Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Spazio espanso” di Maria Letizia Zucco Rocchi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

In Svizzera, durante i periodi invernali, e di certo anche in altre parti del mondo, c’è l’abitudine di non far mancare il cibo ovunque necessario a uccelli e a piccoli e grandi animali selvatici che abitano i boschi di pianure, colline e montagne.

Si verifica quindi che nel perdurare dell’inverno, molti spazi all’aperto, ancorché  piccoli, offrano, con agganci opportuni su rami di alberi o su treppiedi, mangiatoie differenti per forme e grandezze, fornite di opportuni appoggi affinché i piccoli volatili stanziali e quelli di passaggio possano trovare cibo di cui alimentarsi.

Gaia, pesantemente invalida, conduceva nella sua abitazione una vita molto solitaria, interrotta piacevolmente di tanto in tanto dalle visite, più o meno lunghe, di affettuosi e premurosi amici.

Ridotte le sue uscite di casa a quelle indispensabili, inerenti la salute, Gaia trascorreva ormai le ore delle sue giornate all’interno delle mura domestiche.

All’esterno il verde che le circondava era ricco oltre che di prato anche di arbusti e alberi che stagionalmente donavano differenti frutti che offrivano il loro nettare e nutrimento a  numerosi insetti e uccelli che,  alloggiando lungo la siepe del giardino, mangiavano a chilometro zero.

Della vista delle varie piante, belle, variopinte, ombrose e profumate, la donna ormai non poteva più godere per il suo disagio ad addentrarsi nello spazio verde che circondava l’abitazione, dove il terreno non garantiva sempre, con le sue asperità, sicurezza al suo incerto passo.  Così il giardino, prima spazio aperto e libero,  finì  per definire il suo limite ambientale.

Non volendo indugiare a compiangersi per l’amato arioso spazio smeraldo perduto ella volle colmare la sua personale esigenza di ameno ambito verdeggiante creando un contatto con la natura negli ambienti domestici, che stabilisse  continuità con quello  esterno godibile attraverso ampie vetrate.

Per non sentirsi estranea allo spazio esterno, sovrastato dal cielo, ella pose in uno spiazzo pavimentato, antistante la porta finestra della sala da pranzo, circondato da un’alta siepe verde, una grande mangiatoia per uccelli collocandola su una elevata e robusta base triangolare.

Trascorrendo molte ore del suo tempo seduta alla tavola da pranzo, ove svolgeva normalmente alcune delle sue residue attività, l’anziana non avvertiva separazione dalla vita varia e vivace che si svolgeva all’aperto, oltre i vetri della finestra, rendendola partecipe di quella libera forma di vita.

All’interno, la casa finì con esser ricca di piante rigogliose con foglie di carnosità diverse e differenti sfumature di verde, forme e dimensioni.

Nelle fioriere piante grasse, che sviluppavano le loro particolari e originali forme verso l’alto, si alternavano ad altre dai rami ricadenti mentre la vegetazione dei vasi accostati alle pareti le     tappezzava come arazzi animati nel variare del fogliame che crescendo ne mutava, articolava e arricchiva continuamente i nuovi rami.

Laddove le piante si arrampicavano sulla parete tondeggiante che circondava la scala interna della casa, un corteo di anatre sagomava differentemente la sommità tronca del muro. Coppie di qualità, dimensioni e colori diversi e di differenti materiali: legno, ceramica, porcellana o paglia, sembravano osservare curiose e silenziose la ridotta vita che si svolgeva nella casa.

Dove non vivevano piante verdi o fiorite, ne supplivano la presenza romantiche composizioni di fiori secchi disposte in vasi o su ripiani. Una varietà di fiori colorava senza interruzione gli ambienti.

Gaia era felice di aver dato loro una seconda opportunità di vita mentre le sollecitavano lieti ricordi di graditi omaggi floreali di persone che l’avevano amata.

Gli spazi bianchi delle pareti, accogliendo quadretti con fiori ricamati, dai vividi colori, facevano continuità con le piante circostanti.   Grandi quadri ad olio ed altri ad acquarello riempivano i restanti spazi vuoti delle pareti con rose dal portamento ardito e languide ricadenti peonie che sporgevano con ricchezza di morbidi petali dal trasparente vaso che le accoglieva. Anatre indiscrete inclinando i loro lunghi colli ammiravano pianisti occasionali alla tastiera di un antico pianoforte verticale che la donna aveva amato suonare. Delicati centrini color pastello eseguiti dalle allora giovani mani di Gaia illeggiadrivano i piani di antichi mobili.

