Premio Racconti nella Rete 2019 “Ad occhi chiusi” di Liana Onofri
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Un tonfo sordo e poi il silenzio. Nel buio di una notte senza luna ,quel gesto efferato e definitivo gli sembrò l’unica cosa logica che avrebbe ridato un senso alla sua vita. Il cuore gli batteva forte e ad ogni minimo fruscio si guardava in giro con sospetto. Era certo di essere solo ma la paura per quello che aveva commesso lo rendeva insicuro e pieno di dubbi.
Era tutto finito. Nessuno avrebbe più turbato i suoi giorni, le sue ore e il suo dannato benessere. Si lasciò andare a un sorriso soddisfatto che distese il viso tirato dall’ansia. Non sapeva cosa sarebbe accaduto adesso. Era necessaria la massima attenzione. Avrebbe dovuto recitare la parte fino in fondo, fino a quando tutto non sarebbe stato archiviato. Nessun errore e nessuna emozione . Sua moglie era scomparsa. Questo avrebbe detto alla polizia. Le indagini si sarebbero concentrate su di lui, ma ne sarebbe valsa la pena, tanto era stato il sollievo provato dopo l’omicidio.
Si allontanò da quel luogo con la consapevolezza che avrebbe presto dimenticato l’accaduto e montò in macchina per avviarsi verso casa.
Era cominciata così la storia di Giulio : una mattina, una sveglia sollecita che richiama l’inizio di una giornata come tante e il corpo che si appresta a compiere i gesti di sempre. Quella mattina però, era accaduto qualcosa di diverso. Giulio faticava ad aprire gli occhi, sembrava volersi sottrarre alla realtà del quotidiano. Un’immagine fluttuava nella sua mente: un mare calmo color cobalto con sfumature argentate e una spiaggia bianca, lunga, senza fine .Una corsa interminabile sulla sabbia calda verso una splendida donna che lo invitava con il gesto compiacente della sua mano. Allungò il braccio per afferrarla ma lei si dissolse nel nulla e il sogno rimase sospeso nell’aria, impalpabile, incomprensibile. Un sogno. Giulio rimase ad occhi chiusi per molto tempo ancora, con la speranza di rinnovare il piacere di quella visione, ma ormai riusciva a cogliere solo pochi frammenti, flash sbiaditi, recuperati a fatica dal profondo dell’ anima. Il cuore, il suo arido cuore, batteva all’impazzata, senza riuscire a fermarlo. Si alzò dal letto in fretta, poi, come ogni altro giorno, si dedicò alle solite cose. Ma il sogno aveva lasciato una traccia indelebile in lui e si ritrovò per tutta la giornata a pensare a quella meravigliosa spiaggia e alla donna della fantasia. Un brivido caldo pervadeva il suo corpo. Quel piacere inaspettato gli procurava una contentezza tale che i colleghi di lavoro, guardandolo, si scambiavano tra loro occhiate di meraviglia. Si domandavano tutti che cosa fosse successo a Giulio per avere quel sorriso stampato sul viso. Fino allora non aveva conosciuto passioni di nessun genere. Giulio apparteneva a quella schiera di uomini che, per mantenere una solida e tranquilla esistenza , preferiscono sottrarsi a tutto quello che riguarda la sfera emotiva . Non aveva provato dolore neppure per la perdita di sua madre. Aveva accettato come inevitabile l’evento. Lui era così, alieno a tutti i moti del cuore. Per non parlare dell’amore . Si era sposato per convenienza. Anna era una donna semplice, una di quelle donne che accudisce la casa , senza nessuna ambizione e senza nessuna pretesa. Aveva trascorso già molti anni con lei e non avrebbe potuto raccontare niente di particolare della loro vita coniugale. Una piatta e modesta esistenza. Le emozioni non lo avevano sfiorato fino a quella mattina , fino a quando non si erano aperte un varco dentro di lui e lo avevano reso vulnerabile.
I giorni trascorrevano uno dietro l’altro, scanditi dalla ritualità dei gesti di sempre. C’era però una sorta di frenetica attesa, l’attimo in cui il suo corpo si sarebbe riappropriato della felicità che il sogno gli procurava. Aspettava con ansia di distendersi e accogliere compiacente quel mondo irreale che si sarebbe materializzato davanti ai suoi occhi.
Cominciò così a dormire più spesso. Sentiva il sogno arrivare e insinuarsi nella mente. La realtà svaniva per lasciare il posto a quell’assurda irrazionalità che uccideva ogni logica. Il suo bagaglio onirico si arricchì di infinite visioni: distese di fiori a perdifiato, cieli limpidi e sconfinati , mari calmi, acque invitanti, meravigliose creature. Doveva accettare tutto quello che il sogno gli avrebbe regalato, l’imprevedibile, il fantastico, l’impossibile. Giulio si era finalmente risvegliato da un lungo torpore, o meglio si era reso permeabile alla vita. Aveva affinato talmente la percezione di sé che riusciva in pochi attimi a lasciarsi cadere nei dolci abissi di quella meravigliosa ossessione, soltanto chiudendo gli occhi. Si abbandonava a essa e lasciava liberi i pensieri e spalancati gli occhi della fantasia. Era felice, stranamente felice.
