvocato, non lo era nel dominare le proprie emozioni davanti a una donna, soprattutto se ancora giovane e piacente, e questo le lusingava.

Tutto sommato doveva essere contento che le donne si fidassero di lui come una collega quando gli aveva detto un giorno: “ Un po’ ingenuo come uomo, ma molto bravo”.
Per non sbagliare lavorava tanto, si immergeva alle otto tra le carte e ne usciva la sera alle sette, senza accorgersi del passar delle ore.

Quando Marta, quella mattina entrò nello studio, il profumo di violetta invase la stanza che perse per un momento la sua austerità. In quell’ istante l’immaginazione di Ennio lo prese fino al punto di dilatare quel sogno che gli sembrava si stesse avverando. Quanto tempo!

TRE
Seduti uno di fronte all’altra, dopo i saluti, dapprima con reciproca timidezza, poi con curiosità, avevano cominciato a fare domande, ciascuno voleva sapere dell’altro, cercare di mettere a fuoco vecchi lontani episodi, tornare con la mente a quelle giornate di scuola, risalire al passato
Pian piano rilassati e tranquilli nella penombra della stanza tra chiacchiere e ricordi e sorrisi dimenticarono gli impegni. Dopo un po’ convennero unanimi di essere amici, di esserlo sempre stati, anche quando non si erano più visti, perché, nonostante tutto, erano due amici di vecchia data e l’amicizia, si sa, non ha mai fine.
Questo pensiero nel farli star bene li aveva fatti sentire molto vicini.
Nel guardare quel volto di donna Ennio vedeva la ragazzina, quella che da giovane lo aveva incantato per lo sguardo dolce e i modi gentili. Emozionato, ringraziava il destino nell’essere stato benefico a portare nella sua monotona vita quel soffio di novità che lo rendeva felice
Non immaginava quanto quell’ incontro avrebbe sconvolto la sua esistenza di uomo adulto.
Prima di salutarla aveva chiesto il suo recapito e il numero di telefono per chiamarla se ne avesse avuto bisogno o per qualunque altro motivo. Lei naturalmente, prima di uscire, aveva scritto in un biglietto indirizzo e telefono e aveva salutato co n un: “A presto!”.
Fu quando rimase solo che Ennio capì veramente l’importanza di quella visita.
Assorto e pensieroso rimandò ogni impegno della giornata, aveva bisogno di calma e desiderava prendersi tutto il tempo per pensare a lei.
Si sforzava di ricordare e di riandare a quando si frequentavano a partire dai primi anni di scuola elementare. Due bambini dai pantaloni corti lui, dai calzini bianchi lei, poi due ragazzini dai pantaloni lunghi lui, dalla gonna stretta lei e ora due adulti, un uomo e una donna maturi, due cinquantenni con un passato e una vita vissuta in altre strade, in percorsi diversi.
Capita che i ricordi dilatino l’emozioni e l’immaginazione arricchisca la realtà fino a modificarla. Ennio nel riandare indietro subiva la suggestione di quel ricordo giovanile, ma la visione reale di lei, seduta nel suo studio, non aveva intaccato la bellezza di quel volto, da sempre conservato nella mente come un’icona sacra.
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Capitolo cinque
Marta nel tornare a casa si sentiva strana. Quell’incontro con Ennio nel suo studio non era stato indifferente. Sentiva salire insieme alla dolcezza di quelle ore trascorse con lui una velata speranza di rivederlo presto. Aveva tante cose da dirgli, quei discorsi appena iniziati non bastavano a chiarire le cose. Aveva bisogno che lui l’ascoltasse, e da come si era posto con lei quel giorno era sicura che l’avrebbe ascoltata con pazienza.
Da tempo nessuno si interessava di lei e dei suoi problemi, il marito anche negli ultimi tempi evitava di chiedere, sempre preso dagli impegni e quando avevano stabilito di divorziare si era ancora di più allontanato da lei. Era sola e quell’incontro anche se per ragioni serie le aveva dato la sensazione di essere una donna e di meritare l’attenzione di cui aveva bisogno.
