Premio Racconti nella Rete 2019 “23 Marzo” di Maria Cristina Gaudiano
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Entrando, Steve e Mary furono avvolti da un acre odore di cera, fumo e di animali. La chiesa era illuminata solo dalle candele accese sotto le numerose statue di terracotta dei santi, addossate alle pareti. Alcune statue, senza candele, erano state girate con il volto verso il muro. Le litanie delle donne, inginocchiate a terra sopra un manto di erba secca, facevano da sottofondo alle bizzarre pratiche religiose della chiesa di Chamula. Una donna anziana, in ginocchio, ripeteva le sue giaculatorie versando sul pavimento della piccola chiesa un liquido nerastro e frizzante che mescolava ai suoi sputi e alla cera fusa che scendeva da una candela.
Accanto a lei una ragazza giovane teneva in mano una gallina. La donna si batteva il petto mentre faceva il suo miscuglio, poi porgeva alla ragazza la bottiglia con il liquido nerastro. La ragazza ne beveva qualche sorso mentre la vecchia strusciava la gallina starnazzante sul miscuglio di cera. Steve e Mary rimasero perplessi a guardare, con la sensazione che stesse succedendo qualcosa; poi, all’ennesimo ripetersi della stessa sequenza, la giovane accanto alla vecchia emise un solenne rutto e la vecchia, per ringraziare i santi che avevano fatto scappare lo spirito maligno dalla giovane, tirò il collo alla gallina. Mary sì senti soffocare e fece cenno a Steve di voler uscire.
Appena fuori dalla Chiesa si sedettero ad osservare il sole che scendeva dietro le montagne, mentre i campesinhos festeggiavano l’inizio della primavera. La gente si era riversata nel paese dai villaggi vicini per l’equinozio di primavera. Nel paese di Chamula si aggiravano strani uomini con una pelliccia bianca o una pelliccia nera che si occupavano di mantenere l’ordine. I primi, nella credenza popolare, incarnavano gli spiriti del bene ed erano curandeiros, i secondi erano gli stregoni, a cui la gente si rivolgeva per fare le pratiche del voodoo. Tutti stavano salendo alla grande piramide per assistere alla discesa del serpente d’argento. Steve e Mary si mescolarono alla folla e si fecero trasportare dal flusso delle persone. Steve aveva letto che i Maya avevano costruito la grande piramide in modo che la notte dell’equinozio di primavera la luce della luna nel suo sorgere penetrasse da un foro e scendesse lentamente i gradini della piramide, apparendo, agli occhi delle persone, come un serpente di luce. Era sempre stato molto scettico delle credenze popolari, che considerava oscurantismo medievale e poi lui era “uno scienziato” e ciò che non riusciva a spiegare con la ragione non esisteva.
Mary era decisamente più incline a credere all’esoterismo, le piaceva l’astrologia e i misteri del popolo Maya e, in fondo, era lei che aveva convinto suo marito a fare quel viaggio in Messico. Mentre camminavano, trasportati dalla folla, commentavano i riti inquietanti che avevano appena visto. Steve sosteneva che nel XXI secolo era assurdo che esistessero ancora tali pratiche. Poco dopo il cielo si riempì di nuvole nere, si sentì tuonare e iniziò un tipico acquazzone tropicale. Steve e Mary fecero appena in tempo a rifugiarsi sotto la tettoia di una casa, dove una donna stava allattando il suo bambino, prima che un muro di pioggia li bagnasse. La donna, occhi piccoli e neri, pelle scura, guardò sospettosa i due stranieri. Steve, attratto da quella scena, prese la sua macchina fotografica e le scatto furtivamente una foto. Subito dopo un poderoso fulmine colpì un albero poco lontano e un tuono assordante li investì. La donna, con il bambino al seno, lo guardò con occhi iniettati di sangue mentre proferiva la sua maledizione:
–Blanco de mierda, hás secuestrado el alma de mi ninho y te maldigo. Em dos dias moriras!
Steve rimase senza parole, mentre Mary lo rimproverava perché aveva scattato quella foto pur sapendo che i campesinhos di Chamula non amano essere fotografati, perché credono che le foto rapiscano loro l’anima.
