Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Piazzati & spiazzati a un pelo dalla felicità” di Laura Landi Chetoni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Poteva esserci una pioggerellina caliginosa con un silenzio d’ovatta,  in un muto valzer degli addii. Invece un sole impertinente abbacinava la piazza triangolare e annegava di luce persone e cose colorate da un vociare disordinato che migrava nell’aria. Brillava l’acqua delle due fontane.

Che la piazza fosse patrimonio dell’Umanità non importava a nessuno dei convenuti che avevano premura di concludere. Una volta concluso, ognuno di loro abbandonò il tavolino del caffè ombreggiato da una tenda a righe rosse.

Urtato il desco nella fretta di allontanarsi, i bicchieri vuoti ondeggiarono. La bottiglia di Zubrowka , in procinto di lasciare orfani i bicchieri, scecherò il solitario filo d’erba di bisonte nelle due dita di liquido avanzato; una mano la prese per il collo e l’infilò in tasca.

Ognuno convinto di aver fatto un affare, s’incamminò verso la sua vita senza voltarsi indietro. Sentiva di non lasciare un gran che alle spalle.

Il Sensale bilingue dalla tasca gonfia fu il primo a filar via a passo svelto.

La Madre ciabattò verso casa con qualche anno di affitto assicurato.

L’improbabile coppia di novelli amorosi si allontanò disegnando sul selciato l’ombra dell’ articolo il.

Una Saab  marrone incandescente siglata da targa italiana li aspettava.

Maria calò nell’abbraccio di brace del sedile con improvvisate movenze da gran signora, dopo esser stata promossa a tal rango da un’inedita galante apertura di sportello.

L’incolmabile divario di statura della coppia lì per lì fu dimenticato.

Le  gambe  lunghe e secche, accartocciate vicino al tronco non osarono chiedere di più, perciò il corpo di lei si accoccolò come poté. L’abitino in acrilico al cento per cento si incollò al corpo magro della spilungona che sembrava una bambina sgraziata cresciuta troppo in fretta.

Il giovane uomo, incassato fra il sedile e il volante, strozzato dalla cintura di sicurezza, stillava sudore e dopobarba velati di morchia.

Maria soppesava lo straniero con la coda dell’occhio. Non era brutto, ma era lontano dall’essere bello. Se fosse intelligente, al momento non era dato sapere. Di sicuro emanava una prosperità che Maria cercava di tradurre in una favola tutta da inventare.

Imboccarono la statale per una trentina di kilometri verso il confine austriaco.

Ai lati della strada una scacchiera sterminata alternava campi gialli di colza ad eserciti di  iperrealistici nani da giardino in technicolor con plotoni in alzabandiera da barzelletta.                

La strada a tre corsie era allumacata da una colonna di Tir pavesati come alberi di natale da ranch con santi protettori, madonne, corna, playmate …

Una lunga litania di randagie macilente con un braccio alzato adescava strafottenti camionisti in lotta con la tabella di marcia e un’urgenza bassa da sveltire. La lentezza del convoglio agevolava il saliscendi che smorzava le urgenze.

Maria e l’Amoroso già nel loro futuro, guardavano dritto e, varcato il confine, si sentirono più leggeri.

Felix Austria nube via, via, via!

Italia nube vai, vai, vai!

Paesaggi diversi scorrevano veloci, poche soste indispensabili.

Ora faceva fresco.

Lui, forte del suo involucro marrone metallizzato, abbassò sapiente l’aria condizionata, inserì una musica che ritenne da atmosfera, sfruculiò senza motivo il navigatore che riprese indifferente la strada assegnata.

Lei seguiva i movimenti delle  mani di Lui sui pulsanti e sul volante ore dieci, calamitata dai guanti color cognac con le nocche scoperte e le mezze dita, le unghie inutilmente sbiancate.

Quando giunsero a Pisa nord, Lui, dopo un attimo di incertezza, sgommò hollywoodianamente, invertì la rotta e, trionfante di una gloria non sua, giunse davanti alla porta dell’antica cinta muraria, abbassò la capote e le regalò con un gesto plateale la piazza dei Miracoli.

Scesero.

Lei spicciò gesti insistenti per prendere la sua piccola valigia di cartone con gli angoli rinforzati.

Debuttarono nella piazza con una luna sorniona bianca come una sposa.

Lui ribadì l’offerta della piazza, Torre compresa, e Lei l’accettò come dono di nozze sottinteso nel contratto stipulato dal Sensale.

Maria si avvicinò ad uno dei portoni stringendo in mano la sua piccola dote con gli angoli di metallo. Lui la prese in collo all’improvviso, Lei non mollò la valigetta. Il gruppo ginnico sbilenco formava ora una T sbilanciata dalla valigetta.

E ora?

Come gestire il peso di un’intraprendenza che aveva sorpreso persino Lui. Non sapeva come gli fosse saltato in mente. Che fare davanti a quel portone chiuso?

Lei, con lo sguardo da aspirante attrice del muto, lo sospingeva verso il portone. Adesso erano schiacciati contro lo storico legno ignaro del conflitto. Lentamente Lui la indirizzò verso il selciato assecondando goffamente il ritorno coi piedi per terra. Lei oppose una mite resistenza. Senza crederci, con occhi canzonatorì, guidò lo sguardo del nubendo verso la serratura del portone e a ritroso dalla serratura alla tasca della giacca di Lui.

Ma no ! Non aveva la chiave ! Non era quella la loro casa. Come dire? In quale lingua rivelare che “Abiteremo qui” vergato sul retro della cartolina era un modo per dire che avrebbero abitato a Pisa, anzi a onor del vero a Navacchio, ma come dire Navacchio? Che poi è quasi Pisa e, a voler sottilizzare, ora non c’era neanche la neve come nella cartolina.

Lui pensò che a Navacchio non c’era più neanche il sensale di  matrimoni come al tempo dei suoi amati nonni che stavano insieme da una vita. Risalirono in macchina e imboccarono la superstrada della FiPiLi. 

Poi la signorina del navigatore decretò … – fra cento metri, arrivo. –

Maria pensò che, fosse dove fosse, accanto all’autofficina Neroazzurro c’era la bifamiliare col giardino su tre lati,  oltre il giardino  c’erano i campi, oltre i campi …

Abbassò lo sguardo sul suo principino. Si sorrisero, il resto sarebbe venuto col tempo.    

In fondo, la casa sulla piazza dei Miracoli con la Torre, sì era un gran bel palazzo, ma tanto tanto vecchio, vecchio come le due stanzette dietro la piazza di Telc.

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5 commenti »

  1. Fa fare un salto indietro almeno di una quarantina di anno questo racconto. Tutto sommato andava meglio quando andava male. Peccato per i refusi che non facilitano la lettura. Comunque è una storia originale.

  2. Una piccola favola che ci fa riflettere e che ci accomuna nella ricerca della felicità.

  3. Divertentissimo e scritto molto bene. Uno spasso da leggere!

  4. Un racconto originale , interessante , molto intenso , semplice e complesso insieme , che attrae costantemente l’attenzione del lettore.
    Particolare la sua costruzione e godibile.
    Molto.

  5. Proprio bella questa storia silenziosa, fatta tutta di gesti, pensieri e paesaggi. Ha un’atmosfera sospesa e una specie di validità temporale universale, ed è al tempo stesso asciutta ed affettuosa verso questi personaggi, belli e imperfetti. Brava!

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