Premio Racconti nella Rete 2019 “Quando l’Amilcare risorse” di Cinzia Montagna
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Tornò in vita due giorni dopo essere morto, esattamente nel momento in cui il prete sollevò il turibolo fumigante d’incenso e gli fece compiere la prima oscillazione. Nel silenzio odoroso della camera mortuaria del cimitero, a due metri dall’ingresso del forno crematorio, si sentì qualcuno tossire e il qualcuno era lui. Era lampante a tutti che a tossire poteva essere soltanto il morto. Gli addetti al servizio funerario si avvicinarono per primi alla bara, incerti se procedere subito ad aprirla o attendere qualcosa, pur non sapendo cosa. Da dentro la bara arrivarono altri colpi di tosse.
- No, fermi – disse il prete ai due addetti al servizio funebre -. Non potete aprire la bara: bisogna avere l’autorizzazione!
- L’autorizzazione di chi? – domandò la vedova.
- Non so, di qualche autorità immagino. Non si possono aprire le bare dei morti senza autorizzazione – le rispose il prete.
I presenti si scambiarono occhiate attonite. Il morto, intanto, continuava a tossire.
- Ma che autorizzazione e autorizzazione! – disse la vedova – Quello muore soffocato se resta lì dentro ancora un po’. Era allergico all’incenso, per giunta.
La vedova si avvicinò alla bara e iniziò a trafficare sul coperchio per sollevarlo. Il prete dichiarò che lui se ne lavava le mani. Gli addetti al servizio funerario si procurarono un puntello e un martello dal custode del cimitero. Il responsabile del forno crematorio, quello che azionava il pulsante di apertura e chiusura della bocca del forno, arrivò dal locale vicino, attratto dalle voci concitate.
- Cosa succede? Devo spegnere il fuoco? – domandò. Nessuno gli rispose.
Dopo cinque minuti, la bara fu scoperchiata e Amilcare Beltrami, di 66 anni al momento del decesso, si mise seduto per prendere aria con evidenti difficoltà di respirazione.
- Milcare, aspetta che ti slaccio la cravatta – disse la moglie.
I presenti s’erano disposti intanto a cerchio intorno alla bara dentro la quale il morto stava seduto.
- Cerca di uscire da lì, Milcare, riesci? – gli chiese la vedova.
Amilcare Beltrami fece un gesto con la mano a indicare che si calmasse. Uno dei figli compose il numero del 118, ma al momento di dover spiegare l’accaduto dimostrò di essere in serie difficoltà
- Avremmo bisogno di un’ambulanza al cimitero – disse -, per mio padre, che è morto, ma non sta molto bene, sembra abbia difficoltà di respiro.
Alle intuibili rimostranze dell’addetto del 118 dall’altra parte del telefono su scherzi stupidi, macabri e di cattivo gusto, il figlio aveva cercato di arrabattarsi come meglio poteva, finché la vedova aveva afferrato il cellulare e aveva intimato: “Venite subito, che c’è uno che sta male” e aveva riattaccato, puntando uno sguardo di rimprovero negli occhi del figlio.
Intanto gli addetti al servizio funebre s’erano accordati fra loro per afferrare la bara e deporla dai cavalletti al pavimento al fine di agevolare l’uscita di Amilcare dalla stessa.
Quando la bara toccò terra, Amilcare fece per scavalcare le assi delle bara, ma intervenne una donna: “Io non uscirei, magari se si mette in piedi succede qualcosa e sta male. Aspettiamo il 118”.
La donna era la Teresa Anselmi che abitava nel pianerottolo di fronte ai Beltrami e che negli anni s’era dimostrata sempre una persona di buonsenso, per cui tutti commentarono che sì, la Teresa poteva aver ragione, meglio non rischiare che il morto morisse per un collasso ortostatico.
Amilcare, che già aveva messo una gamba fuori dalla bara, la riportò dentro.
Seduto all’interno della bara, in un silenzio e in un’immobilità irreale, Amilcare si guardò intorno e pronunciò infine la sue prime parole da risorto: “Volevate bruciarmi?”.
La sua vedova gli rispose che, insomma, essendo morto, s’erano trovati nella condizione di dover procedere alla cremazione, non per cattiveria.
Amilcare fece una smorfia con la bocca, tipica di chi alimenta qualche dubbio, e poi si osservò.
Indossava l’abito da cerimonia che aveva indossato il giorno del matrimonio, l’unico abito completo nero che avesse mai avuto. Sollevò gli orli dei pantaloni e constatò di non avere né calze né scarpe.
