Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Amici particolari” di Maria Letizia Zucco Rocchi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Chi ha detto che “l’amicizia vera” non esiste?

Il seguente racconto, non suggerito dalla fantasia, vuole dimostrare che questa affermazione non può e non deve considerarsi assoluta.

Piuttosto nel dimostrare  l’esistenza delle “amicizie vere” punta, nell’elogiarle in generale, a valorizzare quelle particolari del racconto che la protagonista considera “vere”.

Vive tuttora in una piccola località della Svizzera una sempre più anziana vedova il cui corpo denuncia tutto il carico degli anni trascorsi.

Da molto tempo i suoi fragili capelli evocano l’immagine dello zucchero filato.

Con lo scorrere degli anni, fu inevitabile per la vecchina vedere avanzare inesorabilmente, accanto ai prevedibili deficit dell’età, quelli, più gravi, dovuti a patologie incurabili che ne aggravavano la condizione.

Tutto quello che aveva vissuto era stata la sua vita, una vita unica, che nonostante le inevitabili avversità, era stato bello vivere.

Felicia, la vedova, era giunta a quella convinzione valutando che qualsiasi vita, breve o lunga che sia, deve esser considerata bella se sarà stata vissuta con intensità di emozioni e sentimenti profondi privilegiando quello dell’amore.

Nel bene e nel male ogni vita nella sua unicità rappresenta un dono irripetibile.

Però, negli ultimi anni, in quella situazione di salute e di disagio, la solitudine non contribuiva certo ad alleggerire la somma delle cause di degrado fisico, potenzialmente influente su  quello psichico.

Felicia, che nel corso della sua terza decade di vita si era fatta una propria famiglia, aveva visto col tempo allontanare da sé e dalla sua casa, per motivi di lavoro e di scelte, anche le due figlie, tanto desiderate ed amate. Ciascuna aveva proseguito la propria strada all’estero.

Così la donna, compiuti i cinquantasette anni, prossima all’anzianità, aveva finito per lasciare con il luogo d’origine, Roma, anche i più stretti familiari, i parenti e gli amici, per emigrare e lavorare a Zurigo, dove, raggiunta l’età pensionabile, l’avrebbe seguita il marito.

Purtroppo Felicia presto si ritrovò sola per la perdita rapida e prematura del compagno della sua vita.

In quella nuova situazione la casa, prima ricca di vivacità, rimasta priva di presenze familiari, divenne insopportabilmente silenziosa.

Ormai in pensione, Felicia continuò a vivere in un piccolo paese di campagna una condizione di sempre maggiore isolamento e solitudine per l’assenza totale di una comunità romana.

In Svizzera tuttavia ella aveva avviato nuove amicizie, soprattutto nell’ambiente sociale italiano. Col tempo, queste sedimentarono le poche autentiche.

Quelle maschili si mostrarono più solide di quelle femminili,  ancorché belle, importanti e significative.

Il perdurare di quello stato di cose mortificava la sua esigenza di maggiori rapporti umani per uno scambio di idee, affetto e supporto nei momenti in cui la solitudine le appesantiva la vita.

Afflitta da sempre maggiori difficoltà motorie e deambulatorie, nonché dal progredire di una preoccupante cecità, Felicia era costretta ad affrontare un crescendo di problematiche ed impedimenti.

Comunque, armata di coraggio e determinazione continuava ad affrontare e superare scoraggianti difficoltà, ripetendosi con forza: “ce la faccio”, finché dovette ammettere che al volere sempre più spesso non poteva seguire il potere. Occorreva trovare come rendere meno penose le sue limitazioni circondandosi di nuovi amici, disponibili ad aiutarla anche per piccoli spostamenti: Amici che si stabilissero in casa sua per esserle vicino quando occorreva il loro intervento, e altri all’esterno dell’abitazione, per svolgere quanto fosse necessario fuori casa.

Pertanto inizialmente venne Luca a stabilirsi con lei. Di statura bassa e struttura asciutta, le poteva sempre offrire un sostegno forte e vigoroso. Negli spostamenti fuori casa, già rarefattisi, Luca era sempre disponibile ad adeguare il suo passo a quello incerto dell’anziana, ovunque andasse.

Felicia recuperò in parte, con il sorriso e una maggiore dignità, spazi e possibilità perdute. Per la migliore qualità di vita offertale l’invalida fu molto grata al nuovo amico.

Malgrado ciò, il trascorrere degli anni e l’implacabile aggravarsi dei problemi fisici resero insufficiente l’aiuto, pur generoso, di Luca.