Poi tutto cambiò. Gli attimi di piacere diventarono più rari. C’era sempre qualcosa che turbava il sopraggiungere del sonno: il gorgoglio del caffè che saliva dai fornelli, il fischio di una teiera impaziente, l’insieme confuso di voci provenienti dalla tv e la lavatrice che, nella sua frenetica corsa, si dimenava impazzita. Si era accorto con rammarico che la magia del sogno lo stava abbandonando e avrebbe dovuto fare qualcosa per riconquistare il benefico torpore. Questo caos che si riproduceva in sequenza con costanza ogni giorno non poteva essere casuale, qualcuno si era accorto del suo segreto e cercava con ogni mezzo di riportarlo alla banalità dei gesti quotidiani. Chi se non Anna?! Di sicuro vedere il volto di Giulio ogni giorno distendersi, assopirsi ed illuminarsi di una felicità sconosciuta doveva averla irritata e forse questo accendeva in lei un moto di invidia che la portava ad esibirsi in una sinfonia disarmonica di suoni molesti
La situazione era diventata insostenibile.
Accadde una notte. Si era disteso come sempre su un fianco e si preparava ad accogliere il sonno amico. Gli sembrò addirittura di perdere i sensi, tanto fu la rapidità con cui arrivò il sogno. La faccia dolce di sua madre e lui bambino insieme per la mano, felici , in mezzo alla campagna. Camminavano lungo un sentiero che li avrebbe portati alla stazione del paese per raggiungere la nonna. Poi, all’improvviso una mano ostile lo strappò a sua madre e gli strinse il braccio con una tale violenza da percepire le unghie nella carne. Si ritrovò steso sul letto, con la luce negli occhi e un’impellente voglia di vomitare. Sua moglie, china su di lui, spiava il suo respiro, gli rubava l’aria, catturava il suo sogno, lo sottraeva al piacere. Fu in quel momento che concepì l’idea di liberarsi di lei. Guardò negli occhi la donna, poi le afferrò il collo con le mani e strinse forte. Sentiva la pressione delle dita, la loro forza e la stretta che diventava sempre più potente. Il suo corpo si contorceva negli spasmi della morte, gli occhi strabuzzati e le labbra gonfie. Pochi secondi e l’atto fu consumato. Giulio rimase immobile per alcuni attimi, incredulo fissava con occhi vuoti l’opera appena compiuta. Senza pietà. Osservava il corpo della moglie, afflosciato sul letto, scomposto e sgraziato; un braccio ciondolava fuori, le gambe aperte lasciavano intravedere il bordo sfilacciato delle calze e il capo reclinato su se stesso sembrava appartenere a un fantoccio di pezza. Si scostò da lei e comprese che avrebbe dovuto cancellare le impronte e ripulire tutto. Passarono alcuni minuti, poi caricò il corpo nel portabagagli della sua auto e mise in moto la macchina. Si diresse verso la periferia, in una località piuttosto isolata, dove si sarebbe sbarazzato del cadavere. Gli venne da sorridere.
Quando rientrò, si era fatta notte fonda, Giulio era stremato, si diresse in cucina, prese dalla dispensa una tisana e mise sul fuoco una teiera colma di acqua, poi torno in salotto, si accasciò sulla poltrona e chiuse gli occhi.
Improvvisamente una chiave nella porta, i passi di qualcuno che si avvicinavano lentamente verso di lui. Anna. La figura di sua moglie in mezzo alla stanza lo lasciò di sasso. Non poteva esser vero! Sua moglie posò la borsa sul tavolo, sospirò ed uscì dalla stanza. Giulio era sconvolto e rimase immobile. Cosa era accaduto allora?
Se aveva veramente ucciso Anna in un impeto di rabbia, cosa aveva appena visto? Scavò negli angoli della sue mente per cercare di individuare il momento esatto in cui la realtà aveva interrotto il sogno. Poi dalla cucina un suono, uno di quelli molesti che tanto lo avevano turbato, un sibilo stridulo prolungato e persistente e tutto gli fu chiaro.
Brava Liana!
L’ho letto in un ‘sol boccone’. Dentro c’è tutto, anche una parte di me, di ciascuno di noi credo. Mistero, realtà, ironia…
Raffinata e diretta.
Ne voglio leggere un altro!
Grazie. Mi fa piacere che tu abbia apprezzato la mia scrittura.
meravigliosa scrittura, complimenti all’autrice.
Grazie.
Bel racconto, appassionante e convincente.
Grazie
Bel racconto, inquietante e intrigante. Brava l’autrice
Grazie Margherita.
nell’apparente quiete emozionale si insinuano bisogni tempestosi che sorprendono il protagonista e il lettore tra dimensioni di sogno e realtà , tra quello che è e che potrebbe essere. Un tuffo perturbante negli abissi e nel potere della mente…
Complimenti Liana!
Un commento molto profondo. Grazie.
Racconto dalla trama avvincente e finale non scontato; è narrato in un linguaggio fluente ed impeccabile che rende la lettura molto piacevole.
Grazie.
Finale aperto spiazzante, scrittura fluida. Bel racconto, brava.
Grazie
brava..continua …
Storia ben scritta e di gradevole lettura.
Mi è piaciuta.
Complimenti Liana
Sono contenta che ti è piaciuta. Grazie Maria Antonietta
Un bel racconto dalla lettura fluida e da una trama originale ed avvincente si legge in un attimo.Brava Liana
Racconto che si lascia leggere tutto d’un fiato!! Scrittura ricca, intensa ma mai pesante con tutti gli elementi del genere distribuiti con maestria!!! Intravedo, nel prossimo futuro, un romanzo di successo!!! Bravissima!!!
Vortice, ecco la mia definizione di questo racconto. Complimenti.
Grazie
Si, forse è un vortice. Azzeccata la definizione.
Realtà e sogno che si fondono fino a non saper più distinguere l’uno e l’altra, e ci si trova a biasimare e condannare il protagonista per un sogno troppo vivido. Mi ha catturata.