Premio Racconti nella Rete 2019 “Harpaxofobiadi” di Felicita Amodio
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019
È esattamente così che mi sono sentita.
Violata. Contaminata. Oltraggiata.
Vado alla ricerca di brandelli dell’anima mia nei cassetti riversi, nelle scatole rovistate, negli indumenti sparpagliati ovunque.
Un evento cataclismico di siffatta eco, non ti spoglia solo del presente saccheggiando le tue abitudini più intime, i tuoi spazi, le tue sicurezze.
No.
Perché ti scippa del passato, dei suoi oggetti e dei suoi ricordi.
Il tempo galoppa ed io indugio sul mio divenire, anch’esso predato.
Di giorno, indosso l’abito migliore di un’artefatta indifferenza. Sul viso il make-up del tranquillavatuttobene a celare le profonde occhiaie di notti inquiete.
Mi lascio fagocitare da tutti e da tutto. Mi rimpinzo di estranee occupazioni.
La sera, però, lacera la maschera e mi costringe a “STARE” faccia a faccia con le mie angosce ed ossessioni.
Sono diventata harpaxofobica. Questo disse lo specialista.
Ho paura, cioè, di essere derubata.
– E di cosa? Mi hanno preso tutto! – esclamai guardandomi i palmi vuoti.
Finanche il sonno ristoratore, la fame, il ciclo.
Tutto.
E ho paura dei ladri. Soprattutto di sera.
Io li vedo ovunque. Si aggirano, ancora, in questa dimora dove non voglio rientrare perché non è più casa mia.
Sogno ricorrente di camminare senza meta in una fitta vegetazione. Voglio lasciare quel luogo doloroso ed inquietante che è la mia casa, la mia città. Ho bisogno di volare alto e vivere con leggerezza la mia quotidianità.
E mi ritrovo, allora, circondata e sopraffatta da alberi pizzuti dall’alto fusto. Dai severi rami si diparte il lussureggiante fogliame che mi ghermisce, mi attanaglia e mi soffoca, mentre tento disperatamente la fuga.
Vano ogni mio sforzo.
Resto bloccata lì.
Nello stesso punto, ogni notte così.
Per mesi.
Finché un giorno, un pensiero semplice balena nella mente in un micro secondo di lucidità assoluta.
Sono sul mio scoglio preferito, annego lo sguardo nell’infinito di quel liquido balsamico.
Estraggo dalla tasca l’emozione che mi domina: la Paura.
La poso al mio fianco e lascio che sia la penna a disseminarla nelle onde ruggenti del mare d’inverno.
“Caro diario,
mi chiamo Asia, ho 38 anni e sto tornando a casa…”.
Inquietudine palpabile in queste poche righe ma, ancora in volta, ecco la scrittura che si presenta come una eroina fantastica, per alleviare i pesi nelle nostre esistenze. Piaciuto.