Premio Racconti nella Rete 2019 “Due enigmi con le rughe” di Luca Zambelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019
Una volta assaggiai il caffè di nascosto, freddo, dalla tazzina di mamma lasciata sul tavolo. Non mi convinse, era amaro, eppure continuai a berlo.
Entriamo nel soggiorno, nonna è china accanto alla stufa a legna, ci vede, butta un ciocco in mezzo alle fiamme. Ci accoglie con la solita faccia austera, borbottando parole in veronese.
Dopo averla salutata la lascio parlare con mamma, mentre versa il caffè nelle tazzine, saltello fino al divano e mi ci tuffo. Alla TV danno una di quelle trasmissioni pomeridiane con gente che sbraita e s’azzuffa. Sbuffo senza farmi vedere, il telecomando non si trova quindi raggiungo il porta-giornali di legno scuro, scavo fra diversi numeri di Famiglia Cristiana ed afferro gli ultimi due usciti. Li porto sul divano e leggo le barzellette in fondo, alcune non le capisco. Vado alla rubrica i fatti della settimana, gente investita e salvata per un pelo, frane, terremoti.
Leggo di una donna in preda alla disperazione, ha sollevato una macchina da sola nel tentativo di liberare il figlio schiacciato da una ruota. Immagino il dolore di lui, il rumore del motore, finisco col sentirne davvero il rombo. Mi volto verso la finestra e vedo mio nonno rientrare a cavallo del vespino, il paravento lo fa sembrare un centauro della seconda guerra mondiale.
Apre la porta del soggiorno senza dire una parola, sorride, bacia mia madre, mia nonna no.
Aspetto che si trascini fino alla sua sedia, quella tra la finestra e la TV
Cammina a fatica, si barcamena con due stampelle enormi. Dovrebbe farsi operare alle anche, si rifiuta, immagino sia per paura, fa parte di quegli argomenti di cui è meglio non chiedere, arriverebbero risposte vaghe, sguardi infastiditi.
Quando nonno finalmente riesce a sedersi lo raggiungo, sta ancora sbuffando, mi guarda sorridendo, mi bacia sulle guance, la sua non è barba ma trucioli di ferro. Quando torno al divano mi gratto come un matto.
Nonno non dirà nient’altro fino a cena, ha già fatto il suo salutando.
Non parla, non vuole farsi operare, ha fatto la seconda guerra mondiale. Le tre cose devono essere collegate. È stato prigioniero per mesi, mentre faceva il soldato.
Ho chiesto a mamma di raccontarmi la storia, la seconda guerra mondiale la stiamo studiando a scuola, dove ha combattuto?
Mamma cambia sempre versione. Una volta il nonno ha combattuto in Russia, me lo immagino con gli stivali di cartone, appresso ai nazisti, mentre striscia in mezzo alla neve. Vedo attraverso i suoi occhi i soldati con i piedi neri, congelati, vedo le seghe dei dottori mentre amputano la carne morta.
In un’altra versione nonno è stato vittima dei rastrellamenti nazisti nel sud Italia, lo hanno portato in Germania, come prigioniero. Me lo immagino sudato, in mezzo alle foreste appenniniche, mentre fugge e si distrugge le anche cascando in qualche crepaccio. Eroico rifiuta l’operazione, non vuole farsi toccare dai medici nazisti.
Nell’ultima versione lavora in Germania, lo imprigionano dopo l’8 settembre ’43. Allora lo immagino come un fascista collaborazionista, con la camicia nera, avrà visto i campi di concentramento, è per questo che non vuole farsi operare, ha il terrore di diventare una cosa da smontare pure lui.
Torno nel presente, mamma e nonna non parlano più, il loro caffè è finito.
Guardo mio nonno seduto sulla sedia, con le stampelle a portata di mano.