Nella casa dei genitori in cui era tornata sperava di ritrovare quella serenità che l’aveva accompagnata nell’adolescenza. Sapeva che non sarebbe stato facile ora che la casa chiusa da anni dopo la morte dei genitori era caduta nel silenzio e ci sarebbe voluto molta forza per non dare peso ai diversi aspetti difficili della sua vita.
Ci aveva pensato molto prima di decidere di tornare, poi aveva fatto le valigie e allontanando il disagio era arrivata una sera al paese. Le stanze illuminate avevano mostrato apertamente che in casa c’era qualcuno. Marta si era sentita un po’ persa tra le stanze aveva aperto ante e cassetti e nel riappropriarsi del tempo passato aveva ripristinato con cura le cose che erano tornate a vivere sottraendosi alla polvere accumulata negli anni.
Da subito le era sembrato di non essersene mai andata si muoveva con libertà come sempre faceva quansveva lasciato il marito e la città e era tornata al paese nella casa dei genitori chiusa da anni dopo la loro morte. Cercava lavoro come docente in una scuola vicina. Desiderava ricominciare a vivere.
Prima però doveva sistemare la sua causa di divorzio e aveva bisogno di un valido avvocato. Quando aveva chiesto le avevano fatto il nome di Ennio, conosciuto come uno dei migliori, il più serio, discreto e anche economico avvocato divorzista della cittadina.
Lei non capiva niente né di separazioni né di divorzi, nessuno in famiglia disponibile che potesse consigliarla. L’unica cugina anziana vedova al solo sentire parole come divorzio si metteva le mani nei capelli. Era sola nell’affrontare il problema.
Il nome di Ennio sebbene inaspettato non la sorprese del tutto. Conosceva quella persona e sapeva quanto fosse capace. Ricordava la sua bravura a scuola e quanto in paese fin da ragazzo fosse stimato. Erano stati compagni di classe un tempo e avevano trascorso tanti pomeriggi nella biblioteca del paese a parlare e a discutere di tante cose. L’idea di rivolgersi a lui le dava serenità. Si sarebbe potuta fidare era sicura che avrebbe trovato in lui tutto l’appoggio di cui aveva bisogno nella risoluzione di un divorzio che non fosse troppo penalizzante per lei. Sapeva per aver vissuto situazioni simili di amiche separate quanto il divorzio fosse delicato soprattutto per la donna, la parte economica spesso più debole esposta al pericolo di una vita difficile. Nonostante la società ormai da tempo non considerasse più il divorzio come un fatto strano quasi un “peccato” di trasgressione soprattutto per la donna nel volersi ribellare al maschilismo di mariti troppo prepotenti, Marta sapeva che un buon avvocato poteva fare la differenza nel portare davanti al giudice una richiesta di separazione la più vantaggiosa per lei. Oh certo nessuna bugia o tentativo di manipolazione, solo il giusto e corretto riconoscimento della sua dignità di moglie e di donna “offesa” da un comportamento superficiale di esasperante maschilismo da parte del marito.
Con Ennio sentiva di essere al sicuro.
Erano più di vent’anni che non lo vedeva e non sapeva né poteva immaginare cosa sarebbe accaduto appena l’avesse incontrato. Titubante e insicura aspettò alcuni giorni prima di chiamare, poi una mattina superato l’imbarazzo telefonò allo studio, ma sul subito non fece cenno al suo divorzio quanto al fatto che era tornata al paese e le avrebbe fatto piacere se poteva se aveva tempo di salutarlo un momento. Avrebbe detto dopo il vero motivo della telefonata. Al momento preferì seguire il suo istinto di donna più che la razionalità della persona adulta, matura, che si muove con un obiettivo preciso. Da quando era tornata al paese nel rivedere luoghi un tempo cari e persone che nel salutarla si ricordavano di lei quando era una ragazza, era come se fosse tornata indietro nel tempo e provava nostalgia e gioia insieme. Di quel passato faceva parte anche lui, Ennio, l’avvocato cui avrebbe presto affidato nelle sue mani professionali la sua vita materiale. Non pensava al momento di donargli il suo animo, ancora scosso e ferito da un matrimonio difficile.