Per ricevere ulteriori supporti l’ormai vecchia signora si decise ad accogliere in casa un nuovo amico che potesse garantirle e agevolarle  maggiore sicurezza e possibilità di spostamento. Baldo, di struttura più robusta di Luca, le facilitava lo  spostarsi ovunque dovesse andare. Non doveva più  rinunciare a quel che prima le era sconsigliato, come brevi passeggiate che la riportassero a gustare  il contatto con la natura.

Ambiti di vita, appartenuti ad un passato prossimo, furono con gioia recuperati. Baldo, quando c’era la possibilità di utilizzare un’auto, l’accompagnava nei differenti luoghi ove andare in città e oltre. Sempre presente, premuroso e rassicurante, rappresentava per la donna un compagno ideale che consentiva di non ridurre ulteriormente le possibilità di vita all’esterno dell’alloggio.

Ella avvertiva come la sua  presenza, così disinvolta,  leggera e salda, le scongiurasse un maggiore isolamento sociale. Provò felicità nel poter continuare a lavorare donando alla comunità italiana, volontariamente e gratuitamente, quanto ancora poteva delle sue capacità intellettive, avendo in età lavorativa insegnato.

Tuttavia, nonostante i provvedimenti messi in atto, le sue condizioni fisiche continuavano a peggiorare, appesantite dall’incalzante cecità.

Infine dovette rinunciare a qualsiasi attività per la comunità.

Per la drastica riduzione di vita c’era di che rimanerne turbati e segnati psicologicamente. Si rese indispensabile tenere a bada i motivi che potessero  ingenerare una depressione. Felicia, che era stata ed era  una combattente, reagiva alla negativa tentazione con tutte le sue forze, non rinunciando a tutto quel che ancora le era possibile fare.

Poiché le vere amicizie si riconoscono nel bisogno, tra le residue dei due sessi se ne evidenziarono e cristallizzarono di autentiche,  con i rispettivi sentimenti e premurosi interventi mirati alla soluzione di problemi esterni all’abitazione, per lei irrisolvibili.

Tra le amicizie una, in special modo, col trascorrere degli anni, dimostrò accrescersi sempre più e consolidarsi in una relazione che andava oltre un rapporto di normale  prossimità. Si esprimeva con la partecipazione, l’attenzione, la premura, la condivisione, l’accordo e il supporto in ogni momento di necessità dell’anziana.

Fra il poco più che cinquantenne e la ultra novantenne maturò un legame affettivo, continuamente testimoniato, pari a quello naturalmente fiorente tra madre e figlio.

Fabio la suppliva sempre nella vista e  indispensabilmente nei contatti con gli svizzeri, poiché l’anziana, avendo insegnato nelle scuole italiane, non conosceva molto bene la lingua del posto. Egli fu ed è tuttora molto presente nella sua esistenza per il superamento delle problematiche quotidiane sempre insorgenti.

Quando Fabio viaggiava e lei ne soffriva l’assenza, la presenza di altri amici estranei alla casa quali  Giovanni, Mario e Rita non poteva che darle gioia e serenità.

Così da tutti gli amici Felicia riceveva quello che a ciascuno era più congeniale darle. Lei ne accettava grata i rispettivi indispensabili aiuti.

Non le mancava assolutamente il contributo di una delle figlie che le era generosamente e premurosamente più prossima. Viveva e lavorava all’estero, ma appena ne aveva la possibilità, rinunciando sempre a ferie, distrazioni e riposo, affrontava lunghe traversate aeree per raggiungerla e non farle mancare sostegno, cure e  costante affetto.

Per assicurare all’invalida la disponibilità di sostegno e aiuto nello spostamento casalingo di cose e pesi e un appoggio che le scongiurasse incidenti si rese necessaria la presenza di nuovi amici in ogni parte della casa, che si articolava su tre piani.

Nel salire e scendere le scale la sosteneva sempre il vecchio Luca. Il suo passo si adeguava a quello della vegliarda affiancandola, attutito dalla moquette dei gradini. Per circolare nei differenti piani il supporto  degli amici era quindi assicurato, costante e immediato. Mai un ritardo, un rifiuto o una scusa!

Lei, apprezzandoli, chiamandoli per nome, non risparmiava loro i suoi  ringraziamenti per i rispettivi interventi.

La loro presenza, mentre le riduceva ansietà e fatiche,  scongiurava ulteriori problemi conseguenti a possibili cadute.  Favorendole il movimento, le   procrastinavano l’immobilizzazione totale.

Da loro traeva un grande conforto non sentendosi abbandonata. Sapeva di poter contare su amici veri e speciali.

Di questi per le rispettive  particolarità è giunto il momento di svelare le reali identità.

Si tratta di Luca, il primo bastone di Felicia, di lucido, nodoso e forte legno di rosa; lo seguì Baldo, il suo primo deambulatore pieghevole, sempre presente col suo andare lieve e scorrevole anche se forte e sicuro, negli spostamenti fuori casa e per le passeggiate. Lui si tratteneva sempre disponibile al pianterreno dove era l’ingresso di casa.