Gaia aveva trasformato il suo spazio abitativo in una romantica, delicata e profumata serra immersa nel verde esterno che si saldava a quello interno attraverso la trasparenza dei vetri di ampie finestre.

Ben posizionate le sue orchidee fiorivano e rifiorivano incessantemente in una varietà di fiori dai colori vivaci in forme e grandezze diverse per la felicità della donna.

Ma tutto questo, non soddisfacendo del tutto il suo bisogno di un maggior contatto con la natura, tanto desiderato per una vita, la rendeva attenta alle variazioni stagionali degli spazi aperti.

Durante l’autunno le folte chiome già verdi di alberi ed arbusti assumevano, prima di staccarsi dai rami, sfumature di colore che andavano dall’arancione al rosso fiammeggiante raggiungendo   infine il prato sottostante per disegnare un mosaico continuamente variante.

Nell’inverno le nevicate descrivevano il paesaggio circostante come suggestive antiche fotografie in bianco e nero. Gaia ammirava come le sagome degli alberi ammantate di candida neve mutassero d’aspetto mentre il gelo merlettava di fantastiche trine e frange rami spogli, recinzioni e tegole rendendo il paesaggio fiabesco.

Con il ritorno della primavera ella attendeva ansiosa al crepuscolo d’intravedere le sagome tondeggianti e paffutelle dei ricci che dalle tane, dopo il sonno invernale, tornassero a popolare il suo giardino. Con un patto non scritto con Gaia si occupavano di disinfestarlo dagli insetti nocivi e dalle pericolose voraci lumache che insidiavano e a volte assassinavano le giovani piante aromatiche. Gaia li ricompensava lasciando al suolo, a loro disposizione, i semi scartati dagli uccelli che si nutrivano nella mangiatoia e, durante i mesi vegetativi, i saporiti frutti di bosco che, non più da lei raccolti, raggiungevano   inesorabilmente il prato, dopo aver curvato rami e sommità sotto il peso dei loro succulenti frutti, visitati da api e vespe festeggianti l’abbondanza dello zuccherino coloratissimo nettare.

Contravvenendo all’abitudine locale di sostentare gli uccelli solo nel periodo invernale, Gaia assicurava loro, lungo il corso dell’anno, il cibo necessario ad una varietà di volatili che le restituivano gioia e allegria con l’intreccio dei loro voli e la melodia delle loro note. Gaia gustava l’armonia del coro che differenti volatili diffondevano soavemente per elevarsi nel cielo.

Nel tempo che precedeva le prime ore del mattino, il suono della sveglia era reso superfluo dal canto melodioso dei pettirossi e da quello più deciso seppur gentile dei merli che inseguendosi con le loro dolci e suadenti note le facevano dischiudere gli occhi per accogliere grata il sorgere del nuovo giorno mentre Gaia riceveva il loro singolare buon giorno.

Gaia, segregata in casa da inabilità e malattie dell’età, estremamente limitata da una allarmante e crescente cecità, riusciva ad evaderne per volare alto, grazie a tutto quel che la circondava per raggiungere nuovi spazi pur senza ali.

Gli uccelletti la riconoscevano e attendevano di vederla, certi che ciò significasse cibo nella mangiatoia per tutta la giornata. Cibo vario destinato alle differenti frequentazioni di specie diverse. I pettirossi sembravano gradire semini piccoli e tondi, le cinciallegre invece gettavano fuori dalla mangiatoia i semini tondi che raccoglievano ordinatamente i passeri che spesso affollavano il terreno sottostante, continuamente ondeggiante come un mare di spighe di grano sospinto dal vento.

La vita non era sempre paradisiaca perché molte minacce provenienti dall’alto e dal basso insidiavano i suoi amati volatili. Ella nulla poteva contro il volo silente e minaccioso di  falchi che si aggiravano con voli circolari al disopra del raduno. Le gazze ladre e i merli spaventavano gli altri uccelletti che si allontanavano svolazzando disordinatamente, mentre le bianche tortore erano riuscite a stabilire un buon rapporto con gli uccelli di taglia più piccola. Il picchio lo si sentiva cesellare indomito il tronco degli alberi, ma si rifocillava altrove. Le cornacchie e i corvi rappresentavano un saltuario pericolo soprattutto quando erano maturi i frutti di bosco dei quali erano ghiotti.

