Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Largo Corpo di Napoli” di Magda Aiello

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Largo Corpo di Napoli. Passo e spasso sotto la statua del Nilo e ogni volta guardo la lapide di marmo della piazzetta. Il corpo in oggetto è quello – bianchissimo – del dio fiume, in una città di mare sempre raffigurata da una sirena, Partenope.

Chissà se Partenope ha mai chiesto a Nilo di accoglierla, lui col suo corpo così largo e candido. Dal suo scoglio di Mergellina non è grande distanza, si può fare per mare quasi tutta, e poi salire dal varco marittimo dell’ Immacolatella per la salita di Mezzocannone, giri a destra e sei da Nilo.

Non è comoda la salita per chi ha la coda, dovrà chiedere a un furgoncino di trasportarla, a meno che non trasformi per amore il suo corpo in quello di una umana, ma pare che poi – lo raccontava un narratore specialista in sirene – per contro si perda la voce. Lei si troverebbe così al cospetto del dio bianco senza poter chiedere asilo, aiuto, tregua.

Non è paura della morte, no, questa richiesta di aiuto. La trasformazione che la attende a fine vita, in schiuma del mare, non fa più paura alla sirena da quando ha capito che anche gli uomini non sono immortali. E’ la loro insensatezza che la spaventa, il titolo di protettrice di questi esseri la responsabilizza, ma allo stesso tempo si sente impotente.

Sbarcano poco, qui, quelli dei barconi, ma le sorelle di Lampedusa le hanno raccontato dei morti caduti dai catorci a stento galleggianti: tutti così giovani. Chiaro, perché i vecchi quasi non partono. Nel porto però ogni tanto, talvolta da Salerno, arriva un carico di occhi spalancati, piedi nudi, bocche cucite.

Partenope vorrebbe chiedere a Nilo di intercedere presso la numerosa e variopinta comunità di giovani vaganti in piazza a San Domenico, dalle parti del dio fiume; dato che, interpellando la placida gente del lungomare, dalle sue parti, non avrebbe come risposta che gli sguardi torpidi e distratti di chi prende il sole. Sono giovani colorati, generosi, non hanno l’aria di chi entra in ansia per il tempo che passa. Hanno dovuto armarsi di pazienza: per mantenersi fanno lavoretti sottopagati, le loro storie d’amore qualche volta sono un po’ traballanti; li sostengono gli amici, la vita di piazza.

Partenope ha pensato di organizzare un concerto – leggendarie le sue doti canore – per i migranti, questa volta però non sarà una raccolta di fondi. Sarà una raccolta di amore. Questa sostanza così rara non si rapprende facilmente, ci vuole un’energia tosta per andarla ad acchiappare.

Allora Nilo, bel vecchione gaudente, suggerisce di allestire una lunga tavolata imbandita che vada dal suo slargo fino a piazza del Gesù, un unica via dritta davanti a chiese negozi bancarelle trattorie; una tavola i cui piatti saranno cucinati portati e serviti dalle più abili mamme dei vicoli, dai più raffinati pizzaioli del Decumano, dai docenti delle sedi della adiacente università (se camerieri o cuochi esperti, altrimenti li si metterà a fare gli assaggiatori. Un’occasione in cui insieme al bendidio delle pietanze ci sarà l’apertura di tutte le case per andare a sciacquarsi la pelle dal salmastro e il cuore dal dolore; l’apertura delle chiese per dormirci la notte successiva; l’accesso libero ai negozi di vestiti per andare in giro con scarpe calde e abbigliati scicchettosi.

Portino babà i pasticcieri, quelli grandi a forma di Vesuvio, e i musicisti del Conservatorio facciano da basso continuo ai rappers che si alterneranno per accompagnare la sirena nel suo canto.

A questa tavolata ognuno porti la sua sedia e un’altra in più; e ci si sieda un napoletano affianco a un napomigrante, azzeccati azzeccati braccio contro braccio sennò non ci si entra, e speriamo che la cucina gli piaccia. Altrimenti ci insegnino loro un po’ di ricette, che il palato, si sa, vuole sempre cose nuove. E quando cucineranno loro bisognerà assaggiare prima di dire non mi piace, dato che c’è il rischio concreto di incappare un piatto indimenticabile.

Tuttavia la cosa più incredibile alla quale si assisterà non sarà, come qualcuno può aver pensato, la discesa dal trono marmoreo di Nilo, che si metterà maestoso a capotavola; sarà piuttosto il misto musicale che nascerà quando ai musicisti si unirà il canto dei napomigranti, i mestoli batuto sulle pentole, sopra la tavola ormai vuota le immancabili danze di sventate ragazze un po’ brille.

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7 commenti »

  1. Bellissimo racconto che sapientemente mescola i suoni e i colori antichi con quelli moderni, nella culla mediterranea che tutto mescola, mastica è ricompone

  2. Complimenti ! Una scrittura raffinata e in qualche modo esoterica, che riesce ad affascinare, facendo immergere il lettore nelle strade del ventre antico di Napoli, in cui c’è riscatto ma anche sofferenza che viene da lontano . Suoni, odori, voci, immagini si compongono in un affresco vivace e originale 🙂

  3. Ti ringrazio, il fine è quello di un linguaggio antiretorico, visto che siamo nella città dei cliché. ..

  4. Bello nell’idea, nella scrittura, nelle immagini e nel significato. E potentemente attuale: c’è l’idea che in ogni città c’è colore, vita, disponibilità, musica e allegria per tutti. E che anche se non è facile, bisogna andare a cercarla, muoversi tutti insieme. Complimenti!

  5. Grazie, mi pare che ci sia un gran bisogno di esprimere solidarietà. 🙂

  6. mi hai fatto assaporare l’atmosfera di questa città piena di storia e di magia ed è stato un viaggio piacevolissimo. Molti complimenti per la tua “bella penna”

  7. Storia e magia, hai ragione. Tutto deve servire a definirci uomini e cittadini migliori.

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