La vedova percepì il suo disagio: – Ai morti non si mettono le calze e le scarpe – precisò.
Amilcare prese atto con un cenno del capo.
In attesa dell’arrivo dell’ambulanza, Amilcare passò in rassegna con gli occhi tutti i presenti, sorprendendosi che fra questi fosse anche un cugino di Varese con il quale aveva avuto una lunga causa legale per un’eredità.
- Armando, come mai sei qua? Chi ti ha fatto sapere che sono morto? – gli chiese.
- Lei, tua moglie – si discolpò in fretta l’Armando.
- Ma se ti avevo detto che non lo avrei voluto al mio funerale! – protestò il morto verso la sua vedova.
- Di fronte alla morte bisogna essere superiori! – sentenziò la donna.
- Superiori un cazzo – protestò il morto – Questo s’è tenuto tutta l’eredità della zia Maria e in più abbiamo anche speso cinquemila euro di avvocato.
Tutti guardarono l’Armando, che chinò il capo, arrossendo.
Arrivò l’ambulanza. La vedova spiegò sinteticamente l’accaduto ai tre militi della Croce Rossa, che procedettero a visitare Amilcare.
- Il battito è regolare, la pressione pure – disse uno di loro – A mio parere, potrebbe uscire dalla bara senza problemi.
- Ma sei matto? – gli rispose un altro – Prima di spostarlo, dobbiamo chiamare il Procuratore della Repubblica. Lo facciamo sempre quando abbiamo a che fare con un cadavere!
Un brivido di bizzarra inquietudine percorse tutti gli astanti. Tutti tranne Amilcare, che scavalcò la bara con un solo gesto e, ritto in piedi, scalzo e con i bottoni della giacca che gli tiravano un po’ sulla pancia, disse:
- Un cadavere non sono di certo.
I tre militi, dopo un rapido consulto, decisero di trasportalo via. Il più puntiglioso dei tre pensò che nel verbale avrebbe potuto scrivere che la decisione di spostare il cadavere era derivata da una libera e manifesta volontà del cadavere stesso, giusto per sollevarsi da ogni responsabilità. I convenuti al funerale iniziarono ad andarsene, salutandosi un po’ mesti, senza sapere cosa dire di preciso alla vedova e ai figli, se formulare condoglianze o congratulazioni.
L’addetto al forno crematorio sbucò fuori dalla stanza adiacente e, avvicinandosi a uno dei figli, sussurrò: “Comunque, la cremazione dovrete pagarla lo stesso perché il forno l’abbiamo messo in funzione e pure di domenica, quindi per me si tratta di straordinari”. Il figlio assicurò che sarebbero passati a pagare le spese di cremazione nei giorni successivi.
All’accettazione del Pronto Soccorso dell’Ospedale si trovarono di fronte a una difficoltà: essendo che c’era stato un giorno in cui il morto era morto, cosa avrebbero dovuto indicare sul campo “data di nascita” del modulo di ricovero? La prima data, quella in cui il morto era stato partorito, o la seconda, quella in cui il morto era risorto? La questione non era da poco, anche per le conseguenze sul Codice Fiscale, che sarebbe cambiato totalmente nel secondo caso. Inoltre, essendo morto, il morto non rientrava più fra gli aventi diritto alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale. Infatti la ricerca nominativa sul database digitale del Ministero della Sanità indicava che c’era stato un giorno in cui Amilcare Beltrami era deceduto, con conseguente decadenza di tutti i diritti di cura e assistenza.
Il medico del Pronto Soccorso stabilì di procedere a un’anamnesi approfondita del corpo del Beltrami e di ricoverarlo per 24 ore in osservazione. Avvisò il primario dell’ospedale, che avvisò un ispettore del Ministero. L’ispettore del Ministero nominò d’urgenza una Commissione Straordinaria composta da un Internista, un Cardiologo, un Rianimatore e un Medico Legale. La Commissione si precipitò in ospedale.
Amilcare Beltrami risultò a tutti indubbiamente vivo.
Quando la vedova e i due figli ottennero l’autorizzazione a far visita al marito e padre, lo trovarono seduto sul letto con una vestaglietta bianca a fiorellini rosa e le gambe a penzoloni.
- Ti porto un pigiama o aspettiamo che ti dimettano? – gli domandò.