Capitolo sei
Il giorno che era andata all’appuntamento era stata più curiosa di rivedere il vecchio amico di quanto fosse disponibile a parlare con lui in qualità di avvocato. Sebbene titubante l’impatto era stato più positivo di quanto avesse immaginato, Ennio davanti a lei in silenzio aveva aspettato che lei iniziasse a parlare per capire cosa volesse davvero da lui. Come già detto però le cose avevano preso un’altra piega, entrambi sommersi da tanti ricordi che premevano di uscire allo scoperto.
Avevano come rinnovato il loro rapporto di amicizia trascurato per molti anni e quando si erano salutati per ritrovarsi presto, ciascuno a suo modo aveva portato con sé la gioia di quel primo incontro. E mentre per Ennio era la materializzazione del suo sogno, perseguito da sempre, per Marta era la consapevolezza di un affetto da parte di un amico che non l’aveva mai dimenticata.

Fu alcuni giorni dopo quando Marta telefonò allo studio come aveva promesso che si cominciò a parlare in termini legali della sua separazione. Ennio, sebbene avvezzo e ormai esperto nell’aver seguito molte cause di divorziò sembrò balbettare nel trovarsi in una posizione strana davanti a lei che raccontava di sé e del suo rapporto col marito. Si rendeva conto che di fronte a lui non c’era una donna qualsiasi, sentiva che quel suo racconto non era neutrale e distante da lui, ma in qualche modo lo coinvolgeva. In quella narrazione c’era anche lui anche se non come protagonista ma come semplice comparsa. Era come tornare indietro molto indietro nel tempo e nel riannodare i fili della vita di Marta col marito riannodava la sua stessa esistenza. La cosa più sorprendente era però che il filo che univa la vita di Marta alla sua superava per la durata quello che aveva unito i due coniugi. Così se Marta accennava al primo giorno in cui aveva conosciuto quel ragazzo poi suo marito, lui pensava che non avrebbe potuto dire altrettanto di loro, perché la loro reciproca conoscenza si perdeva “nella notte del tempo”, fra le strade e i cortili del paese, tra i banchi e le aule della vecchia scuola scalcinata e cadente posta in mezzo alla piazza accanto al Comune.
Nell’ascoltarla strane e particolari sensazioni turbinavano nella testa di Ennio, togliendogli quell’impronta severa di grande avvocato sicuro e deciso.
Fece uno sforzo per ritrovare la calma, poi finalmente si dispose con animo quieto a ascoltare la sua storia di cui non voleva perdere nessun dettaglio, anche per dare alla fine il consiglio professionale più appropriato e rinsaldare la propria immagine di avvocato capace.
Marta completamente rilassata capì che poteva parlare liberamente con lui, non c’era bisogno che trovasse le parole giuste né che facesse strani giri di frasi per dire ciò che pensava. Come da sempre tutti sappiamo anche l’avvocato come il parroco è tenuto al segreto e non può andare in giro a rivelare segreti, pena la scomunica o l’epurazione dall’albo. E poi a che scopo quei pensieri contorti. Ennio non era forse un amico prima che un avvocato?

Capitolo sette
Marta con tono confidenziale iniziò a raccontare. Le frasi e le parole uscirono dalla sua bocca in modo pacato e distaccato alternate con pause e silenzi. Sembrava fosse un’attrice in atto di recitare una parte, in questo caso la parte più importante, quella di protagonista. Ennio in silenzio ascoltava, lui unico spettatore e raccoglitore di tutte le confidenze anche di quelle più intime dell’animo della donna, in cui vedeva quella ragazzina che le era rimasta nel cuore. Non voleva disturbare quel flusso di pensieri e in qualche modo era affascinato da quel suo affabulare che lo riportava tanto indietro nel tempo. La donna cominciò dal principio da quando era iniziata la sua storia con il marito. Raccontò dei suoi primi approcci con quel ragazzo più grande, le prime uscite la sera con lui, i primi teneri abbracci e quei baci da inesperta che mettevano ilarità. Era sbocciato poi l’amore che li aveva coinvolti in un rapporto che via via era cresciuto fino al fidanzamento. Disse che l’annuncio era stato dato dalla madre ai parenti per tacitarli di critiche e sospetti. Marta era maggiorenne e era tempo che avesse un fidanzato. Unico appunto che venne dal padre fu il fatto che aveva diversi anni più di lei, ma in fondo la cosa non era importante perché una moglie più giovane del marito si era sempre vista da che mondo e mondo.
Marta si fermò un momento per chiedere a Ennio se ciò che diceva fosse chiaro.
Ennio dal canto suo la rassicurò, poteva continuare tranquillamente a raccontare. Non c’era nulla da dire il racconto era piano e comprensibile. Ennio attendeva il momento in cui lei avrebbe parlato dei screzi, delle prime incomprensioni tra loro, dei primi momenti di difficoltà, visto che lui era lì apposta a risolvere il caso e a dare i consigli giusti. Sembrava che fosse geloso di quella felicità che gli era sfuggita di mano quando lei aveva preferito il ragazzo più grande a lui. C’era rimasto male e aveva sofferto, ma non poteva fargliene una colpa visto che lui non si era mai dichiarato. Con un atteggiamento quasi infantile si era chiuso in se stesso cercando di evitare persino i luoghi frequentati da lei.
Marta l’aveva notato da subito e un giorno incontrandolo in biblioteca glielo aveva detto, ma non aveva avuto nessuna risposta. Lei aveva continuato a non capire, loro erano amici, non c’erano mai stati altri discorsi. Aveva dovuto fare uno sforzo per arrivare a pensare che forse lui non era così indifferente e che in tanti anni di scuola sempre vicini fosse nato in lui qualcosa di più di un semplice sentimento di amicizia.
Era tardi Marta doveva fare un salto a scuola sarebbe ritornata l’indomani se lui aveva tempo. Il racconto era solo all’inizio.
Anche Ennio aveva un impegno e poi era contento di interrompere per ripensare a quanto detto da Marta e stendere un breve scheda che lo avrebbe aiutato a mettere a fuoco il caso di cui era stato chiamato a occuparsi.