Proseguirono il cammino in silenzio, mentre la pioggia stava lentamente rallentando. Lungo la strada, attaccate agli alberi, bamboline di pezza trafitte da spilloni parevano ricordare a Steve e Mary che quello era un paese diverso dagli altri, dove magia, credenze e stregoneria erano parte della vita quotidiana. Arrivarono alla grande piramide, che svettava dalla foresta, giusto in tempo per vedere lo spettacolo del serpente di luce. Pur sapendo la storia di quel serpente e la spiegazione scientifica del fenomeno, in alcuni momenti sembrò loro che veramente quel dio Maya stesse scendendo sulla terra, sotto sembianze di serpente, per punire gli uomini.
Quella notte Steve fece sonni agitati: sognò il dio serpente che sgozzava la gallina della chiesa di Chamula mentre la vecchia infilzava uno spillone in una bambolina. Improvvisamente la bambolina era lui stesso e poi lui diventava quella gallina sgozzata e sentiva tuonare quella maledizione. Nel sogno vide anche roteare tra le candele, in mezzo ai Santi, quel giorno del calendario, il 23 marzo, in cui la maledizione avrebbe dovuto compiersi.
La mattina dopo Steve si svegliò tutto sudato, con delle violente fitte allo stomaco e la febbre alta. Passò tutta la giornata tra il lavandino e il water e quel poco di té che riusciva a bere lo rigettava subito fuori. Cominciò a temere che la maledizione della donna stesse per avere effetto.
-Mary sto morendo, quella maledizione, il voodoo…
In preda alla febbre alta vaneggiava, mentre Mary cercava di contattare l’unico medico di Chamula. Il dottore arrivò all’hotel dove stavano Steve e Mary sotto una pioggia scrosciante. L’uomo, basso e tarchiato, capelli neri e carnagione olivastra, visitò accuratamente Steve e senza mostrare grosse preoccupazioni:
-È una semplice gastroenterite, prenda questo antibiotico: una compressa la mattina e una la sera e vedrà che domani starà meglio.
-Dottore mi hanno fatto il voodoo, io lo so, sto per morire!
Il dottore sorrise rassicurando Steve.
-La stregoneria non esiste signor Steve, dia retta a me: riposo, bere molto té e l’antibiotico e vedrà che domani starà bene.
-No dottore, sto morendo, la maledizione, la maledizione…
Il dottore, rivolgendosi a Mary:
-Sta vaneggiando, per la febbre alta, gli dia anche del paracetamolo.
Disse porgendo una scatola a Mary.
-No dottore, non mi lasci solo…
Ma il dottore, senza darsi troppa pena, uscì portando con sé la sua borsa di pelle nera piena di tutto ciò che era necessario per curare mezza Chamula.
Steve continuò a vaneggiare tutto il giorno, mentre Mary pensava che, come al solito, suo marito aveva un pessimo rapporto con la malattia e bastava un piccolo problema di salute per renderlo insopportabile.
Infine, al tramonto del sole, Mary si stese sul letto accanto a suo marito e si addormentò, mentre Steve passava dalla veglia al sonno vedendo sempre davanti a sé quel “23 marzo” e le lancette di un orologio che si muovevano velocemente.
La mattina dopo l’acquazzone notturno era passato e un caldo sole splendeva nel cielo terso. Mary si svegliò, aprì la finestra ammirando di fronte a sé lo spettacolo della foresta tropicale che brillava dopo la pioggia e chiamò suo marito.
-Buon giorno Steve, come ti senti oggi? Guarda che sole stupendo!
Steve si svegliò di ottimo umore e in ottima salute.
-Ah, oggi mi sento proprio bene. Potremmo andare a fare l’escursione alle piramidi minori. Mi faccio rapidamente una doccia e usciamo.
Mary rimase piacevolmente stupita della guarigione repentina e del cambiamento di umore di suo marito.
-Caro, ma perché nel letto ci sono erba secca e delle piume?
Brava Maria Cristina! I tuoi racconti hanno tutti grazia, leggerezza e ironia. E in tutti c’è una affettuosa irriverenza che mi piace moltissimo: qui in 23 marzo prendi in giro la razionalità, in Condominio umanizzi le grandi figure troppo spesso dipinte come statue ingessate, e in Il signor pillola blu i gironi danteschi infernali e celesti e i loro ” gestori” si trasfornano in un vivace e chiassoso affresco molto molto terreno. Complimenti e in bocca al lupo!
Grazie Marco, in fondo l’ironia è quello che rende la vita più piacevole e leggera, prendersi troppo sul serio è sempre “rischioso”.