Premio Racconti nella Rete 2010 “Le ragazze con la V” di Patti Turetta
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010
Era l’estate dei miei nove anni.
La giornata finiva sempre con il profumo del basilico spezzettato nella minestra di verdure mentre Leo, il cane abbaiava alle rondini.
Era allora che il nonno, fischiettando, rientrava dai campi con il cappello ben calzato, il manico del rastrello su una spalla e la cinghia del cesto del fieno sull’altra.
Leo subito scodinzolava, poi assumeva la posizione felice: sedere in alto, zampe anteriori in avanti, schiena incurvata e il muso nero allungato verso il cielo.
Nell’aria densa di profumi io lo invidiavo per come riusciva ad animare la quiete del tramonto, mentre la nonna, seduta sulla panchina pelava le patate accumulando le bucce del grembiule.
Quella sera i vetri delle finestre erano spalancati e le persiane socchiuse, mia nonna grattugiava il formaggio e io in piedi, nuda, dentro una tinozza la guardavo.
Silenziosa lei contraccambiava lo sguardo con un mezzo sorriso che le tagliava la guancia.
Proprio così: mia madre mi passava la spugna umida sulla schiena, la nonna grattugiava il formaggio per la cena e tutto avveniva in cucina, perché allora, in campagna la camera da bagno non c’era.
“Stai un po’ ferma…”, brontolò mia madre, mentre la sera inondava la cucina.
Ma io cercavo di sbirciare Leo attraverso le persiane.
“Fermati, ti ho detto.”
“Devo andare a controllare le rondini, prima che Leo si stufi di aspettarmi!”
“Stai bagnando il pavimento!”
Impossibile, ricordo di aver pensato, l’acqua cedeva nella tinozza senza fare rumore.
“E’ buon senso essere vergognosi”, disse a quel punto la nonna a mia madre.
Io la guardai. Buon senso per cosa, pensai.
“Significa che ha carattere.”
La guardai ancora. Carattere per cosa?
“Ai miei tempi le bambine non si lavavano prima dei grandi”, aggiunse.
Che fortuna, pensai, doveva essere bello ai suoi tempi, non doversi lavare ogni sera per cena!
“Ti vuoi fermare, o no?, mi rimproverò mia madre sfregandomi la spugna sul collo.
“Non sgridarla; è un bene la timidezza, gli uomini sono galanti solo con le ragazze pudiche e riservate.”
Nel dirlo lo sguardo le cadde sulla foto di una ragazzina con le trecce proprio come le mie che sorrideva da un settimanale aperto sul tavolo.
La ragazza abbagliata dal sole, era felice, lo si capiva dal dito indice e da quello medio che formavano un V.
“Che vergogna”, esclamò la nonna.
“E perché mai? Quella V è il segno dei tempi, è segno di vittoria”, mamma precisò.
“Quella lì non porta la camicetta”, ma la nonna ribatté seria.
Non la porta?
Allungai il collo e mi accorsi che sotto la salopette la pelle era nuda, le bretelle si appoggiavano sui seni che quasi non si notavano, ma aveva ragione, la pelle era davvero nuda.
“Siamo nel ’69, vedila come un gesto simbolico; via i vestiti, via la vergogna e la paura. Oggi non siamo più schiave di niente e ne andiamo fiere”, asserì mia madre.
“Nude?”, chiese la nonna.
“Dalle contestazioni dell’anno scorso in Francia e in California è scoppiata una nuova rivoluzione”, aggiunse mia madre con tono trionfalistico.
“E c’è bisogno di spogliarsi per fare la rivoluzione?”
“Lo foto è fatta a un festival musicale…era agosto, faceva caldo.”
Infatti il titolo citava 400,000 ragazzi, tre giorni di musica e di sole.
Mia nonna scosse il capo.
“Anche il 2 giugno del ’46 faceva caldo, ma noi eravamo tutte vestite”
Mia madre smise di strofinarmi.
“Tutte chi?”
E la nonna elencò le donne del paese.
“Il 2 giugno del ’46? Siamo nel ’69, cosa vai a rivangare, ma’?”
“Quella è stata la vera rivoluzione femminile; la nostra! Quel giorno tutto il paese, uomini e donne che mungevamo vacche e impastavamo il pane, con voi bambini per mano, quel giorno siamo andate a votare!”
Sospirò.
“Me lo ricordo bene: il vestito della festa, quello con il quale ti ho battezzata. Buon Dio che emozione, ho messo su il fazzoletto nuovo che la zia mi aveva portato dall’Argentina, ho tirato fuori le scarpe buone, ho nascosto qualche “scudo” nella manica e siamo andate alla scuola.”
Si fermò come per cercare le parole giuste.
“…Erano vent’anni che gli italiani non votavano, vent’anni che l’Italia taceva e finalmente potevamo dire quello che pensavamo. E potevamo farlo anche noi donne!!”
Il viso le si era illuminato.
“Siamo tutte andate a votare! A votare per liberarci di quei vigliacchi che ci rubavano le pecore dalla stalla e le galline dal pollaio. A quei bastardi che ci saccheggiavano grano e avena e da quei ruffiani che facevano la spia al fattore se non marciavate in riga con il saluto! Sai di cosa parlo, vero? Il voto!”
Era radiosa.
“Il nostro voto”, poi ripeté abbassando nuovamente gli occhi sulla rivista, passandosi le mani sul grembiule.
“Ai mie tempi nessuna donna girava nuda per i campi…”
Sollevò di poco il giornale.
“Non capisco cosa ci sia di vittorioso in questa foto e perché voi donne dovreste sentirvi contente”, concluse.
Ero di nuovo perplessa.
“Contente per cosa?”, domandai a mia madre.
Lei afferrò l’asciugamano da una sedia e mi coprì le spalle.
“Che tua nonna sia una di loro”, asserì.
“Loro chi?”, domandai confusa.
“Le ragazze con la “V”.
Guardai la nonna.
“Allora, anche tu indossavi la salopette senza camicia?”
Dapprima lei sembrò indignarsi, poi sorrise.
“Beata, innocenza…, esclamò, lasciando cadere il giornale.
“Non so cosa sia quella “V” e quella pelle nuda, so solo che nel ’46 eravamo così imbacuccate da inciampare nelle gonne, ma così felici che avremmo raggiunto la scuola per votare anche senza scarpe e fazzoletto in testa pur di cambiare, se non il mondo, la nostra dura vita e un paese così maltrattato com’era allora l’Italia.”
“Allora?”, mia madre chiese sarcastica.
“Sì, allora!”, ripeté la nonna.
“Solo allora?”, insistette mia madre con uno strano tono di voce.
Poi non udii più niente, a parte lo sfregamento dell’asciugamano che entrambe operavano sulle mie
orecchie.
complimenti, mi è piaciuto molto. ti invito a leggere il mio ‘i lineamenti del nulla’.
Giovanna
Mi ha colpito nella sua semplicità. Ho ritrovato parte di quel mondo di bimba legato a mia nonna materna. Racconta di tutte Noi donne. Mi è piaciuto tantissimo.
Erika