Capitolo otto
Passarono alcuni giorni, Ennio era preso dall’udienza dell’ultimo divorzio, quello di Grazia, una vecchia collega, la segretaria dello studio più conosciuto dove lui aveva lavorato i primi anni in qualità di giovane praticante. Grazia, anche se anziana, chiedeva il divorzio da un marito sempre più despota, non era più disposta a sopportarlo, voleva vivere tranquilla gli anni che rimanevano. Si era rivolta a lui conoscendo la sua bravura e discrezione. Ennio non aveva potuto dire di no,
Era una causa facile, una di quelle che rientrano nella normale routine di lavoro di un qualsiasi tribunale. Quando i coniugi sono anziani e consenzienti nel lasciarsi, i figli ormai adulti, l’avvocato non si spende in parole e convincimenti, il suo impegno è alquanto limitato e il procedimento segue una linea chiara senza percorsi contorti. Si trattava di leggere i diritti e i doveri di ciascuno e stabilire l’eventuale assegno di mantenimento dopo aver proceduto alla divisione giusta e corretta dei beni.
Questo piccolo impegno gli aveva impedito di sentirla e gli era dispiaciuto. Temeva che pensasse che la stesse trascurando o peggio evitando.
Quando Marta lo chiamò al telefono per sapere se stesse bene, lui fu ben contento di sentirla e lo fu ancora di più quando lei gli disse che le sarebbe tanto piaciuto andare con lui a visitare la Chiesa di sant’Andrea a Firenze e magari fare uno spuntino in qualche trattoria del centro. Sperava che essendo sabato lui fosse libero.
Ennio sorpreso e lusingato trasecolò e rispose con un pacato: ”Grazie Marta va bene, sabato va bene, se vuoi possiamo trovarci alla stazione alle nove domattina, è preferibile il treno alla macchina visto il traffico. Ti aspetto, a domani!”.
Ennio trascorse una sera molto inquieta. Era da tempo che non ricordava tanta inquietudine. Dovette sedersi aprire un giornale per distrarsi. Ma la sua testa era altrove, impegnata a pensare a quel sabato foriero di tanta novità e forse di una imprevedibile felicità.
Erano pensieri incerti, vani, nulla di certo nulla di concreto nessuna promessa, avrebbe dovuto prendere la cosa con un certo distacco, era un semplice invito e nulla più. Nel ritrovare la calma non poteva tuttavia non pensare che quell’invito non veniva da una persona qualsiasi, ma dalla donna che aveva aspettato per tutta la vita.
Affioravano nel suo animo le antiche emozioni che tante volte lo avevano tenuto sveglio da giovane nel pensare a lei. In quel banale e normale invito si concentrava il passato, il presente e il futuro di un rapporto di amicizia che si augurava il più bello e duraturo possibile.
Il suo animo si trovava in uno stato di grazia mai provato prima. Da bravo avvocato se avesse agito con razionalità e buon senso era sicuro di ottenere insieme alla vittoria di un divorzio il più favorevole per Marta, anche una rivincita sulla vita fino a quel momento troppo angusta e monotona.
normale come può esserlo un matrimonio tra due giovani si intersecavano le loro vite e alla solitudine di lui faceva riscontro la perdita della fanciullezza di lei a favore del nuovo ruolo di moglie.

Capitolo nove
Era stata una bella idea quella visita al museo, sembrava “una rimpatriata” sui banchi di scuola pronti a partire coi compagni per una gita.
Alle tre del pomeriggio del sabato Marta e Ennio si incontrarono al treno.
Quale emozione per Marta, era da vent’anni che non prendeva quel treno per andare in città a vedere il museo, da quando era andata via non era più tornata in visita e poi di solito si spostava in auto, il treno apparteneva al paassato.
Ma quel giorno alla stazione davanti al fischio del treno il passato le stava davanti e desuderava tornare a viverlo e questa volta senza nessuna amarezza come invece le capitava spesso allora quando saliva da sola, nessuno a farle compagnia o a aspettarlaa.
Ennio era già lì a aspettarla. Il suo sorriso la rassicurò e appena aalita nel vagone si sedette vicina, molto vicina come se cercasse di ricordargli che lei era lì con lui.
Fu una giornata davvero insolita una di quelle che non si dimentica. Niente di trascendentale, solo la totale serenità di chi sembra aver trovato un tesoro nascosto e finalmente è felice.
Camminarono in lungo e in largo in quelle viuzze della città medievale ricca di angoli suggestivi, poi la visita al museo nel Palazzo del Comune fu davvero straordinaria. Davanti a quei quadri di grandi pittori rinascimentali, Ennio sfoderò la sua preparazione, conosceva bene quegli autori per averli ammirati più e più volte. Marta ascoltava estasiata e intanto si appoggiava al suo braccio come se avesse bisogno di un sostegno. Eppure era una giovane quarantenne e certo non le mancavano le forze.
Quando alla sera tornarono a casa fu lei a dirgli che l’avrebbe chiamato presto, era stata così bene con lui che voleva rinnovare quella felicità appena provata.
Lui non rispose limitandosi a annuire. Era in qualche modo confuso, sembrava che un vecchio sogno fosse tornato a tentarlo, ma non sapeva e preferiva al momento non dare troppa importanza.

