Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Il Principe delle stanze buie” di Tommaso Deidda

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Un principe ereditario che attende di salire al trono porta con sé un bagaglio di paura,ansia,desiderio,tutto il tempo lo passa ad immedesimarsi assiso sul trono, in mano i segni del comando, lo sguardo fiero che abbraccia il regno.

Ma se invece lo stesso principe non fosse un principe?, se la sua aspettativa di vita fosse si importante, ma per se stesso, quanto meno per la sua famiglia, ma non così importante per il resto del mondo però la vita che si è via via costruito nella propria fantasia infantile e adolescenziale fosse uguale a quella di un principe che per nascita, per diritto, diventerà re?,come potrà crescere, cosa potrà farsene di una vita forse insulsa, inutile, priva di talenti perché soffocati da sogni ridicoli?

Ecco, questa è una storia che potrebbe essere interessante da raccontare.

Svegliarsi in una mattina di primavera, non fa molto caldo, non ancora almeno, il cielo è percorso da rondini che lo solcano sfrecciando come bolidi impazziti, la finestra è alta, all’ultimo piano del palazzo, e da lì si domina il breve mondo là sotto, e il cielo, sembra quasi di poterlo toccare, ah la relatività!

Una sigaretta, aspro fumo che brucia un po’ la gola, un caffè e poi sogni, sogni e ancora sogni di partenze verso mondi lontani, strade che partono, la direzione è l’infinito.

Città, nuovi mondi, nuova vita, diversa, Londra,Amsterdam,Copenaghen,Parigi,New York, luoghi dove si erano disseminati i miti e le voglie di stilizzata libertà e non è in gioco il futuro, è in gioco il senso della vita, tutto è nei libri, latte e biscotti, pane e salame per la mente e la mente lavora con moto perpetuo, senza soluzione di continuità, sempre tesa a costruire possibilità per avere un disegno, per realizzare un disegno divino, un’architettura per celebrare glorie future.

Ma su quel vecchio selciato fuori dal portone, l’arcigno guardiano, quando comincia la mattina, cominciano le trame di mille racconti letti su quei libri, quanta magia.

È una stanza buia, di un decrepito palazzo, le finestre, occhi contornati di rughe da lunga sofferenza e vecchiaia, le stanze hanno l’odore di vecchio cuoio, di cera per mobili, di cucina appena rassettata, dove ancora vi aleggia il profumo dell’arrosto della domenica, e del sugo avanzato, verrà buono per il pranzo di domani.

Gli odori si fondono, sono l’aroma della casa, quel suo indimenticabile profumo che identifica la dimora avita, quella che per primo torna in mente quando ci si sofferma a ricordare ciò che è stato.

Il vecchio camino, la pietra che canta canzoni, quelle che, quando ancora non c’era il microfono ci voleva buona voce, il legno oscuro, il fumo di legna si ? impadronito da secoli della sua anima, il fuoco d’inverno e lunghe lugubri storie, i brividi tra le palpebre che si chiudevano nel dopocena, paura e sonno, chissà poi i sogni, ma ai grandi fa ridere quando i bambini hanno paura, così potranno rassicurarli e farli sentire protetti.

Ma il tempo passa, tanto ne è passato, quando il tempo scorreva su calendari di carta, e il profumo delle braccia di una madre, o  l’odore del tabacco di un padre, erano casa, erano rifugio.

Poi piano piano, la luce ha smesso di illuminare la dolcezza e i lievi tremori, le paure infantili e le sue gioie, essere un Principe, salire sulla sedia e cantare a squarciagola per far divertire i grandi, ometto, mio piccolo principe, le scale salite in fretta con il buio, Dio quanta paura, ad ogni finestra il profumo di limoni, pianerottoli vita, città, mare, oceani, pirati e leoni, guerre e amori, vecchia ringhiera dal corrimano in legno scuro, ha visto copiose lacrime e strani brividi e languori dove non si doveva neanche pensare.

Ora le stanze sono buie, da quel selciato illuminato di primavera, dove i ricordi sono gli ultimi della spensieratezza e delle magliette maniche corte già da Aprile, le stanze sono buie, oscure come profonde mortali ferite che non sanguinano più, non è rimasto neppure un angolo per il dolore o la paura, solo il nulla, solo silenzio, una coltre come lenzuola rinsecchite e strappate su vecchie poltrone e su vecchie consolle, buffet e specchi nella stanza dove non si doveva mai entrare perché era quella buona e riservata, morta stanza come una vecchia zia con le sue borse per andare in chiesa, con la veletta per la messa e il rosario di mille e mille preghiere, misteri gaudiosi e kyrie eleison, il consunto messale e sguardi rivolti al signore, fazzoletto profumato di mughetto, la spazzola sulla toilette, la cipria e romantiche melodie a fior di labbra, amori lontani, mai vissuti se non in pagine bagnate di lacrime sui libri dalle rigide copertine nere, oro, bordeaux.

Principe invecchiato, i capelli d’argento, gli occhi che lacrimano con facilità, in tasca una vecchia pietra di un antico selciato, una pietra di davanti l’austero portone dalla lunga chiave di ferro, dentro quelle stanze buie ora c’è solo odore di morte, di terra fredda sotto la luna, cripte di cimitero dei sogni, svaniti tra le volute di fumo di un vecchio camino o inseguendo le rondini che salutavano il mattino di una domenica di primavera,Pasqua e le sue campane a festa, i brividi di una gioia di vivere anche senza sapere perché.

Il Principe è ormai perso nel labirinto delle stanze buie, forse già non respira più.

Loading

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.