- Dovrebbero dimettermi domani mattina – rispose Amilcare – Sarebbe opportuno portarmi dei vestiti normali e delle calze e delle scarpe per non farmi andare in giro a piedi nudi e vestito da morto. Hai avvisato l’Inps?
La vedova allargò le braccia e con tono di chi sta per sciorinare la propria efficienza disse: – Abbiamo avvisato che sei morto, sì, quando sei morto. Adesso il conto corrente in banca è bloccato finché non avremo finito la pratica di Successione.
Amilcare la guardò esterrefatto. La vedova si rese conto improvvisamente dell’entità di quanto appena dichiarato.
- Quindi adesso non soltanto non arriverà più la mia pensione – commentò Amilcare – ma non abbiamo nemmeno un soldo a disposizione.
La vedova assentì con il capo.
- E non ho nemmeno un documento di identità valido per dimostrare che sono vivo – continuò Amilcare -. E’ come se non esistessi, adesso. Sarebbe stato meglio se fossi rimasto morto, diciamolo!
La vedova e gli orfani lo rassicurarono che la cosa importante era stata la resurrezione.
- Ma se risulto morto – protestò Amilcare –come faccio a guidare un’auto, ad esempio? Se mi fermano i Carabinieri per un controllo, sembrerà che io stia guidando con la patente falsa intestata a un morto!
La vedova e gli orfani lo guardarono perplessi, senza trovare una risposta.
- Pensa al lato positivo, papà – gli disse uno dei figli – Diventerai famoso, ti intervisteranno tutti i giornali, ti inviteranno nei talk show! Potresti scrivere un libro, diventerebbe un best seller in un paio di giorni! Puoi anche aprire un blog! Iscriviti a Facebook!
Amilcare Beltrami congiunse le mani e sollevò gli occhi verso l’alto.
- A proposito – intervenne la moglie – Cosa c’è nell’Aldilà?
Il marito la guardò sconfortato.
- Niente – rispose.
- Ma come? – incalzò la moglie – Gli angeli, i diavoli, la luce in fondo al tunnel…
- Senti, io non ho visto niente e se anche avessi visto qualcosa non lo direi, non sono mica un pagliaccio, sono soltanto un risorto – affermò Amilcare.
- E invece devi dirlo! – proseguì l’altro orfano, quello che non era intervenuto prima – Altrimenti in tivù non ti chiamano. In pratica tu adesso sei uno zombie, papà, uno zombie vero!
Amilcare Beltrami guardò fuori dalla finestra della sua stanza d’ospedale. La primavera aveva fatto germogliare le piante d’acacia del giardino e le foglioline nuove si dibattevano nel vento con il loro verde luminoso, facendosi posto fra le foglie adulte dell’anno prima. Si riassettò la vestaglietta bianca con i fiorellini rosa e pensò che la morte, a volte, può essere complicata, ma mai quanto la vita.
Ah, finalmente quest’anno rido ! Grazie Milcare Pascal, mi giravano tanto le scatole per svariati motivi, anche di salute,ma tutto sommato ormai che son qui, viva, ci rimango,hai visto mai sorgano complicazioni dopo..ciao, caro zombie! p.s. Ma allora la storia del tunnel, tutta una balla come lo sbarco sulla Luna di kubrickiana memoria? ParDIEU!
L’Amilcare ringrazia per il coinvolgimento, ché da quando gli è capitato quel che gli è capitato, ha preso gusto a far sapere che è vivo e se qualcuno dice: “Ah, toh, l’Amilcare è vivo!” è più contento di quando dicevano: “Oh, toh, l’Amilcare è morto!”.
Troppo divertente, scritto bene, geniale! Fantastici i continui equivoci dovuti al morto-vivo/ vivo-morto. Complimenti Cinzia!
Laura Florio, l’Amilcare dice che il tunnel lui non l’ha visto. Grazie per il sorriso e l’apprezzamento!
Grazie, Silvia Schiavo. E l’Amilcare non ha affrontato la compilazione di una scheda di raccolta punti del supermercato e la conferma della pec.
Il “Fu Mattia Pascal”, “La livella”, La prossimità di Pasqua, il “nulla”…? Tanti titoli o eventi mi tornano alla mente. Originale come un vino amabile con retrogusto di… Devo scoprirlo. Complimenti!
Ben scritto e spiritoso. Complimenti!!