Capitolo cinque

Ennio viveva solo, aveva preferito la solitudine a un qualche legame che non lo soddisfacesse completamente. Il matrimonio in qualche modo lo spaventava forse anche a causa del suo lavoro. Da avvocato divorzista qual era veniva a conoscenza di diverse storie di coppie che saltavano per diversi motivi a volte anche futili e insignificanti.
Non si spiegava il perché si creasse tra la coppia tanto astio e come i due coniugi un tempo apparentemente uniti e appassionati potessero arrivare a detestarsi e perfino a insultarsi come se ciascuno fosse diventato un diavolo.
Toccava a lui che non aveva nessuna esperienza di vita matrimoniale calmare quelle mogli o quei mariti che suonavano al suo studio con parole ragionevoli cercando di portarli a accettare un accordo sufficientemente buono come si fa quando si compra un oggetto cercando di pagarlo meno.
In quei momenti di maggiore impegno scemava in lui il desiderio di accasarsi, spaventato di andare a finire in quel budello di fogli e burocrazia che non sopportava nel caso in cui avesse sbagliato nello scegliersi la compagna più adatta.
Comunque dppo più di vent’anni di attività alla fine ci aveva fatto il callo a quelle diatribe e non ci faceva più caso.
Quando però era giunta Marta nel suo studio aveva provato un certo scombussolamento Quella donna seduta davanti a lui non era una donna qualunque, in lei vedeva la ragazzina di scuola che in qualche modo aveva amato anche se non ssi era mai dichiarato. L’idea che soffrisse per la situazione in cui si era caciata col matrimonio lo rendeva nervoso.
Quando al telefono aveva accettato di vederla per seguire il suo divorzio non aveva immaginato che la cosa lo avrebbe tanto depresso e insieme reso felice nel poter aiutare un’amica,.
Marta aveva colto quel suo imbarazzo e sebbene a pezzi per l’abbandono del marito che la lasciava sola col figlio, si era sentita tranquilla nel mettere nelle mani di Ennio la sua vita no solo perché era un bravo avvocato, ma perché soprattutto era l’amico della sua infanzia e da lui si aspettava solo del bene e non l’avrebbe tradita.

Capitolo sesto

Come promesso dopo due giorni Marta chiamò al telefono Ennio, voleva invitarlo a casa per la sera, una piccola cena e una passeggiata per il centro sarebbero stati un ottimo modo per passare insieme la serata.
Ennio era dubbioso, oh era contento dell’invito, dentro di sé sapeva che non si sarebbe annoiato, ricordava da giovane quando studiava le giornate a scambiarse cn Marta discorsi e ragionamenti su tante questioni come la religione, le scelte politiche, il significato della felicità qualche volta arrivando a parlare del loro futuro, lei di maestra lui forse di docente universitario. Sogni allora niente di più.
L’invito dunque lo sollecitava ma non metteva a tacere del tutto certe sue remore, lei non era ancora divorziata e era fragile in quel momento delicato della sua vita, non voleva offrire la sua spalla su cui appoggiarsi senza prima di esserne ben consapevole di ciò che stava facendo.
I dubbi affollavano la mente di Ennio anche perché aveva vissuto una volta una storia simile, una cliente piuttosto in crisi per la separazione aveva ravvisato in lui il suo avvocato l’uomo più giusto e caro che la stava aiutando a risorgere dalle macerie e aveva confuso la gratitudine con l’affetto. La donna diceva di essersi innamorata di lui e si dichiarava pronta a stare con lui, riconoscendogli tutte le qualità che il marito non possedeva. Lui lusingato c’era cascato e aveva iniziato a frequentarla per alcuni mesi. Avevano passato delle belle giornate insieme tra passeggiate ristoranti e qualche viaggio. Lui si era quasi innamorato e quando il divorzio era stato firmato e lui aveva pensato che avrebbe potuto dirsi ddispnibile a una convivenza e forse chissà più avanti anche al maatrimonio lei gli aveva risposto che era lusingata ma era presto per quel passo importante, voleva prendersi del tempo per riflettere. Dopo due mesi però lui venne a sapere che la donna si era sposta a Londra con un impiegato di banca. Da quel giorno aveva giurato a se stesso che mai più avrebbe mescolato l’amore con il lavoro.
Ora però gli sembrava meschino attribuire all’invito di Marta tutti quei pensieri contorti, lei non era un’estranea, la conosceva ,conosceva il suo animo limpido e generoso e non aveva nulla da temere.
Così accettò di buon grado e disse che sarebbe stato da lei per le otto.

