Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Ritrovarsi” di Giovanni Aniello

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Ci sono sere in cui i ricordi affogano gli affanni e i fantasmi del passato ritornano alla memoria. Fu in una di quelle sere che Nino provò a riavvolgere il nastro della sua vita, ad immaginare come sarebbe stata se solo avesse fatto scelte più coraggiose e ripensò a Mara.

Nel buio della stanza, in quelle fragili trame di giorni senza eventi recuperate a stralci, il viso di lei fu un respiro d’aria pura in un momento di asfissia. I ricordi gli si accavallarono nella mente come onde in tempesta: lo sbarco in quella nebbiosa provincia del nord-est dopo un viaggio in treno che gli era sembrata una traversata, la sistemazione in caserma, il rapido ambientamento, l’incontro al panificio dove lei lavorava, i primi sguardi, i primi discorsi, il primo bacio al veglione di capodanno a cui lui l’aveva invitata, le attese di fronte alla scuola serale per accompagnarla a casa, il tragitto a piedi nella nebbia, gli abbracci sotto casa, la tristezza del distacco e del ritorno solitario ogni sera, i pic-nic sul prato del grande parco cittadino.

Mesi vorticosi, felici e spensierati.

A metà febbraio il periodo di leva terminò. Lui le promise che sarebbe tornato, che per starle vicino avrebbe accettato un lavoro di venditore di enciclopedie di una casa editrice famosa. Ai primi di marzo era già in campo a bussare alle porte delle case e a convincere gli intervistati della bontà di opere di cui nemmeno lui era intimamente convinto. Non funzionò e già a fine mese decise di non poter continuare una vita precaria fondata su un lavoro inaffidabile e a più di ottocento chilometri da casa. Fu una separazione struggente: lei era convinta che sarebbe stato un perdersi definitivo perché quel sentimento che chiamavano amore era stato solo l’unione di due solitudini. Il ritornello triste di una canzone, diffuso dal juke-box del bar dove si salutarono, rese ancora più doloroso il momento. Parole che ora, nel silenzio buio della stanza, ancora gli riecheggiavano nella mente: “Dammi solo un minuto, un soffio di fiato, un attimo ancora … Stare insieme e finito. Abbiamo capito. Ma dirselo e dura ….”. 

Ebbe voglia di sapere dove fosse lei ora, chi fosse. Digitò il suo nome su google e magicamente la ritrovò, o meglio trovò indirizzo, numero telefonico e mail del suo studio di commercialista. Le inviò una mail come un messaggio in bottiglia nel mare sconfinato dell’etere –  scriverle gli sembrò più discreto – e attese. Lei rispose dopo qualche giorno: era stata a lungo indecisa – scrisse –  ma la curiosità aveva avuto infine il sopravvento.

Le inviò un breve resoconto della propria vita e lei rispose raccontandogli la sua: dopo che lui era partito aveva cambiato lavoro passando dal panificio ad un’azienda vinicola che raggiungeva ogni giorno in motorino, aveva avuto un serio incidente stradale che l’aveva tenuta ferma per mesi ma che non aveva minato la sua forza di volontà; aveva terminato la scuola serale diplomandosi e aveva messo su lo studio. Si era sposata tardi ed aveva un figlio ormai universitario. Forse si erano incontrati in un momento sbagliato in cui non era ancora pronta – scrisse – ad affrontare una storia d’amore.

Lui colse in quelle parole una vena di nostalgia e le ricordò quell’addio, le telefonate  malinconiche che avevano segnato il passare dei mesi, il riaccendersi della passione a fine estate quando era risalito per qualche giorno ed era sembrato che tutto potesse ricominciare. Si era rivelata invece un’illusione: quando a dicembre lui era ritornato accettando un lavoro di sei mesi l’aveva trovata cambiata. Lo aveva aiutato a trovare una sistemazione abitativa momentanea in attesa di una più stabile, si era mostrata gentile ma fredda e gli aveva detto definitivamente che era finita.

Si erano rivisti casualmente in città, ma ormai come due estranei.

A giugno lui era ritornato di nuovo a casa e aveva provato a dimenticarla tuffandosi  in una vita di responsabilità e concretezza: nuova ragazza, lavoro affidabile, matrimonio, due figli. Aveva pensato di poter inabissare per sempre quella storia nei meandri della memoria finché quella sera, nel silenzio della stanza, aveva sentito un desiderio imperioso di ritrovarla, di sapere dove il mare tempestoso della vita l’avesse sbattuta e dispersa.

Le mail divennero relitti a cui aggrapparsi per scambiarsi sensazioni e pensieri: lei immersa ancora nel lavoro ma stanca e in cerca di una modalità per mettervi fine, lui già imprigionato in quello srotolarsi di giorni ripetitivi. Si scambiarono delle foto: lei lo trovò un po’ invecchiato, lui stanca e con un viso segnato dalla sofferenza; ma gli occhi erano rimasti gli stessi, intensi e scintillanti.

Fu allora che gli rivelò che stava combattendo contro un tumore raro. La notizia lo colpì profondamente anche se lei ne parlava con tranquillità, come di un ulteriore impegno cui far fronte. Si sentì  colpevole per non poterle essere fisicamente vicino, non poterla abbracciare, conoscere la verità dal suo viso, dal tono della sua voce, dai gesti del suo corpo e sentì inutili quelle parole scambiate a chilometri di distanza. Quasi per farsi perdonare le diede il numero del proprio cellulare invitandola a chiamarlo quando ne avesse avuto voglia perché gli era rimasta nel cuore, compagna speciale di un brevissimo, tormentato ma intenso tratto di strada.

Quando un pomeriggio lei telefonò ebbe un tuffo al cuore: riconobbe la sua voce tranquilla e fu come rincontrarsi dopo un’eternità. Restò senza parole, emozionato e confuso. Continuarono a sentirsi telefonicamente diradando le mail.

Un mattino di febbraio rispose dall’ospedale dov’era ricoverata per esami di routine: disse che si sentiva debole, ma era tutto sotto controllo.

Fu l’ultima volta che la sentì. La settimana successiva rispose la segreteria telefonica. Le lasciò un messaggio. Riprovò nei giorni successivi. Inutilmente. Pensò di aver detto qualcosa che l’avesse offesa, esaminò mentalmente le ultime conversazioni ma non ricordò nulla che avesse potuto compromettere il loro rapporto. Forse la sua malattia era peggiorata e non sapeva come contattarla, a chi chiedere; ma quand’anche avesse potuto, a che titolo si sarebbe intromesso nel suo mondo, invaso la sua vita?

L’aveva persa di nuovo e pensò che sarebbe stato meglio anche per lui riperdersi in quel rincorrersi di giorni indifferenti, crocifisso a quei domani uguali, deserti.

 Passò l’estate e l’inverno. Un mattino di marzo la voglia di sentirla ritornò prepotente e provò a telefonare. Ancora la segreteria con la sua voce. Digitò meccanicamente, come quella sera, il suo nome su google. Apparve la sua foto e un articolo di giornale che descriveva il cordoglio della città alle sue esequie avvenute ai primi di marzo dell’anno precedente.

 Restò a fissare il piccolo schermo del cellulare. L’aveva persa per sempre.



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1 commento »

  1. Racconto scritto bene, una storia drammatica, piena di nostalgia e malinconia. A volte perdersi ha un costo elevato, proprio come ritrovarsi. Complimenti!

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