Quando il surreale mette in evidenza tutte le assurdità del reale si ride ma non troppo: io resto un po’ preoccupato per il povero Amilcare alle prese con INPS, ACI, anagrafe e banche. Probabilmente è per questo che i casi di resurrezione sembrano essersi molto ridotti negli ultimi 2000 anni. Ma fuori dalla finestra arriva la primavera e in qualche modo se la caveranno! Complimenti Cinzia, un vero piccolo gioiello di stile e umorismo.
Grazie, Marco! Il racconto nasce proprio dalla riflessione che hai formulato, la continua esigenza quotidiana di testimoniare di essere in vita secondo norme e convenzioni. Necessarie? Alcune sì, altre non so.
Grazie, Danilo.
Tanti richiami, è vero, Alessandra. Sono talmente tante le situazioni alle quali pensavo che, mentre scrivevo, ho avuto la tentazione di ricavarne un libro. Chissà, magari, in futuro.
Che bella commedia che ha scritto gentile Cinzia! ci ritrovo tracce di Flaiano ma anche di Salce e Monicelli: pensi che stupenda candid camera sarebbe il suo racconto! Ma anche il miglior Paolo Villaggio si sarebbe trovato bene nei panni di Amilcare. I riferimenti sono complimenti, naturalmente perché il racconto li merita tutti, scritto com’è con verve, umorismo e ironia e una neanche troppo velata critica alla complessità contemporanea, così lontana dalla “semplicità” della morte, al netto del dolore che porta. Complimenti di cuore! 🙂
Divertente e scritto con uno stile molto scorrevole. Complimenti e grazie per il buon umore che mi hai messo addosso!
Grazie, Ugo! Anche da parte dell’Amilcare, che da quando è tornato vuole esserci, ovunque, miei commenti compresi! 😉
Faresti bene a farne un romanzo. Anche perché, dopo più letture, continuo a percepire la sensazione di un finale “aperto”. Hai ancora molto da scrivere sul “viaggio” di Amilcare. Aspetto. 🙂
Grazie, Alessandra. Per ora l’Amilcare è alle prese con la sua prima notorietà, cioè questo racconto. I figli sono entusiasti dei vostri commenti, anche la non – vedova si sente importante 😉 il futuro è un’ipotesi. E se lo dice l’Amilcare, c’è da credergli.
Elisabetta Grignani, molto gentile! Saluti anche dall’Amilcare! 😉
Bellissimo, mi ha strappato una risata! Stile scorrevolissimo. Mi ha ricordato i racconti di Pirandello!
Complimenti! Hai scritto una storia esilarante e totalmente assurda. Mi sono divertita moltissimo a leggerla.
Grazie, Federica Zappieri! 🙂 Pensa se accadesse veramente…
Grazie,Monica Menzogni 🙂
Davvero molto divertente, complimenti. E’ una narrazione scritta bene, in modo accattivante… e tiene alta la curiosita’ sino alla fine!
Complimenti per la leggerezza di questa resurrezione che racconta molto di quello che siamo. Soprattutto per quella tendenza utilitaristica che ci fa pensare subito a come sfruttare ogni occasione per guadagnarci qualcosa. Come se la vita stessa non fosse già abbastanza.
E così, sempre più spesso, per esserci non basta vivere, bisogna apparire. Incantevole. Moltissimi complimenti, Cinzia.
Grazie, Sabrina!
Sì, Gerolamo, la vita “ritrovata” sembra passare in secondo piano rispetto alla burocrazia, alla notorietà, al guadagno. Per questo il protagonista si sofferma, alla fine, sull’albero e le sue foglie nuove, comprendo, lui solo, cosa significa rinascere. Grazie per la riflessione e i complimenti.
Grande! Meriti assolutamente di vincere!
Grazia Marchese ti ringrazio per il tuo commento! Intanto l’Amilcare ha vinto la sua seconda chance, per così dire,e non è cosa da poco 😉
Che fatica risorgere! Davvero divertente . Complimenti un bel racconto.
Grazie, Anna Rosa!
“risultò indubbiamente vivo”, ahahahahaha. Bello. Brava.
Divertente, irriverente e allo stesso tempo gentile. Molto ma molto carino. Questo morto mi ha messo davvero di buon umore.
Grazie, Luca Bonacina. Indubbiamente grazie :-)))
Grazie, VRocco 🙂
Grande Cinzia! Amilcare si accomoderà nel buduar, alla faccia di tutti!
Divertente, originale, scritto benissimo. Non lo avevo letto prima ma sono contenta di averlo fatto ora. Complimenti, vittoria meritatissima!
Grazie, Silvia e Carola! Anche da parte dell’Amilcare!