Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Improvviso” di Sandra Salvini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Ho un ricordo di lui che si affaccia alla mente ogni volta che sento quella musica.

Ogni domenica mattina quella musica scendeva fino giù in strada e si univa alla gente che incurante passava.

Lui era già lì. Seduto con il suo consueto giornale che sfogliava lentamente, come lento era stato il suo lavoro. Se ne stava appoggiato al muro fra l’ombra proiettata del tetto e il sole che implacabile illuminava la sua compagna, ormai, di vita. La sua stampella.

I capelli arruffati di un bianco confuso con un grigio indeciso, coprivano la sua fronte che un tempo era stata alta e fiera.

Stava lì, come ogni domenica mattina, con la musica lasciata scivolare giù dalla sua camera.

Non era facile fare tutti quei piani, tutti quei gradini ora che il suo equilibrio stava diventando sempre più precario. Così se ne stava lì sotto casa, per ore, tra le mani un quotidiano.

Si era avvicinata una mattina, attratta chissà come da quell’oggetto così insolito per lei, da quei giochi di luce che il sole riverberava sull’asta metallica della stampella.  E questo fatto si era ripetuto più volte tanto che ora il vecchio iniziava a vivere nel profondo quell’attesa che gli dava un dolce fremito e lo riportava indietro nel tempo.

Come ogni domenica mattina, aspettava quella bimba con la gonna di tulle e il giubbino rosso legato alla vita. Ogni volta ripetevano lo stesso rito, Lei con la curiosità dei bambini gli chiedeva sempre di far parlare “la stampella”, perché oramai era diventata, la stampella intendo, il loro modo indiretto di comunicare. Facevano parlare lei, facevano dire a lei, la stampella, cosa piaceva o non piaceva a ciascuno di loro; era diventata così la protagonista della mattina e ogni volta c’era qualcosa di nuovo da raccontare, un sogno, un desiderio o anche una brutta storia…..

In fondo, ciò che all’origine era stato da subito avvertito come una ferita, profonda, che aveva cambiato la sua vita e rappresentava per lui un ostacolo, non solo nei suoi gesti quotidiani ma soprattutto nei rapporti con il mondo nella dinamica della vita, ora, quella stampella gli offriva la possibilità di vivere una parte di sé che pensava sommersa, quelle inaspettate emozioni che provava nell’attesa e nell’incontro di Lei e tutto questo alleggeriva quel peso.

Era buffo per qualche passante meno assorto nei suoi pensieri vederequel vecchio, dall’aspetto persino un po’ burbero, appresso aquella bambina così vivace ed allegra, recitare assieme uno spettacolo tutto loro, con in mezzo quel sostegno di freddo metallo che per loro era un’unica voce.

All’inizio non era stato così. Il vecchio non amava parlare, se ne stava chiuso in se stesso con un sguardo quasi di sfida, di sfida alla vita, a quella vita a cui ora dava le spalle.

La bambina però insisteva, non conosceva il rifiuto e in modo ostinato faceva domande, quasi sempre lasciate senza risposta. Fra di loro la stampella, quel sostegno al dolore, alla fatica, a quel presente muto.

Si incontrarono lì in quell’oggetto appoggiato al muro, in sospensione tra un arrivo e una partenza; e in quella pausa di spazio e di tempo, il vecchio piano piano si schiuse a quella bambina e a sé. Dando voce alla stampella cercò di liberarsi del suo passato, di allontanare dalla mente, anche se per brevi momenti, quel dolore che implacabile gli ricordava il suo stato.

La musica era diventata da tempo un debole palliativo ma ora che c’era la bambina la vita sembrava aver dato a lui un inaspettato sollievo. Con lei poteva tornare indietro negli anni, immaginarsi più giovane e con qualcosa da offrire, anche semplici racconti, storie inventate, oggetti parlanti, mondi così lontani dalla loro realtà.

La bambina che abitava da poco in quella cittadina – il padre maestro era stato appena trasferito – lo teneva sospeso da un presente scarno di affetti e di novità. Lei era in qualche modo il suo futuro.

E così passò l’estate.

Le stagioni di una vita si susseguono, si dispiegano come segmenti che si intersecano e che talvolta si separano.

Il padre fu nuovamente trasferito e per la bambina si preparavano altri incontri.

Ogni domenica mattina quel dialogo li aveva sorretti, aveva consentito ad ognuno di loro di intessere un filo sottile ma forte che non conosceva età, né distanze.

Ogni domenica eccetto una.

Era una mattina diversa, la musica era anch’essa diversa; non più quel jazz ritmato da un sassofono e una batteria incalzante, no, non era quella la musica. Anche quei soliti passanti che mai alzavano il volto, che sembravano persino non sentire, quella mattina percepirono qualcosa di diverso, di stranamente diverso.

Un pianoforte con un’aria, un improvviso di Schubert, una pausa, una lunga pausa e….

Ernesto era il suo nome. Luisa il mio.

Loading

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.