Capitolo sette

La casa dei genitori di Marta era quella in fondo al paese. In quel punto finivano i lampioni e iniziavano i campi. Non era una casa rurale ma una villetta singola con un bel giardino. I genitori amanti della propria libertà e del verde l’avevano preferita a un bell’appartamento del centro.
Marta tornava spesso per una boccata d’aria all’ombra del grande platano quando erano vivi i genitori. Poi dopo la morte la casa era rimasta vuota e silenziosa, ma ora che era tornata a essere una donna sola quella casa le era venuta in aiuto per riprendersi e ritrovarsi. Cominciare dalle radici per tornare a stare in piedi le sembrò la cosa migliore da fare. Così aprì la casa, cambiò qualche mobile, illluminoò il giardino e cominciò la sua nuova vitta da single. Non pensava al futuro, non faceva programmi. Quell’aria di casa che aveva dimenticato da tempo, dal tempo in cui sposata aveva lasciato il paese sentiva che le giovava e dopo più di vent’anni aveva bisogno di tornare a vivere una vita diversa fatta di semplici umili quotidiane abitudini.

Ennio arrivò puntuale. Suonò il campanello. Marta sorridente aprì la porta e lo fece accomodare.
L’uomo gettò uno sguardo rapido alla casa, se la ricordava bene, sì qualcosa era cambiato ma lo stuudiolo a pianerreno era lo stesso. Gli tornò in mente subito i giorni trascosi a studiare con Marta per prepararsi agli esami di maturità. Giorni frenetici consumati tra ansie e tormenti.Gli sembrò per un momento che il tempo non fosse mai passato. Marta con la coda di cavallo e le prime calze con qualche smagliatura su scarpe con un po’ di tacco e la gonna stretta lo aspettava sull’uscio e dopo una tazzina di caffè si immergevano tra i libri per uscirne la sera all’ora di cena tra i saluti della madre intenta a fare tutte le raccomandazioni alla figlia affinchè non si stancasse troppo. Salutava appena quel ragazzo considerandolo semplicemente un amico di studi e nulla pià.
Ennio sorrise e si sedette sul divano. Avvertiva una sensazione calda e fredda insieme. Il calore della vecchia casa s mescolava all’incertezza di una serata all’aparenza fredda e distaccata.
Loro si conoscevano è vero ma erano soltanto vecchi amici.
Martò chiamò Ennio a iutarla in cucina, l’arrosto era quasi pronto sul tavolo una bottiglia di rosso chiedeva di essere aperta per un brindisi. Ennio era astemio ma l’avrebbe accontentata bevendone un sorso per brindare alla serata e preso il cavatappi lìaprì.
La serata ebbe inizio.

Capitolo ottavo

La cena era squisita, Ennio da quando viveva solo lontano dai genitori, ora molto vecchi, mangiava poco e peggio male. Non aveva mai imparato a cucinare considerando la cucina un’attività poco adatta a lui. Ci voleva tempo e fantasia e lui non possedeva né l’uno né l’altra. Si accontentava di piatti freddi e quando voleva qualcosa di buono e appettitoso si recava al ristorante vicino allo studio e mangiava il suo piatto preferito, una buona bistecca al sangue, poi poteva aspettare un mese tanto era sazio.
Marta superato il primo momento fu molto ciarliera, la conversazione scivolò via allegramente , i ricordi tennero il banco, le loro vite presenti lontane tenute fuori, ciascuno cercava nell’altro il sorriso e gli sguardi incrociavano spesso i loro volti e i loro corpi di persone adulte tanto diversi da quelli di quando ragazzi correvano al treno per non far tardi a scuola.
Finito di mangiare Marta invitò Ennio a sedersi con lei sul divano. Fu a quel punto che il discorso cadde sulla fine del matrimonio di lei. Marta senza spiegarsi cominciò a fare certi discorsi molto intimi quasi imbarazzantti per Ennio che ascoltava in silenzio che mettevano in primo pianoo il suo rapporto di donna col marito. Emergeva da quella bocca l’amarezza di una donna insoddisfatta, una donna che per anni non si era sentia amata, che era caduta nella falsa crededenza di un amore che non c’era mai stato. Non era tanto il divorzio che la devastava quanto la consapevolezza di essere stata accanto a un uomo che non l’aveva amata desiderando soltanto il suo corpo e non la sua anima. Aveva capito nel separarsi che per quegli anni di vita matrimoniale era stata una donna spezzata e aveva perso il sorriso.
Ennio messo a parte di tanta confidenza non diceva nulla ma nel capire la sofferenza di lei a un tratto l’aveva abbracciata e per mettere fine a quella sofferenza l’aveva baciata sulla bocca.
Una indicibile commozione aveva preso entrambi e erano rimasti a lungo abbracciati lui carezzandole il volto e la testa lei con gli occhi semichiusi appoggiata al suo petto.
Quando dopo alcune ore si erano salutati di quella ragazzine e di quello studente non era rimasto niente al loro posto una donna e un uomo che cercavano attraverso carezze e dei baci la vita dispersa in tanti frammenti, il sorriso perduto della giovinezza.
Ennio lasciò la casa pensando già al prossimo incontro.

Capitolo nnve.

