Premio Racconti nella Rete 2019 “Da evasa, finalmente libera” di Sabrina Brioli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Aveva un orto e doveva essere coltivato, quell’anziano contadino senza cultura, ma l’orto curava anche lui. La sua logica intrisa di livore nei miei confronti, occupava tutti i suoi giorni, fra una cipolla e una zolla di terreno da zappare. Mi auspicavo avesse un profilo di umanita’ verso di me, o la sua coscienza fosse improntata verso certi criteri, come un sorriso, un buongiorno signora, in linea con le buone regole d’educazione. Ma avevo esaurito questa speranza, perche’ era dominato da un’esasperazione per me, da una passione sadica e perversa. Cosi’ diventai l’oggetto del desiderio di quell’ attempato vicino di casa, lo colpivo per i miei costumi che riteneva fossero pregiudizievoli per l’eta’. Soffriva di una psicosi dal pensiero distorto, ma non aveva coscienza di questo, i suoi giudizi sbagliati non corrispondevano alla realta’. Il suo disturbo lo costringeva ad irrompere ripetutamente nella mia vita, in ogni momento della giornata. Era legato a me da un rapporto di intrusivita’, e per lui rappresentavo la sua preda, mi faceva sentire selvaggina in suo potere. Viene da chiedersi, se questo comportamento lo facesse sentire potente. Quando ci incrociavamo per la strada, camminava ingobbito ignorandomi con disprezzo, mentre in realta’ passava il suo tempo a ispezionare le mie giornate. Da parte mia sentendomi osservata dalla sua condotta boriosa, lo guardavo con sospetto mettendomi sulla difensiva. Era convinto che le donne dovessero essere sottomesse, quindi come un oracolo pieno di boria e villania, predicava il suo convincimento errato al suo branco di vecchi amici sottocasa. Per cui da un lato c’ero io, con i miei mille motivi per difendermi, e dall’altro c’era lui, che mascherava la sua psicosi nel periziarmi la vita finalizzata a rendersi protagonista nel pensiero di tutti. Rieccheggiavano in me quelle odiose parole che solo un mitomane dal dente avvelenato puo’ delirare” le donne devono essere sottomesse”.
Le sue dinamiche oltraggiose mi facevano sentire un burattino, dove c’e’ chi comanda e chi e’ succube delle decisioni altrui. Farneticazioni da eliminare perche’ si frappongono con il libero arbitrio di una persona, e una sfida, il rispetto per la natura del corpo femminile.
Cosa significa che le donne devono essere omologate al ruolo di schiave o esseri inferiori? Che per via di questa ideologia bisogna creare delle situazioni che la facciano sentire umiliata? Che le donne sono marchio di proprieta’ di un uomo? Solo in quelle occasioni, mi fissava dritto negli occhi reclamando il mio sguardo, solo quando tuonava con leggerezza dal suo terrazzo: le donne devono essere sottomesse, facciamole vergognare!
Di questo dava pubblico spettacolo con disinvoltura e frequenza. In quel mentre era paragonabile ai sostenitori che nell’antichita’ credevano la terra fosse piatta. Proprio per via delle sue considerazioni e la mia piu’ totale antipatia verso quest’uomo, per orgoglio non ammettera’ mai che mi calerei in un tombino pur di non vederlo. Non voleva accettare che entrambi i sessi non dovrebbero sentirsi superiori all’altro, quanto instaurare pari dignita’. E’ la miglior formula per ricreare quel rispetto che nel corso delle epoche hanno utilizzato per manipolarci. Nel senso trasformare la donna in un oggetto che non prova niente, gestire le sue emozioni, la sua persona e le sue circostanze. Nessuno deve condurre la vita di un’ altro. Anzi e’ sadico e non genuino, significa esercitare una tattica per ottenere cio’ che si vuole, ghiacciando le emozioni.
Quindi dal momento che e’ un lusso poter gestire e riapproppriarsi del proprio tempo, nessuno deve cadere in queste trame e avere un reale potere su di noi. Il potere ha sempre marcato enormi differenze tra uomo e donne, e siamo noi tra virgolette uomini, che riteniamo una donna uno strumento erotico da sottomettere, non Dio. Per cui quello che vorrei dire al soggetto della mia storia; nel senso l’attempato contadino, con gli occhi affossati, le spalle curve, ed il volto contratto dagli sprazzi d’odio nei confronti della liberta’ delle donne, e che io ho sempre avuto un forte senso della giustizia, ed e’ proprio quello che a lui manca.
Un racconto-sfogo davvero singolare…prova a che la scrittura è un fantastico mezzo per esprimersi in libertà .
Grazie Monica per il tuo commento. In verita’ lo stalking e il mobbing, sono temi attuali che mi stanno molto a cuore, e rientrano nelle varianti ” della cultura dell’odio”. Argomento che mi auguro di approfondire tramite la stesura di un libro, per far emergere a livello socialogico questo tipo di costume di” non solidarietà ” che ci sta radicalmente cambiando l’opinione che abbiamo del nostro prossimo, e ci porta a considerare l’altro come inferiore o un nemico da abbattere.
Tremo all’idea che in poco tempo questa procedura peggiorera’ la vita di tutti. Quindi nel mio piccolo, mi sembra una riflessione utile poter scuotere le coscienze tramite un libro su questo nodo da sciogliere: ” la cultura dell’odio.”
Argomento delicato trattato e raccontato sfruttato l’espressione dello sfogo interiore e personale. Interessante il punto di vista che offri e le tue parole, a tratti giustamente pungenti, rafforzano il concetto di base che permea la tua storia: l’ uguaglianza fra i sessi che purtroppo ancora in molte realtà rimane un miraggio.
Bel racconto.
Grazie Raffaele! Hai ragione e ‘ un argomento delicatissimo, e per comprenderlo bisogna mettersi nei panni dell’altro, riconoscersi nell’altro/a.
Il senso del racconto non vuole sminuire il sesso maschile, ma non c’e nessuna ragione biologica che una donna venga trattata cosi’.
Se mi posso permettere non e’ un miraggio, e’ una messa a fuoco un po’ lenta, sul dominio e sulla natura della donna.
Buonanotte Raffaele, e grazie infinite.