Avrei un sacco di domande da fargli. Lui ha visto il mondo, a giudicare dall’espressione stampata in faccia non l’ha convinto molto, eppure ha continuato a viverlo, anche se amaro, tazzina dopo tazzina.
Mamma mi fa cenno di raggiungerla, porta orecchini grandi, brillano al sole. È arrivato papà, saluta tutti con il solito sorriso a bocca aperta. Mi fa impressione, nonna non lo voleva per mamma, non andava bene, proveniva da una famiglia di lazzaroni, ladri e scansafatiche. Lui ha sempre fatto finta di niente. Usciamo, andiamo a trovare l’altro nonno, il sole sta tramontando, dobbiamo fare in fretta o altrimenti chiudono. Saltiamo sulla Uno e partiamo, il viaggio dura pochi minuti. L’altro nonno faceva l’operaio in una fabbrica di mattoni, i suoi capelli sfuggivano a ogni pettine, portava occhiali enormi. È grazie a lui che papà ha cominciato a leggere fumetti, e io li ho trovati in casa. Martin Mystère dalle le pagine gialle, le cui copertine sono rigide a tal punto da sembrare cartone da imballaggio. Ficcando il naso in mezzo alle pagine si rimane storditi dal profumo. Il nonno, oltre ai fumetti, ha iniziato mio padre ai film di fantascienza. Di sera i due inforcavano le biciclette, attraversando stradine bordate dai fossi per raggiungere il paese vicino, immergersi nel buio del cinema, sprofondare nelle poltroncine rosse, volare a bordo di un’astronave. Nonno alla fine è volato via per davvero. Mentre varchiamo il cancello in ferro battuto il sole tramonta trafiggendo gli occhi. Ci avviamo per la stradina sterrata, ci fermiamo davanti alla lapide nera, baciamo la foto e restiamo in silenzio, con le mani giunte in grembo. Nonno è morto per un’infezione renale, o meglio, un infarto dato dai reni marci. Non c’erano abbastanza soldi per il biglietto, niente treno fino a Padova, niente dialisi. È morto col sangue sporco. Il mio secondo nome lo devo a lui, l’ho ereditato assieme ai fumetti. Il buio è calato, il cancello elettrico del cimitero si chiude alle nostre spalle. Montiamo in macchina, è ora di tornare a casa.
Il viaggio lo passo con la fronte appiccicata al finestrino, immaginando un nonno claudicante intento a scappare dai nazisti attraverso i boschi, e l’altro nonno che plana con l’astronave a salvarlo.
Un ritratto delicato e spietato del mondo degli adulti visto con gli occhi da bambino. Dolcissime le figure dei nonni, stupendo l’excipit.
E bravo! Il racconto scorre via liscio e fluido. Bello il confronto tra due modi diversi.
Bello e dolce. Bello e ricco di affetto e meraviglia. Bravo, Luca.
Originale ritratto di famiglia, visto attraverso gli occhi di un ragazzino disincantato con il dono dell’immaginazione. Racconto fluido, incisivo, di piacevole lettura.
Pudico. È l’aggettivo che mi viene in mente: i ricordi scivolano via tra nostalgia e commozione e tu li mostri con pudore,forse per paura che il rimpianto li sciupi. Sono belli così, esposti utilizzando un basso profilo.
Ottimo linguaggio.
Tanto amaro il caffè, e lo sguardo del nonno sul mondo, quanto dolce il punto di vista del ragazzino. Delicato, bello. Bravo.
Vi ringrazio per i complimenti, sono davvero felice di avervi tenuto compagnia per qualche minuto.
Ciao Luca, comincio dal tuo, questo mio primo appalesarmi in Racconti. Bello e delicato questo scorcio di famiglia. Mi piace il modo in cui riporti su carta i ricordi di un io bambino, la dolcezza dell’appartenenza, l’importanza delle piccole cose. Efficacissima la frase con cui concludi il racconto. Complimenti!
Grazie, Antonella, mi fa davvero piacere.