Comiinciò così la loro storia, non la chiamerei solo d’amore per non ridurla solo a un aspetto ma una storia di vita di due persone che non avevano mai dichiarato il proprio amore chiuso e nascosto negli angoli bui dell’anima per paura e pregiudizi.
Fu Ennio questa volta a chiamare Marta la settimana successiva. L’avrebbe aspettata a casa il lunedi alle otto appena tornato dallo studio. Per la cena non dovea preocuparsi sarebbero andati nel ristorante vicino che conosceva e di cui si fidava.
Era la prima volta dopo tanto tempo che Ennio invitava una donna a casa. Dopo l’esperienza già ricordata e alcune altre senza importanza, una con una collega, molto brava e spigliata, non bella ma gentile, l’altra con una sua dipendente molto giovane che aveva assunto per aiutarlo nello studio a mandare avanti le pratiche, la sua casa era vuota e lui trascorreva le serate tra i libri da solo.
Doveva sforzarsi di ricordare quegli incontri con quelle donne che nonostante avesse condiviso cene e passeggiate e letto e qualche colazione non gli avevano lasciato quasi nulla, poco il piacere ricevuto anche sul piano de sesso per divergenze e poca affinità, nessuna nostalgia o desiderio di riprovarci. Le donne pensava fossero davvero un altro pianeta per lui impescrutabili e difficili per uno come lui che cercava non tanto e non solo il sesso ma l’amore. Era il sentimento il tesoro che cercava e che aveva sempre cercato, quell’amore in cui sesso e sentimento si uniscono in un atto di completa fusione e fanno sentire ciascuno di noi una persona ena vera persona.
Colpa di quella estrema sensibilità che lui addebitava in parte alla madre nell’averlo educato al rispetto e all’attenzione degli altri.
Così piuttosto che accontentarsi e adattarsi a una vita non piacevole per lui con ina donna qualsiasi aveva preferito rinunciare e stare da solo.
Quell’invito a Marta scaturito dal cuore fu così prorompente e deciso che nel pensarci subito dopo aver posato la cornetta si stupì di se stesso. Si calmò per pensando che la conosceva e avrebbe potuto parlare con lei con sincerità senza infingimenti senza essere costretto a dire bugie.
Non rimaneva che aspettare, mancavano solo tre giorni a lunedì e dato il tanto lavoro da fare non si sarebbe annoiato nell’attesa.

Capitolo decimo.
Marta arrivò sottocasa alle sette e trenta. Era in anticipo ma col fatto di non conoscere bene la zona né la casa aveva paura di fare tardi. Il palazzo dove viveva l’avvocato era un palazzo degli anni quaranta, grande squadrato con grandi scale di marmo all’interno. Posto in una zona centrale della cittadina a quindici km dal paese dove era la sua casa aveva un aspetto austero. Sul muro d’entrata in colonna vi erano riportati i nomi degli inquilini mescolatoi a sigle di società e studi di ogni genere. Ennio abitava all’ultimo piano. Il suo appartamento sembrava una soffitta in cima alla casa. Forse lo era stata un tempo la speculazione edilizia aveva modificato e restaurato edifici tirando fuori abitazioni impensabili. Così senza dubbio era capitato a quelle tre stanze divenute un appartamento che conservavano però i soffitti bassi ma nell’aver mantenuto una bella vista sul cortile interno fino alle montagne lontane aveva attratto l’occhio di Ennio invaghito più dalla posizione che dalla comodità.
Marta cercò tra quella sfilza di nomi quello di Ennio lo riconobbe dall’etichetta che citava dottor avvocato Bianchi Ennio. Il palazzo era grande conteneva tanti appartamenti era diviso in due ali, una scala A e una scala B bisognava stare attenti a non sbagliare nel salire sull’ascensore giusto.
Marta veniva da una grande città e era abituata a tutti quei labirinti che i palazzi nascondono nei loro ventri apparentemente piatti uniformi indistinti.
Controllò un’ultima volta poi schiacciato il campanello entrò nel portone dirigendosi verso la scala A e apettò l’ascensore.
Ennio tornato un po’ prima a casa quella sera forse per aver il tempo di mettere un o’ in ordine e di cambiarsi per andare al ristorante era in casa che l’aspettava.
Per l’occasione aveva messo su un disco di Mzart la sua adorata musica che si rammaricava di non aver mai il tempo di ascoltare. Sperava che anche Marta apprezzasse in fondo non conosceva i suoi gusti in fatto di musica e non era sicuro.
La musica calda e meravigliosa lo distese. Disse a se stesso che sarebbe stata una bella serata almeno lo sperava.
L’ascensore arrivò al sesto piano Marta suonò il campanello. Era davanti alla porta.