Sul primo piano, dove si svolgeva e svolge la vita diurna di Felicia interveniva e interviene Mirco, un altro deambulatore, che la signora giudica indispensabile e paziente.

Là dove Baldo e Mirco non possono giungere è disponibile Marco, un bastone metallico che assicura stabilità con un ampio treppiedi, per pochi passi, laddove non giungono Luca, Baldo e Mirco.

Al secondo piano, dove Felicia sale per le ore del riposo notturno l’aspetta Lucio, con le sue quattro ruote sempre pronto ad accompagnarla gentilmente.

Non manca l’aiuto di Ruben, un bastone che attraverso tre ventose le assicura stabilità per brevi tratti ove necessita la fonte di luce di cui dispone. Questo ha preso il nome da un quattordicenne che, con grande sensibilità, glielo ha regalato.

Erano solo ausili ma Felicia, che bramava i contatti umani,  ricorrendo a loro, volle percepirli come amici   veramente esistenti con le loro capacità di tutori sensibili e affettuosi con lei. Umanizzandoli volle dar loro un nome proprio che distinguesse l’uno dagli altri.

Il rapporto che ella ha con loro trasforma quello puramente funzionale in una relazione ricca di premure che le suscitano sorriso e gioia asciugandole le lacrime.

Felicia, aiutata da autentici amici oltre che da quelli particolari, trova ancora in sé la felicità e la forza di godere ogni giorno di piccole ma grandi cose lasciando spaziare libera la sua mente dove nessuno dei suoi amici può accompagnarla.

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8 commenti »

  1. Storia molto originale. Elogio all’amicizia senza confini…specialmente nell’età avanzata.

  2. Signora Rita, ha colto l’essenza del racconto. I rapporti umani e gli aiuti funzionali mi tengono “Sempre in gamba” disponibile ad affrontare nuove insospettabili possibilità e sfide anche nell’ attuale quarta età.

  3. Questa storia dimostra fino a che punto si possono apprezzare e volorizzare le amicizie, uguale se si tratti di persone, cose o animali.

  4. riuscire a cogliere sempre il lato positivo delle esperienze aiuta ad alleggerire l’esistenza quando la vecchiaia la rende più pesante

  5. Grazie, Maria Letizia, di avermi preso per mano a posare mattoncino su mattoncino a costruire, un’altra volta, la sua casa. Da anni, forse troppo presto, sento uscire da me, gioventù, entusiasmo, idee, salute, pazienza. Li chiamerò Susi, Yuppy, Azalee, Quercia e Montagna, e con il suo esempio coltiverò la parte di loro che mi è rimasta, senza farle sentire più deboli ma dando loro atto di quello che ancora mi danno. Grazie

  6. Grazie Marcello. Ieri è stato il mio novantaduesimo compleanno e non potevo ricevere miglior regalo del suo commento. Venire a conoscere di aver raggiunto lo scopo del mio racconto: Amici particolari. Lei me ne ha dato testimonianza ed io sono felice di contribuire a che lei come altri possano riuscire ad affrontare piu’ serenamente e fruttuosamente le ricchezze che ancora possono valorizzare.

  7. Veramente bello, originale e sorprendente.
    Storia che, con semplicità ed efficacia, ci rende partecipi delle difficoltà quotidiane affrontate da una persona con diverse disabilità.
    Disabilità che con il tempo si sono sommate le une alle altre e che solo un’immensa forza d’animo può accettare ed affrontare quotidianamente con la serenità e la forza necessarie.
    Ma tutto ciò naturalmente sarebbe impossibile senza quei cari amici così pronti e pazienti!
    Luigi

  8. Una storia dei nostri giorni che mi interroga nel profondo. Davanti al quotidiano rallentare a cui la vita ci chiama, è fonte di ispirazione positiva vedere la vita da un’altra angolazione. E’ Felice (Felicia) colei che riesce a non guardare il passato con rimpianto e il futuro come la meraviglia di esserci nonostante le tante difficoltà. Solo nell’ottimismo di questa storia, ben narrata, si coglie, come realmente, gli oggetti necessari al vivere quotidiano, rappresentano la forza nuova con cui si può reagire per tutelare la capacità/possibilità di camminare, leggere e vivere la vita con il poco o il tanto che ci offre. Felicia non è mai sola, perché si è soli solamente quando non si coglie più la possibilità di poter cambiare la nostra vita. Per essere felici bisogna eliminare due cose: “il timore di un male futuro e il ricordo di un male passato; questo non ci riguarda più; quello non ci riguarda ancora”. Auguri all’autrice per il suo 92esimo compleanno.

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