Davvero bellissimo e dolcissimo racconto, fantastico il ragazzino narratore che riesce e a salvarsi dal “mondo” grazie alla sua immaginazione.
Aurora, sì, l’immaginazione ci salva, ma ci aiuta anche a immaginare un mondo diverso.
Dolce e malinconico. Mi sento addosso la sensazione del nipote, nell’ottenere ricordi confusi sul primo nonno, troppi distanti nel tempo per essere nitidi e forse volutamente distanti dal cuore del nonno per non riviverli. Chissà se oggi i ragazzini si soffermano ad ascoltare ed osservare i propri vecchi, mi piace crederlo, mi piace pensare che in questo “oggi” del tutto e subito, ancora si ritiene di dover dare importanza al passato, alla memoria, a chi ci è testimone e ci trasmette l’esperienza con il proprio dna e la pazienza con la propria lentezza. Grazie Luca e complimenti!
Silvia, io credo di sì. Basta non imporglieli, bisogna saperli sedurre i giovani.
Per qualche minuto ho rivisto la mia infanzia, le domeniche dai nonni, il giro dei cimiteri, i momenti passati con lo sguardo fuori dal finestrino ad osservare mondi che esistevano solo dentro di me. La scrittura serve anche a questo, a portare nella realtà quei fantastici mondi interiori, a dare importanza e meraviglia alle piccole cose. Grazie.
Buongiorno Luca. Un incipit e un finale degni di nota. Difficile trovare un racconto con entrambi così belli.
Secondo pensiero: che sia vita vissuta o narrazione, poco importa. Mi hai trascinato lì dentro. Bravo bravo!
Bello e particolare, complimenti! I nonni a volte sono figure più misteriose dei padri perché la loro vita affonda in un passato lontanissimo che gli capita di dipingere con una certa libertà per compiacere incantati nipotini. Non per niente vengono preferiti ai papà, almeno fino a una certa età. Sembrano più interessanti, più avventurosi. L’eroe di questo racconto così ben scritto è colto in questo momento, con grande acutezza e sensibilità. Ancora complimenti, gentile Luca 🙂
Bellissimo, commovente
Scritto da un grande che ha dentro tutto il bambino. Questa è la ricetta per non rinunciare mai. Sapiente ed immediato allo stesso tempo, col grande desiderio di mantenere il mondo e di migliorarlo senza diemnticare il precedente. Da utilizzare, così com’è, nei corsi di scrittura, invece di dare istruzioni. Dieci!
Grazie a chi voluto commentare, sono davvero felice vi sia piaciuto.
Bello il tuo racconto Luca, mi piace molto sia l’idea delle diverse versioni della storia di tuo nonno sia il finale.
Grazie, Maria Cristina.
La memoria dei bambini è fatta molto più della nostra di elementi sensoriali e di fantasie, ed entrambe le cose passano senza perdersi attraverso gli anni fino a formare un intrico di ricordi e sogni di un tempo ormai sparito. Chi legge la tua bella storia, cucita con un linguaggio vivo, ironico e brillante, ci entra con le sue esperienze più o meno lontane, ed è come andare ancora in giro per un mondo in cui tutto è più grande di noi, siamo noi quelli presi per mano, e possiamo tuffarci sul divano a leggere il fumetto delle avventure dei supernonni. Complimenti.
Io li ho vissuti, i racconti dei miei nonni. E oggi li rivivo come fotogrammi della mia, e non solo della loro vita. Mi appartengono in modo delicato e intimo. Come il racconto che hai saputo costruire, nel quale vivono persone necessarie che, il mondo, hanno continuato a viverlo, tazzina dopo tazzina, nonostante l’amaro. Complimenti davvero Luca!
Fantastico Luca! Quanti ricordi che hai fatto riaffiorare con questo racconto. Ho ritrovato molto della mia infanzia, molto di mio papà e tante emozioni. Grazie davvero!