Capitolo undici

“Entra, entra pure Marta accomodati, potrai constatare coi tuoi occhi che la casa di uno scapolo non è per niente invidiabile checchè ne dicano certeriviste che esaltano la vita da single. Invece come vedi nulla di più falso”.
Marta entrò e subito si accomodò sul piccolo divano in attesa che Ennio pendesse la giacca. Uscirono insieme e a piedi raggiunsero il ristorante dove il camerieere li aspettava. Marta fu colpita dal piccolo locale modesto ma pulito e soprattutto poco affollato. Il tavolo in fondo a loro riservato era abbastanza discreto e permetteva di parlare in libertà. La cena a base di carne e patate fu squisita. Marta era da un po’ che non mangiava così tanto e così bene. La serata trascorse tra bocconi sorrisi e sguardi, l’atmosfera tra loro era elettrica entrambi sembravano davvero una delle coppie più felici che si vedevano in giro. Ci volle un bel gelato freddo per raffreddare i loro spiriti. Bevuo il caffè uscirono dal locale abbracciati e tornarono a casa.
Ennio dette uno sguardo all’orologio erano già le undici temeva che quell’idillio appena sbocciato poesse finire e già sentiva salire tutta la tristezza dell’uomo solitario quasi misantropo.
Ma Marta si era tolta le scarpe e dsi era buttata sul divano invitando Ennio a seguirla. A casa non c’era nessuno a aspettarla, quindi non aveva fretta. Ora lì in quella casa con lui voleva assaporare il più possibile quel momento di gioia che dalla cena si faceva sentire con prepotenza nel suo animo e non voleva certo andarsene troppo presto almeno fino a quando… oddio non sapeva neanche lei cosa intendesse dire con quel “fino a quando”.
Ennio la guardò era sorpreso di avere una donna lì seduta davanti a lui ma soprattutto era felicemente sorpreso che proroprio quella donna non fosse una qualunque bensì quell’amica della sua giovinezza che mai avrebbe pensato di poter ritrovare.
Ennio di slancio la prese e l’avvolse tra le braccia cominciando a baciarla. Poi lentamente iniziò a accarezzarla partendo dal volto fino giù al petto dove sentì sulla sua camicia i capezzoli di lei indurii e turgidi. Marta la testa rovesciata all’indietro godeva ora di quelle Crezze e avvertiva il desiderio di lui vicino al suo ventre. Con grande entusiasmo aveva risposto a quei baci e aveva cominciato a coprirlo di carezze. Era stato a quel punto che insieme si erano alzati e avevano raggiunto il letto di lu disfatto dalla mattina. Nudi coperti da una leggera coperta timidi ancora nel mostrare i propri corpi ancora estranei stettero a lungo abbracciati in ascolto del ritmo del loro cuore che sussultava a ogni bacio e a ogni piccola anche la più leggera carezza.
La notte per entrambi fu la più breve che ricordassero, si lamentavano di quelle poche ore che rimanevano prima che il giorno tradisse le loro speranze. Ma dopo ripetuti amplessi i più intensi e piacevoli si abbandonarono al sonno fino a quando la sveglia non mancò di suonare ubbidiente alla mano del padrone.

Capitolo dodici
Il giorno dopo Ennio chiamò Marta per sapere se stava bene mma né lui né lei fecero cenno alla serata precedente.
Marta non voleva sciupare con le parole l’emozione provata, in altre occasioni era stata troppo pedante nel chiedere al suo ragazzo poi marito cosa avesse provato nel far l’amore con lei se riteneva che lei fosse davvero la donna più importante e giusta per lui. Ma al mutismo di lui era rimasta male facendo le peggiori congetture cisì ora non voleva sapere per non rimanere male. In fondo Ennio non lo conosceva su quel piano non aveva termini di aragone e poi sennza dubbio nelle sue esperienze precedenti poteva aver incontrato donne più bravi e capaci di lei nel condurre il gioco d’amore.
Anche Ennio evitò di parlarne perché timido e imbarazzato, avrebbe voluto dirle subito che si era trovato molto bene con lei e che lo scusasse se fosse stato imbranato non poteva certo competere con quel marito cosmopolita con cui aveva vissuto per sei anni sempre in giro per il mondo ricco di conoscenze.
Preferì non dire niente . Entrambi lasciarono che la cosa procedesse da sola vista l’età matura si aggrapparono al detto: “se son rose fioriranno”, preferendo un vecchio proverbio popolare alla certezza della ragione e alla verità dei sentimenti.
Si può dire che agissero come dei ragazzini inesperti. Avrebbero aspettato chissà se dopo altre vole avessero provato cosi tante belle emozioni allora avrebbero potuto che fra loro c’era del “teneto”, o forse anzi qualcosa di più-

Capitolo tredici
La telefonata che Marta ricevette una sera di venerdì da Ennio fu per fissare un appuntamento il lunedì mattina per mettere a punto la questione del divorzio e chiudere la pratica prima di avviarla in visione al giudice.
Fu lei che colse l’occasione e pur di vederlo inventò una scusa . Se avesse avuto tempo lei sarebbe stata contenta di andare a cena nel solito ristorante e stare un po’ a parlaare con lui.
Ennio fu lusingato ma prima di accettare preferiva pensarci così rispose che l’avrebbe chiamata per una conferma.

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