Ma le insidie pericolose ed insospettate venivano ai suoi uccelli anche dal basso, dai gatti che circolavano liberi tra i vari giardini. Gaia pur amandoli era costretta a cercare di allontanarli quando era chiaro che appollaiandosi fra la vegetazione, camuffando la loro presenza, erano pronti a spiccare un salto verticale al momento opportuno per agguantare una preda quando i volatili che si nutrivano alla mangiatoia erano più vulnerabili. Pur comprendendo la logica esistenziale dei felini ella sentiva che non riusciva a proteggere i suoi amati uccelli a sufficienza e ne soffriva. Allora apriva piano una porta finestra, si affacciava sull’uscio distogliendo il  predatore di turno dalla sua vittima. Il suo amore per i pennuti era tanto grande che per impedire loro pericolosi e violenti scontri con i vetri delle finestre, che delimitavano il loro spazio libero, Gaia li ornò di ciuffi di fili di raffia colorati. Questi scivolavano con le loro spirali verso il basso come fossero variopinte stelle filanti.

Nottetempo le volpi amavano percorrere i giardini in cerca di prede ma non turbavano gli amici di Gaia, che pernottavano lungo la distesa siepe e sui rami degli alberi.

Pittrice, scultrice, miniaturista, insegnante, era stata attiva nel volontariato, e dai frutti del suo giardino aveva realizzato marmellate, salse, oli, aceti aromatici e erbe per infusi. Da fogli di carta nera aveva intagliato e fatto risaltare con le punte di piccole  forbici foreste fiabesche ricche di flora e fauna.  Ma ora, quasi del tutto cieca, aveva trasformato la soddisfazione delle sue esigenze intellettive con l’ascolto di radio e tv  nutrendosi di musica e tematiche diverse. Dove non poteva più il corpo poteva l’anima e la sua mente  continuava a spaziare libera in alto nel cielo con i suoi uccelli ad  alimentare il suo spirito con il pensiero ai sui affetti presenti e perduti, le considerazioni  filosofiche, con la creazione di poesie e racconti che rendevano libera la donna che era chiusa in casa disintegrando gli ostacoli e le inabilità.

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7 commenti »

  1. Racconto affascinante e nello stesso tempo molto reale. Una lode alla natura.

  2. Come spiega nel suo libro Massimo Ammaniti “la curiosità non invecchia” io quasi cieca e ultra novantenne guardo ad ogni giorno con serenità e speranza sospinta dallo stimolo di non rinunciare a creare.

  3. Rispecchia in modo molto chiaro e filosofico la realtà in cui si può trovare una persona di una certa età che riesce a superare le sue difficoltà contemplando la natura.

  4. le mura domestiche che spesso per un invalido finiscono per costituire il limite spaziale dell’ esistenza possono essere sgretolate dalla bellezza della natura e dalla volontà della mente di spaziare col pensiero.

  5. Questo racconto mi ha insegnato a vivere. Quel che vediamo attorno a noi è il riflesso di ciò che abbiamo nel cuore.
    Mi ha insegnato di guardare con occhi diversi: lasciarmi guidare dalla bellezza e dall’amore. Come fa Gaia, la protagonista, che con ogni difficoltà riesce ancora a gustare la vita e rendersi utile.

  6. Uno stile interessante, legato alla scoperta delle piccole cose che compongono l’esistenza umana…quelle che spesso sfuggono alla società moderna, tutta intenta ad esaltare la superficie delle cose e mai la loro profondità. L’esaltazione della natura e della bellezza, insita in ogni oggetto del quotidiano, mette in evidenza come realmente “l’anima e la sua mente possono spaziare in alto anche quando il corpo non può più”. Complimenti

  7. Quello che sorprende in questo racconto é la nitidezza dei particolari, che ti permettono di osservare, come in un film di Walt Disney, le diverse scene che la scrittrice propone, una dietro l’altra, in una sequenza avvincente.
    Il passato della donna, ricco di vita ed emozioni vissute, si intreccia con l’oggi con emozioni diverse ma pur sempre molto intense.

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